Lo sperimentalismo è attivo in Seborga anche prima del “Figlio di Caino”

In alcune interviste, parlando di Guido Seborga <1, Edoardo Sanguineti lo ha chiamato «neorealista irregolare», o «sperimentalista “ante litteram”» <2.
Analizzando i romanzi dell’autore piemontese, ligure d’adozione, si può accertare come in effetti la sua prosa sia in parte afferente a una tradizione narrativa di stampo, se non neorealista, quantomeno realista <3, ma in parte anche aperta alle innovazioni, allo sperimentalismo, legata a retaggi d’avanguardia <4.
[…] Tra i francesismi, sono degni di nota i plurali camions (FC VIII 84, ER I 203, 295) e réclames (ER I 203, ER II 277). Per quanto riguarda réclames, il plurale evidenziato dalla s è nella prosa “Il paese morale di Jahier”, apparsa su «La Voce», 5 sett. 1912: «ora m’inseguono ovunque le réclames delle compagnie» <5.
Tra gli anglicismi, blues jeans è scritto blues gins: «[…] pantaloni neri o nelle giornate meno fredde i blues gins […]» (ER II 235-6). Le oscillazioni di blues jeans, a quest’altezza cronologica, sono tollerabili, come dimostra un recente studio di Alberto Sebastiani, corredato di molte citazioni letterarie, delle quali ricordo soltanto, per contiguità cronologica a “Ergastolo”, quelle da “Le piccole vacanze” di Alberto Arbasino (blue geens), “I viaggi, la morte” di Carlo Emilio Gadda (blue-jeans), “Un amore finito male” di Alberico Sala (bleu-jeans) e “Poesia in forma di rosa” di Pier Paolo Pasolini (blu-jeans) <6.
Apparentemente, Seborga ha qualche disagio sulla voce clakson: «Un clakson suonò; allora gli operai fischiarono […]» (ER I 173). Però, la forma contenente il grafema k è accettabile, ove si pensi p. es., ancora per contiguità cronologica a “Ergastolo”, a “Poesia in forma di rosa” di Pier Paolo Pasolini: «al suono di clakson delle macchine | dei miti dominatori, un giovane arabo, | coi blu-jeans e la magliuccia bianca» <7.
Degno di nota è anche néon in grafia francesizzante – «Andavano per i vicoletti illuminati dalle luci al néon» (ER II 247) – abbastanza insolita per l’italiano. Al contrario, l’esotismo teck ‘tek’ – «mai tanti tronchi di mogano o di teck» (ER III 315) – segue una grafia diffusa nel primo Novecento, attestata p. es. anche in “Ragazzo” di Piero Jahier: «Sa le tre lingue del mare: l’inglese, lo spagnolo, il genovese; sa fare una cassa di teck, di pitch-pine, tutta legata a coda di rondine, senza un chiodo» <8.
Qualche appunto sulla grafia delle parole dialettali: in “Morte d’Europa”, c’è una frase completa in dialetto bordigotto: «Ki aves’se trouvaou ina crava masch’iu» (ME VIII 71), che impiega il grafema k, estraneo alla lingua italiana. È estraneo alla lingua italiana anche il grafema x in cornixotto ‘corniglianese’: «Anche il più vecchio e tradizionale “cornixotto” non rimpiangeva altre epoche» (ER II 222).
Anche i dialettalismi sono scritti in tondo, mai in corsivo.
[…] 2.3 Morfologia
È chiaro che, se si considera tutta la serie dei romanzi, l’italiano di Seborga rientra senza dubbio nell’italiano standard o dell’uso medio.
Guardando ai pronomi, si nota la supremazia di lui soggetto su egli soggetto, che rappresenta una sicura novità morfologica dell’italiano novecentesco. Tuttavia, la maggioranza di lui soggetto, almeno all’inizio della diacronia dei romanzi seborghiani, è abbastanza risicata.
Se si esamina il testo di “Camporosso”, si notano 99 casi di egli soggetto contro 117 casi di lui soggetto, 33 casi di ella soggetto contro 10 di lei soggetto, 6 casi di essi soggetto contro 4 di loro soggetto. Lui è prevalente, ma non di molto, rispetto a egli, e lei è ancora in posizione minoritaria rispetto a ella.
