Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo

“Grazie a questa persona molto coraggiosa, la società maschile italiana è diventata molto meno maschilista”, scrive James Kirkup della scrittrice e giornalista, Alba de Céspedes <6. La de Céspedes nacque nel 1911 a Roma ma visse durante la sua vita in tante altre città straniere, per esempio a Parigi, all’Avana e a Washington <7. Era di famiglia benestante, il padre era ambasciatore cubano e la madre era italiana. Il suo nonno paterno fu il primo presidente di Cuba. Alba de Céspedes cominciò molto giovane a scrivere poesie e nel 1935 i suoi racconti vennero pubblicati su alcuni giornali. Lo stesso anno uscì il suo primo libro, L’anima degli altri <8.
La scrittrice ottenne l’attenzione del pubblico con i suoi libri successivi, Nessuno torna indietro (Mondadori, Milano, 1938) e Fuga (ibid. 1941) che tutti e due vennero bloccati dalla censura fascista <9.
Durante l’occupazione dei tedeschi la de Céspedes fu attiva nella Resistenza e con il soprannome di Clorinda collaborò a Radio Bari. Liberata la città di Roma, la scrittrice fondò nel 1944 il mensile Mercurio, un giornale di politica, di arte e di scienza <10. Mercurio venne pubblicato ogni mese fino al 1948 <11. Le opere di Alba de Céspedes furono tradotte in varie lingue <12. Con Dalla parte di lei e Quaderno Proibito, usciti nel 1949 e nel 1952 dimostrò la sua passione per i problemi sociali del tempo e soprattutto per la situazione della donna e la condizione femminile <13. Tra le sue altre opere troviamo Invito a pranzo (1955), Prima e dopo (1955), Il rimorso (1962) e La bambolona (1967) e Nel buio della notte (1976).
Nessuno torna indietro, La bambolona e Quaderno Proibito sono esempi di opere che sono diventate film o serie televisive <14. Alba de Céspedes morì nel 1997 <15.
3. La presa di coscienza in Quaderno Proibito
Inizialmente vorrei soffermarmi sull’espressione “presa di coscienza”. Guardando nel dizionario, “presa di coscienza” viene spiegato con “consapevolezza” <16, quindi una persona che subisce una presa di coscienza è una persona che acquista una consapevolezza di qualcosa o forse più esattamente, di sé stessa <17.
Questa consapevolezza è ciò che io voglio analizzare in Quaderno Proibito e in Valeria. Visto che il mio spazio è limitato, ho scelto di dividere in tre parti questo capitolo, basato sui ruoli diversi di Valeria: la madre, la moglie e la donna.
3.1 La trama
Quaderno proibito di Alba de Céspedes fu pubblicato nel 1952 dalla casa editrice Mondadori. Fra il 1950 e il 1951 il libro, diviso in puntate settimanali, era già uscito nel giornale La settimana Incom <18.
Quaderno Proibito è scritto in forma di diario. La narratrice e protagonista Valeria, una donna di 43 anni della media borghesia che abita a Roma all’inizio degli anni Cinquanta, decide di tenere un diario per raccontare della sua famiglia e della sua vita quotidiana. Il libro è raccontato in ordine cronologico e ogni giorno di scrittura costituisce per Valeria un capitolo.
Tutto comincia la domenica in cui Valeria viene presa dall’impulso di comprarsi un quaderno dalla copertina nera in una tabaccheria. Era un atto ”proibito” perché secondo le leggi del tempo i tabaccai non avevano il permesso di vendere tali prodotti la domenica <19. Il tabaccaio le dice perfino di nasconderlo prima di uscire. “Ho fatto male a comperare questo quaderno, malissimo.” (Quaderno proibito, p. 7)
Questa è la prima frase che Valeria scrive e dimostra chiaramente che fin dall’inizio ella prova un senso di colpa a causa del quaderno. Ma non è soltanto l’atto “proibito” che ha fatto nell’acquistarlo che la fa sentire in colpa, è anche il fatto di tenerlo nascosto al resto della famiglia, perfino a suo marito, Michele.
Più Valeria scrive, più ella arriva alla conclusione che la sua famiglia e in particolare lei stessa non sono quelli che si credono di essere. Ci sono tanti problemi e conflitti nascosti sotto la superficie su cui comincia a riflettere quando è sola con il suo quaderno. Questo fatto la spaventa e la porta perfino alla distruzione del diario.
