L’interesse di Sanguineti per una scrittura esistenziale, riflesso di dubbi e contraddizioni interiori, è testimoniato anche dalle poche pagine che egli dedica a La confessione di Mario Soldati, <512 dove il romanzo di formazione viene analizzato con gli stessi strumenti esegetici del futuro saggio su Moravia, l’alienazione, l’eros, l’adolescenza, qui focalizzati sulla figura di Clemente, emblema della ricerca di fede e di una reale vocazione religiosa. Il critico individua i nodi problematici nella dimensione in cui il protagonista vive il cattolicesimo e la possibilità di realizzare le proprie aspirazioni spirituali, in un contesto esterno che spesso determina incertezze e frustrazioni interiori. L’alienazione vitale, fulcro della disamina su Moravia, assume qui una valenza differente, svincolata dal dato sociale e legata alla traduzione del dato psicologico in pura sensibilizzazione sensoriale; lo sguardo di Sanguineti si muove nel mondo delle sensazioni olfattive, visive e sonore, simboli dell’intero universo psicologico del protagonista, con sfumature che richiamano le pagine dedicate alla poesia di Gozzano:
“… il processo di riduzione della sensibilità adolescente all’immediato sensibile, in vista di una assoluta stilizzazione drammatica, è condotto da Soldati con un rigore di quasi geometrica perfezione… <513
si potrebbe giungere, al limite, ad una quasi completa risoluzione del tessuto narrativo, ordine geometrico, in pochi motivi essenziali; si potrebbe calcolare, finalmente, di volta in volta, la ragione del ricorrere, dell’attenuarsi, dell’accendersi, dell’incrociarsi di tali motivi medesimi…” <514
L’ambiente asfittico dell’istituto dove Clemente studia emerge nell’odore della polvere e dell’inchiostro putrefatto; i chiaroscuri che delimitano lo spazio si caricano di significati ulteriori; gli echi psicologici del suono della campanella o del vociare dei compagni nei corridoi, sono i segni, plasticamente evidenti, della condizione di inclusione/esclusione del personaggio. Nel passaggio critico dall’adolescenza alla maturità, le difficoltà esistenziali, le rassicurazioni e le tentazioni provocano nel giovane movimenti contrari, di avvicinamento e allontanamento, e rappresentano lo scontro interiore fra vocazione religiosa e naturale istinto della fisicità. La strada, per Sanguineti, è dunque tracciata dall’immediata traduzione della spiritualità in dati sensibilmente percepibili, perché nelle Confessioni i suoni, i colori, la luce hanno la funzione di rappresentare i moti interiori dell’animo e di anticiparne proletticamente gli sviluppi narrativi.
Sarà proprio l’odore di chiuso, di polvere e di inchiostro, o l’acre sudore di padre Genovesi a declinare il sentimento alienante di estraneità e di rifiuto nutrito da Clemente. In violento contrasto, troviamo avvolti nel profumo di essenze floreali, della colonia mista al sapore di mare, i personaggi portatori di pienezza vitale e delle tentazioni naturali, contro cui combatte il protagonista. Questi sono per Sanguineti gli unici elementi che renderanno possibile e vivo quel riconoscimento religioso del finale, colorato di un’eco nostalgica e di rimpianto, che non possono essere liquidati come mere sensazioni soggettive, ma offrono precise valenze simboliche. Luisito, Jeannette, Mareska, nomi che evocano dimensioni lontane e oniriche, eccitano e provocano tutte le energie istintive e naturali del giovane, attraversate le quali la ricerca dell’autentica fede troverà il suo epilogo solo dopo aver superato, in modo non definitivo e rassicurante, il forte contrasto tra “tentazione naturale e tentazione religiosa”.
