Il 1973 lo passai ad approfondire le tecniche dell’incisione

Bonardo/Caposciutti-1968 olio su tela cm.60×50

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1946-1967
Nel dopoguerra i tempi erano difficili soprattutto per chi come me abitava nelle vicinanze di Pieve al Toppo, una piccola frazione del paese dove poco prima si era perpetrata una delle più efferate stragi naziste.
29/06/1944 – La Strage – Archivio della Memoria Civitella in Val di Chiana

In casa mia non c’era l’acqua nè la luce. Tutte le elementari le feci a lume di candela.
A parte quelli scolastici, c’era solo un libro “Il conte di Montecristo” che mio padre ci leggeva la sera intorno al fuoco.
Appesa in cucina c’era una riproduzione della Madonna del Conforto che io ritenevo un’opera d’arte e che quindi copiai innumerevoli volte.

Nel 1955 in quarta elementare, il maestro spedì un mio disegno ad un concorso nazionale dal quale risultai fra i vincitori.
Come premio mi venne spedita un’enciclopedia in 3 volumi e per me questo rappresentò un’opportunità di informazione e conoscenza enorme.

Nel 1957 ci trasferimmo alla periferia di Arezzo e le cose cambiarono ulteriormente.
A quel tempo dopo le elementari c’erano le Medie (alle quali si accedeva previo esame di ammissione), le Commerciali e l’Avviamento Professionale al quale fui iscritto perchè più adatto a chi come me avrebbe poi dovuto interrompere gli studi per andare a lavorare.
Il disegno, in quel tipo di scuola era soprattutto di tipo geometrico ma l’insegnante che era un pittore mi seguiva da vicino anche nel disegno ornato e nei dipinti che avevo cominciato a fare all’acquarello.

In città ogni tanto facevano mostre al Circolo Artistico. I quadri avevano tutti una gran cornice ed il vetro ed io che volevo fare il pittore mi domandavo com’era fatto dentro e dietro un quadro e mi veniva voglia di rovesciarli, scoprirli nei loro segreti.

Le cose cambiarono quando nel 1959 visitai un’esposizione di respiro nazionale, il Premio Arezzo.
Lì scoprii la pittura astratta, l’informale, che i quadri si potevano fare anche assemblando materiali diversi, che potevano essere esposti anche senza vetro e cornice…

In quegli anni scoppiò in me anche la passione per l’enigmistica che praticavo non solo come solutore ma anche come autore di giochi e cruciverba e che un giornalino di Roma, Circolo Enigmistico, mi pubblicava regolarmente ripagandomi con libri. Dico questo perchè l’enigmistica insieme al gioco degli scacchi avranno poi un grande ruolo nel corso del mio sviluppo artistico.

Dopo l’Avviamento le possibilità di continuare gli studi non c’erano ma il destino volle che in quell’anno, 1960, ad Arezzo sorgesse una nuova scuola, l’ITIS alla quale si poteva accedere con esame di ammissione.

Anche in quella scuola il disegno era esclusivamente geometrico e di progettazione di impianti industriali in particolare chimici perchè questo era l’indirizzo che avevo scelto. Io amavo tantissimo anche questo tipo di disegno tanto che ne facevo anche per un altro paio di compagni di scuola.

Parallelamente continuavo a fare piccoli paesaggi all’acquarello che appendevo poi in casa.

Finite le superiori feci il servizio militare e mentre ero in caserma a Vercelli risposi ad un annuncio de La Stampa e così nel 1967 andai a fare l’educatore al Collegio Europa di Ivrea.

Il direttore del Collegio vide un mio dipinto ed apprezzandolo mi acquistò tutto il materiale per dipingere, scatola di colori, pennelli, cavalletto…

