Dolceacqua: cenni storici

Di origini antiche, con tracce di insediamenti rurali romani, il paese fu capitale (simboleggiata dal castello dominante sul Borgo vecchio ad oriente del Nervia) del Dominio dei Doria.
In Dolceacqua (in cui si son trovati reperti di ordine celto-ligure) si sono concretizzati sia il tema del rovesciamento cultuale (per cui supponibili elementi idolatri furono sconsacrati con l’identificazione di entità positive precristiane in elementi negativi-maligni secondo lo schema-trappola dell’ inganno demoniaco: il buco del Diavolo in Dolceaqua, fu uno dei “recessi storici” in cui il folklore cristiano-cattolico ha “nascosto” vari tipi di forze oscure; parimenti nella scomoda “Fonte del Drago” (Fonte Dragurina/ Dragurigna) si depresse il culto delle acque ipotizzando che tra queste si celasse un demone aggressore e/o tentatore) quanto il processo della sovrapposizione cultuale, di modo che una qualche tradizione (o struttura) pagana, resistente nella religiosità popolare non venne combattuta quanto piuttosto assimilata nel contesto di un sistema fideistico criristiano-cattolico (il complesso ecclesiale e le leggende taumaturgiche correlate di “Nostra Signora della Mota” poi detta, per alterazione dell’etimologia popolare, “Convento della Muta”) nel vasto sito già occupato dal Priorato benedettino medievale dipendente dal monastero di Novalesa nel circondario di Susa.
Sulla base degli atti del notaio genovese G. di Amandolesio (cartulare 57) è ricostruibile una TOPOGRAFIA DI DOLCEACQUA NEL XIII SEC. in cui il PAESE assumendo i connotati del BORGONUOVO acquisiva un ruolo predominante nel commercio di val Nervia.
Nuclei di tale topografia erano la chiesa di San Giorgio, il Convento di S. Maria, la platea o piazza del Parlamento e il Castello. La sola incertezza può sussistere sulla piazza: un atto del 7-IX-1259 la collocava nel “piano sotto Dolceacqua”: essa doveva sorgere nell’area antistante la Tera, il borgo vecchio sulla cui sommità sorgeva appunto il castro comitale.
Nelle Convenzioni del 20-IV-1258 tra Genova e Dolceacqua, la località era stata indicata come castrum o castello e villa: quindi l’insediamento non era concentrato sull’area del castello ma pure in una zona “a villa” non fortificata. E’ da pensare che un gruppo di abitazioni esistesse presso S. Giorgio dove sarebbe sorto il nucleo paleocristiano.
Il notaio operò nella parte della Tera di Dolceacqua, di cui conosceva toponimo e conformazione: dagli atti si intende che, nonostante le lotte tra Guelfi e Ghibellini, già a metà ‘200 Dolceacqua si era estesa sulla destra del Nervia e che, lungo la strada a lato del fiume sorgevano poderi, casali e mulini.
Il comportamento del notaio riassume dati sulla condizione socioeconomica e topografica del borgo scrivendo i documenti “all’aperto in Dolceacqua”: non entrando in case private e nel Castello, per il lavoro si valse di riferimenti ambientali ed architettonici ora utili e chiarificanti.
Un documento importante per la topografia di Dolceacqua nel ‘500 (dopo il complesso fortificato, la Tera, intorno al castello, oltre il Nervia, il Borgonuovo si sviluppò abbastanza tardi, fra XII e XIII sec., nel contesto dello sviluppo della via di fondovalle -oggi Via Barberis Colomba- rinvigorita e riaperta a mercanti e viaggiatori) del “Marchesato” dei Doria, ed in buona parte della porzione valliva soggetta al dominato genovese, è poi costituito dai ” Diritti del Magnifico Signore di Dolceacqua” stesi nel 1523.
Altri possedimenti signorili in Dolceacqua erano una casa nella piazza del borgo nominata lo palacio, una appotheca o magazzino dispensario e presso il Castello, dove si dice la torretta , un’altra casa: per quanto concerne lo palacio risulta evidente il riferimento alla dimora signorile detta in antico Camminata, ove nel salone eran sistemati i ritratti di famiglia: edificio di linea rinascimentale veniva abitato dai Doria in alcune stagioni dell’ anno (il suo degrado iniziò dal 1715, quando la Marchesa Matilde Balbiano ne fece un monastero di suore: che non vi rimasero molto tuttavia per i conflitti che sarebbero sopraggiunti ed infatti a metà del ‘700 il palazzo disabitato – i Doria si erano trasferiti in Camporosso entro il territorio della neutrale Repubblica di Genova – sarebbe stato colpito gravemente dalle cannonate delle truppe austro-sarde durante la Guerra di successione al Trono Imperiale).

da Cultura Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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