Oltre ai debiti nei confronti di Kandinsky, Piero Dorazio …

Fig. 4: P. Dorazio, Orient express, 1952, rilievo in legno, 50×50 cm, (c) Piero Dorazio by SIAE 2019. Foto courtesy Archivio Piero Dorazio, Milano – Fonte: Op. cit. infra
Fig. 5: P. Dorazio, L’âge d’or, 1952, olio su tela, 150×200 cm, (c) Piero Dorazio by SIAE 2019. Foto courtesy Archivio Piero Dorazio, Milano – Fonte: Op. cit. infra
Fig. 6: P. Dorazio, Dielettrico (numerator), 1952, rilievo in legno e plexiglass, 70×85 cm, (c) Piero Dorazio by SIAE 2019. Foto courtesy Archivio Piero Dorazio, Milano – Fonte: Op. cit. infra

[…] A partire da Motosilenzio e fino al 1953, Dorazio associa ai rilievi titoli lirici ed evocativi di un rapporto tra realtà e fantasia che rafforzano il carattere psicologico di quelle rarefatte allusioni spaziali.
L’anno successivo, facendo uso di uno sfondo colorato, Dorazio torna a sperimentare una commistione con la sua coeva pittura. In Orient Express, in particolare, attraverso il contrasto dei due piani rosso e bianco e l’uso di forme leggermente sbalzate (Fig. 4), giungono a nuovi sviluppi le soluzioni del dipinto L’âge d’or (Fig. 5) dello stesso anno, in cui il colore è usato per ricreare effetti spaziali analoghi ai rilievi e quella stessa dialettica di ombre, che in questi emerge dalla proiezione della luce naturale sull’opera-oggetto (9); mentre alcuni esemplari del 1952 e del 1953 – tra i quali Homesickness Compass, Ornamento e simboli, Equinozio, Dielettrico (numerator) (Fig. 6) – sviluppano una nuova e più marcata componente materica per la sovrapposizione di assemblaggi e composizioni lineari in plexiglass leggermente distanziate della superficie lignea con cui Dorazio conferiva tridimensionalità agli ingranaggi lineari che comparivano nei suoi disegni e nelle sue pitture, e di cui un esempio è fornito nel particolare dipinto all’angolo superiore destro in L’âge d’or.

Fig. 7: P. Dorazio, Questioni, 1952, rilievo in legno, 33,5×50 cm, (c) Piero Dorazio by SIAE 2019. Foto courtesy Archivio Piero Dorazio, Milano – Fonte: Op. cit. infra

Contemporaneamente, l’uso del colore si fa più rigoroso e l’artista introduce la soluzione di punti colorati che emergono dal candore bianco della superficie (Fig. 7), che gli era stata suggerita dalle riflessioni su Punto e linea sul piano di Kandinsky: “Punto e linea sul piano” è un libro al tempo stesso teorico e analitico in direzione pre-ghestaltica, dove la superficie è intesa come il luogo delle sensazioni così come in geometria, la linea è il luogo dei punti. (10).
Oltre ai debiti nei confronti di Kandinsky (11) – e in particolare di Punto e linea sul piano che è stato assunto da Dorazio come una sorta di manuale (12) –, i rilievi, tutt’altro che sviluppare un’univoca direzione di ricerca, appaiono elaborare sollecitazioni visive molteplici. Sul piano iconografico si riscontra una convergenza con le soluzioni proposte, proprio a partire da Kandinsky, dall’olandese gruppo De Stijl ed in particolare da George Vantongerloo. Dorazio aveva iniziato a frequentare Vantongerloo nel suo studio parigino nel 1948 (13) e gli anni in cui lavorava ai rilievi furono di rinnovata vicinanza con l’artista belga. Nel maggio 1953, curò presso la Fondazione Origine una personale di Vantongerloo, con opere realizzate tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta del Novecento. Lo scambio epistolare intercorso durante i preparativi della mostra è una testimonianza della sintonia e della condivisione d’indirizzi con il maestro belga, più anziano di lui di quaranta anni.
[…] Nel testo – Vantongerloo o dell’essenzialità –, che era stato preceduto da una breve nota biografica e d’introduzione alla mostra apparsa su «Arti Visive» (15), Dorazio metteva in evidenza l’originale e autonoma posizione dell’artista all’interno di De Stijl proponendolo come un riferimento per quei giovani, ai quali desiderava rivolgersi, in quanto esempio di autonomia di ricerca all’interno di un’esperienza di gruppo (16).
La combinazione di piccoli elementi cilindrici, dipinti con i colori primari e associati a linee leggermente aggettanti o graffiate sulla superficie rimanda ad alcune composizioni esposte da Vantongerloo nella sua personale romana (17), che dovettero fornirgli, non solo un immediato e concreto riscontro per meglio interpretare e tradurre le teorie espresse in Punto e linea sul piano da Kandinsky ma anche un nuovo stimolo per indagare i valori della superficie (Figg. 8-9). La sua speciale affinità con Vantongerloo in quel momento è documentata, inoltre, da un altro gruppo di opere in cui Dorazio affronta nuove e più specifiche problematiche scultoree. Le Sospensioni trasparenti, realizzate tra il 1953 e il 1955 forando con il trapano e incidendo la superficie di colonnine di plexiglas per sperimentare i valori della luce nel vuoto – e per spiegare le quali Fagiolo dell’Arco aveva chiamato in causa i Planiti di Malevich –, trovano, invece, una più consapevole attinenza con le opere in plexiglas dipinte con colori a olio, in cui Vantongerloo aveva sperimentato i valori della rifrazione cromatica nello spazio.

