Anche alla Biennale del 1930 la scultrice deve probabilmente aver guardato con curiosità le opere dei futuristi milanesi presenti

Regina Bracchi, Danzatrice, 1930 – Fonte: Corriere della Sera

“Interessanti nuove e modernissime opere in alluminio sarò lieto di pubblicarle e illustrarle e valorizzare i suoi geniali lavori”: con queste parole Fillia, in una lapidaria cartolina postale del 1931 conservata presso l’Archivio Fermani, segnala a Regina [Bracchi] la propria stima e il proprio interesse per la sua opera <1.
È questa la prima testimonianza del rapporto di Regina con i futuristi: e anche se in fondo non è nulla più di un brevissimo giudizio (per quanto lusinghiero), esso costituisce comunque un riferimento cronologicamente importante, che colloca già all’epoca della mostra presso la Galleria del Senato [a Milano] la prima attenzione per l’opera reginiana da parte di un membro autorevole del Futurismo, a dimostrazione di come la scultura laminare in metallo sperimentata dalla scultrice non fosse certo passata inosservata presso le schiere dei marinettiani, che anzi – in qualche modo – già la percepiscono come assimilabile alla loro ricerca. E a questo proposito giova forse segnalare che la Galleria del Senato, che si trovava appunto in via Senato al civico 22, era davvero poco distante da quella che per anni era stata la casa di Marinetti, al civico 2 della medesima strada (anche se in quegli anni, va detto, il poeta risiedeva ormai a Roma, e a Milano aveva acquistato una casa in Corso Venezia). Tuttavia, tra questi primi sintomi di un avvicinamento di Regina ai futuristi e la definitiva adesione della scultrice al gruppo passano circa due anni, durante i quali dobbiamo pensare che l’artista abbia lungamente ponderato il da farsi. Infatti, posta la facilità con cui i futuristi, a quell’epoca, estendevano l’invito a sposare le posizioni estetiche del movimento (e a partecipare alle sue iniziative) praticamente a chiunque dimostrasse una qualche forma di avanguardismo (facilità che peraltro, all’interno del movimento stesso, generò più di qualche polemica) <2, non ci si stupirebbe troppo di riscontrare che tale invito sia stato esteso anche a Regina sin dal 1931, ovvero subito dopo aver verificato nella personale milanese la sua svolta verso la scultura in alluminio; tuttavia, in tal senso non disponiamo di documenti probanti, poiché in realtà – in assenza di altre conferme – il pur significativo apprezzamento di Fillia sembra troppo generico per poter essere considerato alla stregua di un vero e proprio invito ad aderire al movimento. Certo però, dal tono del telegramma, sembra di percepire da parte di Fillia non solo una simpatia spiccata, ma direi anche una conoscenza pregressa di Regina e della sua opera; e in effetti, come si ricorderà, la cosa è tutt’altro che improbabile, poiché come abbiamo visto Fillia conosceva il maestro di Regina, Alloati, della cui opera aveva scritto nella monografia del 1928 che abbiamo più volte citato (senza contare che, secondo quanto ha scritto Raimondo Collino Pansa in un già intravisto articolo su «La Martinella di Milano», Alloati doveva conoscere anche Marinetti, di cui era «fraterno amico») <3.
È dunque possibile che la scultrice sia entrata in contatto con i futuristi torinesi, o forse anche con il solo Fillia, attraverso il suo maestro, a mio avviso più probabilmente nella seconda metà degli anni Venti che non durante la sua fase di vero e proprio apprendistato all’inizio del decennio (tanto più che di fatto la cellula torinese del Futurismo nasce nel 1923).
Sull’ambiente secondofuturista della città della Mole non c’è necessità di soffermarsi lungamente: a partire dai primi, pionieristici e fondamentali studi di Enrico Crispolti <4 (che proprio dal caso di Torino ha cominciato la sua pluriennale analisi sulla questione del cosiddetto Secondo Futurismo), e sino alle ricerche più recenti che hanno visto importanti contributi soprattutto ad opera di Marzio Pinottini <5 (ma anche di altri studiosi <6), i protagonisti torinesi di questa nuova stagione del movimento marinettiano sono stati abbondantemente analizzati come artisti singoli e come raggruppamento, nonché ben contestualizzati in un ambito nazionale.
