Folgoreggiava orribilmente il cielo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per la sua ampia, approfondita panoramica sul romanzo ligure barocco, Davide Conrieri scelse, negli anni ’70 (era egli, allora, prima studente e poi docente alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove fu allievo di Mario Fubini), fra le varie possibilità che gli si potevano presentare (disanima in ordine cronologico, schede sui vari autori, trattazione che catalogasse e analizzasse la varie analogie o diversità) quella, al di là delle apparenze, forse più ardua: una suddivisione per tematiche.
E così, scorrendo il libro, ecco il succedersi di vari capitoli, come “Scrittori e pubblico”, “Psicologia e casistica erotica nei primi romanzi liguri”, “Romanzo e non romanzo” sino a “Il Frugoni e la dissoluzione del genere romanzesco”. Ardua, perché si trattava di andare a rintracciare tutti i nodi, le connessioni, i sottogeneri, di una fase letteraria particolare, poco indagata e molto disprezzata dal Settecento in poi (in apertura Conrieri cita il giudizio di Gerolamo Tiraboschi su questi romanzi “scritti secondo l’infelice gusto che allor regnava” e prosegue riportando tante altre valutazioni negative – e come non ricordare qui anche la parodia – arguta, raffinata – della pomposa scrittura seicentesca che fa il Manzoni nell’Introduzione al suo lavoro, che pure forse qualcosa deve alle trovate narrative di due secoli prima).
Una delle caratteristiche del genere romanzo, già dai tempi del boccacciano Filocolo, almeno, è il volersi configurare come una ricca se non completa catalogazione dei fatti della realtà.
E questo, massimamente, vale per il romanzo seicentesco.
“Ci troverai esempi di vera amicizia; effetti di religiosa pietà; atti sagaci; gesti magnanimi; viaggi e fortune di mare; mutazioni di religione, e catastrofe di fortuna, con varietà di successi” avverte Bernardo Morando nella sua Rosalinda, anno 1650.
Con l’aggiunta del gusto barocco della sorpresa, delle complicazioni, dei grovigli: “Che laberinti! Che confusioni! Che giuochi veramente di Fortuna” scrive Luca Assarino, chiosando se stesso.
E per completare questa piccole silloge di definizioni, a questo punto, aggiungiamo ciò che dice un personaggio de Il Calloandro fedele di Gio Ambrogio Marini per dare un’idea di cos’è una narrazione barocca: una “macchina fabbricata dall’ingegno misto ad affetto”.
Un romanzo, quindi, inteso come pastiche, costituito da un accumulo di peripezie, digressioni, novelle inserite nella narrazione principale.
Un romanzo che non è certo quello dei romantici ma che piuttosto si contamina con l’orazione, la descrizione iperbolica, l’accumulo enciclopedico.
Un genere ibrido, che sfocerà infatti nel Cane di Diogene di Francesco Fulvio Frugoni, “opera immensa e «senza genere»”, come scrive Conrieri.
E d’altra parte, dice sempre lo studioso (ma in questo caso parlando di Carlo Lengueglia), c’è una “concezione assai elastica della struttura romanzesca (pur senza giungere agli eccessi del Frugoni), considerata capace di accogliere attorno alla trama narrativa inserzioni di svariati motivi e addirittura campioni di altri generi letterari (brani lirici; dispute accademiche)”.
Poi naturalmente, nel Lengueglia e nel Frugoni, c’è lo “stile metaforuto” (per dirla con Tommaso Stigliani).
Ma c’è anche il tono discorsivo di Gio Andrea Alberti nell’Adelaide La Provvidenza assistente alle disgrazie di lei: “Che farà intanto Berengario? – direte voi –”, “Aspettate che alcuna cosa io vi dica di Villa, la quale pure fuggì”.
E c’è l’attenzione alle reazioni e ai desideri dei lettori, che porta al fenomeno di un succedersi imponente di correzioni, modificazioni ed accrescimenti (l’Istoria spagnuola di Anton Giulio Brignole Sale, ad esempio, passerà da quattro libri, nell’edizione del 1640, a dieci, nel 1642).
Ma di cosa sono fatti, dunque, questi romanzi liguri barocchi?
Be’, tanto per cominciare ci sono dei topoi, degli elementi ricorrenti, e possiamo qui ricordarne almeno due, assai diffusi: la descrizione di un giardino con una complicata fontana al centro e l’evocazione di una spaventosa, spettacolare tempesta.
Ma c’è anche il topos del cortigiano, disingannato, che decide di ritirarsi ad una vita di preghiera, e poi c’è quello del mondo a rovescio (ancora Assarino, Giuochi di Fortuna: “i leoni erano negri, e le galline vestite di lana; ove alcuni alberi non fiorivan se non di notte, e di giorno restringeano a sé le foglie; ove alcuni pesci avean penne appunto come uccelli, ed alcuni uccelli squame come pesci”).
Poi ci sono travestimenti, agnizioni, scambi di persona, avventure, stranezze, e ancora la mitologia trionfante de L’Ercole novello di Luca Assarino e la tematica erotica e politica de L’Erotea di Francesco Bogliano.
Nelle pagine della Maria Maddalena peccatrice e convertita di Brignole Sale c’è un bel ritratto delle civetterie e delle trappole seduttive di una Maddalena non ancora pentita che bene fa Conrieri a citare estesamente.
Frugoni si diletta con calembours, doppi sensi, bisticci di parole: “Ti porgo un libro, fatto senza libri, ma con la libra” scrive ne L’eroina intrepida, e tanti giochi lessicali inserirà ne La vergine parigina: “l’avarissima donna adorava il suo Dio quattrino, più assai del trino”, “In sostanza ella era una gran bara, che aría spogliato anche un cadavere nella bara”, “il cuore di Aurelia, se ben prezioso, non è diamante, e forse rammollito un giorno dal vostro pianto sarà di amante”.
Ma forse una delle questioni più interessanti è quella della metafora teatrale.
La troviamo ne La vergine parigina, dove i personaggi paiono talvolta muoversi proprio in una rappresentazione scenica, e ne L’eroina intrepida (“È la corte una scena, formata a forza di macchine, di cui son più molti i contrapesi, che le apparenze”) ma percorre un po’ tutto il secolo, e la rileviamo in tanti autori.
L’intonazione teatrale investe naturalmente i dialoghi (ancora l’Istoria spagnuola, ad esempio) e persino certe battute sembrano a volte degli “a parte” o delle didascalie sceniche.
Davide Conrieri, dopo la pubblicazione di questo testo, continuerà le sue indagini sulla narrativa italiana del Sei e del Settecento.
Ma poi passerà anche al Novecento (il prediletto Gadda) e diventerà un lusitanista, dedito a inseguire le tracce di scrittori fascinosi e sfuggenti come Pessoa e Saramago.
E si occuperà di tante altre cose, da Dante a Moravia.
Ma per rimanere ora nell’ambito delle questioni seicentesche, dovremo pur ricordare che è suo uno dei primissimi scritti su Giuseppe Conte, una risposta-confutazione, apparsa sul “Giornale storico della letteratura italiana”, vol. CL, fasc. 472, nel 1973, alla contiana Metafora barocca del 1972. Una piccola vivace polemica che ebbe come protagonisti due scrittori del Ponente ligure, allora entrambi felicemente ai loro esordi.

