Le frequenti citazioni, nel cinema di Pier Paolo Pasolini, non sono mai improvvisate o casuali, ma formano ogni volta un modulo calcolatissimo e ricco di sfumature semantiche, come ha sottolineato ripetutamente la critica, peraltro concentrandosi in prevalenza sui rimandi figurativi. <1 L’analisi delle trasposizioni pasoliniane – si pensi ai riferimenti pittorici ne “Il Vangelo secondo Matteo” e nella “Trilogia della vita” – dimostra che ogni citazione non si risolve in un semplice esercizio estetico ma impegna l’osservatore nell’attenta lettura del contesto, sia essa circoscritta all’interno dell’inquadratura o allargata fino a formare la struttura portante del film (come ne “La Ricotta”, con il suo rinvio alle crocifissioni di Pontormo e di Rosso Fiorentino). Anche quando l’autore inserisce nella stessa scena più citazioni estrapolate da diversi linguaggi e discipline (letteratura, pittura, cinema, musica, antropologia), dimostrando di assorbire la tradizione come suo naturale nutrimento, non si tratta di un atto spontaneo ma di una scelta precisa, in quanto Pasolini è sempre attento alla “pertinenza della citazione”. <2 È necessario dunque valutare ogni volta con attenzione la portata stilistica di ogni prestito voluto dall’autore.
In questa prospettiva l’analisi delle citazioni in “Teorema” pare assai proficua perché offre la possibilità di un confronto tra le due versioni dell’opera (romanzo e film) e tra due generi di riferimenti (letterari e pittorici), illustrando esemplarmente la complessa architettura semantica che contraddistingue i due testi.
La genesi di “Teorema”, nella sua doppia realizzazione, è pressoché contemporanea: il libro esce nel marzo 1968 e il film viene presentato a Venezia nel settembre dello stesso anno; ed è proprio Pasolini, nel risvolto di copertina dell’edizione garzantiana, a parlare di “natura anfibologica” dell’opera precisando di non sapere “sinceramente dire quale sia quella prevalente: se quella letteraria o quella filmica”. <3 Anche in un’intervista coeva egli sottolinea l’impasto magmatico di questa parabola narrativa, suddivisa in due momenti: “[…] un primo momento teatrale, che poi è caduto, e un secondo momento che si è diviso in due rami: uno cinematografico e uno letterario. Dunque si tratta di un
rapporto stranissimo tra letteratura e cinema”. <4
È dunque il rapporto “stranissimo” ma anche strettissimo fra letteratura e cinema a sostenere il dialogo tra le due dimensioni di “Teorema”: non a caso, come ha evidenziato Marco Bazzocchi, quasi tutti i personaggi del film vengono ripresi mentre sono impegnati nella lettura e per così dire “definiti dal libro che tengono in mano”, <5 che si arricchisce così di un nuovo significato.
Il libro che appare più spesso è quello del misterioso Ospite giunto a Milano nella casa di una famiglia borghese, per “distruggere […] l’inautenticità” <6 di quel mondo irreale. Nel film il giovane, quasi annoiato, abbandona pressoché subito il primo volume che lo impegna, un impersonale manuale di ingegneria (“Elementi della costruzione civile”), <7 per abbandonarsi alla lettura delle “Opere” di Arthur Rimbaud: è un’edizione bilingue edita da Feltrinelli, su cui indugia la macchina da presa elevandola a simbolo di un’esistenza destinata a sconvolgere altre vite, affascinandole con le illuminanti rivelazioni di una sessualità religiosa.
