Duke Ellington si fermò due o tre ore

Tramite l’adesione ai gruppi di resistenza la famiglia Claudi comincia quindi ad inserirsi pienamente nel clima culturale della città romana, entrando in contatto con alcuni importanti rappresentanti della lotta al nazifascismo, divenendo così anche un punto di riferimento culturale.
“Casa Claudi” diviene un importante punto di ritrovo per intellettuali ed artisti come ricordato anche dal critico Spagnoletti:
“Mi limiterò a ricordare alcuni nomi di illustri personaggi, i primi che mi vengono in mente, incontrati talvolta a casa sua: Ungaretti, Cardarelli, Libero De Libero, Dessì, Tucci, Salvini, Gatto, Luzi. Claudio [Claudi] viveva con la madre, l’incantevole pittrice Anna Claudi. La sera del sabato non c’era bisogno di farsi annunciare, si andava da loro, sicuri di trovare amici comuni, scrittori ed artisti di passaggio a Roma. Si rientrava a notte tarda, mai delusi dai discorsi fatti o dalle idee scambiate. Fra le tante cose che ricordo, una mi sta a cuore riferire: Claudio non accennava che raramente ai suoi tentativi letterari, ai suoi scritti di critica d’arte, mai mi parlò delle sue poesie. Quante volte, nei mesi succeduti alla morte, ho ripensato a questo pudore, a questo scrupolo così in contrasto con la sua natura estroversa, marchigiana” <14.
Spagnoletti quindi descrive la casa dell’autore come un ritrovo abituale per vari intellettuali ed artisti romani. L’artista Sebastiano Carta <15 cita espressamente il salotto di casa Claudi in una poesia dedicata a Corrado Cagli <16: «A quei tempi andavamo con Claudio e Piero / A scoprire un’infanzia oltre i cieli e il vento. / Era la nostra inconfondibile voce» <17. Oltre alle personalità citate, possiamo annoverare come frequentatori abituali del salotto dei Claudi anche gli scrittori Pasquale Marino Piazzolla <18, Piero Ravasenga <19, Giacomo Natta <20 e i pittori Giovanni Stradone <21 e Sante Monachesi <22; amicizie, queste, che continueranno anche dopo la fine del conflitto. Di parere diverso è invece lo scrittore sardo Dessì che, nel ricordare “Casa Claudi”, racconta che essa era famosa durante l’occupazione tedesca per essere un luogo dove «si faceva baldoria in modo vergognoso ed equivoco. Le voci mi sono venute da diverse parti» <23. Nel diario di Vittorio [Claudi] possiamo trovare un dettagliata descrizione dei personaggi e degli incontri avvenuti in quel periodo nell’abitazione romana.
“Dopo l’arrivo degli americani cambiammo di casa. Un bell’appartamento su Via Bertoloni, un metro sopra il livello stradale, con un grande salone. Ogni domenica pomeriggio venivano a trovare Claudio, e anche mia madre, che appariva più tardi, poeti, pittori, scrittori più o meno maledetti. Le urla delle discussioni salivano al sesto piano. Erano questioni di arte generalmente. Certamente non venivano quelli classificati. Qualche volta venne Cardarelli e allora, per rispetto al vate, gli urlatori si accalcavano nella camera adiacente di mio fratello. Potrei fare un lunghissimo elenco. Molti di essi erano di assoluta avanguardia e oggi qualcuno viene riconosciuto, pur con pochi frammenti che ne rimangono. Il più maledetto era Piero Ravasenga. Figlio della benestante borghesia torinese, di un medico dei dintorni di Torino, aveva distrutto un patrimonio in pochissimo tempo. Sesso diversificato e taverne. Lessi, dattiloscritte, sue poesie, erano bellissime. Se si ritrovassero forse starebbe nella rosa dei poeti italiani di questo secolo […] Di pittori ne venivano tanti. Stradone ci ha lasciato dei disegni osceni […] Di un pittore maledetto, Ciampolini, mi rimane un bellissimo disegno su carta da velina per macchina