1968
Un giorno d’estate me ne stavo tutto tranquillo a dipingere dal vero un paesaggio nel più classico dei modi, con cavalletto, tavolozza, colori, pennelli, tela… in un anfratto del lago di Viverone quando sentii irrompere dietro di me una persona grande, imponente che mi fa: “Cosa stai facendo?”
“Non vedi sto dipingendo”
E lui:”Non si fa così!”
“E come si fa?”
“Vieni con me che ti faccio vedere”.
Il tono era così risoluto che non lasciava alcun spazio a dubbi o repliche.
E così ci avviammo lui nella sua grande auto ed io con la mia piccola 500 fino alla parte opposta del lago dove c’era una spiaggetta e un pò di gente a prendere il sole.
Lì lui prese la mia tela con il paesaggio appena abbozzato e spremendo direttamente il colore dai tubetti a olio in un paio di minuti, non di più, contornando le forme, dando qualche colpo qua e là trasformò completamente il quadro da restarne a bocca aperta.
Una volta finito lo lanciò nell’acqua del lago dicendo che così lo avrebbe battezzato, dopo di che lo recuperò, una persona si avvicinò e lo acquistò per 10.000 £.
Da quel giorno facemmo coppia fissa diverse volte, io iniziavo il quadro, lui lo finiva e poi lo vendeva perchè nella zona era piuttosto conosciuto ed amato per il suo fare estroso e per la sua generosità.

Era un gran nuotatore e aveva salvato diverse persone che stavano per annegare.
Quando c’era da recuperare qualche corpo in fondo al lago si rivolgevano a lui.
Diceva di aver lavorato come domatore e trapezista nel circo Orfei.

Con i soldi compravamo tele e colori, andavamo al ristorante e nei night.
Mi è rimasto solo un quadro fatto insieme. Ha tanti difetti ma per me rimane prezioso perchè lui oltre che amico è stato il mio primo vero insegnante. Il suo nome Teresio Bonardo di Borgo d’Ale.

[…]

1971/72
Ero al secondo anno di Accademia e incisione era obbligatoria dopo il terzo ma iniziai a frequentarne l’aula su invito del prof. Mario Calandri.
Dapprima feci qualche prova all’acquaforte poi, osservando dei fogli buttati nel cestino dell’immondizia vi ravvisai delle bellissime immagini.
Erano i fogli macchiati dal dietro delle lastre messi a protezione affinchè l’inchiostro in eccesso non sporcasse i feltri del torchio.
Salvai dall’immondizia alcuni di questi fogli e subito mi venne l’idea di fare delle incisioni che mettessero in comunicazione il fronte ed il dietro della lastra.

[…]

[…] Il 1973 lo passai ad approfondire le tecniche dell’incisione, prima l’acquaforte e poi l’acquatinta che mi piaceva perchè permetteva di fare qualcosa di più vicino alla pittura. Le incisioni doppie mi avevano proiettato nello spazialismo, la parte davanti era qualcosa di molto vicino a Fontana.
Il dietro era “oltre Fontana”. Stavo cercando una nuova strada per affrontare lo spazio della tela e mi venne in soccorso la matematica.

Stavo cercando una nuova strada per affrontare lo spazio della tela e mi venne in soccorso la matematica.
Feci alcuni quadri ma non li ho più.

Ho invece qualche incisione come quella sotto.
E’ basata sui logaritmi sia per quanto riguarda il disegno che i tempi di morsura.

Il tempo di morsura è il tempo di esposizione della lastra all’acido nitrico.
Normalmente si usa un acido diluito 1:5 ma, siccome in quel periodo per lavoro avevo accesso ai reagenti chimici
mi preparavo a casa un acido molto più diluito per esempio 1:20 così da renderlo meno aggressivo.
Questo mi permetteva di fare molte più morsure, anche 10 in modo da ottenere altrettante gradazioni di grigio.
Per la sua complessità una lastra di questo genere mi richiedeva settimane di lavoro.
Se sbagliavo anche un piccolo spazio buttavo via tutto.
La parte in viola è un’aggiunta a matita che feci come prova. In un’eventuale tiratura il lavoro è tutto in bianco e nero.

Loga-ritmi – 1973 – acquaforte e acquatinta – mm. 300×300

[…]

Nel 1974 continuai a fare lavori applicando la matematica nella composizione e i risultati migliori li ottenevo con le incisioni.

