Antonino Merello Mora, misconosciuto autore del XVII secolo

Un autore del XVII secolo, tanto discusso ma comunque noto al suo tempo quanto oggi misconosciuto, è Antonino Merello Mora, poliedrico esperimentatore di esercitazioni letterarie seppur sopravvissuto all’oblio soltanto per una sua contrastata partecipazione ai dibattiti sulla speculazione linguistica.
Addirittura il suo nome è stato causa di incomprensioni biografiche e di conseguenza biblioteconomiche.
Finalmente ai primi del ‘900 ne L’Accademia della Fucina di Messina (1639 – 1678) nei suoi rapporti con la storia della cultura in Sicilia (Catania, 1903, p.230) G. Nigido Dionisi menziona un “Merello Mora Antonino, pittore messinese…oratore, poeta e ricercatore delle più antiche notizie della letteratura patria…vivente ancora nel 1667”.
Molto tempo dopo Maurizio Vitale collega questo personaggio con gli inesistenti autori del Discorso che fa la lingua Volgare dove si vede il suo nascimento essere siciliano tali Antonino Merello e Pio Mora.
Gli errori dei tipografi (in particolare il vezzo spagnoleggiante della “e” in luogo della “y” intercalata fra i componenti del doppio cognome) hanno spesso indotto a pensare, anche per la celere dispersione del letterato dal panorama letterario italiano, che non si tratti, come nella realtà, di un singolo individuo, tale Antonino Merello (o Mirello) Mora ma di due persone, distinte seppur dai connotati indecifrabili (ad accrescere le incertezze vale la considerazione che nel ‘600 la forma “Merello” stenta a stabilizzarsi definitivamente, oscillando fra questo esito, in auge tra gli stampatori antichi, e l’omologo “Mirello”, oggi invece preferito dagli studiosi ed editori critici nelle loro citazioni).
Il Vitale si trova finalmente in grado di ricostruire le competenze sostanziali della fisionomia linguistica e letteraria di Antonino Mirello Mora: in questo modo, secondo l’uso corrente delle citazioni biblioteconomiche e bibliografiche, proporrò da ora l’onomastica dell’ erudito messinese, anche per evitare alcuni possibili fraintendimenti tanto nelle opportune interconnessioni fra citazioni del personaggio quanto nell’uso dei supporti informatici, italiani e non.
l Vitale delinea compiutamente le meditazioni linguistiche del Mirello Mora, pubblicandone quindi, con l’opportuno commento, i Discorsi della lingua volgare.
Per conseguenza, come spesso accade nel panorama critico letterario, la riscoperta di Maurizio Vitale accende un effimero seppur utile interesse sul personaggio.
Claudio Marazzini, concentrando in un giudizio forse non opportunatamente motivato né approfondito, il prodotto linguistico del Mirello Mora, che egli recupera dal moderno contributo di M. Vitale, finisce per congedarne la portata intellettuale e la cifra polemica entro una confutazione abbastanza epidermica, quale modestissimo risultato di “una confusa tesi sull’origine siciliana del volgare”.
Qualche considerazione più esaustiva si riscontra invece nel volume L’Italiano nelle regioni a cura di F. Bruni.
Dalla lettura del passo relativo al dibattito culturale sulla lingua che coimplica il Mirello Mora si evince il graduale scompaginarsi nel secondo Seicento della reazione antitoscana del sicilianismo linguistico che, ormai lontanissimo dalla postazione in certo modo autocratica dell’umanista C.M. Arezzo, va ripiegando su ogni fronte innanzi all’affermazione decisa della sempre meglio recepita norma toscana.
Questa “rassegnazione” degli autori isolani a scrivere in toscano si esprime però per strati e livelli distinti, di modo che, diversamente, vi partecipano tanto il “moderato” Giovanni Ventimiglia quanto l'”estremista” Antonino Mirello Mora.

da Cultura-Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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