Un libretto, dal piccolo inconsueto formato 8 x 15 rilegato in pelle bianca, ci porta dal 1600 una testimonianza un poco strana sul tè: ‘Ambrosia Asiatica, seu de virtute et visu herbae the sive cia… Auctor Simon de Molinariis genuensis…, Typis Antoni G. Franchelli MDCLXXII’.
Dopo numerose pagine di dedica e di elogi al cardinale Lorenzo Raggio, ed una prefazione ‘ad Lectorem, il Molinari ci ragguaglia sulla Cina, province di Suchuen e Pukiang, e sull’alchimista ‘Hoangtro, nomine primum apud eos in hac arte (quella del tè) floruisse ferunt bis mille quingentis annis ante adventus Domini… illum parentem habuisse Sem, filium Noe…‘.
Bella cosa che un cinese, esperto del tè intorno a 2500 anni a.C., abbia avuto antenato Sem, figlio di Noè.
Dopo i ragguagli sul nome, che è per ‘Sinenses et Malakiani the, Japanenses et Tonkinenses t’sia…‘ ci informa che ‘… flores sunt albicantis coloris, odore levi et fragranti nostris rosis simillimi‘.
E riferisce il testo italiano di un gesuita che era stato in Oriente: ‘P. Bartolus de visu chà haec habet verba: … si bee il cia, qual è un herba colà famosissima la cui decotione conforta molto e rinvigorisce lo stomaco, e l’han in così gran conto che altro che vasa pretiosa non adoprano per stemperarlo e berlo… Volendo onorare qualche forastiere il conducono alla stanza della casa destinata a condire il beveraggio del Ciàdetto da essi Cianiù, cioè a dire acqua calda per il tè‘.
Siamo dunque alla celebrata cerimonia del tè, legata ai riti del buddismo zen, riassunto di ideali estetici di perfezione.
Anche di un altro gesuita, Bernardino Giomaro, sono riferite analoghe informazioni.
Quanto al cianù in lingua giapponese d’oggi è chà no yu, costruzione inversa, per ‘acqua calda del te‘.
La bevanda poi la considerò, per esperienza personale, un infuso di fieno, al più utile a coltivar rotiferi e infusori.
Ma i giapponesi la considerano umai, deliziosa, Okakuro Kazuko, nel Libro del Tè, scritto nel 1906, dice: ‘… uomini nei quali non vi è tè‘, per indicare persone senza sensibilità,… senza sale in zucca, diciamo noi.
Il Molinari riferisce anche brani di storia cinese, come la truce vicenda dinastica accaduta appena trent’anni prima della stampa del libro: ‘Latronis eiusdam sinensis Licungzio nomine de provincia Suchuè immanentem audaciam… extinctam iarn in expugnatione urbis Peking‘, e deposto il monarca Zungchi… ‘coronatum in regale Palatio stantem, nulla spe superstite salutis,… perempta (uccisa) suis manibus unica dilecta filia ne in sui (dell’usurpatore) ludibrium duplici morti interiret, conscito sibi laqueo de viminibus ab arboris prunorum regi viridari pependit (s’impiccò) anno 1644‘.
Si tratta degli inizi dell’ultima dinastia, durata fino al 1912.
Ma sono riferite anche ricette farmaceutiche, con varie droghe, assieme agli infusi di tè: ‘… Perevium corticis, vulgo Cinna (china) tutissimum… periodicae et malignae febris flagellum… quinimo, de hoc eodem cortice prius inscriptum opus a doctissimo Sebastiano Bado, nostrae civitatis medico celeberrimo‘…
Amene gratuità si intrecciano nel testo, fino a consigliar ricette come la seguente, pei casi ‘calamitosis ac deplorabilibus appoplexiae ac paralisis effectis‘, che trarranno beneficio dal tè, purché ‘… addito illi scrupulum I extracti cranii humani‘, da prepararsi come segue: ‘Recipe: pulveris aut limaturae crang humani recentis et violenta morte…‘. La qual ricetta ci scoraggia a proseguire nella lettura del Molinarius.
Questo singolare autore, sulla diffusione del tè in Europa scrive: ‘Huius herba notitia reduces ad nos mercatores Batavi exposuerunt sub annum 1649… potionem vero ab iisdem quidem habuimus primo Amstelodami modo‘.
Veramente ben 122 anni prima il veneziano G.B. Ramusio, in Della Navigatione e Viaggi (Venezia 1550), nel capitolo Chai Katai aveva mostrato come il tè fosse ben noto a Venezia.
Anche Paolo Boccone, contemporaneo del Molinari, essendo viaggiatore ed autentico naturalista aveva stampato a Parigi (1672) Recherches et observations naturelles ed Icones et Descriptiones variorum Plantarum, con riferimenti alla pianta del tè.
Comunque entrambi, il genovese Molinari ed il palermitano Boccone, precedettero di un secolo l’importantissimo e metodico Linneo (1753) nella descrizione del tè.
Nel 1658 comparve a Londra su Mercurius Politicus una prima inserzione pubblicitaria per il tè: ‘… venduto alla Sultanes Head Coffee House, in Sweeting Plant…‘.