L’esile pesco al marzo che lo allaccia
fiorirebbe, ma vede ancora i monti
troppo nevosi e teme che lo affronti
d’aspri venti una sùbita minaccia.
Anche teme che il suo fiorir dispiaccia
al grande pioppo, il re degli orizzonti,
e al vecchio fico che, a vegliarne i pronti
spiriti, allarga le paterne braccia.
Ma una tiepida notte, ecco, lo invade
un languore, un tremore, un desìo folle,
poi come un lungo anelito…E’ l’aurora:
e vede sè, fulgente di rugiade,
chiuso in un roseo nembo di corolle,
che ai venti mattutini esita e odora.
Francesco Pastonchi