Nel primo Magrelli la ricerca e l’uso di una lingua chiara e trasparente

Al centro esatto del libro di esordio dell’allora ventitreenne Valerio Magrelli, “Ora serrata retinae” <1 (Feltrinelli, 1980), si trovano due componimenti molto significativi che, per mantenerci all’interno della metafora nautica <2 con la quale si chiude la raccolta («con l’ultimo cabotaggio si conclude / questa passione geometrica» [OSR 99]), rappresentano il giro di boa del tragitto circolare che il poeta descrive. Ad accomunare i due testi “Ecco la lunga palpebra della donna” [51] e “Questa pioggia di cenere” [55]) è la presenza della pioggia, fenomeno naturale al quale l’io poetico attribuisce un valore negativo, in quanto elemento di disturbo. Nel primo componimento, infatti, ad essa segue l’immagine dell’arcobaleno (nel quale il poeta vede la «palpebra della donna») che illumina il pensiero «dopo la pioggia»; nel secondo, invece, una «pioggia di cenere» che cade nei cortili «fa sembrare i lenzuoli / lapidi», evocando immediatamente, nel soggetto poetico, un sentimento di morte.
Per comprendere il significato di queste due poesie, nell’economia generale del discorso che Magrelli svolge in OSR, occorre prima soffermarci brevemente sull’analisi del campo dei temi del libro e su quella della sua struttura.
Come afferma l’autore stesso <3, il titolo “Ora serrata retinae” «è un’espressione del latino scientifico <4 […] [che] si potrebbe tradurre bene come “linea di confine della percettività”». La maggior parte delle poesie della raccolta, infatti, ruota attorno al rapporto fra percezione, corporalità ed esistenza. Sulla scorta della filosofia empirista di Berkeley <5 (una delle letture fondamentali del giovane Magrelli), unico riferimento culturale esplicitato in OSR [18], nonché l’unico nome proprio presente nella raccolta, l’io poetico fa dipendere l’esserci “hic et nunc” delle cose, la propria esistenza e quella delle persone e degli oggetti, dalla propria percezione soggettiva (in tale prospettiva vanno letti i frequenti riferimenti al cervello come organo concreto e al pensiero come attività astratta). Fedele al principio berkeleyano “esse est percipi”, Magrelli concepisce la realtà come un insieme di corpi che, in quanto tali, possono essere percepiti e possono dunque esistere nella interiorità dell’io poetico, divenendo «manifestazione del pensiero, frutto della mente-spirito» <6.
Allo stesso tempo, tuttavia, l’autore si dimostra consapevole dei limiti e delle insidie di un tale sistema, che rischia di condurre il soggetto ad una chiusura nel solipsismo <7 («il dubbio del solipsismo / in fondo è cosmologico: / come è possibile, / nell’ingranaggio lento dei pianeti, / essere il sole e riceverne la luce. […] Nulla di simile è dato in natura» [86]), e, paradossalmente, ad un distacco da se stesso <8.
Di conseguenza Magrelli inserisce all’interno del discorso l’altro grande tema di OSR: il sonno <9. Lo stato di non-veglia, infatti, segnando un momento di sospensione della normale attività percettivo-conoscitiva, rappresenta l’elemento perturbante per eccellenza dell’io poetico, che, di volta in volta, sente sprofondare il proprio mondo razionale in un baratro di non-conoscenza. Si veda ad esempio la poesia che apre la raccolta: «molto sottrae il sonno alla vita. / […] La mente sottratta a se stessa / si ricopre di palpebre. / E il sonno si allarga nel sonno / come un secondo corpo intollerabile» [7]. Sul confine frastagliato che separa questi due macro-poli (il dormiveglia <10 ), nasce per Magrelli l’attività della scrittura, intesa, appunto, come attività liminale che, per non sprofondare negli abissi dell’inconscio <11, richiede il controllo costante della mente logico-razionale.