Come è noto, nella propria opera Pasolini ricorre con grande frequenza al poeta francese, con il quale si identifica (“Sono stato un ‘poeta di sette anni’ – / come Rimbaud – ma solo nella vita”). <8 Lettura cruciale per lo sviluppo di una coscienza poetica e politica, Rimbaud è l’emblema della spinta irrazionale della poesia e insieme di una libertà non solo letteraria. <9
Nella sua opera si condensa dunque una molteplicità di significati che avvalorano la forza dirompente del giovane dionisiaco di “Teorema”, venuto a colpire la borghesia con i tratti barbarici dello “straniero” e della “diversità”. <10 Negli “Allegati” posti in appendice al romanzo, Pasolini chiarisce che a fondamento della sua descrizione dell’angelo corruttore sta Rimbaud, citando i versi iniziali de “Les Soeurs de charité” e facendo propri quei tratti selvaggiamente seducenti: “Le jeune homme dont l’oeil est brillant, la peau brune, Le beau corps de vingt ans qui devrait aller nu, Et qu’eût, le front cerclé de cuivre, sous la lune Adoré, dans la Perse, un Génie inconnu, Impétueux avec des douceurs virginales Et noires, fier de ses premiers entêtements, Pareil aux jeunes mers…”. <11
Come si è detto, il volume di Rimbaud appare in diversi momenti cruciali del film: quando la serva Emilia, intenta a falciare l’erba, prova una lacerante attrazione verso il giovane dal quale desidera essere posseduta; quando il libro viene raccolto dalla madre dopo la conversione del figlio, con un gesto che sigilla la caduta di Pietro e insieme annuncia quella prossima della donna; quando l’Ospite si trova in giardino insieme a Odetta, la figlia, e al padre che gli chiede incuriosito quale ipnotica lettura lo rapisca. In quest’occasione il giovane recita la chiusa della prosa “Les Déserts de l’Amour”, indicando così la sua venuta messianica, un’epifania che mai più si ripeterà: “Egli apparteneva alla propria vita: e il turno di bontà avrebbe messo più tempo a riprodursi che una stella. L’Adorabile che, senza che io l’avessi mai sperato, era venuto, non è ritornato, e non tornerà mai più”. <12
Se le poesie di Rimbaud sono il libro più importante fra quelli evocati in “Teorema”, il primo a comparire nel film è “King Solomon’s Ring” di Konrad Lorenz, che la madre legge in una traduzione italiana dell’editore Adelphi (“è un libro, intelligente e raro, sulla vita degli animali”). <13 La presenza del celebre volume di etologia trova la propria giustificazione in un tema centrale del romanzo, quello del diventare animale dei personaggi che di volta in volta vengono in contatto con l’Ospite, scoprendo il mistero dell’istinto e colmando così per un attimo il proprio vuoto esistenziale. La madre per esempio, assorta in giardino a contemplare i vestiti dell’Ospite, sa che deve “agire prima di decidere” e si spoglia, spinta da un desiderio non arginato dal pudore per rimanere nuda con “l’acquiescenza di bestia insensibile”; <14 e in seguito è una “bestia affamata”, alla ricerca di qualcuno che possa rassomigliare al giovane e soddisfare, com’egli aveva saputo fare, la “naturale necessità”. <15
Oltre alla serva Emilia, che nel suo apparente analfabetismo sarà la sola a ‘leggere’ immediatamente la sacralità dell’inattesa presenza, Odetta pare l’unica a non essere associata ad un libro, affascinata piuttosto dalla fotografia che le consente di istituire un personale culto familiare (sconvolto peraltro dal giovane dionisiaco). Il fratello Pietro è invece attratto dalla pittura e in due occasioni nel romanzo parla di letteratura e di arte con l’Ospite, nella sua camera arredata secondo il gusto materno come una “citazione di pittori fauves”. <16
Nel capitolo intitolato “Dove comincia la nuova iniziazione di un ragazzo borghese” i due osservano con interesse un quadro che segna il momento iniziatico di Pietro, poiché i colori non sono più “quelli dei fauves” bensì quelli “puri” dell’imagista americano Wyndham Lewis. <17 Rispetto al romanzo, il film presenta una significativa differenza perché i ragazzi sfogliano un libro sull’arte dell’inglese Francis Bacon: le opere inquadrate sono molte, ma il regista torna per due volte sui “Three Studies for Figures at the Base of a Crucifixion” (1944), <18 dove tre figure per metà umane e per metà animali si ripiegano, urlano e tendono la bocca in una smorfia di dolore, trasmettendo un profondo senso di inquietudine. Pasolini sceglie Bacon come emblema della “crisi della cultura tardo borghese”, <19 per la sua capacità di mettere in scena la degradazione umana in una pittura concepita non come dono elettivo ma come esperienza essa stessa “degradante”; <20 come degradata sarà l’affannosa ricerca di Pietro (“essere anormale, inferiore – che come un verme si contorce per sopravvivere”), <21 capace di sperimentare nuove tecniche dissacrando la propria creatività ma incapace di dar vita a un diverso linguaggio, finendo per comunicare soltanto la propria balbuziente limitatezza borghese.
