I Capetingi: cenni

 

Gli inizi della nuova DINASTIA CAPETINGIA (la cui genesi rimanda alla figura di UGO CAPETO DUCA DI FRANCIA che nel 987 assunse la CORONA REGALE DEL PAESE dopo la crisi generale degli ULTIMI CAROLINGI) non sembrano, da un punto di vista di storia dinastica, differenziarsi dalla fine della dinastia carolingia. Per i secoli X ed XI la storia della monarchia francese è ancora una storia di continue lotte contro i maggiori vassalli e di intricate vicende ereditarie.

Nel complesso la monarchia non riesce a realizzare alcun incremento della propria autorità; il demanio reale rimane esiguo. Si potrebbe quasi dire che sotto i primi Capetingi il potere monarchico si limita a sopravvivere.
Non però da questo punto di vista va esaminata la storia della Francia nei secoli XI e XII.
Il fenomeno storico più importante di questo periodo non sono infatti le vicende del potere regale, quanto lo sviluppo di quei germi di una nuova organizzazione sociale e politica che, come si è visto, erano venuti lentamente formandosi dal basso nel corso dei secoli precedenti.
A partire dall’XI secolo assistiamo innanzi tutto a una netta ripresa ascensionale della curve demografica che per tanti secoli era rimasta stazionaria.
Il rapido aumento della popolazione si accompagna a una forte spinta alla messa in valve di nuove terre ed alla fondazione di nuovi centri abitati.
Vasti territori boscosi o incolti vengono messi a coltura e su di essi vengono costruite le numerose Villesneuves che incontriamo un po’ dovunque nella toponomastica francese.
Questo grande movimento di masse umane alla ricerca di nuove terre che ad uno storico moderno ha richiamato alla mente l’epopea pionieristica del West americano tende naturalmente ad allentare i vincoli di sudditanza che legavano i “servi” al proprio signore.
Al servo troppo gravato da balzelli e corvees si presenta l’alternativa della fuga e dello stanziamento in terre nuove.
I grandi dissodamenti promossi dagli ordini monastici, fra i quali primeggia quello dei Cistercensi, incoraggiano questo movimento.
Dinanzi alla inarrestabilità di questo fenomeno, la stessa nobilita feudale cede e spesso essa precorre il naturale moto della società proclamando l’affrancamento di servi di intere province. I1 grande sviluppo dell’agricoltura, favorito anche da numerose innovazioni tecniche, asseconda naturalmente un parallelo sviluppo del commercio.
Il piccolo mercato feudale non basta più: si formano centri più grandi ai quali affluiscono le merci e le braccia in eccedenza.
Le antiche città romane si ripopolano, divengono la culla di nuovi mestieri artigiani, di traffici.

Nel sud tale ripresa urbana trova un potente stimolo nella riapertura al commercio del bacino mediterraneo in seguito alle Crociate, cui la nobiltà delle province meridionali francesi tanto contribuì.
Al nord invece la rinascita urbana assume un carattere decisamente antifeudale e borghese. Nei grandi centri del Nord (Leon, Beauvais, Novon, Soissons, Cambrai, Saint-Quentin) la forza sociale nuova dei bourgeois ben presto reclama una costituzione urbana aderente al ruolo che essi detengono nella vita cittadina ed entra in conflitto con il potere vescovile o comitale.

Questo generale sviluppo e crescita della vita sociale si riflette anche nel campo della cultura e dell’arte.
La Chanson de Roland,  i poemi di Chretien de Troyes, la fioritura dell’arte romanica, delle scuole episcopali di Chartres e di Parigi ove rifulse l’intelletto inquieto di Abelardo, la ripresa di studi filosofici e teologici che condussero, verso la metà del secolo XI, alla riscoperta e traduzione dall’arabo di Aristotele, lo stesso movimento per la Riforma religiosa che ebbe nei monasteri cluniacensi francesi il suo centro più attivo sono altrettanti indizi di come venga costituendosi una società ed una civiltà più articolata e ricca di fermenti.
In tale situazione la stessa monarchia capetingia acquista un carattere e una funzione nuova e si trasforma per spinta oggettiva delle cose, da pallida ripetizione dell’imperium romano quale era stata sotto Merovingi e Carolingi in un istituto dinamico, capace di comporre ed equilibrare i contrasti che si manifestano in questa società nuova, di svolgere un’opera organizzatrice ed unificatrice.

