I motivi di adesione al fascismo e crisi di Vitaliano Brancati: le risposte della critica

L’adesione di Vitaliano Brancati al partito fascista inaugura un periodo che giunge fino al 1937, anno di ‘conversione’ e di ripudio al regime. Durante questo periodo l’autore avverte una sorta di scambio diretto, tra le situazioni di vita comune e quelle più marginali, con i modelli e le forme della cultura sotto il regime fascista. Sono “gli anni del consenso” così definiti da Renzo de Felice <41 nella biografia mussoliniana per indicare, appunto, quel periodo compreso tra il 1929 e il 1936 di accettazione del regime, da parte di intellettuali dell’epoca. L’entusiasmo giovanile al regime fascista è descritto in maniera accurata nel romanzo I fascisti invecchiano, in cui si avverte un senso di disagio dovuto all’avventatezza della giovane età dello scrittore.
Lo stesso autore spiega che è stato attratto dal regime fascista per tutte quelle promesse volte a dare nuove possibilità, “per queste formule che promettono “nuove forme di vita” e “nuova materia di poesia”. La formula è una droga gratissima ai cervelli stanchi. […] Mi accorsi, dopo, che la civiltà non aveva bisogno di formule per salvarsi, ma che al contrario l’unica malattia di cui soffriva era quella di credere di aver bisogno di formule“. <42
Nel 1931 Vitaliano Brancati incontra personalmente Mussolini. Relativa a quell’incontro è la riflessione dello scrittore sul senso della vita che appariva finita e vuota quando egli era ancora un bambino, e piena di novità e interessante dopo l’incontro con il Duce. Questo probabilmente perché, secondo Vitaliano Brancati, “nessuna società aveva mai dichiarato, con tanto concorso di popolo grandiosità e strepito, dalle sue piazze, dalla sua radio, dai suoi giornali, dalle sue Camere, dalla sua scuola, guerra al Pensiero“. <43
Nel fascismo Brancati intravede «un metodo politico, storico, antropologico per partecipare al cieco e aggressivo porsi della vita come ostentazione di sé, come imposizione intollerante di forza, successo, efficienza e prepotenza». <44 Il giovane Vitaliano Brancati, poco più che ventenne, si identifica con i principi ritenuti validi e vincenti dalla maggior parte dei coetanei, mosso dall’ardore e dal vitalismo che caratterizzavano il regime.
Ferroni individua i motivi di adesione al fascismo da parte di Vitaliano Brancati nel «rifiuto di sottoporsi all’esame della ragione» <45 aumentando il desiderio di piegare l’individuo alla cultura di massa, creando, di conseguenza, conformismo sia sul versante ideologico che intellettuale.
Secondo il critico Gaetano Trombatore <46 l’adesione di Brancati al fascismo è un «grosso equivoco» dettato dall’«ingenuità giovanile», poiché all’epoca essere fascisti voleva dire essere innovatori, ribelli. Quindi Brancati è stato guidato dall’istinto, dalla moda dell’epoca, senza riconoscere una scelta concreta e razionale. Tale scelta, però, cambierà con un lento distacco dal regime e con una profonda e intima consapevolezza, poiché inizia a conoscere «il contenuto tirannico e reazionario di quella sedicente rivoluzione». <47 De Tommaso intravede in Brancati una visione superficiale del fascismo, un’ideologia limitata e un antifascismo che per lo scrittore fu, soprattutto, una «questione di cultura». <48 Vanna Gazzola Stacchini, invece, intravede nella scelta giovanile di Brancati una sorta di difesa, di rifugio dalle difficili condizioni dettate della sua terra natia, la cui storia era tendente ad un immobilismo che non poteva non riflettersi nella coscienza e nel costume dei suoi abitanti; in questo senso la sua reazione ebbe un significato assai più profondo che non abbia avuto per la borghesia in genere, annoiata e nello stesso spaventata del nuovo. <49
Ciò, probabilmente, è dettato dalla sua «condizione di isolato», <50 per cui si va alla ricerca della novità a discapito della noia e dal senso di vuoto.
