La gatta di Francesco Petrarca

 

La “gatta di Francesco Petrarca” nella teca allestita da Girolamo Gabrielli.

Val qui la pena di citare il caso quasi leggendario della GATTA DEL PETRARCA.
Nella Sala dei Giganti della Facoltà di Lettere a Padova si ammira un affresco anonimo del XIV sec. ove il poeta è effigiato nel suo studio di Arquà, sui Colli Euganei, che legge e studia mentre ai suoi piedi si nota un gatto, di sicuro la gatta tanto amata dal poeta e da tanti studiata o celebrata compreso il Tassoni (Secchia rapita VIII, 33-34).

In effetti molto è dovuto all’iniziativa, diciamo pure propagandistica, di Girolamo Gabrielli, proprietario a fine XVI secolo proprio di quella casa in cui il poeta era morto di sincope avendo l’amato felino come unico testimone del trapasso.

La magione era già famosa e visitata e quindi per incentivare la curiosità dei visitatori il Gabrielli fece sistemare entro una teca di vetro una gatta imbalsamata sotto cui si pose una lapide, di cui l’iscrizione latina di Antonio Querenghi (1547–1634) celebra tuttora l’enorme amore del poeta per il felino e la corresponsione da parte di questo, vigile custode della casa e persecutore di topi e ratti.

Il falso è un piuttosto forzato ed anche un tantino macabro ma attraverso i secoli eccitò tante fantasie.
Di vero resta sostanzialmente il fatto che (come sarebbe stato per altri spiriti eletti come il Tasso) anche Petrarca amò la compagnia di tale piccolo felino, giudicandolo un compagno assiduo ed irrinunciabile.

Queste eccezioni nobilitano alcuni uomini ed ingentiliscono alcuni momenti della vita dei gatti: ma fermo restando che, come si legge nel testo, il Petrarca amò e curò il suo animale in uno dei momenti in cui la fortuna provvisoria dei piccoli felini cominciava a decadere godettero è da ribadire che per la maggior parte dei GATTI la sopravvivenza non godette certo di simili privilegi.

da Cultura- Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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