Il libro che accompagna la conversione del padre Paolo e il superamento del soffocante tormento borghese, dopo aver subìto a sua volta la violenza distruttiva della seduzione, sono i “Racconti” di Lev Tolstoj, aperti “su una pagina de ‘La morte di Ivàn Il’ìc’”. <22 Il romanzo riporta le citazioni utili per la dimostrazione del ‘teorema’ pasoliniano, e visivamente il film mette in scena ciò che il racconto tolstoiano descrive per rappresentare la liberazione del padre, trasformandolo da possessore in posseduto. Come Ivàn Il’íč non trova conforto nell’ipocrisia della moglie e della figlia, ma nel gesto spontaneo del giovane servitore che gli sostiene le gambe appoggiandosele sulle spalle; allo stesso modo il padre, grazie a quel gesto ripetuto dall’Ospite, sa che soltanto lui può comprendere il suo male profondo. Nella lunga agonia descritta da Tolstoj, che annulla il tempo per lasciare spazio al pensiero e al bilancio dell’esistenza, si proietta dunque il tormento di Paolo. E anche questa conversione, come ogni altro momento drammatico del film pasoliniano, è accompagnata dal “Requiem” (KV 626) di Wolfgang Amadeus Mozart, <23 che segnava già “il motivo teofanico, sacrale” dell’“apparizione di Cristo al Giordano” <24 ne “Il Vangelo secondo Matteo”. “Teorema” e la pagina biblica.
Proprio la “Bibbia”, citata a più riprese, ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del romanzo e del film “Teorema”, come dimostrano i tre rinvii segnalati da Pasolini negli “Allegati” per illuminare altrettanti passaggi della vicenda. Il frammento sulla vocazione del profeta tratto dal “Libro di Geremia, cap. 1, vv. 5-9” rimanda al capitolo 14 della prima parte del volume (“Rieducazione al disordine e alla disobbedienza”), <25 dove Pietro e l’Ospite giocano a pallone con i coetanei e poi si appartano, rapiti da “una passione pulita e profonda”; <26 anche nel testo pasoliniano, infatti, domina l’idea della predestinazione che corrisponde al mistero di chi converte e insieme di chi è stato convertito. Il secondo frammento biblico accenna alla lotta notturna di Giacobbe con Dio (“Genesi”, 32, 24-26), dove il corpo a corpo rivela il carattere soprannaturale dell’avversario al sorgere dell’aurora. In “Teorema” la citazione è legata alle prime fasi della metamorfosi spirituale del padre: quando si sveglia per un forte dolore e abbandona il letto di primo mattino, colpito poi da una luce miracolosa che gli impone di uscire in giardino per scoprire la sacralità della natura come abbagliante “rivelazione”, <27 costringendolo poi a rincasare poiché “incapace […] di lottare ancora a lungo con quello stupefacente amore del sole”. <28 Anche la terza e ultima citazione biblica proviene dal “Libro di
Geremia” (20, 7 e 10) e si riferisce all’intera parabola di “Teorema”. Pasolini sottolinea provocatoriamente l’esperienza “fisica” del profeta “sedotto” da Dio e sprofondato nella sofferenza, allo scopo di esplicitare l’analogia con il fascino carnale e rivelatore dell’Ospite: “Mi hai sedotto, Dio, e io mi sono lasciato sedurre, mi hai violentato [anche nel senso fisico] e hai prevalso. Sono divenuto oggetto di scherno ogni giorno, ognuno si fa beffe di me…”. <29
La “Sacra scrittura” forma una rete di allusioni indirette, illustrate poi negli “Allegati” del libro a stampa, e nel contempo (fin dall’esordio dell’opera letteraria e dell’opera filmica) suggerisce una chiave di lettura evidente e privilegiata. “Teorema”-romanzo si apre infatti con una citazione in epigrafe tratta da “Esodo”, 13, 18 (“Dio fece quindi piegare il popolo per la via del deserto”), <30 mentre la stessa citazione è letta da una voce fuori campo nella prima breve sequenza di “Teorema”-film, dopo il prologo sulla fabbrica e i titoli di testa sullo sfondo dell’Etna desolato. Nel romanzo il medesimo racconto biblico torna ancora nel capitolo 27 che ripercorre il cammino del popolo eletto nel deserto (“Gli Ebrei si incamminarono…”), luogo della scoperta dell’unicità di Dio riflessa nell’uniformità del paesaggio e insieme luogo simbolico che unisce le due sezioni del capitolo: anche l’apostolo Paolo, infatti, “partì dall’oasi” perdendosi nel deserto e scoprendo l’unica “Cosa” capace di donargli “un profondo senso di pace”. <31 Anche il doppio riferimento agli ebrei e a san Paolo nel