Davide Conrieri, Il romanzo ligure dell’età barocca, 
Scuola Normale Superiore di Pisa, 1974 
(il libro, di 219 pagine, è un estratto dagli Annali della 
Scuola Normale Superiore di Pisa, volume IV, 3, del 1974)

Marco Innocenti  in IL REGESTO (Bollettino bibliografico dell’Accademia della Pigna – Piccola Biblioteca di Piazza del Capitolo), Sanremo (IM), anno VII, n° 3 (27), luglio-settembre 2016

[ tra gli altri lavori di Marco Innocenti: Verdi prati erbosi, lepómene editore, 2021; Libro degli Haikai inadeguati, lepómene editore, 2020; Flugblätter (#3. 54 pezzi dispersi e dispersivi), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2019; articoli in Sanremo e l’Europa. L’immagine della città tra Otto e Novecento. Catalogo della mostra (Sanremo, 19 luglio-9 settembre 2018), Scalpendi, 2018; Flugblätter (#2. 39 pezzi più o meno d’occasione), Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2018; Sanguineti didatta e conversatore, Lo Studiolo, Sanremo (IM), 2016; Enzo Maiolino, Non sono un pittore che urla. Conversazioni con Marco Innocenti, Ventimiglia, Philobiblon, 2014; Sull’arte retorica di Silvio Berlusconi (con uno scritto di Sandro Bajini), Editore Casabianca, Sanremo (IM), 2010; articolo in I raccomandati/Los recomendados/Les récommendés/Highly recommended N. 10 – 11/2013; Prosopografie, lepómene editore, 2009; Flugblätter (#1. 49 pezzi facili), lepómene editore, 2008; con Loretta Marchi e Stefano Verdino, Marinaresca la mia favola. Renzo Laurano e Sanremo dagli anni Venti al Club Tenco. Saggi, documenti, immagini, De Ferrari, 2006 ]

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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