Questi elementi determinano nel primo Magrelli la ricerca e l’uso di una lingua chiara e trasparente, che si dimostra lontana tanto dagli sperimentalismi della neoavanguardia quanto dalla commistione dei registri propria delle poetiche della crisi della lirica (nell’Introduzione abbiamo parlato dell’importanza, in tal senso, di “Satura”). L’io poetico di OSR sembra attribuire alla scrittura una sorta di funzione di argine, di diga: il suo compito è quello di contenere, o meglio, mantenere fuori gli elementi perturbanti che provengono dal mondo esterno e tentano di penetrare nella sfera privata del soggetto. Può capitare, tuttavia, che il controllo del pensiero razionale, inavvertitamente, venga meno: è emblematico il fatto che l’io monologante si dedichi alla scrittura proprio nelle ore notturne, nel breve lasso di tempo che separa la veglia dal sonno, e in cui, a volte, veglia e sonno si sono già confusi («non ho un bicchiere d’acqua / sopra il letto: / ho questo quaderno. A volte ci segno parole nel buio / e il giorno che segue le trova / deformate dalla luce e mute» [40]). Come vedremo in seguito, questi elementi perturbanti sono i primi segnali dei cambiamenti che interverranno nella ricerca poetica di Magrelli negli anni e nelle opere successive.
Tornando a OSR, possiamo notare come la poetica della razionalità e della sorveglianza che Magrelli persegue si riflette direttamente sullo stile: i componimenti della raccolta sono tutti brevi (10-12 versi in media), esclusivamente monostrofici, in gran parte costruiti su un’unica similitudine, sviluppata sempre in maniera lucida e coerente <12.
[NOTE]
1 Per i primi tre libri di poesia di Magrelli, Ora serrata retinae [OSR], Nature e venature [NV] (Mondadori, 1987) e Esercizi di tiptologia [ET] (Mondadori, 1992) si farà riferimento, d’ora in avanti, al volume Poesie (1980-1992) e altre poesie (Einaudi, 1996), nel quale sono stati raccolti. Nel citare i componimenti si riporterà prima la raccolta specifica dalla quale sono tratti, poi il numero di pagina del volume unico (ad es.: NV 133).
2 È un campo semantico che ricorre spesso in OSR; si vedano ad esempio le pp. 22, 45, 46, 69, 96 e 99.
3 Cfr. INGLESE 2004, p.17 che, a sua volta, riporta da Magrelli, L’enigmista e l’invasato, in Franco Nasi e Lucio Vetri (a cura di), Seminario sulla poesia, Ravenna, Essegi, 1991.
4 Così come lo sono i titoli delle due sezioni, Rima palpebralis e Aequator lentis, che fanno ugualmente riferimento al linguaggio medico, in particolare a quello oculistico (BRENNA – MAGGIANI 2009).
5 INGLESE 2004, pp. 18-20.
6 INGLESE 2004, pp. 18-20.
7 Magrelli non sembra aderire alla risoluzione nella sfera metafisica della filosofia solipsistica berkelyana, per cui sarebbe Dio, principio unico della realtà, a garantire l’oggettività della conoscenza empirica.
8 «Ruotando su me stesso ora coincido / con ciò che mi è sottratto. / Io sono la mia eclissi / la contumacia e la malinconia / l’oggetto geometrico / di cui per sempre dovrò fare a meno» [83].
9 L’autore ha affermato che «in origine il titolo [di OSR] era dedicato al sonno, era un titolo sul sonno» (BRENNA – MAGGIANI 2009).
10 In relazione a questa tematica, Inglese ha messo in evidenza l’influenza esercitata su Magrelli dal modello proustiano (INGLESE 2004, p.14).
11 Su questo punto dissento da Inglese, che, per OSR, parla di una «tecnica […] anche vagamente surrealista» (INGLESE 2004, p. 21). Per i motivi sopra esposti, la categoria di surrealismo pare tutt’altro che adatta per descrivere l’opera del primo Magrelli; si veda, inoltre, quanto dichiara l’autore stesso sull’argomento: «sul surrealismo sono più perplesso. Alcuni autori sono per me fondamentali, per primo Michaux, o certi eterodossi come Artaud e Ponge, amo meno Breton ma certi testi li trovo smaglianti, Nadja per esempio; però c’è qualcosa, nel surrealismo, che mi ha sempre insospettito» (BONAZZI 2003).
12 Per alcune poesie, invece, Afribo parla di una «rete di analogie [introdotta dalla frase iniziale] che segue fino alla fine» (AFRIBO 2007, p. 42).