[…]

Mostra a Bordighera [da venerdì 11 settembre 2020 a domenica 20 settembre 2020 a cura dell’Unione Culturale Democratica e della Sezione ANPI di Bordighera]. In esposizione 10 incisioni tutte double face fatte negli anni 1972/73 e 1995/96. La mostra a cura di Giorgio Loreti è accompagnata da un breve testo di Sergio Gagliolo e da un mio scritto:
 
Per me Lucio Fontana rappresenta uno spartiacque fra il fare una pittura legata alla rappresentazione ed un’arte come conquista progressiva di nuovi spazi fisici e mentali. Ho sempre pensato che proseguire il suo insegnamento fosse la via. Con i buchi e i tagli ci ha fatto intravvedere la possibilità di un oltre interiore. Queste mie incisioni sono il tentativo, spero riuscito, di far vedere l’oltre.
 
…e/o…
 
È il titolo che davo a questo genere di incisioni dove al posto dei puntini possiamo immaginare di scrivere degli opposti, per esempio: davanti/diestro, destra/sinistra, razionale/irrazionale, intenzionale/casuale, formale/informale…
Queste incisioni nascono nel 1972 quando all’Accademia Albertina di Torino nell’aula di incisione avevo notato che dopo una stampa con il torchio calcografico il foglio di carta che si metteva a protezione del dietro della lastra affinché non sporcasse si macchiava spesso in modo sorprendente. 
Imparai così a salvare questi fogli dal cestino dell’immondizia, ma soprattutto m venne l’dea di fare incisioni che valorizzassero il dietro, la parte nascosta della lastra, alla pari che il davanti e attraverso dei tagli mettere in comunicazione le due parti contrapposte.
Continuai a fare questo genere di incisioni fino al 1976, mentre parallelamente imparavo anche le tecniche classiche della grafica, acquaforte, acquatinta, puntasecca, maniera nera, serigrafia.
Dopo di che mi dedicai soprattutto alla pittura, ad Arte Plurale e all’Arte Partecipata. Poi, nel 1994 ripresi per un paio d’anni a fare incisioni “double face”, mettendo a frutto ciò che avevo precedentemente imparato […] “
 

Aggiungo le ultime 3 incisioni della mostra.

Sono del 1995/96 ed oltre che all’acquaforte sono fatte alla maniera nera, una tecnica affascinante che consente di ottenere un nero vellutato.

“ …e/o…” 1995 mm. 130×265 – acquaforte, maniera nera, tagli – stampa double face

L’incisione che segue venne fatta per un progetto di alcuni incisori e poeti.
Questa la poesia che accompagna l’incisione.

“Non so se gabbiano o scaglia
di luce invaghita dell’ombra
o tu stessa, lontana da me
un lume
se di luce ammantiamo
ciò che lontano amiamo
“.
(Adriano Nebiolo)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[…]

 
19 settembre 2020

Domani ultimo giorno (ufficiale) della mostra. Probabilmente ci sarà una proroga.

Al momento della scelta delle incisioni era presente Sergio Gagliolo, l’artista più importante della zona. Era la prima volta che lo incontravo di persona ma conoscevo già il suo lavoro fin dagli anni 80 quando avevo visto una sua personale in una galleria di Torino, successivamente ad Artissima e poi qui a Bordighera in svariate occasioni. Si è mostrato molto interessato al mio lavoro ed allora gli ho detto che sarei stato onorato se mi avesse scritto una breve presentazione.

[…]

Giustino Caposciutti  [a questo link il sito dell’artista]  su Investire Oggi

I miei colleghi ed io abbiamo cercato di portare la disabilità fuori dalle restrizioni in cui era sempre stata confinata, focalizzando l’attenzione sulle capacità – di ogni singolo autore – e non sulle mancanze. Uno dei primi approcci verso l’esterno, con il collega artista Giustino Caposciutti, è stato quello di organizzare mostre, anche con l’intervento e la collaborazione di artisti già affermati. La prima grande esposizione Cercato & Trovato, risale al 1986, e fu attuata con il contributo di Ettore Fico, Francesco Casorati, Tino Aimone, Romano Campagnoli che, venuti a trovarci in atelier, avevano considerato interessanti le personalità artistiche e singolari dei nostri autori. Li apprezzarono al tal punto che decisero di esporre insieme a loro in una grande mostra al Palazzo Vela di cui resta il catalogo. Vi fu anche una grande affluenza di pubblico che ci incoraggiò a proseguire con le mostre.
Tea Taramino, Arte e Cultura, 11 Ottobre 2016

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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