Purtroppo, però, al di là di questo telegramma non è documentato alcun altro contatto o rapporto tra i torinesi e Regina: insomma, nonostante la polemica innescata da Marisa Vescovo con Enrico Crispolti circa la partecipazione di Regina alle iniziative del gruppo futurista torinese <7, a quanto mi consta non esistono riscontri di una effettiva presenza dell’artista pavese alle pur numerose manifestazioni promosse da Fillia e compagni. Posto questo, però, è altresì chiaro che il sicuro collegamento di Regina con Alloati, e quello possibile con Fillia proprio attraverso lo scultore, è molto interessante, e si pone come uno dei più probabili tramiti tra Regina e il Futurismo: e tra l’altro, come già segnalato anche da Campiglio <8, presso l’Archivio Fermani è conservata una copia – appartenuta a Regina – di un ben noto volume di Fillia del 1932 <9 (fig. 305), che purtroppo non ha dediche e che certo non è dimostrabile sia pervenuto tra le mani di Regina già in occasione della pubblicazione (che precede l’adesione formale della scultrice al Futurismo) <10, ma che d’altra parte è ulteriore testimonianza dell’esistenza di un rapporto privilegiato con Fillia <11.
Inoltre, per restare alla questione dei rapporti di Regina con l’ambiente artistico torinese, credo non sia neppure inopportuno ricordare che anche Persico – ovvero il primo critico che abbia parlato diffusamente dell’artista – si era trasferito a Milano provenendo proprio da Torino: è possibile, insomma, che la frequentazione di Alloati (che secondo la testimonianza di Gaetano Fermani deve essere proseguita, sia pur saltuariamente, anche ben oltre gli anni Venti) <12 possa aver molto giovato alla scultrice pavese in termini di relazioni con alcuni protagonisti di quella stagione particolarmente felice per la cultura della città sabauda.
Quella torinese, dunque, è la prima possibile strada attraverso cui Regina può essere giunta al Futurismo, ed è forse anche la più probabile, se non altro perché le connessioni riscontrabili – sia pur ipoteticamente – sono abbastanza numerose e tra loro intrecciate (il che fa diminuire esponenzialmente l’eventualità che si tratti di mere coincidenze). Tuttavia, dobbiamo anche pensare che Regina sia stata molto attenta – a Milano – alle numerose e rumorose manifestazioni organizzate tra 1927 e 1932 non solo dalla direzione del movimento futurista, ma in progresso di tempo anche dagli stessi secondofuturisti che lavoravano nel capoluogo lombardo <13.
In particolare, nel 1927 i futuristi instaurano un proficuo rapporto di collaborazione con la Galleria Pesaro di Lino Pesaro, destinato a durare diversi anni e a dare frutti piuttosto interessanti, esplicatisi per lo più nell’allestimento di mostre (in genere autunnali) e nell’organizzazione di serate e concorsi di poesia.
La prima mostra alla Pesaro, allestita proprio nel 1927 (tra novembre e dicembre), è l’importante rassegna Trentaquattro pittori futuristi <14, in cui espongono tra gli altri Fillia (ben 19 opere), Boccioni, Balla, Depero e Prampolini, e tra i milanesi Azari e il ventenne Munari <15. Nella presentazione in catalogo firmata da Marinetti, Benedetta, Azari e Fillia (in cui la mostra è tra l’altro definita – con una tipica iperbole marinettiana – «un trionfale punto di arrivo» <16), si affronta innanzitutto la questione della «sensibilità futurista», che è «caratterizzata da quattro passioni» <17: 1 Passione per la profondità. Cioè spingerci sempre oltre il piano sensitivo, superficiale, apparente, tradizionale, logico. 2 Passione per il vivo […]. 3 Passione per le libertà […]. 4 Passione per le complessità difficili da preferirsi alle elementarità facili, e conseguente passione per la macchina.
Due anni più tardi, tra il 5 e il 15 ottobre la galleria ospita la mostra Trentatre futuristi. Pittura, scultura, arte decorativa, nella quale compaiono tra l’altro – per restare alla scultura – il Manichino di Mino Rosso (che è forse l’opera più archipenkiana dello scultore torinese) e il Dux di Thayaht (ottimo esempio di sintesi volumetrica, non troppo distante – sia pur nell’evidente diversità dei materiali e nell’accentuata angolosità – dalle opere “negre” di Regina) <18.
