Lingueglietta, Frazione del Comune di Cipressa (IM)

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Lingueglietta prende il nome da un antico Casato.
Si riportano in merito qui di seguito alcune scarne informazioni desunte da Cultura-Barocca:
I DELLA LENGUEGLIA (anche detti Linguilia, Lingueglia, Linguiglia, della Lingueglia) costituirono una casata discendente dalla MARCA ALERAMICA derivando verismilmente dal marchese di Saluzzo Bonifacio.
Il figlio di questi ANSELMO I, altrimenti detto ANSELMO DI QUADRAGINTA (dal sito rurale pressoché insignificante su cui sarebbe in seguito evoluto il centro piemontese di CUNEO) fu in seguito investito dal vescovo di Albenga Odone del compito di esigere le decime in diversi territori della antica DIOCESI INGAUNA.
L’imperatore FEDERICO I, quindi, verso il 1162 ratificò per BONIFACIO figlio di ANSELMO il possesso delle terre e lo investì del titolo di CONTE, cui risultarono soggette trentuno località fra cui si annoverano terre di Lengueglia  (n.d.r.: Lingueglietta, per l’appunto) – in antico Vinguilia presto eletta a capitale della signoria feudale -, Pietrabruna, Castellaro, Pompeiana, Bussana, Boscomare ed altri luoghi ancora, specialmente disseminati nella Valle dell’Arroscia.
Il 16-IX-1233 ANSELMO DELLE LENGUEGLIA prestò atto di fede a Genova a suo nome, del padre Bonifacio e del parente Giacomo di Casanova e tra le terre citate compare pro eo quod habemus in nesalego et in lavina et in linguilia et castellario: alla villa agricola di Pompeiana corrispondeva il castrum militare del Castellaro.
Con questo centro Pompeiana fu legata ai Linguilia (che a lungo accamparono diritti su Villaregia) e poi ai loro successori (Gentile-Spinola), che tennero abitualmente corte in Castellaro, che per questo godette dei privilegi sin a quando dal 1797-8 le due Comunità (dette anche Università), prima nominate (insieme col Conio) “li Feodi”, vennero scisse per dar vita ad autonome Municipalità.
A BONIFACIO II figlio di ANSELMO II, nel contesto della divisione del feudo (26-XI-1287), toccò quindi la CASTELLANIA DI GARLENDA E CASANOVA (e per siffatta ragione i suoi figli Emanuele, Filippo, Giacomo e Corrado assunsero l’epiteto di GARLENDA, previa investitura del 1311 ad opera di Enrico VII) mentre al fratello GIACOMO giunse la CASTELLANIA DI MAREMOLA E VELLEGO.
Nel 1402, Manfredo dei nobili di Linguelia per mezzo del suo procuratore, il genovese Pietro Italiano, presta fedeltà a Carlo VI di Francia nella persona del suo maresciallo Bonciquat, di fatto vero padrone della Repubblica di Genova: lo strumento di procura risulta redatto in Castellaro a nome di Manfredo de Linguilia dei consignori di Castellaro della Riviera Occidentale. Vedi B. DURANTE, Cipressa, in “Riv. Fiori”, XXVII (1984), 3-4, passim: Castellaro, come detto, ebbe vantaggi da questo stato di cose, ma le condizioni esistenziali degli umili, pusilanimes, erano uguali a quelle degli abitanti di Pompeiana; ritenuto, però, corte e castello militare fu gravemente punito nel 1341, quando il suo fortilizio venne fatto demolire dal Doge Simone Boccanegra per aver i Linguilia cospirato contro Genova (G STELLA, Annali genovesi, Genova, 1972, XI, II, p. 40): i nobili ripresero i loro diritti dopo varie umiliazioni e attestati di fedeltà a Genova (M. DE APOLLONIA – B DURANTE, Castellaro, in “Riv. Fio.”, XXV, [1981], 11-2, p. 6).
Il Bruzzone (I Della Lengueglia a Cosio d’Arroscia fra cinque e seicento in “Riv. Fio.”, 1991, 6, pp. 42 sgg.) ci rammenta che “gli ultimi secoli dell’evo medio…sono i più gloriosi per la casata. Essa nella nota riforma degli albergi della Serenissima Repubblica di Genova fu ascritta sotto gli Imperiale”.
Nell’età intermedia i Lengueglia risultarono invece ridimensionati ed i loro feudi erano localizzati nell’entroterra ligustico, spesso costituiti ca minimi centri rurali ove i residenti lottavano giornalmente contro l’avarizia e la ristrettazza dell’ambiente naturale.
A metà del XV secolo i Lengueglia avevano sì ottenuto dal Marchese di Monferrato Somano ed erano stati abbastanza abili da farsi reinvestire di particolari possessi sia dall’Imperatore che dalla Repubblica, di Genova.
A siffatte acquisizioni non corrispondeva però un dominio di fatto: più che altro spiccava la formalità dei possedimenti e peraltro il consistente numero dei componenti della famiglia, tutti compartecipi dei feudi, rendeva fruibile un ben limitato reddito.
Nel medioevo la casa feudale si era evidenziata fra la nobiltà guerriera di Liguria per l’inconsueta sofisticatezza esistenziale che faceva spiccare la corte di Lengueglia ove si tenevano banchetti e feste, con il contorno di trovatori ed artisti: la commemorazione delle imprese dei crociati non erano quasi più proponibili a fronte della quotidiana, banale e nello stesso tempo essenziale pragnmaticità del più moderno tipo sociale di vita.
L’attivismo dei Lengueglia aveva ormai preso ad imbattersi con la burocratica prassi di amministrazione delle varie comunità, con l’inevitabile gestione di mercati e mercanti, con le prosaiche ma basilari necessità dei “sudditi” spesso arrabbiate davanti alle lungaggini (ed incompetenze) amministrative.
A fronte del graduale oblio del mito imperiale, cui i Lengueglia come casata feudale erano pur sempre legati sotto il profilo ideologico, comparivano l’espansionismo e le invadenze tanto della la Repubblica che del duca di Savoia.
Il motto del blasone COELO & ARMIS risultava ampolloso, retorico e persino disdicevole di rimpetto alle tante meschinerie che i Lengueglia dovevano patire da potenti vicini o di cui si dovevano occupare per sopravvivere Da questo grigiore esistenziale parecchi componenti dell’antica, nobile famiglia riuscirono comunque ad emergere.
Può rammentarsi la via intellettuale e letteraria intrapresa dal somasco Gio Agostino (1608- 1669) somasco oppure l’impegno militare e cavalleresco oltre a quello della vita religiosa.
Vari Lengueglia risultarono ascritti al Sovrano Ordine di Malta e tra costoro si rammenta il Commendatore Carlo fratello del citato Gio Agostino. Altri Della lengueglia fuggiti dall’anonimato per loro diverse qualità si possono ricordare Alfonsino che, per l’Ordine, svolse il ruolo di insegnante a Genova nel 1358 (seguito nella stessa professione da Stefano – 1365), Anselmo priore della commenda di S. Giovanni di Pre (1366) , Filippo priore di Lombardia (1400), Giacomo che entrò nell’Ordine verso il 1529, Aleramo che fu priore di Pisa, Barletta, Messina per poi diventare ammiragiio deli ‘Ordine, Francesco (1558) ed altri personaggi ancora.
Come cavalieri dell’Ordine di S. Giovanni, i Lengueglia dovevano chiedere al Gran Maestro la facoltà di poter giurare fedeltà alla Repubblica, qualora fossero stati investiti di feudi, come Marcantonio.

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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