Fig. 8: G. Vantongerloo, Radiazione, 1949, olio su tela, 92×51 cm – Fonte: Op. cit. infra
Fig. 9: G. Vantongerloo, Variazione di linee, 1938, olio su masonite, 80×49,5 cm – Fonte: Op. cit. infra
Fig. 10: P. Dorazio, Cartografia, 1954, rilievo in bronzo, 16×23 cm, (c) Piero Dorazio by SIAE 2019. Foto courtesy Archivio Piero Dorazio, Milano – Fonte: Op. cit. ifra
Fig. 11: P. Dorazio, Cartografia, 1954, rilievo in legno, 33×44 cm, (c) Piero Dorazio by SIAE 2019. Foto courtesy Archivio Piero Dorazio, Milano – Fonte: Op. cit. infra
  1. Nell’arco di pochi anni, Dorazio perviene a nuovi risultati che suggeriscono l’elaborazione di altri stimoli visivi, che si assommano alla riflessione già maturata intorno alle opere di Vantongerloo. L’obiettivo di ottenere una spazialità astratta, infatti, conserva in alcuni dei rilievi una forte connessione con la realtà, di cui Dorazio compie una traduzione in chiave percettiva.
    Rispetto ai primi rilievi, le opere realizzate intorno al 1954 non solo presentano nei titoli un richiamo a una spazialità reale ma preservano nella fattura una maggiore concretezza fisica. Proprio nel 1954 Dorazio realizza due rilievi che intitola Cartografia (18): l’uno in bronzo con la superficie solcata da sottili linee intrecciate e l’emergenza di piccoli elementi cilindrici (Fig. 10); l’altro in legno con la superficie è attraversata da undici segmenti a sbalzo (Fig. 11).
    Nell’esemplare bronzeo, Maurizio Fagiolo dell’Arco non solo individuerà la prima comparsa della linea intesa come elemento modulare e ripetibile, che evolverà in pittura nelle tessiture cromatiche realizzate dal 1958, ma evidenzierà anche, rispetto agli altri e coevi rilievi, un più concreto nesso con la realtà, che il critico spiegava secondo due accezioni. Parlando di urbanistica ‘organica’, Fagiolo dell’Arco evidenziava un preciso riferimento alla pianta urbana contaminato, attraverso il disporsi delle linee sulla superficie, con i solchi del palmo umano, proponendo una proficua lettura in chiave identitaria: «I segni incrociati e scontrati preannunciano chiaramente la svolta del 1958. Dorazio legge nel palmo della mano, si perde nei meandri delle impronte digitali, azzarda un modello urbanistico ‘organico’: una visione dall’alto con tutti i percorsi e tutti i grattacieli» (19).
    Un confronto con le più tradizionali immagini cartografiche, permette di costatare come anche le linee a rilievo, che attraversano la superficie della Cartografia in legno, evochino i tracciati sinuosi che nelle carte geo-urbanistiche definiscono le curve di livello del terreno. In quanto convenzioni rappresentative, quei tracciati nascevano come elementi geometrici e stilizzati e facilitavano il processo astrattivo dell’artista che poteva acquisirli integralmente con l’obiettivo di evidenziarne i soli valori percettivi: in questa operazione, Dorazio si appropria di quei valori formali della realtà visibile che potevano essere facilmente tradotti, nei sui plastici immaginari, in valori non mimetici.
    Il termine stesso di Cartografia è mutuato dall’urbanistica, disciplina collaterale all’architettura, che Dorazio aveva studiato da giovane e era un interesse che condivideva con gli ambiti d’indagine degli artisti di De Stijl.
    In quello stesso 1954, oltre a realizzare i due esemplari dal titolo Cartografia, Dorazio associa a quell’intera sperimentazione, che come abbiamo ricordato era iniziata con un’opera dal titolo Esperimento di rilievo (1950), il nome di Cartografie; e lo fa in occasione della prima esposizione dei suoi esperimenti plastici presso la Rose Fried Gallery di New York. […]