Valeria lavora come segretaria presso un’impresa e suo marito, Michele, è impiegato in banca. Hanno due figli, Riccardo e Mirella. Tutti e due studiano all’Università e Riccardo, finiti gli studi, sogna di andare in Argentina a lavorare mentre Mirella, che studia giurisprudenza, inizia una relazione con un uomo più vecchio di lei che è separato dalla moglie, e comincia a lavorare con lui in uno studio legale. Michele sogna di diventare sceneggiatore e si fa aiutare dalla vecchia amica di Valeria, Clara, una donna separata che scrive sceneggiature. La relazione di Valeria e Michele non è più una relazione d’amore ma d’amicizia – una conclusione derivante dal semplice fatto che per Michele Valeria non è più Valeria, ma “mammà” (QP, p. 11). Mentre Michele sta con Clara, Valeria inizia una sorta di relazione con il direttore dell’impresa dove lavora. Fuggono le loro vite quotidiane e trovano conforto l’uno nell’altra in ufficio ogni sabato. Ma la maggior parte della loro relazione si svolge nei pensieri di Valeria che comincia a sognare una nuova vita insieme con Guido. Si sente di nuovo giovane, bella e attraente. Ma lotta anche per mantenere il suo ruolo
tradizionale nella famiglia.
Nel pensiero e nel quaderno ha deciso di andare via ma quando è sul punto di lasciare tutto per una vita nuova di ricchezza e di avventure, Riccardo e la sua fidanzata Marina annunziano che aspettano un bambino e che devono sposarsi appena possibile. Nella scelta tra la nuova vita e il suo ruolo come moglie, madre e futura nonna, Valeria sceglie alla fine di accettare il ruolo tradizionale. Per potersi dedicare completamente alla sua famiglia e al nipote lascia Guido, il suo lavoro e i sogni di un’altra vita e brucia il quaderno come un simbolo della scelta presa.
[…] Marta Boneschi dice che c’è nella cultura italiana un profondo senso dell’importanza della madre, per cui le madri italiane vengono esaltate.
L’esaltazione della donna madre, ritiene la Boneschi, aiuta a rendere durevole la subordinazione femminile nel senso che le donne diventano schiave dei figli. Aiutano anche la società svolgendo servizi gratuiti a casa (insegnando ai figli per esempio) e perciò si potrebbe vederle come schiave della società <21.
Nel suo libro, Marta Boneschi sottolinea la “essenziale funzione” della donna italiana, la quale si esemplifica nel produrre figli e nel subordinarsi all’uomo.
Valeria è un esempio ottimo, secondo me, della donna di cui parla la Boneschi.
Si è sacrificata per gli altri, per la sua famiglia, che rappresenta la più alta ”missione” femminile <22: “[…] io ho dedicato ai miei figli tutta la mia vita” (QP, p. 74).
La critica Brenda Daly ha osservato che negli anni Cinquanta la madre non veniva mai trattata come un soggetto che pensa, e perciò dice, è molto importante sottolineare il fatto che la madre non è soltanto in grado di sentire, ma anche di pensare <23.
Vediamo in Valeria una donna che rifiuta dall’inizio di essere ridotta soltanto alla funzione di madre e che, attraverso il suo quaderno, dimostra di non avere soltanto una funzione ma molte.
La situazione della protagonista Valeria in Quaderno proibito ricorda un fenomeno che venne chiamato dalla femminista americana, Betty Friedan:”The Problem that Has No Name” (“Il problema che non ha nessun nome”[mia traduzione]) <24. Betty Friedan scrive che, negli anni Cinquanta, ogni casalinga americana era malcontenta e inquieta della propria situazione ma nessuna delle donne ne parlava. Il problema derivava dai tentativi di soddisfare la società essendo madri e mogli perfette. Le americane leggevano nei libri e nelle rubriche che il loro destino più grande era di essere donne perfette, trovando un marito, curandosi dei bambini, cucinando e stirando camicie. Non era necessario per le donne studiare all’Università. A metà degli anni Cinquanta, il 60 per cento delle studentesse lasciavano gli studi per sposarsi. Ma mentre compivano i loro compiti domestici e si prendevano cura della famiglia, si domandavano in segreto se questo era tutto. <25.
Valeria si è sposata giovane con suo marito, Michele e ha avuto due figli con lui, Mirella e Riccardo, per cui sente di aver sacrificato tutto. Sta in piedi fino a tardi per finire tutti i lavori domestici. Ha fatto la scelta giusta nella sua situazione da giovane e ha seguito le tradizioni del tempo, ma vent’anni più tardi i tempi e le norme sono cambiati e lei si domanda se davvero abbia fatto bene.