Alcuni critici hanno osservato delle contraddizioni sull’ideologia fascista da parte dello scrittore, percependo un disagio «con questa filosofia dell’azione e dell’azzardo» <51 preludio, forse, dell’imminente crisi e distacco. Luigia Abrugiati <52 nota nel primo Brancati una preferenza per gli “antieroi” nonostante l’ideologia fascista profetizzasse l’opposto. Giulio Ferroni, invece, identifica nella visione che Vitaliano Brancati ha del regime «qualcosa che resiste, che non riesce a conciliarsi, e da cui sorgerà lo scatto che condurrà il giovane scrittore al distacco dal fascismo». <53
La presa di distanza dal fascismo è testimoniata direttamente dallo scrittore in numerose opere e ha il suo nucleo centrale in quella che Giulio Ferroni definisce “verifica della ragione”: “nella grande letteratura da lui frequentata si imponeva una razionalità ironica, pronta a smascherare pregiudizi, menzogne, raggiri; i miti su cui faceva leva il fascismo e da cui egli si era lasciato catturare cadevano sotto i colpi ironici della letteratura, della ragione, del senso comune, della vita “normale”, che la “tirannide” pretendeva di trascinare verso i grandi destini imperiali“. <54
C’è la consapevolezza, in Brancati, dei suoi errori nell’aver riposto fiducia verso il fascismo e il rifiuto del mondo in cui vive, con la pressante aspirazione a un mondo nuovo. Il fascismo, come giustamente scrive lo storico Emilio Gentile, ha anche rappresentato il tentativo di “[…] infondere nelle coscienze di milioni di italiani e italiane la fede nei dogmi di una nuova religione laica che sacralizzava lo Stato, assegnandogli una primaria funzione pedagogica con lo scopo di trasformare la mentalità, il carattere e il costume degli italiani per generare un “uomo nuovo”, credente e praticante nel culto del fascismo“. <55
Gli scricchiolii e le incrinature delle certezze fasciste si tramutano, dunque, in un atteggiamento di radicale disincanto nei confronti dell’ideologia fascista, del Duce e dei simboli più rappresentativi del regime.
Non sono rare, in quegli anni, le forme di sfiducia al regime da parte di intellettuali che attraverso le loro opere descrivono la loro amarezza e cinismo, come, ad esempio Alberto Moravia e Corrado Alvaro, che, insieme a Brancati, vengono definiti da Prezzolini “intellettuali della zona grigia” per indicare una forma di ribellione anarchica e impotente, «un’arte della fuga nella privatezza consolante, attuando una desistenza piuttosto che una resistenza». <56 Tutti quei letterati che non si erano uniformati alla politica culturale del regime, un numero limitato rispetto a chi aveva preso posizione, avevano due alternative: scegliere la via più facile, quella del silenzio, o allontanarsi dal Paese.
La maggior parte della critica considera Gli Anni perduti il romanzo della svolta, «verso la naturale disposizione dello scrittore», <57 una satira che descrive la situazione politica relativa agli anni del regime, diretta alla megalomania politica. Altri, invece, vedono nel romanzo del 1941, Don Giovanni in Sicilia, l’opera in cui Vitaliano Brancati dice «no al gergo dannunziano del regime, no alla conclamata mistica fascista, no all’ipocrisia della morale eroica, no alla dittatura». <58 Il vecchio con gli stivali, invece, rappresenta, secondo Salinari, il «motivo centrale della polemica antifascista». <59 Secondo Lina Jannuzzi la crisi di Vitaliano Brancati e il sentore della sua conversione sono già insiti nel dramma di stampo fascista Fedor, in particolar modo nella dedica a Borgese, nella quale emerge «un curioso contraddittorio inizio d’una crisi che non tarderà a manifestarsi». <60
L’influsso che Benedetto Croce ebbe su Brancati, viene considerato da Trombatore come la motivazione principale del distacco dal regime fascista, un distacco più improntato su «un liberalismo d’ordine sentimentale e culturale» e in maniera minore ad un «fatto morale e politico». <61 In effetti La Storia d’Europa del secolo decimonono di Benedetto Croce, citata nel romanzo Il bell’Antonio, può essere considerata dallo scrittore come «una grande metafora del fascismo e dell’antifascismo all’insegna dei due poli: oppressione-libertà». <62
La posizione di Benedetto Croce, teorico dell’autonomia dell’arte, unita al Manifesto degli intellettuali <63 del 1925 hanno giocato un ruolo fondamentale nella conversione dello scrittore, risvegliandolo dal torpore del fascismo e facendolo reagire a chi comandava la propria ispirazione morale. E il liberalismo, di stampo crociano, Brancati lo mette in pratica soprattutto nel settimanale «Il Mondo» di Pannunzio, insieme ai colleghi Alvaro. Maccari e Flaiano. A questi motivi si aggiungono la frequentazione dell’ambiente romano, il forte legame con Longanesi, l’ammirazione per Borgese e la censura, da parte del regime, di Singolare avventura di viaggio del 1933.
Da una parte, quindi, la giovanile visione del regime fascista può avere, per Vitaliano Brancati, il significato di adesione a quel mito di vitalità e della forza che tanto hanno caratterizzato il fascismo, dall’altra, invece, il rifiuto di questa concezione viene fuori con la satira del gallismo, forma esasperata di quella vitalità che aveva caratterizzato la gioventù dello scrittore. Si può parlare, in questo caso, di un Brancati «dimezzato (quello del prima e quello del dopo) che – in furioso disprezzo di se stesso – si fa carico maniacalmente addirittura, di espiare». <64
[NOTE]
41 RENZO DE FELICE, Mussolini il duce.1. Gli anni del consenso, Torino, Einaudi, 1974.
42 V. BRANCATI, Opere. 1932-1946, cit., pp. 347-348.
43 Ivi, p. 1136.
44 G. FERRONI, Lo scrittore più meridionale d’Italia, cit., p. XX.
45 Ibidem.
46 GAETANO TROMBATORE, La lezione di Brancati, in «Belfagor», vol. 9, n° 6, 30 novembre 1954, pp. 694-696.
47 Ivi, p. 694.
48 PIERO DE TOMMASO, Vitaliano Brancati, in I narratori italiani contemporanei, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1965, p. 55.
