Il partigiano “Nino”

Paese

Con mio padre ci trasferimmo a Vallecrosia Alta, perché la costa era sovente bombardata dal mare, dai cannoni di Monte Agel e mitragliata dagli aerei.
Nel gennaio del 1944 morì mia madre e mio fratello Nino (Alberto Guglielmi) non fu presente al funerale. Sparito. 

Dalla primavera del 1944 mio fratello iniziò a fare qualche furtiva visita nottetempo. Confabulava con mio padre, poi spariva di nuovo.
Spesse volte con mio padre ritornavamo alla casa al mare e a volte papà partiva per raggiungere la Francia con la barca. La cantina a volte era piena di merci le più varie, una volta persino dei datteri. Credo a settembre del ‘44, Nino una notte portò a casa, a Vallecrosia Alta,  una radio e la nascose nell’armadio a muro nell’ultima stanza. Si apprestava a sparire un’altra volta. Mi accusò di non aver chiuso bene le porte. Non era vero, ero certa di aver chiuso bene tutte le 4 porte, ma Nino mi disse che XY, un nostro parente era entrato in casa e l’aveva sorpreso mentre usava la radio.

Perché la mia famiglia abitava ai piani di Camporosso, a poca distanza dal mare, nel piccolo gruppo di case che noi chiamavamo “Tribù”.  Mio padre era pescatore e, come tutti i pescatori abitanti in riva al mare, era anche contrabbandiere.
Prima dello scoppio della guerra eravamo arrivati alla casa dei nonni alla Tribù, da Beausoleil, dove i miei  vivevano emigranti negli anni ‘30. Nel 1935 mio padre si arruolò volontario per la guerra di Etiopia.
Nella sua attività di contrabbandiere credo che diverse volte trasportò oltre frontiera anche degli ebrei allora perseguitati e in fuga verso altri paesi. Una volta lo sentii parlare con la mamma di “brava gente che scappava”. Forse nacque così il suo antifascismo.

Mio fratello Nino accompagnava già nostro padre nei viaggi in Francia per contrabbando, quando venne arruolato, ironia della sorte, nella Guardia Confinaria e inviato proprio a Beausoleil.
Spesse volte, anche senza permesso, ritornava a casa in bicicletta per brevi visite.
L’8 settembre 1943 lo colse a Beausoleil.
Tutto il reparto come tutto il Corpo d’Armata Italiano si sfaldò. Nino ricevette vestiti borghesi dal clero della chiesa di St. Charles di Beausoleil, che lo aiutarono anche nella fuga verso l’Italia.
Nei giorni seguenti ero a Ventimiglia, che era nel marasma generale, sul lungo Roya notai tre uomini nel greto del torrente che procedevano verso la foce portando in spalla fasci di canne.
Uno di questi mi fissò e con impercettibile gesto della mano mi fece segno di allontanarmi. Era Nino. Ritornai a casa e avvisai mio padre dell’accaduto.
Quella sera mio padre non chiuse la porta di casa. A notte arrivò mio fratello.

A causa delle continue visite della Polizia che avrebbe potuto facilmente scoprire il disertore, Nino si rifugiò in località Marcora sopra Isolabona, in un casone di campagna adibito a ricovero degli attrezzi agricoli di una vigna di un nostro conoscente.

Aumentarono per tutto il 1944 le nostre visite alla casa sulla costa. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua. Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa.

…papà nascose in un altro nascondiglio la radio. Venne la polizia rovistarono dappertutto ma fu facile dire che non sapevamo niente della radio e che non sapevamo dove Nino fosse fuggito forse con la radio stessa.
Aumentarono le nostre visite alla casa sulla costa. Accompagnavo mio padre con in braccio mio fratellino Bruno per rendere più facile il passaggio al posto di blocco all’altezza della caserma Bevilacqua. Sorpassavamo di lato la sbarra e i tedeschi e i fascisti di guardia ci salutavano dalla guardiola. A volte trascinavamo il carretto con sopra le ceste dei fiori. A Vallecrosia Alta coltivavamo un piccola piantagione di garofani. Spesse volte tra i garofani mio padre nascondeva casse che nottetempo erano sbarcate sulla costa.