    9 A proposito dell’opera L’âge d’or, in un’intervista con Adachiara Zevi nel luglio del 1985, l’artista ha dichiarato: «Dopo aver finito il quadro e guardandolo bene, mi resi conto, cosa strana, che erano venute fuori tre immagini separate l’una dall’altra, quasi volutamente, anche se non era certamente voluto; tre figure che simboleggiavano i tre colleghi dell’Age d’or che si separavano … La fattura è legata invece ai rilievi bianchi che facevo in quel periodo dove cercavo di creare la sensazione di spazio sulla superficie dell’oggetto attraverso giochi di luce e ombra, con linee curve o rette e punti messi in rilievo, oppure addirittura intagli che creavano ombre più profonde. Non si tratta di bassorilievi perché la costruzione è più sulla superficie che dentro, il quadro riflette un po’ l’esperienza del bianco dei rilievi ma costituisce anche una ripresa della pittura: ci sono di nuovo dei colori a contrasto, come il blu e l’arancio o il rosso e il verde» (ZEVI 1985, pp. 60-61).
    10 DORAZIO 1989, pp. 7-8.
    11 Dopo aver studiato Della spiritualità in arte (1912), La pittura come arte pura (1914) e Punto e linea sul piano (1921), Dorazio aveva avviato una sua personale interpretazione della ricerca di Kandinsky. Nel dicembre 1948 aveva pubblicato l’articolo Lo studio di Kandinsky scritto a seguito di una visita nello studio parigino dell’artista russo (DORAZIO/MATTIOLI 2005a, pp. 43-45) e nel 1950 in Forma 2. Omaggio a Kandinsky, aveva pubblicato lo scritto Kandinsky secondo la forma nel quale contrapponeva una lettura formalista della produzione dell’artista alla più diffusa interpretazione della sua produzione come automatismo e libera espressione di colori e forme. (Ivi, pp. 252-256). Nel 1951 firmò la presentazione della prima mostra personale di Kandinsky a Roma, allestita alla Galleria L’Obelisco (DORAZIO 1951, pp. n.n.).
    12 Si veda PAPENBERG-WEBER 2003, in particolare i paragrafi L’influsso di “Punto, linea, superficie” di Kandinsky, pp. 124-127, e I rilievi di Dorazio (1951-1969) sullo sfondo di “Punto, linea, superficie” di Kandinsky, pp. 128-134.
    13 DORAZIO 1989.
    15 ARTI VISIVE 1953, pp. n.n.
    16 Scrive Dorazio: «la sua originale visione dello spazio e della forma era orientata già da allora, verso interpretazioni e soluzioni assolutamente personali, che pur essendo affini alle premesse teoriche di De Stijl, ne superavano la contingenza e il gusto, nella realizzazione plastica. La sua attività di pittore, di scultore, di architetto, dove egli procede con metodo quasi scientifico alla differenziazione e alla integrazione dello spazio matematico insieme a quello della visione artistica, resta certamente come quella di uno dei maestri contemporanei più autentici e di più viva attualità» (DORAZIO 1953, p. n.n.).
    17 Alla mostra presso la Fondazione Origine furono esposte: Variazione di linee, 1938; Intervalli, 1937; Due zone nello spazio azione e reazione, 1949; Radiazione, 1949; Energia dell’universo, 1952; Funzione di linee, 1937; Funzione di curve verdi, 1938; Rapporto di colori, 1938; Formazioni e radiazioni, 1951; Due spirali, 1947; Composizione, 1944; Funzioni, 1938; Funzione di curve, 1938; Funzione e variante, 1939; Degli infiniti piccolissimi, 1948; Nucleo, 1948; Fissione di nucleo, 1948; Estensione chiusa, 1936; Variante = curve, 1939; Composizione con colori viola, 1924; Interrelazione di masse basate sul cono, 1929; Gruppo, 1931; Linea nello spazio, 1944; Elemento cosmico, 1946;, Rivoluzione, 1946 (Vantongerloo 1953, p. n. n.).
    18 CRISAFI 1977, n. 122, Cartografia, 1954, rilievo in bronzo, 16×23 cm e n. 128, Cartografia, 1954, rilievo in legno.
    19 FAGIOLO DELL’ARCO 1966, p. 18.

    Elisa Francesconi, Per una rappresentazione aniconica del paesaggio urbano. Piero Dorazio: ‘Rilievi’, Cartografie e l’orizzonte visivo de La Fantasia dell’arte nella vita moderna (1951-1955), Studi di Memofonte, Rivista on-line semestrale, Numero 23/2019

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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