Riccardo Socci, Tre poeti italiani fra Novecento e anni Zero: Valerio Magrelli, Milo De Angelis e Franco Buffoni, Tesi di laurea, Università degli Studi di Pisa, Anno accademico 2015/2016

La poesia di Valerio Magrelli, dall’esordio del 1980 alle ultime pubblicazioni, si è trasformata costantemente. Basterebbe il confronto tra un testo di “Ora serrata retinae” <1 ed uno posto in appendice a “Le Cavie” <2 per mostrare come questo cambiamento abbia interessato ogni aspetto della scrittura dell’autore: linguistico, tematico e formale. Magrelli stesso traccia brevemente il profilo di questa evoluzione nell’introduzione all’ultimo volume einaudiano: “Due sono stati, credo, i maggiori cambiamenti avvenuti frattanto nella mia scrittura: la pratica della prosa e l’impiego della strofa. Certo, scorrendo l’insieme dei sei titoli, il lettore potrà osservare un rilevante mutamento di temi, metri, registri. […] Ma, lo ripeto, da un punto di vista strettamente compositivo restano per me determinanti soprattutto la scoperta della prosa, testimoniata da ‘Nel condominio di carne’ (2003), e quella della strofa, realizzatasi con ‘Il sangue amaro’ (2014)”. <3
La «scoperta della strofa», che l’autore ritiene realizzata con l’ultima raccolta, passa anche dall’adozione di forme metriche tradizionali come la sestina e il sonetto, e comincia già all’altezza di AP con “Ecce Video”. <4 Da quel momento il sonetto sarà una presenza costante (sebbene numericamente esigua) nella poesia di Magrelli, fino al punto di essere usato come metro unico della sezione ‘Otto sonetti e cinque mail’ in “La lingua restaurata”. <5 La sua rilevanza va inquadrata all’interno del più generale impiego di forme chiuse nelle ultime raccolte (oggetto che richiederebbe una trattazione più ampia di quella concessa a quest’articolo e ad oggi assente): strutture entro le quali rimodulare una riflessione sulla realtà contemporanea, che si nutre della costante osservazione dei fenomeni e cerca di restituire il dramma di un soggetto impotente davanti alle loro pieghe più amare.
Escludendo dal nostro computo proprio “La lingua restaurata”, <6 da considerarsi parte della stessa produzione satirico-politica de “Il sessantotto prodotto da Mediaset”, <7 la popolazione sonettistica dell’autore si limita a 11 esemplari. <8 In alcuni casi è stato necessario determinare cosa considerare sonetto e cosa no, quindi stabilire quali siano le condizioni necessarie e sufficienti a identificare come tale un componimento. In questo studio, non avendo lo spazio necessario ad un’adeguata problematizzazione della questione, si è scelto di considerare come requisiti necessari il numero di versi (anche quando ripreso da modelli novecenteschi irregolari), la funzione strutturale delle rime e, in assenza di quest’ultima, almeno una partizione chiaramente ravvisabile tra fronte e sirma.
Come scrive Beltrami riguardo alla poesia contemporanea: “La forma metrica non è un dato a priori, uno strumento neutro offerto dalla tradizione, ma è il risultato ogni volta di un progetto individuale, che fa parte dell’invenzione poetica. […] scrivere un sonetto oggi, regolare o, come più normalmente avviene, irregolare, è sempre un gesto che richiama l’attenzione sulla forma, che la presenta in primo piano come oggetto poetico da prendere in considerazione. <9
Pertanto, nel descrivere la morfologia del sonetto all’interno della produzione dell’autore sarà necessario non limitarsi ad elencare le caratteristiche del singolo esemplare o a confrontarle con uno schema assunto come modello base, ma di volta in volta considerare quale ruolo gioca la scelta formale nell’economia della composizione, quali tensioni crea con gli altri livelli testuali. Inoltre, in questo studio si è data particolare rilevanza al rapporto con modelli della nostra tradizione poetica.
[NOTE]
1 Valerio Magrelli, Ora serrata retinae, ora in Id., Poesie (1980-1992) e Altre poesie, Torino, Einaudi, 1996, pp. 3-99.
2 Id., Le cavie. Poesie 1980-2018, Torino, Einaudi, 2018. La raccolta contiene le sei sillogi maggiori dell’autore e dodici ulteriori testi successivi a Il sangue amaro (Id., Il sangue amaro, Torino, Einaudi, 2014). Da ora in poi SA. Utilizzerò anche le seguenti sigle: ET = Id., Esercizi di Tiptologia, ora in Id., Poesie (1980-1992) e Altre poesie, Torino, Einaudi, 1996, pp. 217-292; AP = Altre Poesie, ora in Id., Poesie (1980-1992) e Altre poesie, pp. 295-305; DPLG = Id., Didascalie per la lettura di un giornale, Torino, Einaudi, 1999; DSB = Id., Disturbi del sistema binario, Torino, Einaudi, 2006; GSP = Id., Guida allo smarrimento dei perplessi, Messina, Carteggi Letterari – le edizioni, 2016; CV
= Id., Le Cavie, Torino, Einaudi, 2018.
