Per lo scrittore di Danzica, la Aufklӓrung rappresenta la tradizione primigenia, cui la ragione dovrebbe far ritorno

Il 1959 segna una svolta nel panorama culturale ed editoriale tedesco. La pubblicazione de “Il tamburo di latta” presso l’editore Luchterhand <254 infrange definitivamente gli schemi tradizionali del romanzo borghese. L’ex scalpellino di Danzica, artista dall’aria trasandata e dall’aspetto malfidato [Günter Grass] – non sfigurerebbe al cospetto di una spia bulgara, afferma Reich-Ranicki <255 -, conquista la scena internazionale con il successo lampo del primo romanzo della “Trilogia di Danzica”. In esso non vi è spazio per l’ideale romantico della nazione tedesca, né vi è un rimando all’ordine prussiano o alla vita disciplinata e rispettosa delle norme sociali nella Germania prebellica. Il romanzo segna l’inizio di un’epoca nuova, in cui tutte le certezze della bourgeoisie affondano nel nulla. In seguito all’alienazione scaturita dal crollo di sistemi ideologici in grado di garantire un benessere improntato ai precetti del materialismo, l’uomo si trova dinanzi ad un baratro, un nihil che lo costringe a ripensarsi e rifondare un percorso di vita. La ‘Lebensphilosophie’ della società coeva è avara delle àncore di salvataggio e dei meccanismi di tutela familiare e collettiva vigenti nel periodo prebellico. La fine del progresso illuminato sancita dalla guerra – apoteosi di gesta eroiche di cui l’uomo soltanto può rendersi artefice <256 – lo degrada alla condizione di «eroe debole», costretto dal suo stesso operato a riavvolgere il nastro della storia fino al grado zero dell’umanità. In tale spazio di riflessione individuale e collettiva aperto dalla storia, Günter Grass pone la parola fine alle certezze del mondo capitalistico e alla società disegnata in accordo con i suoi valori. Il velo calato sull’ancien regime tedesco sortisce un riflesso operativo nella narrativa del tempo. Se il processo di crescita si è arrestato, giungendo ad uno stadio critico, la letteratura, specchio della realtà, non può che riverberare lo stato di sovversione dell’ordine naturale delle cose e della tradizionale scala di valori fino a questo momento vigente in Germania. In tal senso Günter Grass chiede di leggere e interpretare la propria opera di scrittore e intellettuale del dopoguerra. Nel delicato momento di ricostruzione dell’Io e dei tasselli fondamentali della collettività, non è prefigurabile un percorso di formazione, di Bildung di matrice ottocentesca. Nella Germania del dopoguerra, al pari del Giappone, l’ora zero impone la ricostruzione dell’ideale di nazione, partendo dai suoi frammenti. La Nazione non riflette più quella preromantica simbiosi dell’Io con il mondo esterno agognata dal filosofo Johann Georg Hamann (1730-1788), a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo <257. La Nazione del ‘900 non può che essere intesa nella sua residualità rispetto alla temperie culturale e ideologica di matrice illuminista. La corruzione ad opera del nazionalsocialismo del messaggio buoyant formulato da Herder (1744-1803) – relativamente ad una comunità pangermanica in grado di fare da collante tra più popoli – ha inflitto troppi mali alla Germania. La fede nella ragione e nel potere del linguaggio ha arginato nel XVIII secolo ogni deriva autoritaria. È solo in questo fideismo che Grass si riconosce, abilitando gli apporti ricevuti da Hamann e Herder. Hamann, pensatore critico ed originale, ha inteso mostrare come l’uomo possa ergersi a microcosmo, dipendente, in virtù di un rapporto di causalità, dalle leggi divine e dal macrocosmo. Alla fredda ragione illuminista Hamann oppone la ragione del cuore, la passione e l’amore dell’uomo, in grado di smuovere tutto e arginare il male nel mondo. Hamann si colloca nella tradizione filosofica tedesca come un pensatore originale, troppo sovente ricondotto al pietismo cristiano, in grado di riconoscere