da scrivere. Tante mani intrecciate e scritte deliranti. Morì in un manicomio. Tra i poeti debbo ricordare Pasquale Marino Piazzolla, il re galantuomo, per la straordinaria somiglianza. I suoi racconti degli anni della sua bohème parigina, ci incantavano. Una volta scrisse un volume di poesie (per poca moneta) per una gentildonna. Il suo scorno, per tutti segreto, fu che il premio di poesia (non so quale) dell’annata lo vinse la gentildonna e non lui. E, dopo, non ebbe sottomano neanche un grazie. Scrittori, romanzieri, giornalisti e scrittori tanti, tanti, tanti, si può dire tutti, meno quelli ufficializzati dalla stampa e dalle case editrici. Alcuni di essi successivamente ebbero notorietà. Ma a Claudio venivano a trovarlo anche di notte. Dagli alberelli della via raccoglievano due sassolini e li lanciavano sui vetri della finestra della camera un po’ illuminata dalla lampada da tavolo di Claudio che scriveva o sognava. A quel segnale, apriva il portone. A casa nostra si veniva senza invito. Una sera, alla mezzanotte, Trovaioli e Piccioni ci scaricarono, dopo il concerto, Duke Ellington e un nugolo di ragazzi e ragazze (oggi si direbbero fans). Il salone era zeppo. Duke Ellington si fermò due o tre ore. In parte ci suonò (e il piano era di famiglia!) in parte ballò stringendo flessuose ragazze. Era visibilmente divertito. Il vinello di casa non mancava mai <24. […] Il nostro caro, dolcissimo amico, Luigi Salvini, professore di slavistica per chiara fama, nominato poeta nazionale finlandese, che conosceva 23 lingue (e relative letterature), passava da una conversazione in ungherese ad una in francese, da una in tedesco, ad una in bielorusso” <25.
Il “salotto dei Claudi” può quindi essere annoverato come un luogo di incontro dove era possibile divertirsi scambiando scritti ed opinioni come era usuale fare a quei tempi nelle varie abitazioni romane. Il trasferimento nella Capitale permette quindi all’autore di godere della compagnia costante di importanti personalità intellettuali. Nonostante ciò, Claudi non riuscirà mai a superare lo stato di prostrazione fisica e mentale che lo ha sempre accompagnato: «Oggi celebri critici e poeti a casa mia. In più pittori ed altri. Mi sono sentito […] un sacco vuoto. Sono ridotto un essere pietoso» <26. In questo passaggio del diario 1955-1957 possiamo notare come le frequentazioni a “Casa Claudi” siano continuate anche durante gli anni del Dopoguerra. L’autore però non considera ciò necessariamente positivo, indicando i sentimenti e gli stati d’animo che lo hanno sempre accompagnato durante le sue vicende biografiche.
In questo “nuovo mondo” Claudi inizia la sua attività di scrittore e soprattutto di critico d’arte. Pubblica una sua prima critica in “Meridiano di Roma” nel gennaio del 1943 <27. Nel giugno dello stesso anno recensisce l’esposizione alla “Galleria minima Il Babuino” dell’amico pittore Monachesi e di sua moglie Giselda Parisella <28. A questo periodo risalgono i primi contatti con il pittore Giovanni Omiccioli <29 a cui scriverà nel gennaio del 1949 un commento pubblicato in “La nuova civiltà” <30. Nonostante le fatiche e il malessere descritti in precedenza, Claudi ricorderà con nostalgia questi anni, indicandoli come l’inizio della sua carriera letteraria e professionale:
“Io che sono stato fino a trent’anni solo, felice della mia solitudine, qua e là per l’Italia. […] Ricordo quando ero uno che veniva considerato fra i più giovani vivi del tempo – e non dico, purtroppo, cose esagerate – e mi vedo ora annichilito, spaurito, timido, invigliacchito, debole, malato, invecchiato, grigio, senza mordente e senza personalità: una rovina” <31.
