La storia in realtà, diviene la storia dei non ascoltati – direbbe Benjamin –

Nel corso degli ultimi decenni la storiografia, quella francese prima fra tutte, ha subito notevoli mutazioni, relative agli oggetti e ai metodi di analisi. Alla base di tale “rivoluzione”, si può collocare, per quanto possa sembrare paradossale, il pensiero trainante, diverso e trasversale, di un filosofo: Michel Foucault.
Il nostro intento, a partire dal presente capitolo , sarà quello di analizzare l’idea di storiografia, in particolare, attraverso le molteplici suggestioni forniteci dalle “Annales”, confrontando queste ultime con le idee innovative, che Foucault introduce nel pensiero contemporaneo, sconvolgendo i canoni e i modelli stessi del fare storia: «modello che ha favorito, o provocato, una vera e propria svolta nella storiografia contemporanea; una svolta che non ha riguardato soltanto la storiografia filosofica, sulla quale si potrebbe persino dire ha avuto una influenza limitata, e, in ogni caso, decisamente inferiore rispetto a quella avuta sulla storiografia, per così dire, degli storici, nella quale ha introdotto una serie di soggetti nuovi, di campi di indagine ad essa fino a ieri praticamente estranei». Lo stesso affermava che: «i non storici, i filosofi, primo fra tutti il più brillante e amabile tra loro, Michel Foucault, erano i soli a parlare della storia col massimo slancio».
Preme sottolineare che Foucault parla per la prima volta di “Storia”, praticandola, nel corso di un lungo e contraddittorio testo sulla follia: una storia degli emarginati, degli esclusi, di coloro che non hanno voce.
La scelta, scomoda e inusuale, di questi soggetti mette inevitabilmente in gioco non la storia in sè, ma “diverse storie” che coinvolgono diversi campi del sapere. Tutto questo ci porterà a un confronto rapido con il concetto di storia in G. Vico, in W-G Hegel, in F. Nietzsche e in K. Marx con i relativi punti di connessione e di snodo con l’intero apparato storico articolato dal filosofo francese, che si divide, a sua volta, tra «dinamicità dell’emergenza storica e immutabilità del tragico».
Attraverso l’analisi del concetto di storia cercheremo di porre le basi per gli eventuali sviluppi, concentrandoci in particolar modo su quella linea fragile e sottile che oltrepassa il tragico, senza mai superarlo completamente: «oltrepassare la linea del tragico tenendosi in equilibrio sul limite della dialettica è stata per Foucault, anzitutto un’esigenza, un bisogno da difendere con forza e con ogni mezzo: con la “trasgressione” esemplificata dall’opera di Bataille e con l’alterità del “fuori” nel quale immerge quella di Blanchot, con il grido in cui sfocia l’esperienza linguistica di Artaud o con la proliferazione dei simulacri negli scritti di Roussel e di Klossowski».
È il “pensare diversamente” che farà da filo conduttore a questo nostro scritto che non si pone obiettivi predeterminati ed esaustivi, ma solo di tracciare le linee di possibili e nuovi scenari entro cui riuscire a pensare e dare parole al possibile/impossibile, che si esteriorizza attraverso un “grido di protesta” non più celato, o sussurrato tra i denti, verso un potere assillante e limitante, di cui la storiografia “tradizionale” è uno degli strumenti.
È il “pensare diversamente” che farà da filo conduttore a questo nostro scritto che non si pone obiettivi predeterminati ed esaustivi, ma solo di tracciare le linee di possibili e nuovi scenari entro cui riuscire a pensare e dare parole al possibile/impossibile, che si esteriorizza attraverso un “grido di protesta” non più celato, o sussurrato tra i denti, verso un potere assillante e limitante, di cui la storiografia “tradizionale” è uno degli strumenti.
Sarà quindi la “follia”, intesa come unico spazio libero del possibile, perché mai in equilibrio con le istanze di ordine e di potere, a condurci per mano verso tragitti spesso tortuosi, non chiari ma in qualche modo percettibili tra i diversi pensieri e approcci del fare storia. Ecco perché nel primo capitolo ci occuperemo proprio delle “Annales”, perché riteniamo di intravedere in esse un decisivo mutamento di paradigma nel fare storia, a confronto con le scienze sociali, sottolineando come essa sia un prodotto non scindibile da conflitti sociali e politici, che riguardano anche le piccole rivoluzioni portate avanti dai singoli, dai solitari, dagli esclusi, che non si richiudono in una storia individuale ma al contrario assumono una valenza sociale e universale.
La storia in realtà, diviene la storia dei non ascoltati – direbbe Benjamin – dei vinti.
Allora occorre chiedersi se, per dare voce, a chi ha sempre dovuto tacere, non sia il caso di valorizzare la metodologia praticata dai “nuovi” storici in connessione con l’analisi e la critica del nodo sapere/ potere di Foucault.
La prima risposta immediata investe il potere, questa volta osservato con gli occhi di chi da tempo immemorabile è stato condannato alla cecità, per cui ci sembra acuta in tale senso l’annotazione di Deleuze: «si tratta di “sdoppiare” il rapporto delle forze rapportandole a se stesse affinché si possa resistere, sottrarci, ritorcere la vita o la morte contro il potere. Questa è per Foucault l’invenzione dei greci».
Alessia Niger, Storia e e follia in M. Foucault: a partire dalla Storia della Follia, Tesi di dottorato, Università degli Studi della Calabria, Anno Accademico 2008/2009

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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