Per quanto più ci interessa, inoltre, emerge soprattutto «il definirsi di un gruppo di artisti milanesi-lombardi (oltre a Munari, il piacentino Bot, il bustocco Gambini, Duse, Lepore, Ricas, Strada)» <19, nonché l’importante tendenza verso un «allargamento di campo delle opere esposte verso le arti applicate» <20. Nel testo di presentazione in catalogo <21, Marinetti si limita per lo più a polemizzare con detrattori e passatisti, e specialmente – tra di essi – con gli ex-futuristi Carrà e Soffici (oltre che con Piscator, che accusa i futuristi di incoerenza con i loro manifesti d’anteguerra); e molto interessante – per restituire il senso della recezione della mostra – è soprattutto un articolo di Raffaello Giolli, che testimonia l’interesse destato da una rassegna che doveva essere di notevole spessore <22. Peraltro, nello stesso anno Marinetti e Azari pubblicano anche il Primo dizionario aereo italiano <23 (fig. 306), una copia del quale si ritrova tra i libri di Regina conservati a Tirano. Anche in questo caso, come in quello del Viaggio di Gararà <24 (fig. 307) di Benedetta di cui si è discusso in nota, il volume potrebbe naturalmente essere giunto tra le mani di Regina in un momento anche parecchio successivo alla data di pubblicazione; tuttavia, è se non altro suggestivo pensare che L’accademico reginiano – che tradizionalmente è ritenuto essere un ironico ritratto di Marinetti, e che come abbiamo visto è però già compiuto nel 1931 quando viene esposto alla Galleria del Senato (vale a dire già due anni prima dell’entrata di Regina nel movimento) – possa avere qualcosa a che fare proprio con il curioso dizionario, all’interno del quale, in apertura, l’editore Morreale precisa che la stampa avviene esattamente nel momento in cui Marinetti «entra a far parte dell’ACCADEMIA D’ITALIA» <25.
A mio avviso è molto probabile che “l’accademico” ritratto nell’opera sia proprio il leader del movimento, perché nonostante la pressoché totale mancanza di elementi fisionomici riconoscibili mi pare che la scultura riesca davvero ad esprimere – con una sorprendente capacità di penetrazione – tutto lo spirito battagliero della «Caffeina d’Europa» (e confesso anzi che la prima volta che ho visto l’opera, senza sapere nulla della querelle relativa all’identificazione, subito ho pensato a Marinetti) <26; è chiaro invece che non è possibile essere certi del fatto che lo stimolo alla realizzazione della scultura sia giunto a Regina proprio dall’annuncio dato da Morreale nel volume… certo però la coincidenza è interessante.

Fonte: asac.labiennale.org

Anche alla Biennale del 1930, in cui esponeva anche suo marito <27, Regina deve probabilmente aver guardato con curiosità le opere dei futuristi milanesi presenti (Andreoni, Bot, Duse, Gambini e Munari), così come certamente si deve essere interessata alla nuova mostra allestita da Pesaro tra ottobre e novembre (replica di quella allestita al Palazzo del Broletto di Como in onore di Sant’Elia <28, ai cui disegni si aggiungono opere di ventidue pittori futuristi <29).
La prefazione di Marinetti nel catalogo della rassegna si sofferma – in particolar modo – da una parte sulle «simultaneità di tempo-spazio, lontano-vicino, concreto-sognato, ricordato-sperato», e dall’altra sull’«estetica della macchina» <30; per rimanere però a quanto più ci interessa, vale soprattutto la pena di notare i riferimenti ai «complessi plastici polimaterici» e alle «”Interviste con la natura” [sic]» di Prampolini, il quale attraverso di esse – spiega Marinetti – «ricerca particolarmente una piena trasfigurazione e spiritualizzazione della natura» <31. Anche in questo caso, inoltre, molto interessanti per verificare la recezione della rassegna sono due segnalazioni della mostra, redatte rispettivamente da Raffaele Carrieri (che si concentra particolarmente sull’amico Andreoni, che in questa occasione esordisce nel Futurismo) <32 e da Escodamé (che si sofferma piuttosto diffusamente sulle opere realizzate dai milanesi) <33.

Fig. 305. Fillia, Il Futurismo, Milano, Casa Editrice Sonzogno, 1932 Milano – Archivio Fermani – Fonte: Paolo Sacchini, Op. cit. infra
Fig. 306. F. T. Marinetti, Fedele Azari, Primo dizionario aereo italiano, Milano, Morreale, 1929 – Tirano, Biblioteca “Paolo e Paola Maria Arcari” – Fonte: Paolo Sacchini, Op. cit. infra
Fig. 307. Benedetta, Viaggio di Gararà, Milano, Morreale, 1931 – Tirano, Biblioteca “Paolo e Paola Maria Arcari” – Fonte: Paolo Sacchini, Op. cit. infra

[NOTE]
1 Milano, Archivio Fermani. Tale cartolina, conservata presso l’archivio per molti anni, risulta al momento irrintracciabile; la citazione proviene dalla tesi di laurea di Anna Maria Bagnasco, che ha avuto modo di consultarla (ANNA MARIA BAGNASCO, “Abilmente ella immagina”. La fortuna critica di Regina Bracchi, tesi di laurea, rel. Paolo Campiglio, Università degli Studi di Pavia, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2007-2008, p. 26).