Nel passo citato possiamo notare l’importanza che ha avuto per lo svolgimento della biografia di Claudi il suo trentesimo anno <32. Nel 1944 pubblica la sua unica opera editata in vita, “Lettere tibetane”, una raccolta di 25 prose di carattere filosofico <33. La silloge viene tenuta in grande considerazione dai suoi amici più stretti che tenderanno ad identificarlo con l’opera stessa; Angelini, infatti, nelle sue missive spesso saluterà il Nostro con il soprannome di “tibetano” <34. Il filosofo Rosario Assunto in Omaggio mostra i caratteri e le intenzioni che hanno spinto Claudi nella redazione della raccolta:
“E ancora ricordo la vertigine che mi prese, tornato nel mio studio, dopo che ci fummo accomiatati nella piazza […] da cui le vie delle rispettive abitazioni divergono, quando nel leggere quelle poche intensissime pagine, mi sentii trasportare di colpo in un’aria cristallina e leggera, come trovarsi a seimila metri, in una zona da dove è possibile che l’essere e il non essere, in quanto categorie, siano dominati dall’alto di un pensiero che sta oramai più su delle proprie stesse categorie, e si è identificato con l’Essere in una assolutezza per la quale lo stesso dire ‘essere’ è poco, perché ‘essere’ è ancora una categoria, mentre il luogo delle Lettere tibetane di Claudi si situa (e ci si situa, se lo raggiungiamo) al di là – non al di qua, come vorrebbero i teorici dell’esperienza antepredicativa – di ogni riflessione categorizzante l’essere come un proprio contenuto” <35.
Nelle “Lettere tibetane” Claudi vuole trovare quindi una nuova modalità di descrivere e parlare dell’Essere, elaborando un linguaggio che cerchi di mostrarne la sua assoluta trascendenza così da raggiungere un piano ontologico dove poter reperire, come afferma anche Assunto, una visione «non meccanica dell’essere» <36.
Le “Lettere” si qualificano quindi come la prima compiuta elaborazione del suo pensiero, la quale vede Claudi impegnato a ricavare da una matrice prettamente biografica della sua opera <37 una nuova impostazione della filosofia dell’essere. In tal senso egli può aver risentito della tematica heideggeriana della comprensione e della possibilità dell’Esserci <38. Tale tematica potrebbe essere stata sintetizzata con la metafisica idealista della soggettività, conosciuta da Claudi nel suo periodo pisano. Possiamo quindi ipotizzare che l’autore condivida la finitezza che determina l’Esserci heideggeriano e la filosofia dell’esistenza, ma, nonostante queste possibili analogie, Claudi raggiunge una soluzione speculativa totalmente differente. Per l’autore marchigiano, infatti, la scelta che il soggetto è chiamato a compiere per realizzare se stesso non indica la precarietà e la finitudine dell’io, bensì manifesta la grandezza e l’eternità della soggettività.
L’autore in questo periodo studia assiduamente la cultura esoterica, approfondendo in particolare il “De Magia” di Giordano Bruno <39 e “Nuovo rinascimento” di Arturo Onofri <40.
[NOTE]
14 SPAGNOLETTI, Prefazione, p. 6. Claudi in un passaggio del diario 1949-1955 scrive: «Un fischio alle due di notte, e l’amico G. [Giovanni Stradone] con il dott. M [Martelli] sono sotto le finestre di casa mia. Conversazione leggera G. [Giovanni Stradone] è spiritato. Arriva nello stesso tempo mia sorella, di ritorno da una gita. Beviamo del cognac. […] Ho dato ad M. [dott. Martelli] una copia del mio vecchio libricino» (Diario 1949-1955, p. 20). Con il termine “libricino” Claudi indica le Lettere da lui pubblicate intorno al 1944.
