Enzo Ferrieri, rabdomante della cultura

Il volume [AA.VV., Enzo Ferrieri, rabdomante della cultura…], accompagnato nel 2010 da una mostra omonima tenutasi presso la Biblioteca Braidense di Milano, in collaborazione con la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, tratteggia una delle figure più vive e poliedriche della Milano della prima metà del secolo: Enzo Ferrieri, che fu direttore della rivista il «Convegno» e del teatro omonimo, ma diresse anche la neonata EIAR e un circolo culturale attivissimo sul piano delle conferenze e dei rapporti internazionali.
Rispetto alle pubblicazioni precedenti, concentrate sul ruolo di Ferrieri in radio o sul solo «Convegno» (si vedano a questo proposito due importanti contributi: Enzo Ferrieri, La radio! La radio? La radio!, a cura di Emilio Pozzi, Milano, Greco&Greco, 2002, che riporta il manifesto della radio stilato da Ferrieri e apparso sul «Convegno» del giugno del 1931, assieme alle risposte dell’inchiesta sulla radio, scritte da 34 intellettuali dell’epoca, e Paola Ponti, Critici e narratori a «Convegno». Vent’anni di romanzo e prosa d’arte sul mensile di Enzo Ferrieri, Milano, Edizioni I.S.U., 2003), il testo ha il pregio di far emergere la poliedricità dell’intellettuale attraverso interventi basati su carte inedite, custodite sia presso la Fondazione Mondadori di Milano, sia presso il Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia.
Le doti di «diabolico rabdomante ed efferato curioso» (p. 9) vengono messe bene in luce nel profilo stilato da Anna Modena in apertura di volume. Dopo un’attenta ricognizione degli ambiti di interesse di Ferrieri, che spaziano dal teatro al cinema, alla letteratura, alla poesia, la studiosa si sofferma sulle figure dei collaboratori del «Convegno», che, oltre a Carlo Linati ed Eugenio Levi, annovera critici del calibro di Debenedetti, Titta Rosa e Borgese, a sottolineare sia l’ampiezza di respiro della rivista, sia il suo contributo nel passaggio dall’autobiografismo alla narrazione, fino all’affermarsi del romanzo moderno.
L’intervento seguente, “La carica dei 600. Il canone teatrale di Enzo Ferrieri”, a cura di Oliviero Ponte di Pino, rappresenta invece un primo bilancio dell’attività teatrale di Ferrieri, svolta sia nel proprio teatro sia in radio. Guidato dall’idea di una “regia critica”, che faccia emergere la parola dell’autore, interpretandola alla «ricerca di quel tanto di erudito, di attuale e vivo che il testo contiene» (p. 16) e sostenuto dalla convinzione che una cultura migliore porta a una società migliore, Ferrieri, dal 1930 al 1959, porta nei salotti degli italiani, tramite la radio, circa 600 copioni provenienti dalla migliore drammaturgia europea e nordamericana, includendo Eliot, Lorca, Greene, O’Neill, Saroyan, ma anche Schnitzler, Kaiser, insieme ad Alvaro, Moliere, Shakespeare e Manzoni. Un respiro internazionale, dunque, lo stesso che si coglie in altri due interventi, quello rispettivamente di Edoardo Esposito e di Anna Antonello, volti a sottolineare sia il programma di apertura all’Europa del «Convegno», sia, più nello specifico, il suo ruolo di pioniere nella divulgazione della migliore cultura tedesca di quegli anni. Se, infatti, l’intero clima culturale italiano guardava alla Francia, la cui letteratura registra la percentuale più alta di presenze all’interno della rivista, l’ottima conoscenza del tedesco da parte di Ferrieri e la valida collaborazione con la germanista Lavinia Mazzucchetti portano a ottimi risultati su un duplice versante divulgativo. Da una parte, Ferrieri fa conoscere, attraverso la pubblicazione di lunghi brani o numeri monografici, sull’esempio di «Solaria» e del «Baretti», le inquietudini della migliore letteratura contemporanea tedesca, rappresentata da Wedekind, Mann, Kafka, Rilke