deserto si fa rivelazione di ciò che accade a un personaggio borghese di “Teorema”: in questo caso il padre Paolo che, vinto dal fascino mistico-sensuale dell’Ospite, cerca per istinto un luogo appartato, abbandona l’auto lungo le rive del Po e si scopre “definitivamente regredito a inferiore”. <32 La contaminazione biblica è di grande impatto visivo in “Teorema”-film, poiché proprio l’immagine del deserto si trasferisce dalla prima sequenza alle sequenze successive, come una pausa meditativa dopo ogni evento importante (l’apparizione del padre all’uscita della fabbrica, Emilia che abbandona la casa), una sorta di refrain che segna lo svelamento della santità. Alla fine Paolo dona la fabbrica agli operai e si spoglia di tutto nella stazione di Milano, incamminandosi nudo peregrino nel deserto, fino all’urlo interminabile dell’ultima scena che trascina chi guarda fra le dune della disperazione: “Come già per il popolo d’Israele o l’apostolo Paolo, / il deserto mi si presenta come ciò / che, della realtà, è solo indispensabile”. <33
Il legame fra san Paolo e il padre di “Teorema” (il cui nome non viene subito rivelato, in un’attesa significativa ed elettiva) è di grande interesse per un discorso sulla citazione nell’opera di Pasolini. La figura dell’apostolo, infatti, è tema sotterraneo che accompagna l’intera produzione del poeta, del prosatore e del regista, culminando negli “Appunti” per un film su San Paolo. <34 Fin dalle prove giovanili il motivo è presente: si pensi al poemetto “Lettera ai Corinti” nell’”Usignolo della Chiesa Cattolica”, che riporta nell’intervallo delle quartine alcuni versetti della prima epistola paolina, in esergo anche a “La Crocifissione”; <35 si pensi al racconto “Romàns”, dove il prete Paolo legge alcuni frammenti della “Lettera ai Filippesi” per attenuare il proprio senso di colpa. <36 Lo stesso titolo della tarda raccolta poetica “Trasumanar e organizzar” è riconducibile all’operato dell’apostolo, come lo stesso Pasolini confessava a Jean Duflot: “Lei sa che sto preparando un film su san Paolo, sull’ideologia religiosa del suo tempo, cioè grosso modo sulla Gnosi attraverso le diverse correnti di pensiero del periodo ellenistico. E vado scoprendo sempre più in proposito, man mano che studio i mistici, che l’altra faccia del misticismo è proprio il ‘fare’, l’‘agire’, l’azione. Del resto, la prossima raccolta di poesie che pubblicherò s’intitolerà “Trasumanar e organizzar”. Con questa espressione voglio dire che l’altra faccia della ‘trasumanizzazione’ (la parola è di Dante, in questa forma apocopata), ossia dell’ascesa spirituale, è proprio l’organizzazione. Nel caso di san Paolo, l’altra faccia della santità, del rapimento al ‘terzo cielo’, è l’organizzazione della Chiesa”. <37
In verità non solo il titolo, ma diverse liriche della silloge evocano la storia e le parole del santo coniugando il puro slancio poetico con l’esigenza civile, come avviene in alcune poesie nate durante la lavorazione di “Medea”: in Endoxa l’eroina classica diventa “una Saula credente che cade da cavallo e non crede più”, folgorata da “una conversione alla rovescia perché abbandona la vera fede per l’eresia della modernità; <38 Tarso, da lontano è dedicata alla città di san Paolo, la cui visione fa rinascere nel poeta il fascino del sacro, annullando la distanza fra la genuina religiosità del passato e le miserie del presente in una sorta di incantata continuità, cancellando la sacrilega presenza di un “benzinaio” per guardare ancora alle “Origini”. <39 Ma è soprattutto “L’enigma di Pio XII” a ispirarsi direttamente a un passo paolino (1 “Ad Corinthios”, 13, 13: “Nunc autem manent, fides, spes, charitas: tria haec; maior autem horum est charitas”). Il poemetto è concepito come un lungo monologo di papa Pacelli che nel 1944 si schiera contro gli ebrei (che hanno fede e speranza, ma non carità) e a favore dei contadini hitleriani e della loro guida “(la sua è non-carità; nella negazione di sé, essa c’è”). <40 Alla drammatica ironia di tale argomentazione corrispondono altre pagine pasoliniane sull’“alibi della fede e della speranza” che “senza carità” diventano un mostruoso strumento di discriminazione e repressione. <41 Anche in “Petrolio” (che avrebbe potuto intitolarsi “Vas”, rinviando al “vas d’elezione” di “Inferno”, II, 28 ma anche ad “Atti degli Apostoli”, 9, 15) i riferimenti a san Paolo sono frequenti. <42 Si pensi all’esemplare “Prima fiaba sul potere”, storia di un intellettuale che vuole raggiungere il potere attraverso la santità; dove si recupera il discorso sulle virtù teologali e il motivo dell’assunzione al Terzo Cielo (2 “Lettera ai Corinzi”, 12, 2), sfruttando la vicenda paolina per sostenere la divina scelta del ‘peggiore’ in grado di diventare il migliore nella predicazione e nella testimonianza. <43