la divinità non più come sterile idolo, intuizione kantiana astratta. Il Dio di Hamann diviene una forza vitale (Kraft) capace di dispiegare le proprie energie e aiutare l’uomo ad intraprendere attivamente un percorso di vita spirituale. Al di là delle critiche mosse all’esasperato utopismo fondato sul dogma della trascendenza del linguaggio, Hamann figura tra i primi ad avviare il moderno dibattito tedesco circa l’influsso del pensiero sulla lingua e il potere dell’uomo di determinare il proprio destino nella nazione moderna. Sul concetto di Uomo e di Nazione pesa la sfera esoterica e mistica, nel cui alveo Hamann riconduce ogni interpretazione degli aspetti più misteriosi afferenti la sfera del sensibile sul finire del XVIII secolo. È in questo frangente storico che Grass si pone alla ricerca di un apporto più convincente, approdando alle tesi di Johann Gottfried Herder. Il filosofo tedesco, oltre a rinvigorire il dibattito sulle capacità del pensiero di dare forma ad una Weltansicht (visione del mondo) – apporto che più tardi sfocerà nel determinismo linguistico -, contribuisce in maniera sostanziale a definire i tratti della nazione tedesca contemporanea. Herder rivendica il valore autentico della cultura nazionale. Se ogni lingua è espressione di un pensiero e di uno spirito individuale, quella tedesca giunge a designare in senso stretto l’identità e il genio creativo del popolo germanico. È qui che comincia a prendere forma e contenuto il dibattito su come intendere la natura del tedesco. Herder dà avvio ad un processo di rivalutazione graduale della cultura e della letteratura nazionale, sottolineandone la grande valenza in termini identitari e il ruolo di «serbatoio» delle immagini e del «pensiero collettivo» di un popolo <258. Herder ribadisce con determinazione il carattere univoco dell’identità tedesca, approdo ed esito conclusivo di un condizionamento linguistico e identitario così forte da trascendere apporti esterni. Herder, pensatore incisivo sul fronte dell’identità e della coscienza collettiva tedesca, anticipa la frangia del romanticismo sentimentalmente più prossima a rivalutare il genio popolare e il mito nazionale. In Herder si riflettono, tuttavia, anche i postumi della tradizione filosofica illuminista. Tra critica del pregiudizio e avvaloramento del soggetto, il pensatore si guadagna nella storia della germanistica una posizione unica nel suo genere. Proprio la matrice illuminista del suo pensiero allontana ogni ombra circa un potenziale coinvolgimento del pensatore, da antesignano, nel revanchismo e nello spirito xenofobico in auge nel XX secolo. Contrariamente a quanto postulato da chi applica il contributo del filosofo alla genesi di un nazionalismo eclettico, l’apporto di Herder va letto nel senso di un arricchimento del dibattito sulla ragione e sul linguaggio <259. Che il pensatore stabilisca così una stretta relazione tra linguaggio, umanità e nazione, va ricondotto allo spirito del tempo, ‘Zeitgeist’ in cui vengono partorite le suddette formulazioni. Prima della Jahrhundertwende, la crisi del fin de siècle tedesco che fa da avamposto al tracollo definitivo della morale e dei valori borghesi, il momento più significativo per un’attribuzione di senso al concetto di “umanità” è offerto dalla riflessione herderiana. Il termine Humanitӓt è la migliore sintesi dei valori su cui la moderna comunità tedesca ha imparato a reggersi: la giustizia, il riconoscimento reciproco dei diritti delle comunità e delle confessioni religiose, la coabitazione, l’amore inteso come compassione ed empatia e, infine, la ragione. Nel 1779 lo scrittore e pensatore tedesco Gotthold Ephraim Lessing (1729-1821) avrebbe ricondotto questi valori all’interno di un’opera abilitata come caposaldo della letteratura tedesca: “Nathan il saggio” <260. Dopo Lessing l’appello alla tolleranza e all’armonia tra i popoli, al riconoscimento reciproco dei