Significativamente, il film è stato tradotto con il titolo “Donne pericolose”

Se si osserva Io, suo padre da vicino, si può notare come l’elaborazione retorica dei miti del regime sia superficiale, talora inconsistente (come «la fierezza di classe» di Masetto a cui si fatica a credere davvero), si direbbe stilizzata e persino ridondante. Il fascismo non solo è presente tra le pagine del testo, è a dir poco ostentato con i suoi miti e la sua oratoria; questi elementi però assumono la forma del luogo comune: de Céspedes rimane in superficie, non arriva alle radici della cultura fascista, non si confronta con l’epica di regime né produce un esempio di demagogia popolar-populista. Al confronto, il film attuerà una strategia molto più sottile e ambigua lavorando in senso opposto: lascerà in ombra l’elemento fascista per attivare sottotraccia, in un clima da divertissement, l’ingranaggio ideologico e morale del regime, alla maniera del cinema dei telefoni bianchi. Il romanzo, invece, è costruito per eccesso: eccessiva è la figura del «padre degli sportivi», eccessiva l’ossessione di Masetto per Eva, eccessivo il suo dramma ed eccessivo è il suo tornare nei ranghi («tutti hanno il loro posto»!), talvolta è eccessiva anche la presentazione della materia narrativa. Se ne riportano due esempi:
“I marmi dello Stadio Mussolini si stagliavano sul cielo in un biancore di città africana: questo per mettersi in gala s’era mondato delle nuvole e appariva uniforme” <119.
Persino il cielo di Roma si prostra dinnanzi allo Stadio di Mussolini e alla prestanza dei suoi italici atleti. Le immagini iperboliche caratterizzano non solo la sfera fascista: durante il primo amplesso tra la donna fatale e lo statuario boxeur, la voce narrante (ma si sarebbe tentati di dire la macchina da presa) descrive velocemente il primo bacio e si allontana dai loro corpi avvinghiati, che rimangono sullo sfondo, per chiudere la scena in questi termini: «girava il disco muto sul grammofono, le rose si sfogliavano vicino alla lampada per il troppo calore» <120.
Non si deve dimenticare che in Io, suo padre l’immaginario fascista, con i suoi rituali e la sua retorica, convive con altre componenti dissonanti che paiono invece più aderenti alla ricerca letteraria di de Céspedes: i boxeur dai grandi muscoli e dal cuore tenero sono personaggi piatti e non proprio brillanti, al contrario la femme fatale, che «si faceva da sé la sua tragedia, come tutte le donne» <121, finisce per essere la figura più efficace del romanzo e la sua condanna morale ha il carattere della convenzione. Quella che per Romolo è la causa di tutti i mali e per Masetto, almeno in un primo momento, non è che un corpo <122, agli occhi dell’amico calciatore (l’unico personaggio equilibrato) «non è cattiva […], è buona, sensibile, intelligente […] Cosa gliene importa a lei della boxe? è una disgraziata e cerca la sua ora di gioia» <123.
Nel testo ci sono anche dei momenti decisamente decéspediani. Si propone un esempio evidente che vale per tutti i riferimenti intertestuali disseminati nel romanzo:
“Al crepuscolo dentro ogni cortile v’è una rondine che gira. Discende fino a metà, quasi, vorrebbe forse anche più basso, ma il buio la spaventa e risale allora verso il cielo, ove l’azzurro s’annega lentamente nel grigio. Grida ogni tanto, la rondine, e quel suo grido entra dalle finestre aperte. […] Al crepuscolo chi avesse sete di serenità dovrebbe sedersi vicino ad una finestra che dia sul cortile, per vedere piano piano la luce che sparisce, che si spegne. Ma quando è annottato la metà dell’incantesimo è svanita. L’ora avvincente è mentre ancora la luce è nel cortile e sta per andarsene, poiché prima di seppellirsi nell’ombra le cose hanno un maggiore risalto ed attraggono lo sguardo come se si vedessero per 1a prima volta. Sembrerebbe di non potersi staccare dalla finestra che a forza. Poiché nulla è più interessante a guardare di un cortile al crepuscolo dove strida, girando, una rondine” <124.
Nonostante tutto, anche Io, suo padre è una tappa della sua sperimentazione letteraria.