15 Sebastiano Carta (Priolo Gargallo, 4 marzo 1913 – Roma, 8 luglio 1973) è stato un pittore e poeta italiano. Verso la fine del 1944 insieme a Giovanni Stradone, Giuseppe Mazzullo, Renato Guttuso fonda la “Casa Rossa”, salotto culturale frequentato subito dopo la guerra anche dal Nostro. Nel fondo Claudi è presente una sua opera intitolata La favola di Anna Claudi (Cfr. F.C., La favola di Anna Claudi di Sebastiano Carta, 1971, B bliog 4).
16 Corrado Cagli (Ancona, 23 febbraio 1910 – Roma, 28 marzo 1976) è stato un artista italiano.
17 Cfr. E. CARTA, Cuore di scimmia, Edizioni Il foglio, Piombino 2009.
18 Pasquale Marino Piazzolla (San Ferdinando di Puglia, 16 aprile 1910 – Roma, 22 giugno 1985) è stato un poeta e scrittore italiano. Riportiamo un ricordo scritto da Claudi in un diario del 1949: «L’amico P. [Piazzolla] del resto, ha tutti i requisiti del genio. Una sensibilità ricchissima e mossa, un intuito e una capacità filosofica-razionale di prim’ordine, una fantasia senza limiti. Inoltre attitudini pratiche organizzative, inoltre capacità di lavoro. […] Il suo limite, pericoloso limite, almeno per ora, è quello di sentirsi con eccessiva vivezza dotato di qualità» (Diario 1949-1955, p. 37). Il nome di Piazzolla viene riportato per intero in una nota presente nella trascrizione del diario fatta dal fratello Vittorio. Piazzolla nel luglio del 1972 ha scritto Elegia in morte di Claudio Claudi pubblicato in Omaggio (Cfr. M. PIAZZOLLA, Elegia in morte di Claudio Claudi, in Omaggio, pp. 28-30).
19 Piero Ravasenga (Borgo San Martino, 7 luglio 1907 – Alessandria, 31 marzo 1978) è stato un poeta e un polemista italiano. Vittorio Claudi nelle sue memorie lo indica come un abituale frequentatore del “salotto”. In archivio sono state ritrovati alcune carte attribuibili a Ravasenga e una sua cartolina indirizzata a Claudi (Cfr. F.C., Cartolina illustrata di Ravasenga a Claudio Claudi, 12 giugno 1943, C. COR. I.107).
20 Giacomo Ferdinando Natta (Vallecrosia, 17 gennaio 1892 – Roma, 15 maggio 1960) è stato uno scrittore italiano. In una sua lettera del 9 dicembre 1955 Natta saluta l’amico Claudi ricordando alcuni momenti passati nella sua abitazione romana: «Penso, di tanto in tanto, alle visite che venivamo a farti a casa tua, alla tua bontà, tanto eccellente per essere così semplice. […] Come sta tua madre? È una donna prodigiosa e che pittrice! Abbracciala da parte mia, e saluti[?] affettuosi a tuo fratello, e tua sorella e suo marito» (F.C., Lettera di Giacomo Natta a Claudio Claudi, 3 dicembre 1955, C. COR. II.124). In archivio sono presenti anche un’altra lettera di Natta (in cui troviamo allegati un saggio su Bruno Barilli e una poesia intitolata Plaintes d’un simple a’ dieu) e un articolo sulla sua morte editato sul “Tempo” il 18 maggio 1960 (Cfr. F.C., Lettera di Giacomo Natta a Claudio Claudi, 3 dicembre 1960, C. COR. II.125; F.C., Necrologio di Giacomo Natta, “Il Tempo”, 18 maggio 1960, C. COR. II.126).
