La guerra di Candia

La guerra di Candia, che inizia nel 1644, si situa in un Mediterraneo che ha ormai perduto la secolare centralità: gli interessi delle potenze continentali sono ora spostati verso l’Atlantico e l’Europa del Nord e la potenza navale dei veneziani e degli spagnoli è stata fortemente diminuita dagli attacchi corsari.

Dopo il 1640, quando si resero ormai evidenti le mire turche su Candia, Venezia mobilitò una flotta formidabile, cui si aggiunsero navi di Malta, degli stati pontifici, di Napoli e della Toscana. Nel 1645 la flotta cristiana raggiungeva un totale di 60-70 galere , 4 galeazze e circa 36 galeoni .

Nel corso dei ventiquattro anni di guerra i veneziani furono generalmente all’offensiva, ottenendo spesso vittorie clamorose: nell’Egeo centrale nel 1651 e nei Dardanelli nel 1655 e 1656.
I venti del nord e la forte corrente del Mar Nero, assieme alla capacità dei Turchi di organizzare dei convogli di rinforzi da Chio, Rodi, Alessandria e Malvasia impedirono di fatto la realizzazione di un blocco permanente dei Dardanelli.
Nel 1666 il tentativo di occupare la base turca di Canea non ebbe successo.

Nell’ultima fase della guerra – primavera 1667 – il gran visir Achmed Koprolu assunse il comando delle operazioni contro Candia.
Gli si opponeva il capitano generale da mar Francesco Morosini che aveva raggiunto a soli 28 anni il più alto titolo militare dopo aver attraversato con grande rapidità tutti i gradi della carriera nella milizia marittima, da Sopracomito a Capitano al golfo.

Il 22 maggio 1667 ebbe inizio un assedio destinato a durare 28 mesi.
Negli assalti e nelle sortite che si susseguirono perdettero la vita 108.000 turchi e 29.088 cristiani.
Tra questi si possono contare 280 patrizi veneziani, una cifra che è pari circa ad un quarto del Maggior Consiglio .

Alcuni storici moderni si chiedono perché il 6 settembre 1669 Francesco Morosini abbia trattato la pace con il Turco, senza chiedere l’autorizzazione al Senato e senza che la congiuntura bellica e la situazione internazionale potessero far presagire un simile esito, ed anzi indicassero un certo favore per le sorti della Repubblica.
In realtà chi sostiene ciò finisce per appellarsi a condizioni meramente superficiali.

Il fatto é che i veneziani alla fine rimasero soli, in numero di sole tremila unità, abbandonati anche da pochi francesi e savoiardi che erano appena sopraggiunti.

Francesco Morosini, nonostante le contestazioni per le modalità della resa del 1669, venne rieletto Capitano generale nel 1683, quando per Venezia sembrava essere giunto il momento della rivincita. Nello stesso anno polacchi ed austriaci avevano respinto l’assalto turco a Vienna; questi assieme al Papa, in un rinnovato spirito di crociata, invitarono Venezia ad unire le forze per stroncare definitivamente il nemico comune. A Venezia prevalse subito il partito favorevole alla guerra e alla coalizione antiturca si aggiunse anche la Russia, potenza emergente, che tentava di aprirsi un accesso verso il Mar Nero. In quattro anni Francesco Morosini riconquistò tutto ciò che Venezia aveva perduto in Morea e nello Ionio: rinasceva nella Serenissima il mito dell’antica potenza mediterranea. Dopo un fallito attacco contro Negroponte ed una grave epidemia che aveva decimato la flotta, Morosini decise di ritirarsi in Morea: la sua popolarità è all’apice, tanto che alla sua morte (1693) copriva la carica di Doge assieme a quella di Capitano generale.

tratto da Cultura Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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