Oltre a Piera Carroli anche Ulla Åkerström ha intervistato de Céspedes negli anni Novanta. Secondo le dichiarazioni raccolte dalla studiosa «le era stato richiesto da un produttore, tramite un’attrice assai nota in quei tempi, Clara Calamai, e il pugile Erminio Spalla, di trovare un soggetto per un film», il libro dunque «non era da considerare come un vero romanzo» <125. Non è chiarissimo cosa volesse dire la scrittrice con questa locuzione, probabilmente intendeva ‘trovare un’idea per un film’ e quindi ‘scriverla’, ma la forma che avrebbe assunto questo «soggetto» non è palese: nonostante un film esista (realizzato però cinque anni dopo la pubblicazione del volume Carabba), Io, suo padre è sempre stato presentato come ‘romanzo’, non come ‘soggetto cinematografico’. La già citata Carole Gallucci, tra le prime a interessarsi alla questione, aveva incontrato l’autrice, sempre nei primi anni Novanta, e le aveva chiesto di parlare di quest’opera giovanile. Tuttavia il nodo non viene sciolto neanche nella sua esposizione. Inoltre la studiosa americana, più che sulle forme del testo, si concentra principalmente sulla definizione del rapporto con Carabba: l’editore avrebbe pubblicato le prime opere della scrittrice esordiente a patto che questa scrivesse anche il romanzo <126.
Allo stesso modo, persino la lunga conversazione con Carroli non è trasparente su questo punto:
“Carabba, la prima volta che mi vide, mi disse: – Lei avrà un avvenire. – Pochi giorni dopo mi mandò a dire se volevo andare in via Quattro Fontane dove mi avrebbero firmato un contratto. Allora ho stampato Prigionie, Concerto, e un soggetto cinematografico, Io, suo padre. Hanno fatto il film circa due anni dopo la pubblicazione del romanzo” <127.
E poco dopo, a proposito della selezione alle Olimpiadi di Berlino:
“Siccome era stato scritto un soggetto cinematografico per Erminio Spalla occorreva un boxeur, per questo forse è andato alle Olimpiadi, ma non so altro. Sono passati molti anni, ho dimenticato tante cose” <128.
Probabilmente per prendere le distanze dall’opera giovanile, de Céspedes usa delle formule impersonali che risultano fuorvianti e definisce il volume pubblicato da Carabba sia «soggetto cinematografico» che «romanzo», ma non è chiaro se sta facendo riferimento a una sola forma testuale o a due scritture diverse. Nel caso in cui romanzo e soggetto siano state manifestazioni distinte della stessa materia, non è possibile identificare la persona che avrebbe scritto quest’ultimo («era stato scritto un soggetto», da chi?) né l’ordine di composizione, quale sia cioè l’ipotesto quale l’ipertesto.
Per chiarire uno dei due aspetti della questione si deve guardare a una lettera del 1960 inviata al consulente editoriale che in quel momento stava seguendo le edizioni inglesi dei suoi romanzi. Nel 1969 de Céspedes dà una definizione piuttosto chiara di Io, suo padre: «è un breve racconto di 40 pagine che fu scritto come soggetto di film». E poi chiede che sia tolto dall’elenco delle sue opere insieme a “L’anima degli altri”, “Prigionie” e “Concerto” <129.
La stessa definizione oscillante di «racconto», «romanzo» e «soggetto» andrebbe a contraddire le categorie stabili che de Céspedes applica al proprio lavoro. Storini ha analizzato le motivazioni che presiedono la scelta – e, circolarmente, la definizione – del genere letterario attraverso cui la scrittrice, di volta in volta, sceglieva di sviluppare la materia narrativa, identificando un sistema che corrisponde puntualmente alla sua produzione:
“Secondo Alba de Céspedes, infatti, il romanzo sembra quasi avere un concepimento à rebours: è la logica finale che determina quella dell’azione. Dallo scioglimento deriva un percorso, che non può essere, per logica, differente, e di questo percorso si analizzano le cause o i segmenti temporali che l’hanno preceduto, gli sviluppi che ne hanno fatto seguito. Il racconto, invece, ha una dimensione contenuta («pochissime pagine»), ma elabora completamente un episodio allo scopo di rivelare l’intera esistenza di un personaggio. La brevitas non è dunque un a priori del racconto, ma una conseguenza della sua natura sintetica, che è duplice, derivando contemporaneamente sia dalla sua tendenza a riassumere una vita, sia dal ruolo centrale che vi svolge l’evento o l’immagine – non necessariamente fatto vero e proprio – che vi vengono narrati e il cui carattere è singolativo, trattandosi di un unicum. Inoltre nel racconto, a differenza del romanzo, la scelta conclusiva che chiuderà la narrazione non è rilevante, anzi lo si potrebbe considerare una struttura priva di conclusione e, quindi, di significato, che sono, al contrario, prerogativa del romanzo” <130.
Più semplicemente, Io, suo padre è un’opera giovanile e presenta le caratteristiche di un testo d’occasione, se non proprio di un’opera su commissione, a prescindere dal genere letterario; non si può escludere anche questa motivazione dietro la volontà di escluderlo dalle bibliografie.