diritti e delle istanze dell’uomo, non troverà un fautore più attento e pronto ad invocare tali valori con la medesima forza argomentativa. Circoscrivere la riflessione sul retroterra culturale e filosofico di uno scrittore contemporaneo come Günter Grass alla migliore tradizione illuminista non è fuorviante. Per diretta ammissione dell’intellettuale di Danzica <261, l’umanità dovrebbe ritornare alla genesi del progresso illuminato postulata da Lessing e Herder. Nella prospettiva di chi guarda il mondo dal basso, dal punto di vista dell’eroe debole o del perdente, non esiste una verità data e immutabile. Lessing avrebbe detto: “Non la verità di cui un uomo è o si crede in possesso, ma il sincero sforzo per giungervi, determina il valore del singolo” (Lessing:Una controreplica:1778) <262. Animato da tali precetti, Grass rivendica la propria affiliazione alla più schietta tradizione dell’Aufklӓung tedesca. In un dialogo aperto con il sociologo francese Pierre Bourdieu, Grass lamenta il processo in atto – presso la cultura europea coeva – di risoluzione di ogni rapporto con l’eredità illuminista <263. Per lo scrittore di Danzica, la Aufklӓrung rappresenta la tradizione primigenia, cui la ragione dovrebbe far ritorno. Le storture e i mali che sovente Grass denuncia nella società europea riconducono ad una «riduzione» semplicistica della ragione a “quanto è puramente fattibile dal punto di vista tecnico”. Non è il messaggio illuminista ad essere naufragato, bensì la sua applicazione nella temperie culturale europea. Le enunciazioni di Diderot o di Voltaire non sono passate di moda. Esse sorprendono per la modernità e la contemporaneità dei personaggi che mettono in scena. L’Illuminismo ha espresso attraverso personaggi buffi e all’apparenza comici la capacità del tempo di portare in scena il fallimento e la debolezza umana. Chi fallisce, preservando la nobiltà e la purezza dei propri ideali, è comunque vincitore nella vita (Grass/Bourdieu:2000).
[NOTE]
254 L’editore Luchterhand investe nella vena satirica e dissacratoria dello scrittore, ritenendo che il libro e la narrativa di Grass indigneranno il lettore, ma al contempo saranno in grado di suscitare clamore e interesse generale per un modo provocatorio di concepire i rapporti tra fiction e realtà. Si consulti Paola Sorge (speciale a cura di), Un’esplosione di rabbia contro i mostri tedeschi in Repubblica, 4 febbraio 2003.
255 Questa la descrizione che di Grass darà negli anni l’eterno amico e rivale, il critico letterario Marcel Reich-Ranicki. Si consulti l’articolo War Grass ein bulgarischer Spion in Spiegel, 09 aprile 1990.
256 Sul ribaltamento dei rapporti di forza tra l’uomo e la donna nella letteratura grassiana, si analizzi: Cesare Giacobazzi, Voci e silenzi della storia, Milano, Medusa, 2006, pp. 107-135.
257 J.G. Hamann, Metakritik über den Purismus der Vernunft in Schriften zur Sprache, Frankfurt, Suhrkamp, 1967, pp. 224-225.
258 J.G. Herder, Frammenti sulla letteratura tedesca più recente, 1768 in Herder-Monboddo, Linguaggio e società, Roma-Bari, Laterza, 1973, p. 74.
259 Mario Longo, La storia dei popoli come sinfonia di voci: J.G. Herder al bivio tra nazionalismo e cosmopolitismo, 2016, in http://www.dfpp.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid842214.pdf
260 G.E. Lessing, Nathan il saggio, Garzanti, Milano, 1992.
261 Günter Grass, Pierre Bourdieu, Il mondo visto dal basso, in La Repubblica, 20 marzo 2000.
262 G.E. Lessing, Religione e libertà, a cura di G. Ghia, Brescia, Morcelliana, 2000, p. 33.
263 Günter Grass, Pierre Bourdieu, Alles seitenverkehrt. Zivilisiert endlich den Kapitalismus!, in Die Zeit, 49 (1999).
Gianluca Sorrentino, Occidente incontra Oriente. Trascrizioni e image di un Io sofferente nell’opera di Günter Grass e Kenzaburō Ōe, Tesi di dottorato, Università IULM Milano, Anno accademico 2016/2017

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.