2 Si veda ad esempio NUOVO FUTURISMO [LINO CAPPUCCIO], Serietà in arte, in «Nuovo Futurismo», 30 maggio 1934. Di contro, è molto interessante riportare ciò che ebbe modo di scrivere a posteriori Luigi Scrivo: «Ricordo che intorno agli anni 30 alcuni futuristi già affermati lamentarono l’eccessivo afflusso nel Movimento di giovani poco preparati accusati di dilettantismo tanto nella poesia che nelle arti. A tale proposito Marinetti mi interrogò (ero allora suo segretario particolare) su tale argomento ed io risposi che non doveva esserci una selezione preventiva dei migliori, perché la selezione tra coloro che avessero intrapreso il cammino o meglio la corsa nei campi accidentati, asperrimi delle arti, delle lettere, o di ogni altra disciplina per giungere primi o tra i primi nelle diverse tappe, mai ad un traguardo finale, sarebbe avvenuta per legge naturale in base alle possibilità e capacità dei giovani medesimi, liberissimi essi di scegliersi il metodo ritenuto più congeniale per manifestare le loro encomiabili aspirazioni nei modi e nei tempi meglio rispondenti alle esigente [sic] dell’arte e della poesia stesse» (LUIGI SCRIVO, Sintesi del futurismo. Storia e documenti, Roma, Bulzoni, 1968, pp. XI-XII).
3 RAIMONDO COLLINO PANSA, G.B. Alloati, alpino, scultore degli Alpini, in «La Martinella di Milano», 15 maggio 1971: «La grande adunata degli Alpini a Cuneo […] mi ha fatto ripensare a quel Gioan [sic] Battista Alloati, scultore, amico di Marinetti e di Fillia, autore del monumento ai caduti della prima guerra mondiale in Cuneo, la città del “DUI” il 2° reggimento Alpini. Alloati viveva a Torino, e la sua figlia bimbetta allora […], ricorda di avere veduto Giovanni Giolitti, nello studio del padre che ne modellava la figura per il busto in bronzo. Perché ne parlo in questi “Scampoli di cronaca Milanese”? Perché sul numero della Martinella, precedente a questo, leggo che Luigi Bracchi nel dotto e vivace articolo su Regina, scultrice, ha scritto: “Iniziò la scultura a Torino, allieva di Alloati, per il [sic; nell’articolo di Bracchi è “pel”] quale conserva gratitudine per il rigoroso disegno che esigeva. Regina vive a Milano ed è nota come scultrice astrattista, entrata giovanissima sulla fine del futurismo, per invito di Marinetti, fraterno amico di Alloati. Questi, per tutta la vita, recò in sé, devoto ricordo dei sacrifici della prima guerra mondiale e tutto il Piemonte è ancor oggi popolato dei suoi monumenti agli Alpini e ai Fanti di allora”».
4 Per quanto riguarda il futurismo torinese in termini generale, si vedano soprattutto ENRICO CRISPOLTI, Il secondo futurismo: 5 pittori + 1 scultore. Torino 1923-1938, Torino, Pozzo, 1962; ENRICO CRISPOLTI, ALBINO GALVANO, a cura di, Aspetti del secondo futurismo torinese. Cinque pittori e uno scultore: Fillia, Mino Rosso, Diulgheroff, Oriani, Alimandi, Costa, catalogo della mostra Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna, 27 marzo – 30 aprile 1962, Torino, Musei Civici, 1962. Per quanto concerne, invece, alcune singole figure di artisti, si vedano soprattutto ENRICO CRISPOLTI, Scultura di Mino Rosso, Roma, Arti Grafiche Italiane, 1958; ENRICO CRISPOLTI, MARZIO PINOTTINI, a cura di, Mino Rosso fra futurismo e intimismo espressionista Torino, Piazza, 1986; ENRICO CRISPOLTI, a cura di, Fillia. Fra immaginario meccanico e primordio cosmico, Milano, Mazzotta, 1988.