Basta questa mappa incompleta di riferimenti per mostrare quanto sia radicata la presenza dell’apostolo nel percorso artistico pasoliniano, che culmina da questo punto di vista nel progetto mai realizzato di un film su san Paolo. Il lavoro preparatorio dello scrittore ha molto interesse per un discorso sulla citazione e si riallaccia a “Teorema” sia nella cronologia (il primo abbozzo risale al 1966 e l’autore vi ritorna nel 1968), <44 sia nella tematica (come l’Ospite di “Teorema”, anche san Paolo irrompe nella realtà del suo tempo trasformandola radicalmente). <45
Pasolini vuole “trasporre l’intera vicenda di san Paolo ai nostri giorni” e afferma in modo perentorio che “nessuna delle parole pronunciate da Paolo […] sarà inventata o ricostruita per analogia”. <46 Si crea così un tessuto espressivo con effetto a contrasto, dove trama e ordito sono la storia contemporanea e la vita dell’apostolo: gli anni della conversione coincidono con l’occupazione nazista di Parigi, quelli della predicazione con gli anni Sessanta e Settanta.
Nell’episodio del Macedone, per esempio, colui che appare in sogno al santo si trasforma in un uomo consumato dagli orrori del Lager. <47
La più vistosa differenza fra il nuovo progetto e “Teorema” riguarda proprio l’impiego delle citazioni, che nel film del 1968 costituiscono indispensabili tasselli simbolici volti a illustrare e (per così dire) completare il racconto, mentre nell’Abbozzo di sceneggiatura per un film su San Paolo formano il corpo stesso dell’opera, con una fedeltà assoluta alle fonti bibliche a cui corrisponde un’assoluta fedeltà nella ricostruzione storico-documentaria del periodo contemporaneo scelto per la trasposizione. La sceneggiatura presenta dunque una fitta serie di recuperi testuali, debitamente segnalati, che attingono agli “Atti degli apostoli” e alle “Lettere paoline”.
L’idea pasoliniana è quella di un film dall’anima “anticlericale”, <48 in cui si rispetta l’esperienza mistica e si condanna con violenza l’attività del prete, perché in questo ruolo si trasforma nel “primo traditore di Cristo”. <49
Perciò nella versione del 1974 Pasolini introduce le figure dei diavoli e soprattutto di Satana, che spinge un suo inviato a “incarnarsi in Luca” per scrivere gli “Atti degli Apostoli” “con stile falso, eufemistico e ufficiale”: viene fondata così la Chiesa col suo “elenco lunghissimo di papi criminali, di compromessi […] col potere, di soprusi, violenze, repressioni, ignoranza, dogmi”. <50 Tutto questo contrasta allora con quelle medesime citazioni paoline che comunicano gli autentici valori della fede: Paolo che con “la prepotenza del capo” <51 crea l’Istituzione ecclesiastica non è lo stesso Paolo che scrive le sue lettere pastorali. È giusto quindi che Pasolini affidi nel 1974 il suo punto di vista ideologico a un’altra serie di citazioni o meglio di auto-citazioni, che nel progetto dovranno opporsi a quelle bibliche: si tratta di due articoli (“da riportare per intero”) <52 apparsi sul “Corriere della Sera” il 22 settembre e il 6 ottobre di quell’anno, dedicati alla drammatica condizione della Chiesa minacciata dall’“edonismo consumistico” e ridotta a “puro folclore”. <53
Questa costruzione ossimorica e insieme citazionale del film su san Paolo, interamente progettato sulle antitesi, emerge nell’episodio conclusivo.
[…] Il film su san Paolo costituisce dunque un esempio straordinario di antitesi, dove la violenta condanna (amplificata dalla nuova ambientazione storica) si unisce al recupero profondo dell’anacronistico linguaggio paolino, scandito nella solitudine finale del santo con perfetta fedeltà al suo spirito e alla sua lettera. Solo in quel momento le parole bibliche risuonano nella loro completa verità: un messaggio doloroso di redenzione e di salvezza.