Guardando agli avverbi, benché si tratti di forme sostanzialmente intercambiabili, darei conto della presenza, nei primi due romanzi, in luogo di dove, della forma ove (UC III 27, UC V 42, UC VI 50, IN VIII 115), non poetica, ma se non altro «propria dell’uso scritto e sorvegliato» <12.
3 Lessico
Iniziamo a parlare del lessico, che non è certo la parte più sperimentale della lingua di Seborga; dal punto di vista del lessico, infatti, ha validità generale, per tutti i romanzi, quello che Pier Luigi Ferro ha scritto de “Gli innocenti“: nel corpus romanzesco, Seborga usa un linguaggio semplice, «che nella sua sostanza lessicale appare neutro, privo di asperità come di fronzoli o di forme che rendano il parlato» <13.
3.1 Forme letterarie
Le forme letterarie sono rare. Abbiamo festevole – «Le prime scialuppe vennero verso riva cariche di marinai in divise festevoli, che si spersero nelle viuzze del paese» (UC III 29) – usata anche da Alvaro <14; le già citate ebbro o ebro (cfr. par. 2.2), meriggio (UC I 9, UC XIII 101, UC XIV 118, XIX 189); umidore – «sapeva che se fosse entrato lo avrebbe colto uno strano umidore, come un’atmosfera di tomba» (UC IV 32) – usata da Jahier e Alvaro <15.
Come si vede, le forme letterarie non sono solo occasionali, ma quasi esclusive de “L’uomo di Camporosso”; come detto, Seborga si sta allontanando dall’esperienza lirica e cerca di adeguare alla prosa una lingua poetica conquistata in precedenza; nel processo di trasferimento, è plausibile che alcune forme letterarie, proprie della poesia o della prosa lirica, trovino posto in un lessico per il resto molto scabro.
3.2 Forestierismi
I forestierismi includono quasi soltanto francesismi e anglicismi; si tratta perlopiù di prestiti integrali.
Tra i francesismi, citiamo camion e réclame, interessanti per la grafia dei plurali, e già trattati nel par. 2.1, e aggiungiamo taxi, oscillante tra la forma adattata e la forma integrale – «Non avrebbero preso il tassì» (ER I 164); «“Prendiamo un taxi – disse ad Irene – ti accompagno a casa.” | Ma di taxi non se ne vedevano, occorreva incontrarne uno per caso. | […] E il greco: “Se volevamo un tassì perché non ce lo siamo fatto venire dal locale […].”» (ER I 217) <16.
Tra gli anglicismi: abbiamo blues gins e clakson, già citati per la grafia nel par. 2.1, e anche night ‘night club’ (ER II 245, ER II 295).
Tra gli esotismi, abbiamo teck ‘tek’, già citato per la grafia nel par. 2.1.
È rilevante che i forestierismi si addensino in “Ergastolo”; Seborga se ne avvantaggia per raffigurare una Genova brulicante di voci dissonanti, per rendere l’idea di una società cosmopolita.
3.3 Regionalismi e popolarismi
Sempre in “Ergastolo”, ma in misura minore anche ne “Gli innocenti”, l’attenzione di Seborga verso gli strati inferiori della popolazione si traduce anche nell’uso di regionalismi e popolarismi. Anche qui, si tratta di brevi cenni, svelte coloriture lessicali, a bassa frequenza.
Tra i regionalismi, troviamo gotto ‘bicchiere’ – «ordinò pesci, formaggio, e tanti gotti di rosso infilati uno dopo l’altro» (ER I 203) – usato anche dal Jahier di “Con me e con gli alpini” con scarto «caricato d’affetto» verso la lingua
madre <17; guappo ‘teppista’ – «Anche i guappi potevano fare al suo caso» (ER I 245) – palanca ‘denaro’ (ER I 163, ER I 214) – e infine rigòla ‘canale di colaggio’ – «rigòla di ghisa liquida» (IN I 46) <18.
Oltre che di regionalismi, il linguaggio di Ergastolo è venato di dialettalismi. In aggiunta a quelli già indicati nel par. 2.1, citiamo belino – «“Hai già qualcuna che ti mena il belino…”» (ER III 309) –, carrugio (ER I 174, ER I 176) o carugio (ER I 208), imbelinare – «“Mio padre che vita; e l’hanno imbelinato» (ER I 163) – mussa ‘ragazza’ – «bella mussa torna pure domani» (ER II 295) – attestata specialmente nella forma alterata mussetta (ER II 270, 273, ER III 320, 321), nescio (ER I 179, ER I 197, ER I 212) e infine sbira ‘trippa alla ligure’: «“La sbira calda è pronta!” Ora avrebbe mangiato la zuppa di brodo di trippa, trippa e formaggio e pane tagliato a fette» (ER II 235).