5 Si vedano in particolare MARZIO PINOTTINI, a cura di, Fillia, Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1976; MARZIO PINOTTINI, a cura di, Diulgheroff futurista. Collages e polimaterici 1927-1977, Milano, All’insegna del pesce d’oro, 1977; MARZIO PINOTTINI, Futurismo a Torino, catalogo della mostra Torino, Galleria Narciso, 30 aprile – 15 giugno 1985, Torino, Edizioni Narciso, 1985; MARZIO PINOTTINI, CARLO BELLOLI, a cura di, Nicola Diulgheroff: architetto graphic industrial designer. Documentazione storico-critica di un pioniere del costruttivismo e del futurismo oggettivo, catalogo della mostra Torino, Galleria Narciso, 22 gennaio – 28 febbraio 1987, Torino, Galleria Narciso, 1987; MARZIO PINOTTINI, a cura di, Mino Rosso e futurismo in Piemonte, catalogo della mostra Bra, Centro polifunzionale Giovanni Arpino – Fondazione Cassa di Risparmio di Bra, 8 settembre – 29 ottobre 2000, Bra, Comunecazione, 2000; MARZIO PINOTTINI, a cura di, Diulgheroff futurista e i sindacati artistici di via Sacchi a Torino, catalogo della mostra Torino, Circolo degli artisti di Torino, 7 giugno – 13 luglio 2002, Torino, Circolo degli Artisti, 2002; MARZIO PINOTTINI, MARIDA FAUSSONE, Fillia. Sensibilità futurista. L’avanguardia inquieta, Torino, Daniela Piazza Editore, 2004.
6 SILVIA EVANGELISTI, a cura di, Fillia e l’avanguardia negli anni del fascismo, Milano, Mondadori, 1986; SANDRO ALBERTI, a cura di, Mino Rosso. Scultore pittore 1904-1963, Torino, Editris, 1993; ALESSANDRA OTTIERI, Fillia. Un percorso futurista. Da Dinamite al Jazz-Band, Napoli, Libreria Dante & Descartes, 1999; ADA MASOERO, RENATO MIRACCO, FRANCESCO POLI, L’estetica della macchina. Da Balla al futurismo torinese, catalogo della mostra Torino, Palazzo Cavour, 29 ottobre 2004 – 30 gennaio 2005, Milano, Mazzotta, 2004; ADRIANO OLIVIERI, ELISA PAOLA LOMBARDO, a cura di, Immaginazione senza fili. Futurismo a Torino 1923-1936, catalogo della mostra Torino, Circolo degli Artisti – Galleria Narciso, 20 maggio – 24 luglio 2010, Moncalieri, Cast, 2010.
7 «Enrico Crispolti nel suo poderoso “Il secondo Futurismo”, Torino 1923/38″ [sic], Fratelli Pozzo, Torino 1961, non menziona mai il nome di Regina, relegandola, negli elenchi dei partecipanti alle varie mostre, fra quelli che definisce sbrigativamente “e minori”» (MARISA VESCOVO, a cura di, Regina (1894-1974), catalogo della mostra Modena, Galleria Civica d’Arte Moderna, 16 dicembre 1979 – 15 gennaio 1980, Modena, Cooptip, 1979, p. 18, nota 5). Come già ricordato, Crispolti ha risposto l’anno seguente nel catalogo della mostra Ricostruzione futurista dell’universo: «La quale [Vescovo, ndr] mi accusa […] di avere ignorato Regina studiando i secondi futuristi torinesi. In realtà, a parte i non rilevanti rapporti di partecipazione con il gruppo, impostando il problema del Secondo Futurismo sarebbe stato impossibile muovere dalla originale “marginalità” creativa di Regina» (ENRICO CRISPOLTI, a cura di, Ricostruzione futurista dell’universo, catalogo della mostra Torino, Mole Antonelliana, giugno-ottobre 1980, Torino, Musei Civici, 1980, pp. 514-515: 515).
8 PAOLO CAMPIGLIO, a cura di, Regina. Futurismo, arte concreta e oltre, catalogo della mostra Palazzolo sull’Oglio, Palazzo Panella, 18 gennaio – 9 aprile 2010, Palazzolo sull’Oglio, Fondazione Ambrosetti Arte Contemporanea, 2010, pp. 11-29: 16 e 29 (nota 7).
9 FILLIA [LUIGI COLOMBO], Il futurismo. Ideologie, realizzazioni e polemiche del Movimento futurista italiano, Milano, Casa Editrice Sonzogno, 1932 (Milano, Archivio Fermani).