49 VANNA GAZZOLA STACCHINI, La narrativa di Vitaliano Brancati, Firenze, Olschki, 1970, p. 5.
50 Ibidem.
51 LUCIANO PARISI, Le incertezze di Brancati, https://core.ac.uk/download/pdf/12825285.pdf (data di ultima consultazione 21/08/2019).
52 LUIGIA ABRUGIATI, Il primo tempo di Vitaliano Brancati, Lanciano, Carrabba, 1977, p. 120.
53 G. FERRONI, Lo scrittore più meridionale d’Italia, cit., p. XVII.
54 Ivi, p. XXII.
55 EMILIO GENTILE, Il culto del littorio. La sacralizzazione della politica nell’Italia fascista, Roma-Bari Laterza, 1993, p. 7.
56 GIUSEPPE VOLPE, Storia costituzionale degli italiani, II. Il popolo delle scimmie (1915-1945), Torino, Giappichelli editore, 2015, p. 260.
57 M. ALICATA, Antologia di giudizi critici, in Vitaliano Brancati. Gli anni perduti, cit., p. XIV.
58 G. TROMBATORE, La lezione di Brancati, in «Belfagor», cit., pp. 695.
59 V. BRANCATI, Il Vecchio con gli stivali, a cura di Leonardo Sciascia, Milano, Mondadori, 1946, p, XIV.
60 E. LAURETTA, Invito alla lettura di Brancati, Milano, U. Mursia Editore, 1980, p. 31.
61 G. TROMBATORE, La lezione di Brancati, in «Belfagor», cit., pp. 695.
62 SEBASTIANO ADDAMO, Appunti per Vitaliano Brancati, in Vitaliano Brancati, cit., p. 20.
63 Conosciuto anche come “Antimanifesto”, viene pubblicato il 1° maggio del 1925 nelle testate «Il Popolo» e «Il Mondo» in risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti di Giovanni Gentile. Presenta la firma, insieme al promotore Benedetto Croce, di molti intellettuali. Tra questi Corrado Alvaro, Luigi Einaudi, Eugenio Montale, Matilde Serao.
Viviana Cannata, Vitaliano Brancati: itinerario critico tra Sciascia e Moravia, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari di Venezia, Anno accademico 2018/2019

La Sicilia come metonimia: come una singola parte che sta in rappresentanza di un tutto <22. Metonimia, come se non bastasse, in due sensi. Il primo è quello di cui si diceva poche righe sopra: i protagonisti delle opere brancatiane, sebbene siano veri e coerenti figli della loro terra <23 e della loro epoca, possono essere interpretati senza forzature come dei personaggi di una letteratura di fatto esistenzialista. Il secondo senso, invece, si lega al fatto che al gallismo di matrice siciliana e meridionale può essere assimilato un vizio proprio dell‟Italia intera, reso manifesto con più clamore (ostentato come un pregio, a tutti gli effetti) soprattutto durante il fascismo, di cui Brancati fu fervente sostenitore in gioventù. A testimonianza del legame stretto tra gallismo e fascismo sta ancora la pagina del Diario romano in questione, dove si può leggere di come la fortuna e il consenso popolare di Mussolini dipendessero non poco dalla sua fama di instancabile e potente amatore. In buona sostanza, più dalle sue «prerogative maschili» (p. 1343), che dai suoi eventuali risultati in campo politico. Le prerogative delle quali, del resto, spiega ancora Brancati, si vociferava difettasse Hitler; ragion per cui quest’ultimo non fu amato e preso molto sul serio in Italia, almeno fino alle sue spregiudicate vittorie militari.
Millanteria, esibita tracotanza, prevaricazione verbale: sono questi gli aspetti principali e più grotteschi del gallismo. Il quale, in fondo – sveliamolo già da adesso -, serve più a nascondere profonde paure, quasi ataviche, che a ostentare reali successi in campo amatorio. Non a caso, gli indimenticabili dongiovanni brancatiani sono nella maggior parte “involontari”, quando non addirittura fasulli.
[NOTE]
22 Il riferimento è anche a Francesco Orlando (L’intimità e la storia. Lettura del “Gattopardo”, Einaudi, Torino, 1998), per il quale la Sicilia di Tomasi di Lampedusa si presta a rappresentare, appunto per effetto metonimico, tutte le periferie del mondo.
23 Con tutte le varianti del caso, ovviamente: si pensi ai testi brancatiani ambientati nella zona occidentale dell’isola (Caltanissetta, in special modo): per i protagonisti ivi abitanti, ogni questione, anche la più insignificante, deve essere ricondotta a un ordine di riflessione assoluta e quindi, a tratti, grottesca.
Luca Chiurchiù, Primavera d’incertezza. Mito e malattia della giovinezza in Federigo Tozzi, Alberto Moravia e Vitaliano Brancati, Tesi di dottorato, Università ‎degli ‎Studi di Macerata, 2020

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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