A tali voci, tutte di area ligure, si possono aggiungere, le locuzioni fia de bagascia – «per una fia de bagascia mica era chiara la faccenda» (ER I 210) – o figlio de bagascia – «rispondono le sirene contro il figlio de bagascia che comanda» (ER III 304) – e figieu de anima – «Ma quel Giovanni era proprio un figieu de anima» (ER II 259).
3.4 Popolarismi
Tra i popolarismi, collocherei bruciato ‘disilluso’ – «un bruciato come li chiamavano adesso» (ER II 225) –, grana ‘denaro’ – «“Al più presto, ma andiamo a mangiare, Giovannino, questa mattina mi ha slungato la grana.”» (ME V 49) –, leggera ‘miseria’ – «ricordò di aver visto in paese un piccolo circo, quello che i paesani chiamano “della leggera”» (UC IV 36) –, scrollino – «Un uomo anziano che conosceva tanta vita passata: “Tirano il colpo di farci ritornare al tempo dello ‘scrollino’.”» (ER I 191) + 1 occ. (ER III 317) <19 e infine slungare (ME V 49).
Tra i volgarismi, abbiamo fottere – «speriamo che questa fabbrica vada a farsi fottere» (IN IV 73) – e puttana (UC II 23, UC IX 68, UC X 75, UC XVII 173).
Le voci regionali e popolari, ancorché rare, sono presenti in tutto l’arco dei romanzi, da “Camporosso” (flebili), a “Ergastolo” (più sonore), ed esprimono la lunga fedeltà di Seborga ai suoi innocenti, personaggi di un’umanità
umiliata. Sull’importanza del dialetto per Seborga, Ferro cita giustamente una pagina dal diario, “Occhio folle occhio lucido”: «[…] faccio parlare i miei innocenti, quando ero con loro mi stupivo che molte volte sapevo già prima le
parole che avrebbero pronunciato. Il dialetto procede a cadenze a ritmo libero e alterno, rassomiglia al suono d’onda» (OF 30) <20.
3.5 Parole concrete
Nella lingua di Seborga troviamo punte genericamente realistiche, parole precise e concrete, alcune avvicinabili al linguaggio bellico-militare, altre a quello, per così dire, dell’attualità (indicatori di modelli di automobili, oggetti o argomenti quotidiani). Tra essi, citiamo bocca di lupo ‘pozzetto chiuso da un’inferriata, applicato alle finestre delle celle carcerarie’ – «Ma rispondono le bocche di lupo, rispondono le sirene contro il figlio de bagascia che comanda» (ER III 304) –, borsanera – «Già da bambino durante la guerra aveva imparato a far la borsanera» (ER I 167) –, borsaronero – «Mario Testi cominciava a pensare | che anche la vita del borsaronero | aveva i suoi terribili rischi» (FC V 56) –, gippone ‘grossa gip’ (ER III 316, ER III 319) –, giulietta ‘modello di automobile’ (ER II 236, ER II 238) –, lambretta (ER II 236, ER II 237), napoletana ‘tipo di caffettiera’ (ER I 166, ER II 238), nazionale ‘tipo di sigaretta’ – «fumarsi una “nazionale”» (IN XI 148) – e infine sopraelevata: «“Ho sentito dire che faranno la strada sopraelevata qui, proprio sulla nostra testa”» (ER II 241) «Oppure forse se avessero costruito la sopraelevata» (ER II 244) +1 occ. (ER III 302) <21.
[…] 4.2 Sintassi
In “Camporosso”, Seborga adopera (con molta parsimonia) anche qualche forma del parlato; ne fornisco due esempi: «o anche al sabato quando c’era sufficienti quattrini» (UC I 14), mancato accordo tra verbo singolare e soggetto plurale posposto al verbo, tratto dell’italiano parlato (soprattutto nella varietà bassa settentrionale) <29; poi: «non venne più a capo di nulla; ci stette a pensare lungamente ma non venne più a capo di nulla» (UC II 23), ripetizione o ridondanza tipica del parlato; sono segni di discorso (o di pensiero) riportato: il narratore narra in terza persona, ma quando entra nella testa del personaggio ricorre giocoforza anche ai tratti del parlato.