[NOTE]
1 Si veda A. Marchesini, Citazioni pittoriche nel cinema di Pasolini, Firenze, La Nuova Italia, 1994, passim; A. Tricomi, Sull’opera mancata di Pasolini, Roma, Carocci, 2005, pp. 304-322; M. A. Bazzocchi, I burattini filosofi. Pasolini dalla letteratura al cinema, Milano, Bruno Mondadori, 2007, passim.
2 Cfr. A. Marchesini, Citazioni pittoriche nel cinema di Pasolini, cit., p. 9. Pasolini rientra così nel grande filone della cultura novecentesca che affonda “le mani nell’immenso serbatoio di parole e di opere che la tradizione passata ha allegato al presente” come “esercizio di certificazione e di collegamento”. Cfr. G. Peron, Introduzione, in La citazione. Atti del XXXI Convegno Interuniversitario (Bressanone / Brixen, 11-13 luglio 2003), a cura di G. Peron, Padova, Esedra, 2009, p. XXI e p. XXV.
3 Pasolini ricorre qui a una metafora pittorica per descrivere la contemporanea realizzazione del romanzo e del film: “Teorema è nato, come su fondo oro, dipinto con la mano destra, mentre con la mano sinistra lavoravo ad affrescare una grande parete (il film omonimo)”. Cfr. P. P. Pasolini, Come leggere nel modo giusto questo libro, in Id., Romanzi e racconti, a cura di W. Siti e S. De Laude, Milano, Mondadori, 1998, t. II, p. 1978.
4 Id., [Intervista rilasciata a Lino Peroni], in Id., Per il cinema, a cura di W. Siti e F. Zabagli, con due scritti di B. Bertolucci e M. Martone e un saggio introduttivo di V. Cerami, cronologia a cura di N. Naldini, Milano, Mondadori, 2001, t. II, p. 2934.
5 Cfr. M. A. Bazzocchi, I burattini filosofi. Pasolini dalla letteratura al cinema, cit., p. 119.
6 Cfr. P. P. Pasolini, [Intervista rilasciata a Lino Peroni], cit., p. 2931.
7 Nel libro Pasolini parla genericamente di alcune “dispense di medicina o di ingegneria”. Poco dopo il giovane “anziché le dispense […] sta leggendo un piccolo volume in edizione economica delle poesie di Rimbaud”. Cfr. Id., Teorema, in Id., Romanzi e racconti, cit., t. II, pp. 907-908. Cfr. Id., Poeta delle Ceneri, in Id., Poesie varie e d’occasione, in Id., Tutte le poesie, a cura e con uno scritto di W. Siti, saggio introduttivo di F. Bandini, cronologia di N. Naldini, Milano, Mondadori, 2003, t. II, p. 1261.
9 Si veda Id., Febbraio 1975. Cani, in Id., Scritti corsari, in Id., Saggi sulla politica e sulla società, a cura di W. Siti e S. De Laude, con un saggio di P. Bellocchio, cronologia a cura di N. Naldini, Milano, Mondadori, 1999, p. 393; Id., Al lettore nuovo, in Id., Altri saggi della maturità, in Id., Saggi sulla letteratura e sull’arte, a cura di W. Siti e S. De Laude, con un saggio di C. Segre, cronologia a cura di N. Naldini, Milano, Mondadori, 1999, t. II, p. 2514; Id., Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday [1968-1971], in Id., Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 1290 e p. 1300.
10 Cfr. Id., Teorema, cit., pp. 905-906.
11 Ivi, p. 1059. I versi sono presenti nel libro e non nel film. Se qui i versi del poeta francese sono d’ausilio a Pasolini per descrivere chi appare diverso rispetto all’uniformità borghese, è interessante ricordare quanto avviene nell’epigramma Alla Francia, compreso nella Religione del mio tempo e ispirato al rifiuto pronunciato dal presidente della Guinea Sekou Touré all’Unione dei Paesi africani occidentali voluta dalla Francia: Pasolini sceglie di rappresentarsi con la ‘diversità’, elenca le somiglianze fisiche tra sé e il presidente africano e coglie uno stesso destino sotto il segno di un comune “puro spirito selvaggio” che “ha precise radici culturali nell’‘angelismo’ di
stampo decadente che guidò tutta la disperata e solitaria avventura di Rimbaud”. Non a caso, nel verso-chiave del componimento, Sekou Touré è “negro proprio come era biondo Rimbaud”, in un triangolare scambio identitario fra la libertà del poeta francese, quella del presidente e quella dello stesso Pasolini. Cfr. Id., Alla Francia, in Id., Umiliato e offeso. Epigrammi (1958), in Id., La religione del mio tempo, in Id., Tutte le poesie, cit., t. I, p. 1007 e M. Richter, La solitudine di Pasolini, in “Paragone”, XXVIII, 1977, p. 51.
