Seborga (IM) e antichi misteri di ponti, acque, ninfe…

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Nella tradizione, letteraria e non, i Ponti oltre il significato pratico di strumento per collegare le 2 rive di un corso d’acqua  – già presso gli stessi Romani i ponti avevano molteplici significati – sono la linea di passaggio, discriminante fra due mondi. Spesso anche in campo esoterico si delineava questa postulazione. Sì che per eccellenza, come si narra anche nel Ponente Ligure, il luogo di passaggio per eccellenza, il “Ponte Sovrano” – che determinava trasmutazioni e passaggi, da uno stato all’altro, come da un mondo all’altro (in senso benigno in epoca classica e pagana, assai più ambiguamente anche in direzione malefica con le sovrapposizioni cristiane ai culti dei Gentili) – era l’ARCOBALENO.
E del resto, contrariamente a quanto si pensa, spesso l’area della Diocesi di Ventimiglia nell’estremo Ponente Ligure, proprio perchè di transizione, era connessa a persistenze di paganesimo. Invero spesso culti delicati di Ninfe, Madri e Fate, di Luci o Boschi Sacri, di Montagne votate a qualche Dio, di antiche e sante Sorgenti e Fonti, tutte “cose” rimaste nel cuore e nel “folklore” degli antichi. Contro cui la Chiesa però – senza distinzioni tipologiche – svolgeva da tempo un’opera intensa, iniziata da Gregorio Magno e affidata ai Benedettini. E, quindi, pari a quella avverso le infiltrazioni di eretici specie dalla Francia. Mentre per un verso gli eretici furono talora equiparati a streghe e maghi per altro verso risultarono primieramente perseguiti streghe e maghi eretici, cioè ritenuti conniventi col Demonio.
Il “minuscolo ponte ligneo di un areale” di Seborga, che ben si vede su una riana forse sempre esistita, “può considerarsi il “segno”, il “simbolo” che unisce e divide due mondi e due ere. Una quella romana, travolta da infausti destini. L’altra quella del Cristo, rafforzata dall’operosità dei frati. Nonostante le sconsacrazioni dei siti e delle tradizioni dei Gentili e poi le riconsacrazioni al culto nuovo del Dio Unico, non poco rimase delle vecchie credenze, specie legate a Ninfe e Fate oltre che alle protettrici Matres.
Quasi a sospendere il tutto in una dimensione sincretica e onirica in cui le sovrapposizioni cristiane non cancellarono del tutto il mondo passato ma lo evolsero in favolosa e delicata vicenda per i cuori semplici con buona pace forse di quel virtuale cittadino di Ventimiglia Romana da noi immaginato durante un giorno qualunque della sua vita e per un attimo, sempre da noi, “visto” tutto preso da pensieri profondi sui destini del suo Mondo e della sua Religione, che sentiva oramai decadere.
E così su una “scia sospesa tra sogno e realtà sempre per via di quel ponticello”, nonostante tutto – compresi gli interventi della modernità che talora si vedono in secondo piano ma giammai deturpano – si entra, anche od ancora (dobbiamo dire?), in virtù d’un VIAGGIO VIRTUALE in un passato coinvolgente e, come detto, sotteso tra fiaba, mito, storia e leggenda, che potrebbe fungere da scenario per qualsiasi rappresentazione romanzesca e/o filmografica.
Se non fosse per certi dettagli e per la tipologia della vegetazione ma per i bimbi in particolare che, con la loro gioiosa presenza, segnano l’inizio della piacevole avventura e ne attestano la semplicità scevra di pericoli, a patto di una guida adulta, saggia, riflessiva e rispettosa dell’habitat, ciò che appare da questo punto potrebbe, qui come in altri luoghi d’Italia, appartenere a qualsiasi avventura narrativa, magari ambientata nella lontana Amazzonia o in terre misteriose del Nuovo Mondo, ove la vegetazione ha invaso intiere città di antichissime civiltà e dove il mistero aleggia ancora sulla linea sottile di un passaggio, magari sospeso proprio ed anche lì su un ponte fatto di giunchi, liane o vecchio legno.
Anche questi luoghi, che riguardano Seborga, ma il cui aspetto è replicato in altre zone dell’areale d’appartenenza nel “triangolo” VallecrosiaPerinaldoBordighera, sono la testimonianza di una civiltà antichissima.
Purtroppo di frequente dimenticata sulla linea dei percorsi del tanto agognato “turismo diverso”, quella che, dall’epoca celto – ligure e quindi romana dei boschi sacri, è passata attraverso le vicende dei Saraceni del Frassineto e la Riconquista Cristiana, e che dalla ripopolazione garantita dai Benedettini (naturalmente con la riappropriazione in forza anche di Cavalieri e Crociati e tragici conflitti dei Grandi Tragitti della Fede e del Commercio), dopo infinite esperienze storiche, è gloriosamente giunta alla secolare cultura dei “Muri a Secco”, i Macieri (che hanno contribuito a segnare l’architettura rurale, la civiltà agreste e le tradizioni, i costumi ed il folklore). Non esclusi gli spazi esoterici e le concessioni ai segni del passaggio, compresi i segni della vita e della morte di un un mondo che va scomparendo.

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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