A parte questo, la sintassi sembra il lato più sperimentale della lingua di Seborga: già da “Camporosso” si presenta molto ritmica, ossessiva, ma anche interpuntivamente libera, quasi impressionistica. Già nell’incipit di “Camporosso” – «Quinto costretto al lavoro non vedeva nulla intorno a sé […]» (UC I 9) – si nota l’assenza di virgola dove potrebbe essere impiegata per segnalare un inciso; si nota ancor di più nelle serie di aggettivi, binarie o ternarie, che ricorrono in tutti i romanzi: «[…] sacchi di sabbia che stavano grossi polverosi […]» (UC I 9), «la vecchia torre spessa pesante alta» (ME III 39); sono serie di aggettivi tipiche della prosa d’arte, che Seborga usa soprattutto nelle descrizioni, non per mero abbellimento stilistico, ma a scopo impressionistico. A volte hanno anche una funzione narrativa, p. es.: in “Camporosso”, prima di ribellarsi, Quinto vede un cielo «azzurro terso delirante» (UC XIX 190), serie senza virgole; dopo la ribellione, lo stesso cielo diventa «terso, azzurro, delirante» (UC XX 202), medesimi aggettivi, ma in serie coordinata con le virgole: l’aggiunta delle virgole accompagna la presa di coscienza di Quinto: con la virgolatura, il dato naturale è ripreso più precisamente, in modo più definito, come riconsiderato con occhi nuovi, perché Quinto ha acquistato una nuova consapevolezza esistenziale <30.
Altrove, i tratti sperimentali emergono con più forza, diventano quasi parole in libertà: «“Re duce re duce generali guerra guerra Etiopia giustizia sociale rivoluzione”» o «Duce proprietà famiglia nazione» (UC III 29), messaggi da una radio fastidiosa che parla futurista, in modo appropriato, perché il futurismo è connivente al potere, come la voce trasmessa <31.
Nel prosieguo dell’opera, troviamo la parola «miserere» (UC XIV 122), o la frase «“Fate l’elemosina ai poveri”» (UC XIV 125) isolate dal corpo del testo; quando Quinto si imbatte in una parola o in un messaggio scritto che non capisce e vuole focalizzare, Seborga usa artifici grafici, dispone il testo in modo sperimentale. Si vedano anche le frasi inneggianti al duce sui quaderni scolastici, o l’incipit della cartolina di richiamo alla milizia, staccato dal testo e in maiuscoletto: «In Nome Di Sua Maestà Il Re» (UC XIX 183); Seborga usa questa disposizione testuale per significare lo sforzo di Quinto nel concentrarsi sulla lingua scritta, e la violenza dei messaggi del clero e del regime sulla popolazione.
Quindi, lo sperimentalismo è attivo in Seborga anche prima del “Figlio di Caino”, dove l’assenza di punteggiatura e l’a capo programmatico donano al romanzo sussulti formali e ritmici che sublimano la prosa, e la rendono più simile a un nuovo genere di poesia minimalista.

  1. Conclusioni
    In conclusione, mi sembra che la lingua dei romanzi di Seborga si sviluppi intorno a due poli. Da un lato, c’è il lessico, blandamente interessato da fenomeni non lontani dalla creolizzazione linguistica tipica della prosa neorealista: Seborga è attento alle parlate degli strati sociali umili, alle voci popolari, dialettali e regionali, ma anche ai settorialismi (di spicco quelli metallurgici in “Innocenti” ed “Ergastolo”). Il lessico è la parte più tradizionale del progetto narrativo, benché anche qui affiori qualche accenno avanguardista, qualche neoformazione suggestiva. Dall’altra parte, a mostrare il lato più sperimentale della prosa di Seborga, troviamo la sintassi, volutamente libera, caratterizzata da vuoti interpuntivi che danno alternative ritmiche al narrato: si va da semplici accumulazioni di aggettivi prive di virgola, tipiche della prosa d’arte, fino all’assenza di punteggiatura e all’a capo programmatico de “Il figlio di Caino”, che prende forma di romanzo in versi.