10 In tal senso, segnalo ad esempio che la copia del Viaggio di Gararà di Benedetta (1931) appartenuta a Regina, ora conservato presso la Biblioteca Comunale di Tirano, deve essere giunta a Regina solo nel 1939, come testimoniato dalla dedica autografa dell’editore Morreale: «A REGINA BRACCHI scultrice futurista con simpatia futurista. Morreale marzo 1939 XVII» (BENEDETTA [BENEDETTA CAPPA MARINETTI], Viaggio di Gararà, Milano, Giuseppe Morreale, 1931, s.p.; la copia in questione si trova a Tirano, Biblioteca Comunale).
11 A proposito di Fillia, segnalo che Marinetti, ne La grande Milano tradizionale e futurista, accenna alla presenza del giovanissimo pittore (appena dodicenne) nell’ambiente milanese: «– Te vist el pitor Fillia? / – Te cerchet quel fieulett nevod del Cardinal che tutti i matin el va sulla scala a piturà i veder del Dom? […] Cerco Fillia nella Redazione del “Verde Azzurro” quotidiano mondano letterario sportivo […] – Ma chi è questo celebre pittore Fillia? / – Un non celebre dodicenne di genio che presto ammirerete […] Nella navata del Duomo ecco arrampicato scoiattolo fulvo pallido a occhiate folgoranti Fillia / – Vieni giù che risolveremo l’arduo problema di Arte Sacra […] – No no io cattolico ragazzo nipote del cardinale Ratti ho il diritto di prendere per modello la nostra Piazza e il suo movimento e dipingere una aureola roteante aeroporto di automobili e tram affollati che si metamorfosano in aeroplani e vaporosamente fascino la sua soave fronte dolorosa» (FILIPPO TOMMASO MARINETTI, La grande Milano tradizionale e futurista – Una sensibilità italiana nata in Egitto, a cura di Luciano De Maria, Milano, Mondadori, 1969, pp, 30-32). Non sono riuscito a trovare notizie precise circa questa parentela di Fillia con il Cardinal Achille Ratti (Papa Pio XI), che certo però sarebbe interessante approfondire in funzione di una miglior comprensione delle dinamiche che hanno condotto al Manifesto dell’arte sacra futurista (che come è noto – accanto a quella di Marinetti – porta proprio la firma di Fillia). Alla url http://www.prolocovillanovetta.net/un_po_di_storia.html si trova una notizia interessante, la cui attendibilità sarebbe però da verificare: «Colombo Domenico Carlo Giovanni (1866-1933). Nacque a Villanovetta il 2 novembre da Luigi Colombo, originario di Mandello Lario e qui trasferitosi al seguito del cav. Alberto Keller, nuovo titolare della Filanda. I Colombo erano imparentati con don Achille Ratti, Papa Pio XI nel 1922. Nel 1878 il padre acquistò il setificio di Revello dove Domenico sposò certa Maria Fillia di Martiniana Po. Nel 1904 nacque un nipote cui venne imposto il nome del nonno, Luigi. Legato da grande amicizia con Guido Keller, sarà un esponente autorevole del movimento futurista torinese (in arte “Fillia”)». È più che evidente, naturalmente, che il testo di Marinetti (datato 1943-1944 e pubblicato postumo) riflette a posteriori sulla questione dell’arte sacra, dunque è chiaro che l’informazione circa la presenza di Fillia a Milano potrebbe essere una sorta di voluto pastiche temporale.
12 Comunicazione personale di Gaetano Fermani.
13 Sul gruppo secondofuturista milanese, e sulla posizione di Regina all’interno di esso, si tornerà più avanti.
14 Mostra di trentaquattro pittori futuristi, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, novembre-dicembre 1927, Milano-Roma, Bestetti & Tumminelli, 1927. Cfr. anche ALBERTO BASSI, Le mostre futuriste a Milano: 1919-1941, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 55-66: 57.
15 Precisamente, alla mostra sono presenti Azari, Balestrieri, Balla, Benedetta, Boccioni, Brescia, Caligaris, Caviglioni, Costantini, Curtoni, Dal Monte, De Amicis, De Angelis, Depero, Dottori, Farfa, Fattorello, Ferinando, Fillia, Gambetti, Gaudenzi, Maino, Marasco, Munari, Pozzo, Prampolini, Pippo Rizzo, Russolo, Sabattini, Sassu (scritto «Sassù» in catalogo), Sturani, Vespignani, Zucco (Mostra di trentaquattro pittori futuristi, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, novembre-dicembre 1927, Milano-Roma, Bestetti & Tumminelli, 1927; cfr. anche ROBERTA CLOE PICCOLI, a cura di, Regesto cronologico milanese, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 202-213: 206).