21 Giovanni Stradone (Nola, 10 novembre 1911 – Roma, 2 febbraio 1981) è stato un pittore italiano. Dessì insieme a Claudi redigerà una monografia in suo onore (cfr. Giovanni Stradone, presentazione di Giuseppe Dessì, con una nota di Claudio Claudi, De Luca Editore, Roma 1950). In un passaggio del diario 1949-1955 Claudi scrive: «Debbo fare la monografia al pittore S. [Stradone] un’impresa. Il quale S. [Stradone] è un carissimo uomo, e nei momenti di scoraggiamento va sorretto, aiutato. Com’è pesante la vita» (Diario 1949-1955, p. 10). Nell’archivio del pittore sono stati reperiti altri scritti del Nostro sull’opera dell’artista e un ritratto di Claudi a lapis fatto da Stradone, a cui lo stesso Claudi accenna in un diario: «S.[Stradone?] ha cominciato il mio ritratto» (Ivi, p. 23). La Fondazione Claudi è in contatto con il fondo Stradone per acquisire una copia del materiale.
22 Sante Monachesi (Macerata, 10 gennaio 1910 – Roma, 28 febbraio 1991) è stato un artista, pittore e scultore italiano, fondatore nel 1932 del “Movimento Futurista nelle Marche” e nel 1964 del “Movimento Agravitazionale”. Claudi aderisce al movimento “Agrà” insieme a sua madre Anna nel 1964. In archivio sono presenti vari documenti inerenti la produzione di Monachesi, in particolare E. VILLA, Sante Monachesi, Serafini Editore, Roma s.d. in cui troviamo una dedica di Monachesi ad Anna Claudi datata 1969 (Cfr. F.C., Monachesi Carte Segrete, B Mo 12).
23 DESSÌ, Diari 1963-1977, pp. 276-277.
24 Di questo episodio riferisce anche Claudi: «Domani verrà gente, domani sera, probabilmente, una celebre orchestra negra» (Diario 1949-1955, p.35).
25 F.C., Diario di Vittorio Claudi, pp. 24-25.
26 Diario 1955-1957, p. 3.
27 C. CLAUDI, e a Roma, “Meridiano di Roma”, VIII, 3 (17 gennaio 1943), p. V. Nell’articolo Claudi commenta alcune opere di Carlo d’Aloisio da Vasto, Francesco Perotti, Sante Monachesi, Dario Cecchi e Bellonzi. Il documento è presente nel fondo con collocazione Arte 1.
28 Galleria minima “Il Babuino”, Dipinti di Monachesi, Acqueforti di Parisella, 14, 24-30 giugno 1943, via del Babuino 69, Roma (documento presente nel fondo con collocazione Arte 2).
29 Giovanni Omiccioli (Roma, 25 febbraio 1901 – Roma, 1 marzo 1975) è stato un pittore italiano, uno dei rappresentanti della “Scuola Romana”. In archivio è conservata una lettera scritta da Omiccioli a Claudi il 18 aprile 1943 in cui possiamo notare il tono familiare con cui il pittore si rivolge al Nostro: «La mia mostra sarà fra un mese circa, ti scriverò, e ti manderò il catalogo. / I fiori (quelli che non piacciono a tua sorella) li ho venduti tutti e due. Ho fatto bene ad esporli. Mi auguro che te pensi qualche cosa di buono, e spero presto di leggere cose tue, e presto io spero di fare altre cose. Ossequi alla tua Sorella e a te saluti cari. / Ti aspetta di diritto una mia cosa» (F.C., Lettera di Omiccioli a Claudio Claudi, 18 aprile 1943, C. COR. I.98).
30 C. CLAUDI, Pittura di Omiccioli, “La Nuova Civiltà”, V, 1-2 (gennaio-febbraio 1949), p. 2. Il documento è conservato nel Fondo Claudi con collocazione Arte 5. Il testo è stato ripubblicato parzialmente in N. CIARLETTA, Omiccioli, Edizioni Bora, Bologna 1975, p. 75. Il documento è conservato nel fondo con collocazione Arte 80.
31 Diario 1951-1953, p. 32. Questo passaggio si riferisce al 1944 anno in cui l’autore compie il suo trentesimo compleanno.