12 La citazione è trascritta così com’è recitata nel film. Per il romanzo si veda P. P. Pasolini, Teorema, cit., p. 1060.
13 Cfr. ivi, p. 901. Sul significato di questa presenza si vedano le osservazioni di M. A. Bazzocchi, I burattini filosofi. Pasolini dalla letteratura al cinema, cit., pp. 119-120.
14 Cfr. P. P. Pasolini, Teorema, cit., pp 922-923.
15 Cfr. ivi, pp. 1019-1020.
16 Cfr. ivi, p. 912.
17 Cfr. ivi, pp. 926-927. Il dipinto americano citato “si può identificare con una gouache su carta, datata 1914 e intitolata New York” (cfr. Note e notizie sui testi, a cura di W. Siti e S. De Laude, p. 1982). Si veda A. Marchesini, Citazioni pittoriche nel cinema di Pasolini, cit., p. 112.
18 Per l’esatta successione delle opere di Bacon citate nel film cfr. ivi, pp. 112-113.
19 Cfr. M. De Micheli, Il disagio delle civiltà e le immagini, Milano, Jaca Book, 1982, p. 23.
20 Cfr. G. C. Argan e A. Bonito Oliva, L’arte moderna, 1770-1970 – L’arte oltre il Duemila, Firenze, Sansoni, 2002, p. 240.
21 Cfr. P. P. Pasolini, Teorema, cit., p. 1009.
22 Cfr. ivi, p. 942. Un riferimento allo stesso racconto è anche nella Ricotta (si veda Id., La ricotta, in Id., Per il cinema, cit., t. I, p. 345) e un altro in un articolo manzoniano del 1973 (si veda Id., Alessandro Manzoni, “I promessi sposi”, in Id., Saggi sulla letteratura e sull’arte, cit., t. II, p. 1863). Per le citazioni di Tolstoj (e di Bacon) in Teorema si veda anche Id., Poeta delle ceneri, cit., pp. 1281-1282.
23 “La funzione principale [della musica] è generalmente quella di rendere esplicito, chiaro, fisicamente presente il tema o il filone conduttore del film” (cfr. Id., La musica nel film, in Id., “Confessioni tecniche” e altro, in Id., Per il cinema, cit., t. II, p. 2795).
24 Cfr. Id., Una discussione del ’64, in Id., Dichiarazioni, inchieste, dibattiti, in Id., Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 783.
25 Cfr. Id., Teorema, cit., p. 1059.
26 Cfr. ivi, p. 929.
27 Cfr. ivi, p. 934.
28 Cfr. ivi, p. 935.
29 Ivi, p. 1060.
30 Cfr. ivi, p. 893.
31 Cfr. ivi, pp. 963-964.
32 Cfr. ivi, p. 959.
33 Cfr. ivi, p. 1053.
34 Sulla figura di san Paolo e in generale sulla presenza della Bibbia in Pasolini si veda R. Ricorda, Pier Paolo Pasolini: epifanie del sacro, in La Bibbia nella letteratura italiana, vol. II: L’Età Contemporanea, a cura di P. Gibellini e N. Di Nino, Brescia, Morcelliana, 2009, pp. 397-417.
35 Si veda P. P. Pasolini, Lettera ai Corinti, in Id., L’Usignolo della Chiesa Cattolica, in Id., Tutte le poesie, cit., t. I, pp. 461-462 e Id., La crocifissione, ivi, p. 467.
36 Si veda Id., Romans, in Id., Appendice a “Il sogno di una cosa”, in Id., Romanzi e racconti, cit., t. II, pp. 230-231.
37 P. P. Pasolini, Il sogno del centauro. Incontri con Jean Duflot (1969-1975), in Id., Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 1462.
38 Cfr. Id., Endoxa, in Id., Appendice a “Trasumanar e organizzar”, in Id., Tutte le poesie, cit., t. II, p. 252. Sul tema, oltre a Id., Il sogno del centauro. Incontri con Jean Duflot (1969-1975), cit., p. 1505, si veda R. Chiesi, Maria Callas barbara e maga nel cinema di Pasolini, in Pasolini, Callas e Medea, a cura di R. Chiesi, fotografie di M. Tursi, Bologna, Fmr, 2007, p. 102.
39 Cfr. P. P. Pasolini, Tarso, da lontano, in Id., Appendice a “Trasumanar e organizzar”, cit., p. 242. Si veda anche Id., Callas, ivi, p. 263. Sul tema della distruzione delle origini, con il coinvolgimento dell’apostolo, si veda Id., I dialoghi, a cura di G. Falaschi, prefazione di G. C. Ferretti, Roma, Editori Riuniti, 1992, p. 598.