Nel comprare il suo quaderno, sembra che si ponga la stessa domanda come migliaia di altre donne degli anni Cinquanta: “Questo è tutto? Non c’è altro nella vita che la casa, il marito e i bambini?”
Una donna in quegli anni, ritiene la madre di Valeria, non deve mai aver tempo e deve sempre essere attiva perché altrimenti comincerebbe a pensare all’amore <26.
Con la voglia crescente di scrivere e di riflettere, Valeria scopre infatti che sua madre ha ragione e più trova il tempo per il suo quaderno e per i suoi pensieri, più diventa consapevole della sua situazione e del suo ruolo come madre. Scopre che non è la persona che credeva di essere e che neanche voleva essere.
Valeria sente un bisogno di esprimersi, di prendersi un posto tutto suo <27, di rompere il silenzio in cui si è trovata per molti anni. E incomincia così, fin dalla prima pagina, la sua presa di coscienza.
Cresciuti i figli, Valeria vede le conseguenze del suo grande sacrificio. Vedendo Mirella con un uomo molto più vecchio di lei e sentendola parlare di lavoro e di matrimonio in un modo molto libero, sente di aver sbagliato. Accusa sé stessa. Quando invece, verso la fine del libro, inizia un’avventura amorosa segreta con il direttore del suo ufficio comincia a essere consapevole della sua ipocrisia.
L’ipocrisia di Valeria potrebbe derivare dal fatto che ella si sente legata a due mondi diversi: da una parte appartiene al vecchio mondo che è rappresentato da suo figlio Riccardo, con idee e ruoli tradizionali e dall’altra parte c’è il mondo nuovo del dopoguerra, di nuove esigenze e idee, nel quale sta sua figlia, Mirella.
Lei vede sé stessa come un ponte tra questi mondi diversi, tra i suoi figli, e alla fine del libro dice: “Tutto mi sembra, allo stesso tempo, buono e cattivo, giusto e ingiusto […] Quando non sono come Riccardo, sono come Mirella” (QP, p. 246).
Trovandosi tra la generazione vecchia, quella della madre, e la generazione più giovane, quella della figlia, Valeria comincia a scoprire la necessità di scegliere e di prendere posizione.
Davida Gavioli osserva che questa immagine di Valeria che funziona come un ponte tra due realtà differenti è molto centrale per Alba de Céspedes e rappresenta la realtà della generazione di Valeria negli anni del dopoguerra <28.
“Sento tutto in me confusamente e non posso parlarne a mia madre né a mia figlia perché nessuna delle due comprenderebbe. Appartengono a due mondi diversi: l’uno è finito con quel tempo, l’altro è nato da esso. E in me questi due mondi si scontrano, facendomi gemere. Forse è per questo che spesso mi sento priva di qualsiasi consistenza. Forse io sono solo questo passaggio, questo scontro” (QP, p. 245).
Questo desiderio di fare pace con sé stessa, insieme alla paura di cedere alla futura moglie di Riccardo tutto ciò che aveva accumulato durante gli anni, la porta alla decisione sicura, una decisione basata sulle aspettative della sua famiglia e sulle esigenze della società. Sembra la decisione giusta per i suoi figli e per suo marito, ma la questione più importante è se sia la decisione giusta per lei. Prende la decisione di rimanere, diventare nonna, compiere la sua “missione femminile” e quindi sacrificarsi una volta in più per la famiglia e per i suoi figli.
Sembra che il senso di colpa che porta sempre con sé, insieme alla sua mancanza di coraggio, la faccia ragionare e capisce che sua figlia avrà quelle possibilità, delle quali adesso è consapevole, ma che per lei stessa è già troppo tardi per cambiare strada.
Si potrebbe vedere la scelta di Valeria come una sconfitta, ma io sono d’accordo con Davida Gavioli che ritiene che il suo viaggio verso l’emancipazione e la libertà, che culmina in un atto di sacrificio, dimostri le possibilità molto limitate per le donne della sua società <29.
Secondo me, quello che vuole dire la de Céspedes, è che può essere molto difficile abbandonare vecchie idee e tradizioni che sono così radicate in una cultura. Una nuova consapevolezza di sé stessa, del suo ruolo o della società può creare sentimenti di libertà, indipendenza e di coraggio, ma può allo stesso tempo creare sentimenti di paura e incertezza di fronte a ciò che è sconosciuto. Valeria dice nel diario che se fosse nata un po’ più tardi, negli anni in cui è nata sua figlia per esempio, o se i tempi fossero stati diversi, forse avrebbe avuto più coraggio e forse avrebbe fatto scelte diverse <30.