32 Nel diario 1955-1957 scrive: «Lo sviluppo della mia personalità si è arrestato a trent’anni. Poi c’è stato il declino pauroso, inarginabile. Ho consumate le piccole braccia, e infranto il piccolo cranio contro sbarre infrangibili. Tutto il resto della mia esistenza è stato questo. Un conato vano ad uscire dalla prigione. La prigione ancora continua» (Diario 1955-1957, p. 27).
33 La raccolta è senza datazione, ma nella seconda di copertina di Poesie troviamo 1944. L’opera è stata iniziata intorno al settembre 1941 e conclusa a Roma nel marzo 1942 (Cfr. F.C., Lettere Tibetane, C. CAR.1.2). Altro materiale è presente in un quaderno nero datato 18 settembre 1941 – 19 maggio 1948 (Cfr. Quaderno nero). Probabilmente alcuni fogli del quaderno sono stati staccati dal fratello Vittorio come riportato in una sua annotazione presente nel quaderno: «da questo quaderno nero ho estratto: L. T. e Tutte le poesie» (con L.T. si intende Lettere). Dalle carte presenti in archivio comprendiamo che le Lettere si compongono di una seconda parte non pubblicata dall’autore. Nel 2007 la Fondazione Claudi si è impegnata a ripubblicare le Lettere, Iter ad occultum e Anatra.
34 «Ma tu piuttosto, vecchio tibetano, come stai?» (F.C., Lettera di Werther Angelini a Claudio Claudi, 20 dicembre 1960, C. COR. II.23).
35 ASSUNTO, Immagini, pp. 9-10.
36 Ivi, p. 8.
37 Anche nelle Lettere possiamo notare il ripresentarsi di quella dialettica tra la necessità di reperire un senso alle sue vicende biografiche e l’afflato metafisico-idealistico che ha sempre contraddistinto il suo tentativo speculativo. Nei suoi diari spesso Claudi chiarisce la matrice biografica delle Lettere, come emerge ad esempio in un passo scritto tra la fine del 1951 e l’inizio del 1952: «Il dolore ha solcato la mia esistenza da tutti i versi e per tutti i lati. Un dolore inespresso, cupo, segreto, mascherato, in tutti i modi, e a volte di una portata “cosmica”, come è visibile in quel piccolo documento che sono le “Lettere tibetane”» (Diario 1951-1953, p. 17).
38 Come sottolineato anche da Cristina Ubaldini: «Vi compare anche l’ombra della filosofia heideggeriana, che Claudi potrebbe aver conosciuto con grande anticipo sulle traduzioni italiane, grazie ai contatti con Claudio Baglietto, il quale si recò a Friburgo nel 1932 e mai più tornò indietro, mantenendo a lungo contatti coi vecchi compagni di studi» (UBALDINI, Il silenzio e la sperduta Orione, p. 187). Questo potrebbe essere confermato anche da alcuni rimandi presenti negli scritti di Claudi: «L’esistenzialismo tanto deprecato e disprezzato dai filosofi di professione ha sotto questo punto di vista il merito di riportare comunque l’uomo di fronte a problemi reali, di aprire gli occhi sulle condizioni autentiche della realtà e sui limiti veri del pensiero: mette l’uomo con le spalle al muro. Perché in realtà la soluzione in un senso o nell’altro dei problemi rilevati dall’esistenzialismo imposta un’esistenza piuttosto che un’altra. Ho detto problemi rilevati non posti, come si usa comunemente. Poiché i problemi veri non sono posti dall’uomo, ma si impongono ad esso. Preesistono connaturati in lui, ed esistono nella realtà, come la realtà stessa» (Realtà, p. 40). Inoltre, nel diario del 1954 troviamo: «Vi sono dei momenti di smarrimento in cui la vita si presenta vuota, assurda, e assurda è la tua presenza. Ma sei al mondo. Ci sei. Sei al mondo con i tuoi problemi, con le tue necessità, i tuoi doveri, i tuoi impegni. […] E nessun’altra ragione puoi dare a questo essere al mondo che il fatto di essere al mondo. Nulla giustifica la sua esistenza, nulla riscatta il tuo “esserci”, e tuttavia sei necessitato ad agire secondo i tuoi problemi, e secondo quelle “decisioni” che hai preso nel tuo passato, e man mano prendi nel tuo presente» (Diario 1954 lug., p. 14)