40 Cfr. Id., L’enigma di Pio XII, in Id., Trasumanar e organizzar, in Id., Tutte le poesie, cit., t. II, p. 19 e p. 23.
41 Cfr. Id., I dialoghi, cit., p. 494 (e si veda ivi, p. 506 e p. 773). Per la presenza della citazione su fede, speranza e carità si veda anche Id., Coccodrillo, in Appendice a “Trasumanar e organizzar”, cit., pp. 232-233.
42 Si veda Id., Petrolio, in Id., Romanzi e racconti, cit., t. II, p. 1685 e pp. 1800-1801.
43 Si veda ivi, pp. 1310-1322.
44 Nel maggio del 1966 Pasolini invia un soggetto di poche pagine a don Emilio Cordero, direttore della Sampaolofilm, senza ottenere alcun risultato; nel giugno del 1968 spedisce allo stesso destinatario un nuovo abbozzo di sceneggiatura, su cui continua a lavorare nel 1974 apportando significative correzioni. Sembra entusiasta del progetto verso cui sente un “amore esclusivo e invasato”, ed è sinceramente deluso di fronte ai dinieghi. Cfr. Id., Lettere 1955-1975, a cura di N. Naldini, Torino, Einaudi, 1988, p. 615 (e si veda ivi, p. 619 e p. 639). Sullo stadio avanzato della preparazione di veda W. Siti e F. Zabagli, Note e notizie sui testi, in P. P. Pasolini, Per il cinema, cit., t.
II, p. 3153. Sull’impossibilità di portare a compimento l’opera si veda Id., La mia provocatoria indipendenza, in Id., Dialoghi con i lettori, in Id., Saggi sulla politica e sulla società, cit., pp. 1172-1173.
45 Sulle analogie tra Teorema e la sceneggiatura su san Paolo si veda G. Conti Calabrese, Pasolini e il sacro, Milano, Jaca Book, 1994, pp. 46-47.
46 Cfr. P. P. Pasolini, Progetto per un film su San Paolo, in Id., Per il cinema, cit., t. II, p. 2023. Pasolini dichiara a Jon Halliday: “Ma mi manterrò estremamente fedele al testo di san Paolo e le parole che dirà saranno esattamente quelle che usa nelle sue lettere” (cfr. Id., Pasolini su Pasolini. Conversazioni con Jon Halliday, cit., p. 1377). San Paolo compare anche in Salò: si veda Id., Salò o le 120 giornate di Sodoma, in Id., Per il cinema, cit., t. II, p. 2043.
47 Si veda Id., Abbozzo di sceneggiatura per un film su San Paolo (Sotto forma di appunti per un direttore di produzione), in Id., Per il cinema, cit., t. II, p. 1929. Per la scelta delle città contemporanee al posto delle antiche si veda Id., Progetto per un film su San Paolo, cit., p. 2024, e Id., Il sogno del centauro. Incontri con Jean Duflot, cit., pp. 1508-1509.
48 “[…] adesso il senso del film è una cosa violentissima, come non si è mai fatto, contro la Chiesa e contro il Vaticano, perché faccio un san Paolo doppio, cioè schizofrenico, nettamente dissociato in due”. Cfr. Id., La perdita della realtà e il cinema inintegrabile. Conversazione […] con Gideon Bachmann (1974), in Id., Il cinema in forma di poesia, a cura di L. De Giusti, Pordenone, Cinamazero, 1979, p. 156.
49 Cfr. Id., Eros e cultura. Intervista rilasciata a Massimo Fini (1974), in Id., Altre interviste, in Id., Saggi sulla politica e sulla società, cit., p. 1717.
50 Cfr. Id., Abbozzo di sceneggiatura per un film su San Paolo (Sotto forma di appunti per un direttore di produzione), cit., p. 1912 e p. 2000.
51 Cfr. ivi, p. 1928.
52 Cfr. ivi, p. 2003.
53 Cfr. Id., Lo storico discorsetto di Castelgandolfo, in Id., Scritti corsari, cit., p. 353. Si veda anche Id., Nuove prospettive storiche: la Chiesa è inutile al Potere, ivi, pp. 356-361.
Alessandra Grandelis, “Teorema” e San Paolo. Citazioni Pasoliniane fra cinema e letteratura in Parole Rubate. Rivista internazionale di studi sulla citazione – Fascicolo n. 5 Giugno 2012