L’unificazione dei diversi principati feudali autonomi formatisi sotto i Carolingi sarà infatti il merito storico della dinastia capetingia:  peraltro presto impegnata nella drammatica “guerra dei 100 anni” intrapresa contro i re inglesi per liberarsi della loro scomoda presenza in territorio francese come potentissimi feudatari, capaci di condizionare le sorti della stessa monarchia francese.

Tale opera inizia con Luigi VI il Grosso (dal 1108 al 1137) che riesce ad imbrigliare la feudalità ribelle dell’ Ile-de-France e che con il matrimonio tra il figlio Luigi ed Eleonora di Aquitania pone le premesse per il ricongiungimento alla Francia dei territori a sud della Loira.
Vero è che, una volta salito al trono, Luigi VII (dal 1137 al 1180) si affrettò a ripudiare Eleonora che andrà sposa a Enrico Plantageneto, conte di Angiò e futuro Enrico II di Inghilterra.
L’attribuzione dei territori dell’Ovest a sud della Loira diveniva così una questione controversa tra Francia ed Inghilterra e che sarà l’esca della futura guerra dei cento anni.
Tale lotta però si annuncia già sotto il regno di Luigi VII ed occuperà quello dei suoi successori, Filippo Augusto (dal 1181 al 1223), Luigi VIII (dal 1223 al 1226) e Luigi IX (dal 1226 al 1270).
Sotto Filippo Augusto, la contesa con l’Inghilterra per il possesso della Aquitania e della Normandia si avviò decisamente a favore dei Francesi.
Nel 1204 avveniva la conquista della Normandia, cui seguì quella del Poitou e dell’Angiò: conquiste tutte che la grande vittoria ottenuta da Filippo Augusto a Bouvines su Giovanni Senzaterra nel 1214 rese stabili.
Più tardi, sotto Luigi VIII, i territori controllati dai re di Francia si estesero sino alla Dordogne.
Buona parte di queste acquisizioni furono però restituite da Luigi IX che nel 1259 stipulò coi re d’Inghilterra una pace in base alla quale la Francia rinunciava ai diritti sul Perigord, il Limosino, la Saintonge a nord della Dordogne e su parte dell’Agenais e del Quercy.
L’allargamento territoriale della monarchia francese non avvenne però soltanto verso ovest e sud-ovest, ma anche verso sud-est, in direzione cioè della contea di Tolosa, sulla quale regnava all’inizio del secolo XIII il conte Raimondo VI I.
Anche in questa direzione l’avvio venne dato da Filippo Augusto che, partendo dall’avamposto che i suoi predecessori avevano costituito nell’Alvernia, puntò decisamente verso il sud.
Il motivo per intervenire venne dato dalla diffusione che le dottrine eretiche dei Catari e degli Albigesi avevano raggiunto nella Francia del sud-est e dalla protezione che esse incontravano presso Raimondo VII.

La spedizione, il cui comando fu affidato a Simon de Montfort, fu una vera e propria crociata, sanzionata ed approvata dalla Chiesa.
La resistenza incontrata da Filippo Augusto da parte delle popolazioni della Provenza e della Linguadoca fu notevole e dette luogo a severe misure di rappresaglia e persecuzioni religiose da parte del tribunale domenicano dell’Inquisizione. Comunque la lotta si chiuse con la vittoria della monarchia francese.

Alla morte di Raimondo VII nel 1249 una larga parte dei suoi possedimenti pervenne ad Alfonso di Poitiers fratello cadetto di Luigi IX, mentre già in precedenza i Capetingi si erano assicurati il controllo della Linguadoca.

tratto da Cultura-Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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