Sanguineti ripercorre, quindi, le geometrie disegnate dalla luce sugli oggetti, negli ambienti dove l’ombra assume il costante significato di luogo nascosto, riparo per il protagonista nel suo rifiuto del mondo esterno, che si muove nella luce piena e vivificatrice. Così la finestra, immediata analogia alla fuga verso la vita, verso una dimensione in cui la luminosità non conosce ostacoli né prigioni, in un’atmosfera che richiama l’Agostino moraviano:
È la presenza di un richiamo vitale perpetuamente suggerito e perpetuamente eluso, rinnovato sopra la pagina con una sapiente, anche se non inedita davvero, costanza figurativa, che sembra persino riemergere, per abile regia (e la parola, nel caso di Soldati, non può non avere un’intenzione particolare), per un preciso riecheggiamento formale… <515
Magistrale è giudicata da Sanguineti la pagina che descrive il pavimento dell’istituto, nel suo alternarsi di piastrelle grigie e bianche, il non colore ricostruito in un geometrico movimento dal ritmo ossessivo, che restituisce la soffocante sensazione di prigionia della fisicità nella spiritualità, vissuta come freddo calcolo dell’intelletto. Il contraltare è l’esplosione cromatica delle vestaglie di Jeanette, sempre diverse e coloratissime, il roseo della pelle e delle unghie che richiama l’eros, il biondo dei capelli che si unisce al profumo e alla forma delle mani, elemento di costante rimando psicologico nel processo di sensibilizzazione che ogni personaggio subisce, arricchito dall’ampio uso di similitudini naturali. Le mani di Luisito, di Mareska, di padre Genovesi sono emblemi di quel circuito di avvicinamento/allontanamento proprio delle relazioni di Clemente: il caldo e morbido tocco della signora dell’Hotel Baglioni, le mani inanellate di Jeanette, le dita scure e affusolate di Mareska o la stretta forte e asciutta di Luisito, sono immagini di desiderio e turbamento che contrastano con l’insofferenza provocata dal tocco della “mano bianca e molle” dell’arciprete o di padre Genovesi, dal cui abbraccio soffocante il giovane non riesce a svincolarsi:
“… il tema della “mano” è preparato dalla “signora bionda” dell’Hotel Baglioni… Il tema matura, in un giuoco di contrasti, nell’episodio della confessione al padre Genovesi… Il semplice ricorrere del motivo, nel sensibile registro della percezione sensibile, definisce compiutamente la situazione… Con palese rilievo costruttivo, infine, alla vincolante stretta iniziale della mano del confessore, da cui Clemente non riesce a liberarsi… corrisponderà, da ultimo, il vincolante abbraccio del padre…” <516
L’aspetto linguistico, infine, poco evidenziato nelle pagine dedicate a Moravia, viene qui analizzato nella dimensione fonologica, nell’espressione sonora delle varie accezioni dialettali che caratterizzano i personaggi:
“Ma sarà per noi sufficiente, ormai, additare, entro la prospettiva strutturale della sensibilizzazione, la particolare attenzione che Soldati dedica, funzionalmente, ai valori fonici del parlato e alla caratterizzazione linguistica del parlato… L’intervento dialettale è come un riporto alla naturalità più incontrollata, più immediata, più spontanea, in una parola, ancora una volta, sensibilizzata”. <517
La cadenza del genovese di Luisito, modulato sull’accento argentino, si unisce al genovese di monsignor Baldelli, le cui parole, come scrive Soldati, “non avevano proprio nulla di mistico ma addirittura sembravano masticare con gusto le sacre parole…e Clemente sentiva la forza misteriosa del Sacramento più viva che non a Torino (150)”. Il francese utilizzato dalla nonna per argomenti delicati, preclusi alla servitù; la forza dei rimproveri di padre Censore, uniti al sonoro minaccioso della sua gestualità, tutto sottolinea per Sanguineti due differenti aspetti: la positività delle figure caratterizzate da elementi linguisticamente più rilevanti, e l’immagine grottesca, se non comica, che di sé restituisce il clero, soffocante e soffocato dalle sue regole rigide, prive di ogni autentico stimolo vitale.
Soldati, vero “cattolico refoulé”, chiude il romanzo con il superamento, non definitivo, dei contrasti interiori, in una transitoria ricomposizione del naturale istinto e della vocazione religiosa nel quadro finale, ancora dipinto attraverso immagini di sensibilizzazione: il viale illuminato che porta alla cattedrale, non più solcato dagli obliqui giochi di luce, ma ampio e profondo, aperto simbolo della vera Fede; il sapore dell’ostia, “del grano senza sale”, che appare soffusa di un luminoso biancore: “Ora che l’obliqua immediatezza, ritrovata con Luisito, di fronte alla vita, ha restituito Clemente alle aperture luminose dell’esperienza sensibile, che nella sua ambiguità porge una sorta di morale provvisoria, la luce appare definitivamente raggiunta, e si identifica, paradossalmente, in un significante rovesciamento simbolico, con la ‘verità della Fede’: il divorzio originario è composto, la dialettica è ironicamente disciolta e vanificata…” <518
Il riconoscimento delle ragioni ultime della propria vocazione avviene solamente lungo il percorso di accettazione e conoscenza della propria istintualità, della forza intatta di quel richiamo vitale, senza il quale non sarebbe stata possibile una conclusione di pacificazione, seppure parziale.
[note]
512 E. Sanguineti, “Le immagini della Confessione”, in E. Sanguineti, Tra Liberty e Crepuscolarismo, Mursia, Milano 1961, pp. 149-163.
513 Ibid., p. 149.
514 E. Sanguineti, Tra Liberty e Crepuscolarismo, Mursia, Milano 1961, pp. 160-161.
515 Ibid., pp. 160-161.
516 Ibid., p. 158.
517 Ibid., p. 161.
518 Ibid., pp. 154-155.
Carla Bruna, Mario Soldati e la sensibilizzazione naturale in Sublime, neosublime, antisublime: il “canone” letterario novecentesco nella saggistica di Edoardo Sanguineti, Literature, Université Côte d’Azur, 2020