    Alla fine dell’indagine, ci si potrebbe chiedere se Seborga sia poi così insensibile al problema della forma (il mito del menefreghismo formale, peraltro, è stato alimentato da lui stesso). Certo, Seborga sembra naturalmente avverso al labor limae, alla revisione testuale avente come unico scopo l’abbellimento stilistico (una prassi che doveva apparirgli piuttosto vuota di senso, e in odore di bellettrismo). Tuttavia, l’impressione è quella di un autore che ha coscienza e dominio dei propri mezzi linguistici, ma li applica con estrema economia; con mano salda, sicura, si limita all’essenziale. Anche a fronte di una dedizione incrollabile al contenuto, è innegabile che il contenuto, nei romanzi di Seborga, abbia sempre trovato anche la sua forma.
    [NOTE]
    1 Opere di Seborga citate abbreviatamente in sigla: UC = L’uomo di Camporosso, Torino, Spoon River, [1948¹] 2004; FC = Il figlio di Caino, Torino, Spoon River, [1949¹] 2006; ME = Morte d’Europa, Torino, Spoon River, [1959¹] 2009, nel vol. Morte d’Europa/Ergastolo; IN = Gli innocenti, Savona, Sabatelli, [1961¹] 2006;. ER = Ergastolo, Torino, Spoon River, [1963¹] 2009, nel vol. Morte d’Europa/Ergastolo; OF = Occhio folle, occhio lucido, Milano, Ceschina, 1968. Altre abbreviazioni: DISC = F. Sabatini, V. Coletti, DISC: Dizionario Italiano Sabatini Coletti, Firenze, Giunti, 2008; GDLI = S. Battaglia. Grande Dizionario della Lingua Italiana, Torino, UTET, 1961-2002, più Supplemento 2004 e Supplemento 2009, Torino, UTET, 2004 e 2008.
    2 Cfr. rispettivamente F. Gambaro, Colloquio con Edoardo Sanguineti: quarant’anni di cultura italiana attraverso i ricordi di un poeta intellettuale, Milano, Anabasi, 1993, p. 37, e E. M. Crestana, Colori, odori, silenzi del mare di Sanguineti, in «Le pietre & il mare: rivista delle province liguri», aprile-maggio-giugno 1995, p. 31. Sanguineti ritorna sull’argomento in un’intervista rilasciata a Stefano Verdino il 9 marzo 2004: «Lui non voleva essere definito neorealista, in realtà apparteneva chiaramente a questa corrente, perché i suoi scritti, pur rimanendo in quell’ambito, contenevano però una certa volontà sperimentale» (E. Sanguineti, Non voleva essere definito neorealista, eppure…, intervista a c. di S. Verdino, in «La Riviera Ligure», a. XV, n. 43/44, genn.-agosto 2004).
    3 Come si evince anche dalla n. 2, Seborga non si definiva neorealista; cercava i suoi maestri più indietro nel tempo, li trovava in Giovanni Verga e Corrado Alvaro, interpreti della «realtà vivente dei loro popoli» (discorso tenuto a Firenze nel genn. 1958, citato in M. Novelli, L’uomo di Bordighera: indagine su Guido Seborga, Torino, Spoon River, 2003, p. 153).
    4 Parliamo qui di avanguardia storica e in particolare quella surrealista: «giovane, Seborga fu poeticamente surrealista» (G. Cattanei, La Liguria e la poesia italiana del Novecento, Milano, Silva, 1966, p. 325); a Torino, nel giro dei pittori, Seborga e Sanguineti sono «poeti affascinati dall’avanguardia» (A. Cazzullo, I ragazzi di via Po: 1950-1961: quando e perché Torino ritornò capitale, Milano, Mondadori 1997, p. 103); e anche Biamonti dichiara: «Lo hanno influenzato più il teatro espressionista e i surrealisti» (P. Mallone, Il paesaggio è una compensazione: itinerario a Biamonti, Genova, De Ferrari, 2001, p. 58); l’amore di Guido per i testi surrealisti è rievocato anche da M. Novelli, op. cit., pp. 54-55).
    5 P. Jahier, Ragazzo-Il paese morale, cit., p. 196. Seborga aveva un’alta considerazione di Jahier: cfr. due testimonianze di Francesco Biamonti, in P. Mallone, Il paesaggio è una compensazione, cit., p. 58, e in M. Novelli, L’uomo di Bordighera, cit., p. 18.