3 CV, pp. V-VI.
4 AP, pp. 295-296.
5 Id., La lingua restaurata e una polemica. Otto sonetti a Londra, Lecce, Manni, 2014.
6 Definito nella quarta di copertina “libro-ornitorinco”, si presenta come organismo tripartito ma legato dall’esperienza di «cecità» del poeta a contatto con una lingua altra e non posseduta in profondità. La sezione dei sonetti tenta di tradurre in versi una lotta per l’appropriazione di essa, che prenderà la forma di un lavoro di artigianato «sentimentale» paragonabile al restauro della tela settecentesca narrato nelle poesie e nelle mail. Considerati a sé, i testi offrono alcuni spunti quali l’uso del sonetto come «briglia» per domare una lingua refrattaria, la riflessione sulla traduzione tradimento accennata nel sonetto di Adam Elgar e l’uso di questa forma come «proposta colloquiale […] individuo metrico candidato all’aggregazione testuale con altri suoi simili» (Guglielmo Gorni, Metrica e analisi letteraria, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 68), riconducibile qui alle tipologie del sonetto «monovalente» e «bivalente», individuate da Gorni come nel sonetto delle origini (cfr. Ibid.). Si è scelto di non inserire gli otto testi nel computo dello studio in quanto trovano la loro ragion d’essere all’interno del corpo del libro, fuori dal quale la loro interpretazione risulterebbe parziale.
7 Valerio Magrelli, Il sessantotto prodotto da Mediaset. Un Dialogo agli Inferi, Torino, Einaudi, 2011. Anche questo testo vede l’alternarsi di verso e prosa, sul modello dei dialoghi satirici cinquecenteschi.
8 Nello specifico: AP, pp. 295-296; DPLG, p. 16; DSB, p. 11; SA, pp. 4, 5, 7, 16, 71, 80; GSP, p. 29; CV, p. 607.
9 Pietro G. Beltrami, Appunti sul sonetto come problema nella poesia e negli studi recenti, in «Rhythmica: Revista española de métrica comparada», I, 1 (2003), pp. 7-36, a p. 11.
Giorgio Giuseppe Tranchida, L’attrito del metro. Sull’uso del sonetto nella poesia di Valerio Magrelli, Polisemie: rivista di poesia iper-contemporanea, I/2020

Lo stile di Magrelli si presenta fin dalla raccolta d’esordio, “Ora serrata retinae” (Feltrinelli, 1980), intimamente legato al discorso metapoetico, metalinguistico e metatestuale. Oltre alle dichiarazioni di poetica, l’io non si limita a scrivere componimenti metatestuali, ma addirittura descrive lo stesso atto metatestuale nel momento in cui lo sta compiendo: «Questo è il difetto tutto artigiano / di parlare dello strumento / mentre lo si usa. / Si considera ciò che si fa / e si finisce per fare / soltanto ciò che si considera. / L’oggetto che ne esce / è un figlio che parla del padre, / o viceversa» <10. Significativo il fatto che “Cave cavie!” (“Il sangue amaro”, Einaudi, 2014) sia stata posta in copertina: essa dà ai testi un nome proprio, che l’autore ha, poi, scelto come titolo complessivo: «O forse sono cavie, queste poesie che scrivo, / per qualche esperimento concepite, / che tuttavia non so. / Non so perché si formano, / eppure mi affeziono e le chiamo per nome, / topolini vivissimi, allarmati / da che?» <11. Nella mappatura è stata riservata una categoria a parte per il lessico dell’editoria, data la ricorrenza e la rilevanza stilistica – basti pensare alla raccolta “Didascalie per la lettura di un giornale” (Einaudi, 1999). Ma di particolare interesse risulta il campo semantico della lingua scritta, in special modo perché rende conto della varietà e quantità di testi tra cui spazia la riflessione poetica dell’autore, come bolletta, compito in classe, ex voto, libro mastro, mail, pratica, recensione, regesto, scontrino, sito internet.
[NOTE]
10 Valerio MAGRELLI, Le cavie. Poesie 1980-2018, Einaudi, Torino 2018, p. 73.
11 MAGRELLI 2018a, p. 513.
Silvia Fantini, Il discorso metapoetico, metalinguistico e metatestuale nella poesia italiana del secondo Novecento e contemporanea, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Genova, Anno Accademico 2019-2020

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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