16 Mostra di trentaquattro pittori futuristi, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, novembre-dicembre 1927, Milano-Roma, Bestetti & Tumminelli, 1927, p. 10.
17 Ibidem, pp. 11-14.
18 Trentatre futuristi. Pittura – scultura – arte decorativa, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, ottobre 1929, Milano-Roma, Bestetti & Tumminelli, 1929, s.p. (oggi disponibile in copia anastatica anche in PIERO PACINI, a cura di, Esposizioni futuriste 1918-1931. 26 cataloghi originali, Firenze, Studio per le edizioni scelte, 1979, vol. 13). Purtroppo, sul catalogo non è segnalato l’elenco completo delle opere esposte, ma il Manichino di Rosso e il Dux di Thayaht sono tra le sedici che vengono riprodotte.
19 ALBERTO BASSI, Le mostre futuriste a Milano: 1919-1941, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 55-66: 58. Oltre ai segnalati milanesi-lombardi, espongono anche Balla, Ballelica (Elica Balla), Baricelli, Benedettarecord (Benedetta, o più probabilmente – con un errore di stampa – il futuro direttore di «Futurismo-oggi», Benedetto), Brescia, Cocchia, Dal Monte, De Ambrosio, De Rosa, Diulgheroff, Dottori, Farfa, Fattorello, Fillia, Gatti, Gaudenzi, Lepore, Marasco, Munari, Oriani, Diaz, Pozzo, Prampolini, Mino Rosso, Tato, Thayaht, Zucco.
20 Ibidem.
21 FILIPPO TOMMASO MARINETTI, in Trentatre futuristi. Pittura – scultura – arte decorativa, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, ottobre 1929, Milano-Roma, Bestetti & Tumminelli, 1929, pp. 5-12.
22 RAFFAELLO GIOLLI, Cronache, in «Emporium», novembre 1929, p. 310; cit. in ALBERTO BASSI, Le mostre futuriste a Milano: 1919-1941, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 55-66: 58: «Se da qualche tempo in qua la pittura futurista ci pareva essere un po’ scaduta d’interesse […] l’esposizione di quest’anno ci ha interessato più a fondo […] se gustiamo Fillia e Prampolini, ci interessa l’ingegno curioso e vivo di Thayaht e l’ingegno di Balla, se ci fermiamo ad alcune ricerche di giovani, di Strada, Munari, Oriani, è solo perché ciascuno di questi, più o meno, ha rimesso in questione, a modo suo, tutto il mondo dell’arte, della pittura».
23 FILIPPO TOMMASO MARINETTI, FEDELE AZARI, Primo dizionario aereo italiano, Milano, Morreale, 1929 (Tirano, Biblioteca Arcari).
24 BENEDETTA [BENEDETTA CAPPA MARINETTI], Viaggio di Gararà. Romanzo cosmico per teatro, Milano, Morreale, 1931 (Tirano, Biblioteca Arcari)
25 GIUSEPPE MORREALE, in FILIPPO TOMMASO MARINETTI, FEDELE AZARI, Primo dizionario aereo italiano, Milano, Editore Morreale, 1929, s.p. (la copia in questione è conservata a Tirano, Biblioteca Comunale).
26 Non ci sono testimonianze coeve che attestino l’effettiva riferibilità della scultura (che viene appunto pubblicata con il solo e generico titolo de L’accademico) a Marinetti, ma a mio avviso la somiglianza è notevolissima, specialmente nella posa fiera e nello sguardo futuristicamente proiettato in avanti, molto simile a quello che caratterizza una famosa fotografia del 1919 in cui Marinetti si è fatto ritrarre accanto ai membri della redazione de «L’Italia futurista». L’identificazione con Marinetti è stata accettata anche recentemente da Luigi Sansone, che ha esposto il pezzo alla mostra dedicata a Marinetti da lui curata per la Fondazione Stelline di Milano (LUIGI SANSONE, a cura di, F. T. Marinetti = Futurismo, catalogo della mostra Milano, Fondazione Stelline, 12 febbraio – 7 giugno 2009, Motta, Milano, 2009, p. 214; l’opera, in questo caso, è segnalata con l’improprio titolo Marinetti accademico).