È interessante quello che pensa Valeria nell’ultima pagina. Ella dice che se Riccardo la considererà una santa quando sarà morta, questo le compenserebbe di tutte le fatiche e tutti i sacrifici che ha subito per la famiglia.
Marta Boneschi usa un’espressione molto adatta per descrivere Valeria e la madre italiana del tempo: “immagine terrena della madonna” <31.
3.3 La moglie
Valeria riflette anche molto sulla sua relazione con Michele e sul loro matrimonio. Per venti anni non ha avuto mai tempo di pensare a loro e alla loro relazione a causa dei bambini. Ormai, comunque, scopre che le cose sono cambiate fra loro. All’inizio del suo diario dice così: “Mi viene fatto di domandarmi se io non abbia incominciato a cambiare carattere dal giorno in cui mio marito, scherzosamente, ha preso a chiamarmi «mammà».” (QP, p. 11)
Spiega poi che per Michele, lei era sempre stata Valeria. Per tutte le altre persone aveva un ruolo, o quello di madre, o quello della moglie di Michele, o quello di figlia, mentre con lui sembrava che potesse finalmente essere sé stessa. Diventata una madre anche per Michele, non era più considerata una donna con opinioni politiche, religiose o sociali e neanche con desideri sessuali. Questa separazione tra il materno e il sessuale, osserva la Gavioli, è la conseguenza dell’esaltazione della Madonna nella cultura italiana, il cui parto fu completamente asessuale <32. Quindi, da quando neanche Michele la vede come una donna, sembra che lei cerchi ovunque per ritrovare quel ruolo di “soltanto Valeria”, anche fuori dal matrimonio (QP, p. 11).
I ruoli nella relazione di Michele e Valeria sono molto tradizionali ma per quanto riguarda il lavoro sia Michele che Valeria hanno un lavoro fuori casa. Ritornando a casa dopo un giorno al lavoro, Michele non deve fare niente, può rilassarsi. “Io invece, torno a casa dall’ufficio e debbo andare subito in cucina” (QP, p. 68), scrive Valeria.
Quindi, anche se tutti e due lavorano fuori casa durante il giorno, appena entrati in casa, c’è una separazione dei compiti. In Santa pazienza, la Boneschi parla di pedagogie differenti usate per i maschi e per le femmine già dall’infanzia <33. Quindi, da piccola, a una bambina viene insegnato che il suo posto è la cucina e che il miglior giocattolo è la bambola. La bambina, a suo turno, viene baloccata dalla mamma. Marta Boneschi nota inoltre che mentre l’uomo deve badare alla sostanza, la donna deve badare all’apparenza. La Boneschi arriva poi alla conclusione che le bambine imparano a diventare, da adulte, la bambola del marito <34, il che può servire a spiegare il ruolo di Valeria in casa, cioè il ruolo della moglie perfetta. A differenza della generazione precedente non è più un pensiero immaginabile che l’uomo aiuti la donna, però Valeria dice che non accetterebbe mai l’aiuto di Michele nei suoi compiti femminili perché si vergognerebbe <35.
Valeria è una donna intelligente, e così è considerata appena fuori casa o con Guido. A casa e in famiglia però, Valeria non viene considerata come una persona che riflette e che pensa ad altro che alle cose pratiche e alla famiglia. Un giorno, Mirella e Riccardo rivelano che hanno tutti e due un cassetto chiuso e che Mirella tiene un diario. Quando Valeria suggerisce che anche lei potrebbe tenere un diario e un posto tutto suo, tutti cominciano a ridere, Michele incluso <36. Per loro, sembra che Valeria non sia una persona che riflette su argomenti importanti ma che è la mamma che pensa soltanto ai panni da stirare o alla cena da preparare prima che torni suo marito.
3.4 La donna moderna
Infine, mi soffermerò sul ruolo più discusso del tempo. La donna moderna vuol dire, in questo contesto, una donna che si impadronisce di tutte le sue identità e che prende il controllo del proprio corpo. Non è più una proprietà dell’uomo <37. Il ruolo di donna moderna è un ruolo che sembra diventare più forte con la crescita della consapevolezza di Valeria. È un ruolo che differisce dai due ruoli precedenti nel senso che si concentra sui desideri della donna di essere trattata come soggetto invece che come oggetto e sulla voglia di essere visibile in una cultura e in una società dominate dagli uomini.