e vari altri. Dall’altra, stabilendo un rapporto personale con Rudolf Kayser, prestigioso redattore del periodico «Die Neue Rundshau», è in grado di creare uno rapporto di scambio con la rivista, nella quale sarà pubblicato il suo saggio sulla letteratura italiana contemporanea. Il caso appena citato non è certamente isolato: molte sono le collaborazioni prestigiose che Ferrieri riesce a ottenere proprio attraverso rapporti di amicizia, stabiliti anche attraverso canali istituzionali, come quello del Pen Club, al quale è dedicato l’intervento di Stefano Ballerio. L’autore, dopo aver spiegato i motivi della scarsa fortuna del Club in Italia, legati soprattutto all’incompatibilità tra la tradizione liberale anglosassone e quella del fascismo ormai affermatosi alla fine degli anni Venti, traccia un bilancio positivo dell’esperienza per Ferrieri e il suo gruppo milanese. Il Pen Club, ospitato nelle sale del palazzo Gallarati-Scotti, già sede della rivista e del circolo culturale, rappresenta dunque «una risorsa ulteriore per tenersi informati su ciò che si scriveva “fuori”. […] Inversamente, […] era un contesto dove raccontare ai letterati europei l’attualità letteraria italiana» (p. 50).
Un’ultima menzione riguarda i rapporti con Ferrieri e i nuovi mezzi di comunicazione, come il cinema e la radio, affrontati da Morando Morandini e da Emilio Pozzi. Se l’intervento di Pozzi mette in rilievo il desiderio di Ferrieri di avviare l’elaborazione di un vero e proprio linguaggio per la radio con l’aiuto degli intellettuali del periodo che, negli anni Trenta, guardavano ancora al mezzo con mal celato sospetto, quello di Morandini sottolinea ancora una volta l’apertura del «Convegno» e di Ferrieri verso le novità artistiche. Attraverso una prima puntuale ricognizione delle recensioni cinematografiche di Ferrieri, il critico individua il suo approccio al cinema, considerato in primo luogo arte popolare, di intrattenimento, in cui centrale rimane la figura del regista-produttore, responsabile della buona riuscita del progetto.
Mentre la prima parte del volume propone una prima, agile e interessante ricostruzione della statura culturale di Enzo Ferrieri, le appendici forniscono la storia e la catalogazione del fondo Ferrieri, oggi diviso tra la Fondazione Mondadori di Milano e il Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta ai autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia. I due interventi, di Paola Ciandrini (Fondazione Mondadori) e Nicoletta Trotta (Università di Pavia), forniscono il dettaglio di tutti i testi lasciati dall’intellettuale e che comprendono, oltre ai già citati copioni, una vastissima corrispondenza, valida per la ricostruzione dell’ambiente culturale milanese della prima parte del Novecento.
“Enzo Ferrieri, rabdomante della cultura” offre dunque al lettore non soltanto l’occasione di approfondire una parte ancora poco indagata della nostra cultura, ma fornisce anche un’ottima guida per lo studio e l’esplorazione dell’importante materiale archivistico depositato presso le già citate sedi. Sarah Sivieri, Enzo Ferrieri, rabdomante della cultura. Teatro, letteratura, cinema e radio a Milano dagli anni venti agli anni cinquanta (a cura di) Anna Modena, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2010 in Oblio, I, 2-3

Nel 1926 il Circolo del Convegno diretto da Enzo Ferrieri a Milano affianca all’attività di circolo letterario e teatrale, quella di circolo cinematografico: nasce quello che viene chiamato Cineconvegno <12. Ferrieri inaugura, di fatto, un’intensa tradizione di circoli cinematografici che influirà grandemente nei processi di riorganizzazione della cultura cinematografica e nei tentativi d’inizio anni Trenta di ridare vita all’industria cinematografica italiana.