27 XVIII Esposizione Internazionale Biennale d’Arte, catalogo della mostra Venezia, 1930, Venezia, Officine Grafiche Ferrari, 1930, p. 32.
28 Cfr. Mostra delle opere dell’architetto futurista comasco Sant’Elia, catalogo della mostra Como, Broletto, 14 settembre – 3 ottobre 1930, Como, Tip. Emo Cavalleri, 1930 (oggi disponibile anche in PIERO PACINI, a cura di, Esposizioni futuriste 1918-1931. 26 cataloghi originali, Firenze, Studio per le edizioni scelte, 1979, vol. 17). La mostra è poi traslocata anche a Roma: cfr. Mostra delle opere dell’architetto futurista Sant’Elia, catalogo della mostra Roma, Associazione Artistica in Roma, 6-17 dicembre 1930, Roma, Tip. Cav. Squarci e figli, 1930 (oggi disponibile anche in PIERO PACINI, a cura di, Esposizioni futuriste 1918-1931. 26 cataloghi originali, Firenze, Studio per le edizioni scelte, 1979, vol. 19).
29 Mostra futurista arch. Sant’Elia e 22 pittori futuristi, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, ottobre 1930, Milano-Roma, Bestetti & Tummineli, 1930 (oggi disponibile anche in PIERO PACINI, a cura di, Esposizioni futuriste 1918-1931.
26 cataloghi originali, Firenze, Studio per le edizioni scelte, 1979, vol. 18). Espongono Alimandi, Andreoni, Andreossi, Bot, Brescia, Tullio d’Albisola, Diulgheroff, Duse, Fattorello, Fillia, Gambini, Mondini, Munari, Oriani, Pizzo, Pozzo, Prampolini, Mino Rosso, Saladin, Tullio, Vasquez, Zucco. Cfr. anche ROBERTA CLOE PICCOLI, a cura di, Regesto cronologico milanese, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 202-213: 206.
30 FILIPPO TOMMASO MARINETTI, Prefazione, in Mostra futurista arch. Sant’Elia e 22 pittori futuristi, catalogo della mostra Milano, Galleria Pesaro, ottobre 1930, Milano, Bestetti e Tumminelli, 1930, pp. 37-40: 37-39.
31 Ivi, p. 40.
32 RAFFAELE CARRIERI, I pittori futuristi alla Galleria Pesaro. Cesare Andreoni, in «La casa ideale», 29 settembre 1930, cit. in ALBERTO BASSI, Le mostre futuriste a Milano: 1919-1941, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 55-66: 58.
33 ESCODAMÉ [MICHELE LESKOVIC], Sant’Elia e 22 pittori futuristi, in «Oggi e domani», ottobre 1930, cit. in ALBERTO BASSI, Le mostre futuriste a Milano: 1919-1941, in ARCHIVIO CESARE ANDREONI, a cura di, Cesare Andreoni e il Futurismo a Milano fra le due guerre, catalogo della mostra Milano, Palazzo Reale, 29 gennaio – 28 marzo 1993, Bergamo, Edizioni Bolis, 1992, pp. 55-66: 58. Secondo Escodamé, i futuristi milanesi «occupano trionfalmente la loro grande sala, Munari in testa. Sanissima pittura questo chiaro nudo di donna supina ch’egli chiama “Buccia di Eva”. Bello e audace! Meglio ancora “Scomposizione di un nudo, uno dei più forti quadri della mostra […] Munari sta avviandosi al cuore dei problemi plastici, e ci fa molto piacere di vederlo abbandonare quell’umorismo che, se faceva divertenti i suoi primi saggi, lo rendeva disattento ai valori della vera pittura […] Ed ecco la bella irruenza, l’entusiasmo di Andreoni, che qui lo fiancheggia con la sua vasta parete piena di forze espresse e da esprimere, con la sua calda “Fucina” nel mezzo, “Donna moderna” e “Trasvolatore” allato [sic], notevoli per la fusione di elementi meccanici e naturali, e “Circo” e “Clown” sintesi riuscitissime, e il bel ritratto di “Donna in treno” e l’altro, molto intenso, dello scrittore Raffaele Carrieri». E poi ancora – precisa Bassi – Escodamé prosegue nell’analisi dei milanesi-lombardi «citando Duse, Fattorello, Gambini (“gaio, facile, elegante, ma ancora troppo “cartellone”), Bot, Vasquez».
Paolo Sacchini, Regina Bracchi (1894-1974). Dagli esordi al Secondo Futurismo, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Parma, 2012

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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