Da Matisse nel suo eremo di Cimiez – di A. Aniante

Da sinistra Aniante e Matisse: foto nella raccolta privata dell’artista Elio Lentini

 

Non aveva ancora ottanta anni quando lo conobbi nella sua casa di Cimiez, incantevole collina alle porte della città.
Egli amava l’Italia ed era molto sensibile agli elogi dei nostri critici d’arte; ricordo che leggeva con attenzione i ritagli dei giornali italiani che lo riguardavano, e che per lui mi pervenivano da parte del mio amico Umberto Frugiuele nelle bustine grigioverdi dell'”Eco della Stampa”.

Più di una volta ricorsi alla generosità di Matisse in favore dei nostri connazionali; mai si rifiutò di venirmi incontro: per un giovane pittore cremonese, divenuto cieco e caduto in miseria, mi diede un suo disegno inedito; per il padiglione europeo della ceramica moderna del Museo di Faenza mi affidò vari suoi pezzi originali; per gli alluvionati del Polesine mi donò un suo quadro; mi fece pagare centomila franchi appena un suo disegno della “Via Crucis” della cappella di Vence, che acquistai per conto di una personalità italiana. Ai prezzi d’oggi, posso dire che Matisse mise nelle mie mani sue opere che valevano cento e più milioni di franchi.

Come sempre, in mio possesso non è rimasto assolutamente nulla, e se la mia dimora è ricca di qualche dipinto, son tutti omaggi di bravi e modesti artisti.

Ma ancor più che i capolavori e la fortuna, conservo preziosamente, attribuendo ad essi maggior valore, gli insegnamenti che seppi trarre dalle mie conversazioni con Matisse. Quanti scrittori sanno che fu non soltanto un grande pittore ma anche un grande saggio? Colpito da un male inesorabile, era, da diversi anni, immobile nel suo letto.

Antonio Aniante da una digitalizzazione di Cultura-Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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