12 Sull’attività di Enzo Ferrieri e il Cinecovegno si veda: Morando Morandini, “Enzo Ferrieri e il ‘Cineconvegno’”, in Anna Modena (a cura di), Enzo Ferrieri, rabdomante della cultura. Teatro, letteratura, cinema e radio a Milano dagli anni venti agli anni cinquanta, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano 2010, pp. 35-39; Giuseppe Anderi, Il cinema e le arti nella Milano degli anni Trenta, in Raffaele De Berti (a cura di), Un secolo di cinema a Milano, Il Castoro, Milano 1996, pp. 191-213; Angelo Stella, Il Convegno di Enzo Ferrieri e la cultura europea dal 1920 al 1940, Manoscritti, immagini e documenti, Catalogo della mostra Incontro con Enzo Ferrieri nel centenario della nascita, Pavia dicembre 1990 – maggio 1991, Pavia 1990; Annamaria Cascetta, Teatri d’arte fra le due guerre a Milano, Vita e Pensiero, Milano 1979. Ancora sul Convegno si rimanda a Raffaele De Berti, Cultura ed estetica del cinema a Milano: Ettore Maria Margadonna tra ‘Il Convegno’ e ‘L’Ambrosiano’, in Raffaele De Berti, Elena Dagrada e Gabriele Scaramuzza, Estetica e cinema a Milano, Atti del Convegno, Università degli Studi di Milano, Materiali di Estetica, 2006, pp. 135-149.
Andrea Mariani, Nomadi e bellicosi. Il cinema sperimentale italiano dai cine-club al neorealismo, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno accademico 2013/2014

Per tradizione città di “botteghe di editoria” <584, non va dimenticato – a monte – il ruolo che negli anni venti a Milano ebbero, anzitutto come librerie e uffici bibliografici, ovvero luogo di scambio e circolazione di libri d’arte in edizioni più o meno rare, diverse realtà specifiche quali il Convegno, “libreria moderna […] in tutto e per tutto nuova” <585, avviata nel 1921 da Enzo Ferrieri; Bottega di Poesia, particolarmente attiva anche nel settore “antiquariato bibliofilo” […]
[NOTE]
584 Botteghe di editoria tra Montenapoleone e Borgospesso. Libri, arte, cultura a Milano 1920-1940, cit.
585 Ivi, p. 11
Viviana Pozzoli, Il sistema dell’editoria d’arte contemporanea nella Milano degli anni trenta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2015/2016

Il contributo di Ferrieri al settore radiofonico fu rilevante ma soprattutto esteso. Oltre ad aver innescato in più occasioni il dibattito attorno al neonato mezzo di comunicazione <40 e alle sue potenzialità espressive, Ferrieri sarà direttore artistico di Radio Milano dal 1929 al 1931, promotore della prima Compagnia Stabile della Radio Italiana nonché fecondo regista radiofonico.
Ferrieri crede sia finalmente giunto il momento di trasformare la radio da strumento divulgativo a mezzo creativo poiché «la radio, come forza creativa di nuove forme giornalistiche o artistiche, oppure come incitamento a nuove consuetudini sociali […] non esiste ancora in nessun paese se non come timido esperimento» <41.
Perché ciò avvenga, il mezzo radiofonico deve saper divertire, avanzare con ritmo veloce e con chiarezza, deve trasmettere solamente voci “competenti”, drammi appositamente creati per la messa in onda e musiche arrangiate sulle trasmissioni. Esso dovrà diventare il testimone della cultura di un popolo, «la prima ambasciatrice di ogni paese» <42.
La questione della “radiogenia” della voce non è affatto scontata; come osserva Ferrieri l’annunciatore radiofonico deve riuscire, con la sola intonazione vocalica ad adattare il suono al contenuto e alla forma del programma che sta annunciando.
Per la creazione di questi esperti dicitori, Ferrieri richiede l’istituzione di una scuola il cui solo obiettivo sarà di educare gli speaker del futuro; coloro che padroneggeranno «l’arte di “colorire” una notizia, il senso difficilissimo della paura, il senso delicato dell’opportunità […]». <43
I caratteri del messaggio radiofonico dovranno essere: l’attualità, l’immediatezza, l’imprevedibilità e la novità.