Nella conclusione di Valeria alla fine del libro, lei conferma che l’impulso che l’aveva spinta a comprare il quaderno, era nato dalla voglia e dal desiderio di essere soltanto ”Valeria”. È interessante quello che dice poche righe sopra: “Se avessi già saputo che Guido mi amava non lo avrei mai comperato; ma forse, se non lo avessi comperato, non mi sarei mai fatto caso a Guido come non facevo caso a me stessa.” (QP, p. 250)
Il diario e le sue conseguenze sembrano nello stesso tempo un dono e una maledizione.
Perché da un lato, lo scrivere nel diario diventa un’esperienza liberatoria e terapeutica perché la porta alla scoperta di un’identità che era nascosta da tanto tempo sotto i ruoli di madre e moglie. Il diario e Guido, che la vede come una donna bella, attraente e intelligente, la riporta a essere solo Valeria. Dall’altro lato, i sentimenti amorosi che Valeria ha per Guido e la voglia di passare il tempo con lui, la fanno sentire in colpa verso Michele e verso l’intera famiglia perché le fanno trascurare la casa e i suoi compiti femminili.
Valeria comincia a pensare che la sua vita non sia ancora finita da quando sta con Guido. Si sente forte insieme a lui ma appena da sola o a casa con la sua famiglia, si sente debole quando pensa a lui, che occupa tutti i suoi pensieri <38. Sta sul punto di scegliere una vita soltanto sua e a un certo punto si decide: “Poiché ora che tutti se ne vanno verso la lora vita, mi pare naturale incominciare a vivere la mia; pensavo a Guido e sentivo di essere ancora molto giovane.” (QP, p. 249)
Adesso, quando ha sentito di nuovo l’amore, la vita e la felicità, il suo primo impulso le dice di cogliere l’opportunità di diventare felice. Ritorniamo all’immagine del ponte; Valeria sta sul ponte tra una vità di felicità e libertà come “Valeria”, e una vita di sacrifici e dipendenza come moglie, madre e nonna. Ancora una volta ritornando al conflitto interiore di Valeria, è chiaro che lei si trovi in mezzo a questo ponte. Non vuole diventare una vecchia avara, come sua madre, ma forse sente una necessità più forte di Mirella di seguire le tradizioni e di accettare il suo destino. Ma è possibile che in Valeria ci sia una incertezza più grande di fronte all’indipendenza femminile. Valeria non ha avuto le stesse condizioni come sua figlia e questo le impedisce di seguire la strada di lei.
L’ultima decisione che prende, oltre quella di lasciare Guido, è quella di lasciare il lavoro, che era l’unico posto in cui poteva sentirsi libera e in cui poteva discutere di cose importanti senza essere giudicata come una persona che non dovrebbe avere opinioni. Perché lo lascia? Valeria stessa descrive che le sarebbe sempre rimasta un’inquietudine, la quale dice, era incominciata da quel giorno in cui aveva comprato il quaderno <39. Era costretta a prendere una decisione, non soltanto fisicamente ma anche psichicamente. E alla fine, rimane, come molte donne degli anni Cinquanta, dentro le mura domestiche, come la serva di suo marito ma anche la serva dei suoi figli. “Mi proponevo di far valere da quel giorno i miei diritti.” (QP, p. 8) Questa promessa che Valeria fa a sé stessa all’inizio sembra diventare più reale con l’andare del tempo, ma è forse quando diventa davvero consapevole della sua identità che capisce che non è possibile. Inoltre, anche se lei fosse stata pronta, la società non lo sarebbe stata. “Salvati” dice a sua figlia, e forse è proprio con quel consiglio che Valeria mostra la sua presa di coscienza.
Alba de Céspedes descrive, secondo me, con la sua protagonista Valeria, lo scontro di tutta la società italiana del dopoguerra nel senso che ella appartiene a due gruppi diversi di donne: è una donna che lavora, quindi è una donna moderna, e nello stesso tempo fa la casalinga, si sacrifica per la famiglia, adempie a tutti i doveri in casa e quindi è una donna tradizionale.
Marta Boneschi descrive la donna tradizionale come una “serva” nel senso che si sottopone al marito, si sacrifica per gli altri e ha come missione principale “l’essenziale funzione” <40, cioè produrre figli ed essere uno strumento per l’uomo.