39 Una conferma dello studio del Rinascimento intrapreso dall’autore in questo periodo è data anche dalla descrizione del primo incontro che Assunto ha avuto con Claudi verso le fine del 1945: «Claudio, lo conobbi in un pomeriggio del tardo inverno 1945, nella casa del filosofo Pantaleo Carabellese […] A nome di Tucci, Claudi chiedeva al Carabellese un contributo per una miscellanea, credo sul problema metafisico del tempo, che non mi pare sia mai giunta in porto. […] Familiarmente interrogato dal Carabellese […] raccontò della Normale di Pisa, dell’Università di Firenze, dell’incontro con Tucci, degli studi che in quei tempi lo occupavano intorno alle teorie sulla magia nel Rinascimento Italiano. E fu l’occasione di un colloquio intorno al senso metafisico della magia che io stetti ad ascoltare con viva curiosità» (ASSUNTO, Immagini, pp. 6-7). Lo studio delle opere magiche del Rinascimento da parte di Claudi deve essere inserito nella riscoperta della cultura esoterica italiana iniziata all’inizio del secolo da Decio Calvari e Arturo Reghini per mostrare «le radici di uno sviluppo autoctono dell’esoterismo, che si possa considerare alternativo o complementare ad altre tradizioni esoteriche» (PASI, Teosofia, p. 583). «Il desiderio di riscoprire una tradizione esoterica specificamente italiana condusse alcuni membri della sezione italiana della Società Teosofica, fra cui l’allora segretario Decio Calvari, giovani come Arturo Reghini e Balbino Giuliano, ma anche la stessa Cooper-Oakley, a studiare la fioritura neoplatonica ed ermetica del Rinascimento italiano prima che essa diventasse oggetto di ricerca privilegiato da parte di studiosi accademici di valore» (Ivi, p. 584). Anche Claudi vuole mostrare come in Bruno la «magia sembra rappresentare un corollario della sua filosofia, ma se ne distacca anche per un suo singolare carattere, che è dato dalla tradizione scientifica, cerimoniale, dottrinaria, mistica religiosa» (Diario 1943-1945, p. 69). La rivalutazione compiuta da Claudi delle opere magiche di Bruno può quindi essere analoga all’interpretazione condotta da Reghini sulla rivista il Leonardo che, sottolinea Pasi, rivaluta gli aspetti magici e pitagorici, «ponendosi quindi in contrasto con l’interpretazione positivista corrente, che vedeva nel filosofo nolano soprattutto un martire del libero pensiero e della scienza moderna. Senza voler forzare troppo le analogie, Reghini sembra qui anticipare idealmente la visione di Bruno come mago “ermetico”, proposta negli anni sessanta da Frances Yates e che, pur con qualche aggiustamento, ha profondamente modificato il modo di intendere l’opera bruniana» (PASI, Teosofia, pp. 585-586).
40 Arturo Onofri (Roma, 15 settembre 1885 – Roma, 25 dicembre 1928) è stato un poeta e scrittore italiano, tra i massimi poeti metafisici italiani del Novecento. Onofri è stata influenzato dal pensiero di Rudolf Steiner e dalle varie attività connesse al circolo esoterico “Gruppo di Ur”, che si raccoglie intorno alla rivista “UR”. L’opera di Onofri Nuovo rinascimento, commentata da Claudi, è presente nella biblioteca del Fondo cfr. A. ONOFRI, Nuovo rinascimento come arte dell’io, Laterza, Bari 1925.
Gabriele Codoni, Claudio Claudi: un episodio sconosciuto di umanesimo nel secolo breve. Biografia intellettuale, introduzione critica ed edizione filologica di ‘Realtà e valore‘, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Anno Accademico 2017/2018

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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