Il principio fondamentale della radio dovrà essere quello di attrarre a se gli ascoltatori evitando con cura di poterli annoiare in qualche modo. Per questa ragione l’era delle lunghe conversazioni o dei convegni deve essere definitivamente chiusa. In radio a prevalere dovranno essere, piuttosto, le forme del dialogo e dell’intervista che incalzano l’attenzione del radiouditore il quale «attende ogni attimo qualche cosa di nuovo, un contrasto impensato, una trovata, che rompa la monotonia della trasmissione». <44
Per quanto concerne lo stile radiofonico Ferrieri sintetizza il suo pensiero nel semplice ed efficace paradigma: «si riduca tutto all’essenziale» <45.
Il linguaggio radiofonico necessita di un lessico leggero e immediato, che raggiunga il nucleo del discorso senza lunghe premesse, preferendo alla prolissità del romanzo la sinteticità della novella: “Si tratta di trovare nuove sintesi spirituali, per le quali la realtà venga espressa, certo con concisione estrema, ma che traggano la loro forza dall’elemento assoluto dominatore della Radio […]: il silenzio”. <46
Il silenzio è ciò che fornisce alla radio la sua naturale «inclinazione al fantastico». Sottofondo di tutte le trasmissioni radiofoniche, rifiorisce ad ogni interruzione del suono. Una breve pausa al modulare propagarsi delle onde sonore ha la forza di far cadere l’ascoltatore nel vuoto incommensurabile della quiete, il silenzio crea l’aspettativa per il rifluire di nuove parole.
Per quanto concerne il teatro radiofonico, Ferrieri lo definisce il più adatto alla rappresentazione della realtà. Il suo carattere dinamico e sintetico lo favorisce al teatro tradizionale anche se, aggiunge Ferrieri, questo nuovo modello di rappresentazione è ancora tutto da inventare e organizzare.
Nel futuro processo di creazione, scrive, bisognerà evitare la cosiddetta «scena uditiva di… cartapesta» costruita sui rumori roboanti, gli effetti agghiaccianti o le forti risate. Meglio, invece, sarà realizzare un dramma in grado di sfruttare «la complicità del silenzio, come elemento di paurosa e grandiosa suggestione, e sul “senza limiti” dello scenario». <47
Di fondamentale importanza saranno poi le voci degli attori: è essenziale che esse siano ben distinte le une dalle altre e che incarnino il più possibile il personaggio che è stato affidato loro; «le diverse voci diventeranno presto talmente caratteristiche da divenire rappresentative di determinati stati d’animo […]». <48
Il teatro radiofonico, inoltre, deve tener presente le dimensioni del suo pubblico. Un uditorio così ampio come quello della radio necessita un «carattere popolare» che allieti le ore di molti e non solamente le serate di pochi eletti.
Per quanto concerne il futuro del dramma, Ferrieri prevede l’interazione fra i mezzi visivo e acustico (televisione, teatro di scena e radio), sperando, tramite la reciprocità dei vari media, nel rinnovamento del circuito culturale moderno: «da un lato la Radio e la televisione potranno trasmettere “divulgativamente” opere e commedie […] dall’altro lato, nei nuovi grandi teatri […] si allestiranno le nuove opere che costituiranno l’abituale spettacolo familiare di ogni sera». <49
[NOTE]
40 Cfr: R. Sacchettini, La radiofonica arte invisibile, cit., pp. 28-32.
41 E. Ferrieri, La radio, forza creativa, in La radio! La radio? La radio! cit. p. 30.
42 Ivi, p. 32.
43 Ivi, p. 34.
44 Ivi, p. 38.
45 Ibidem.
46 Ivi, p. 39.
47 Ivi, p. 41.
48 Ibidem.
49 Ivi, p. 44.
Monica Zambon, Dal corpo alla voce: caratteristiche e tipologie del radiodramma italiano, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2013/2014

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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