Valeria è una donna che lotta per un posto suo e per il diritto di essere soltanto una donna, soltanto Valeria. Malgrado la nuova consapevolezza di sé stessa e della sua famiglia Valeria si sente in colpa ogni volta che combatte per questo posto suo e non lascia mai quel ruolo di madre di famiglia che ha mantenuto per più di vent’anni.
[NOTE]
6 http://www.independent.co.uk/news/obituaries/obituary-alba-de-cespedes-1296350.html
7 Dizionario della letteratura italiana contemporanea, A cura di Ronconi, Enzo, Vallecchi editore: Firenze, 1973, p. 276
8 http://www.kirjasto.sci.fi/decespe.htm
9 Durante il periodo della dittatura mussoliniana (1922-1943), ”se appena si tenta un gesto isolato, personale di opposizione, se appena qualche sciugurato o intrepido cerca di attentare alla vita del duce, partono repressioni massicce, (…) Tutti i giornali di opposizione vengono chiusi.”, vedi L’Italia fascista da Giorgio Bocca, Mondadori: Milano, 1973, p. 47
10 Dizionario della letteratura italiana del Novecento, Diretto da Asor Rosa, Alberto, Einaudi editore: Torino, 1992, p. 182
11 Dizionario della letteratura italiana contemporanea, op.cit., p. 276
12 http://www.kirjasto.sci.fi/decespe.htm
13 Dizionario della letteratura italiana contemporanea, op.cit., p. 276
14 Dizionario autori italiani contemporanei, Andriuoli, Elio, Guido Miano editore: Milano, 1991, p. 90
15 http://www.independent.co.uk/news/obituaries/obituary-alba-de-cespedes-1296350.html
16 Il nuovo Zingarelli: vocabolario della lingua italiana (Undicesima edizione), a cura di Miro Dogliotti e Luigi Rosiello, Zanichelli: Bologna, 1986
17 C. Gallucci, Carole: Nerenberg, Ellen, Writing beyond fascism, Associated University Presses Inc: USA, 2000, p. 45
18 Scrittrici e intellettuali del novecento. Alba de Céspedes, a cura di Marina Zancan, Milano, 2001
19 http://www.sololibri.net/public/spip.php?article37
21 Boneschi, Marta, Santa pazienza, Mondadori: Milano, 1998, p. 40
22 Boneschi, Marta, op.cit., p. 15
23 C.Gallucci, Carole: Nerenberg, Ellen, op.cit., p. 194
24 http://www.h-net.org/~hst203/documents/friedan1.html, 10/04/2010
25 http://www.h-net.org/~hst203/documents/friedan1.html, ”The problem lay buried, unspoken, for many years in the minds od American women. It was a strange stirring, a sense of dissatisfaction, a yearning that women suffered in the middle of the twentieth century in the United States. Each suburb wife struggled with it alone. As she made the beds, shopped for groceries, matched slipcover material, ate peanut butter sandwiches with her children, chauffeured Cub Scouts and Brownies, lay beside her husband at night – she was afraid to ask even of herself the silent question – «Is this all?»”, The Feminine Mystique, scritto da Betty Friedan e uscito nel 1963.
26 de Céspedes, Alba, Quaderno proibito, Mondadori: Milano, 1952, p. 213
27 Ibid, p. 15
28 Gavioli, Davida: C. Gallucci, Carole: Nerenberg, Ellen, op.cit., p. 193
29 Ibid, p. 19: ”I believe, instead, that her journey toward individuation culminates in a denunciation of the limited possibilities open to women/mothers in her society. In fact, she urges her daughter, Mirella, to leave the life characterized by hypocrisy that she has had to lead..”
30 de Céspedes, Alba, op.cit., p. 225
31 Boneschi, Marta, op.cit., p. 41
32 Gavioli, Davida: C.Gallucci, Carole: Nerenberg, Ellen, op.cit., p. 190
33 Boneschi, Marta, op.cit., p. 36
34 Ibid, p. 34
35 de Céspedes, Alba, op.cit., p. 68
36 Ibid, op.cit., p. 13
37 Boneschi, Marta, op.cit., p. 197
38 de Céspedes, Alba, op.cit., p. 213
39 de Céspedes, Alba, op.cit., p. 250
40 Boneschi, Marta, op.cit., p. 361
Carin Höglund, La presa di coscienza di due donne. Un confronto tra Quaderno proibito di Alba de Céspedes e L’Agnese va a morire di Renata Viganò, Kandidat-uppsats, Göteborgs universitet/Institutionen för språk och litteraturer, 2010

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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