    6 A. Sebastiani, Le parole in pugno: lingua, società e culture giovanili in Italia dal dopoguerra a oggi, San Cesario di Lecce, Manni, 2009, p. 136.
    7 P. P. Pasolini, Poesia in forma di rosa, Milano, Garzanti [1964¹] 1976, p. 168.
    8 P. Jahier, Ragazzo-Il paese morale, Torino, Claudiana, 2002, p. 71.
    12 L. Serianni, Introduzione alla lingua poetica italiana, Roma, Carocci, 2001, pp. 169-70.
    13 P. L. Ferro, La poesia tragica della realtà nel romanzo di Savona operaia, Prefazione a Gli innocenti, ed. cit., p. 26).
    14 Alvaro la usa in La cavalla nera, in Settantacinque racconti: «[…] un suono lungo e festevole […]» (Romanzi brevi e racconti, p. 142); la usa anche l’Alvaro giornalista, su «La Stampa», 20 luglio 1937: «In tutto questo viaggio non ho sentito una sola parola che non avesse un suono festevole» (C. Alvaro, Scritti dispersi: 1921-1956, introduzione di W. Pedullà; a cura e con postfazione di M. Strati, Milano, Bompiani, 1995, p. 548).
    15 Jahier la usa in Ragazzo: «e ogni muro sputa umidore» (P. Jahier, Ragazzo-Il paese morale, cit., p. 43); Alvaro in “Cioccolata, sigarette”, in Settantacinque racconti: «[…] le labbra riprendevano il loro umidore […]» (Romanzi brevi e racconti, cit., p. 434).
    16 Alvaro, su «L’Italia Letteraria», 14 apr. 1929, usa la forma non adattata: «Pirandello arrotola il manoscritto, se lo caccia in tasca, si precipita all’appuntamento, stretto in un piccolo taxi, nella giornata morbida di neve d’aprile» (Scritti dispersi, cit., p. 218).
    17 D. Colussi, La parola difficile: aspetti della lingua di Jahier, in F. Giacone (a c. di), Resultanze in merito alla vita e all’opera di Piero Jahier: saggi e materiali inediti, Firenze, Olschki, 2007, pp. 175-204: 192.
    18 Secondo il GDLI, rigòla ha il significato di ‘piccolo fosso scavato sul margine di una strada’, ed è attestato nel Nòvo dizionario universale della lingua italiana di Policarpo Petrocchi; la voce è giunta agli Innocenti di Seborga probabilmente dal fr. rigola ‘fosso di scolo’ (etimologia segnalata nel GDLI); lo potremmo considerare un regionalismo prestato a un linguaggio settoriale, siderurgico nella fattispecie; è un fenomeno confrontabile con quelli del linguaggio di Faussone, protagonista de La chiave a stella di Primo Levi, testimonianza storica dell’esistenza di una lingua degli operai, un italiano regionale commisto a settorialismi.
    19 Questa voce, per quanto mi consta, è attestata solo in Seborga, e si riferisce alla consuetudine, da parte dei datori di lavoro, di contrattare il prezzo d’ingaggio dei salariati mettendo sul piatto rapporti sessuali con le loro sorelle; alla base della voce c’è probabilmente una sfumatura volgare.
    20 Lo stralcio del diario è citato in P. L. Ferro, op. cit., p. 40.
    21 Il DISC data il sostantivo avanti il 1970; si tratta della sopraelevata di Genova, inaugurata nel 1965, ma chiaramente in vita, nella lingua d’uso, già nel ’63, anno di uscita di Ergastolo; quindi, in base al testo seborghiano, si potrebbe attuare una piccola retrodatazione.
    29 M. Berretta, Morfologia, in Introduzione all’italiano contemporaneo: le strutture, a cura di A. A. Sobrero, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 193-245.
    30 Cfr. Gli innocenti, Milano pensa a «Matteo Giovanni Flico» (IN viii 118), Matteo pensa a «Flico Milano Giovanni» (IN xi 147); l’assenza di virgola crea indistinzione: i protagonisti sono evocati come un’entità unica, sono aspetti di
    una stessa situazione esistenziale.
    31 Cfr. anche un altro esempio di messaggio scritto in stile parolibero, in Morte d’Europa: «Viaggio Angelica Viaggio Angelica | rapire rapire rapire» (ME vi 57).
    Andrea Tullio Canobbio, La lingua nei romanzi di Seborga, (2009), Academia.edu

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.