Compresi che quando era in previsione uno sbarco pernottavamo al mare a dispetto dei cannoneggiamenti da Monte Agel, e al mattino ritornavamo ripetendo la manfrina delle ceste dei garofani invenduti al mercato. Da quei giorni nella cantina della casa al mare furono custodite anche strane casse.
Sono certa che sbarcarono o si imbarcarono anche altri soldati alleati. In particolare ricordo che prima di Natale del ‘44 una notte riapparve Nino accompagnato da un uomo alto, biondo come uno svedese e due baffoni. Erano appena sbarcati dalla barca, perché i pantaloni erano bagnati, e avevano anche diverse casse che nascosero in cantina e che vennero recuperate nei giorni successivi dagli amici di Nino: Achille, Lotti e altri. Ancora a notte partirono per Negi.
La notte della Epifania  riapparve mio fratello Nino con “Mimmo” (Domenico Dònesi) e un ufficiale inglese (cap. Bentley) bagnato fradicio. Era evidentemente appena sbarcato. Sistemarono delle casse in cantina poi si incamminarono di nuovo.

L’indomani, di buona ora con mio padre e mio fratellino Bruno ci incamminammo per Vallecrosia Alta. Era una strana carovana che procedeva dalla costa verso la collina di S. Croce fino all’attuale via O. Raimondo. Io, mio padre con mio fratellino sulle spalle e un carretto con delle ceste di fiori all’interno delle quali forse era nascosta una radio ricetrasmittente o altre casse, procedemmo  lungo la via provinciale per passare il posto di blocco; Elio Bregliano, Mimmo, Nino, il cap. Bentley e Mac il marconista lungo il versante della collina nascosti tra i pini e sotto i pergolati delle coltivazioni di verde ornamentale proprio dietro la caserma Bevilacqua lungo il sentiero del Nespolo. Davanti e dietro altri partigiani. All’altezza del cimitero di Vallecrosia incontrammo Achille e Lotti che avevano fatto da staffetta e portato un po’ di pane. Arrivò anche Eraldo Fullone con un carro e una mula per caricare le ceste di fiori.

…Nino, Mimmo, Elio e gli inglesi procedettero fino a Soldano con Lotti, Achille e Eraldo che li precedevano di vedetta contro eventuali incontri di tedeschi.
Il 10 gennaio 1945 nella chiesa parrocchiale venne officiata la S. Messa dell’anniversario della morte di mia madre. A cerimonia appena iniziata apparve Nino, si sedette qualche banco davanti a me. Dal mio posto ad un tratto vidi una donna che era dietro di lui e che non riconobbi, toccare lievemente Nino sulla schiena. Come fosse un segnale convenuto senza voltarsi mio fratello si alzò e si allontanò confondendosi tra la gente. Fu l’ultima volta che vidi mio fratello.
La mattina del 25 gennaio 1945 mio padre arrivò trafelato a casa ordinandomi di vestire di corsa Bruno e di prendere un po’ di vestiario. Ci imbacuccammo con ogni possibile indumento e di fretta uscimmo dal paese verso la collina. Camminammo fino ai Negi, dove sostammo a casa di una conoscente. Ci aspettavano Elio e Mimmo.

A sera ci incamminammo per raggiungere la Costa di Vallecrosia. Traversammo una piantagione di limoni, mio padre, Elio e Mimmo si riempirono le tasche di limoni. Faceva freddo, molto freddo.
Al mare ci aspettava una barca e ci imbarcammo. Il mare era mosso e ci vollero tutta l’esperienza e l’abilità di mio padre per governare la barca; il vento ogni tanto ci spruzzava sul volto la spuma delle onde. Mentre stringevo Bruno dicendogli di non aver paura, Mimmo e Elio divorarono tutti i limoni nel vano tentativo di sottrarsi al mal di mare.
Giungemmo a Monaco e gli alleati ci soccorsero.

…Sebbene la guerra fosse finita non avevo notizie di Nino. Fu allora che alle mie pressanti richieste mio padre mi mise al corrente che Nino era morto il 20 gennaio. Fu ammazzato a Baiardo, sulla strada per Vignai.

…Mio padre aveva recuperato la radio che aveva segnato il destino di Nino.
Era avvolta in una tela di sacco, al momento dell’interramento la posai sulla cassa; giace con lui. Dopo anni mi fu consegnata una onoreficenza alla memoria di mio fratello Nino. Era compreso anche un contributo in denaro. Mi fecero vedere anche un assegno che però non mi consegnarono perché nel frattempo era mancato anche mio padre.
Che se li tengano!
Di Nino (Alberto Guglielmi) mi resta il ricordo, una medaglia al valore, una ciocca di capelli, le parole che scrisse di lui Renzo Rossi e la certezza che, senza convenienza, fece tanto e più di quello che si sa, per la libertà di tutti, anche  per quel semi-parente che fece la spia e che lo tradì.  

Testimonianza della sorella di Alberto “Nino” Guglielmi, signora Emilia, raccolta in GRUPPO SBARCHI VALLECROSIA, realizzato da Giuseppe “Mac” Fiorucci

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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