Tuttavia proprio la destinazione originaria dell’opera, il testo per lo schermo, potrebbe orientare la lettura de Io, suo padre. La committenza, qualche imprecisata figura che arriva dal mondo del cinema, sceglie il tema sportivo, un tema molto popolare anche se estraneo dall’orizzonte decéspediano (non sono rare le sferzate contro gli sportivi, più avanti se ne vedrà un esempio), ma forse non è imputabile all’editore anche la scelta di portare la scrittura verso le forme più popolari del romanzo di consumo, che negli anni Trenta tendevano a modellarsi attorno alla propaganda fascista, per reale convinzione o per opportunismo. In questo caso ci sarebbe quindi un ulteriore livello di lettura.
L’opera presenta, infatti, anche una natura ibrida: la forma del racconto popolare (sportivo) incontra la cultura di massa (del fascismo) e, contemporaneamente, l’immaginario cinematografico (a sua volta popolare) con le sue peculiari strutture e il suo linguaggio, in una dinamica che si alimenta circolarmente. Il modello di Io, suo padre pare derivare da questa particolare forma di contaminazione, piuttosto che aderire alla cultura del regime in toto. La componente fascista del romanzo è un effimero estetizzante – non per questo meno deplorevole, anche agli occhi dell’autrice – che ha la forma di un campionario di moduli narrativi, personaggi e immaginari facilmente riconoscibili (sembra di poter identificare più di un punto di contatto con la Signora delle camelie di Dumas, molto citata nei diari di quegli anni). È una ‘pellicola’ con cui rivestire una novella influenzata non tanto dalla propaganda culturale di regime quanto da altri orizzonti: il romanzo è vicino sia alle rielaborazioni coeve del melodramma cinematografico sia alla numerosa produzione immaginifica (letteraria, cinematografica, pubblicistica) che guardava al mito di Primo Carnera.
Questo «racconto scritto come soggetto di film» nel 1935 e pubblicato come romanzo breve nello stesso periodo, corrisponde solo in parte al film che Bonnard realizzerà cinque anni dopo, sull’onda lunga del successo di Nessuno torna indietro. Nel Fondo de Céspedes non sono presenti documenti relativi alla lavorazione di Io, suo padre, né è presente, tra i tanti sopravvissuti, il contratto con Carabba. La lettera per l’editore inglese consente di definire il testo edito ma non di sciogliere la questione del soggetto.
Secondo le rassegne stampa e le fonti d’archivio che contengono le schede tecniche, la sceneggiatura del film è stata firmata da Amedeo Castellazzi e Ivo Perilli mentre il soggetto è attribuito in alcuni casi agli sceneggiatori, in altri al regista, in altri ancora a de Céspedes. Non è raro però che con l’attribuzione di un soggetto si faccia riferimento all’ideazione della vicenda e non alla stesura di un testo.
Che una scrittura per la visione sia stata effettivamente redatta nella specifica forma del soggetto cinematografico è dimostrato da tre fonti storico-cinematografiche identificate fuori dal circuito del Sistema Bibliotecario Nazionale: un testo a stampa diffuso dalla Scalera Film <131, il «Visto Censura 30539» approvato il 2 marzo 1939 <132 e un opuscolo danese che ho acquistato da un collezionista di Aalborg <133. Entrambi i documenti italiani riproducono lo stesso testo con numerose varianti dovute al limite di spazio imposto dal modulo ministeriale. La fonte danese ha la forma del materiale promozionale indirizzato a una platea che si presume ignori tanto il cast quanto il romanzo di de Céspedes: l’opuscolo presenta i personaggi, introduce gli attori, riassume la trama del film. Si tratta quindi della traduzione di un estratto. Significativamente, il film è stato tradotto con il titolo “Donne pericolose” spostando l’attenzione dagli sportivi alle affascinanti co-protagoniste femminili – nel film ce ne sarà più di una – che tentano il giovane boxeur.
[NOTE]
119 Alba de Céspedes, Io, suo padre, cit., 101
120 Ivi, p. 81.
121 Ivi, p. 127.
122 «Non può fare ameno di lei, per la carne. Non vive che per averla […] egli non vorrebbe altro che baciarla, prenderla sempre e non è contento neppure così». Ivi, p. 98.
123 Ibid.
124 Ivi, pp. 85-86. Si confronti questo passo con le prime pagine di Dalla parte di lei e con quell’«ineffabile stato d’animo […] da me definito “Alessandro”». Ead., Dalla parte di lei, in Romanzi, cit., p. 310.
125 Ulla Åkerström, La prospettiva politica in Io, suo padre, cit., p. 228.
126 Cfr., Carole C. Gallucci, Alba de Céspedes’s Io, suo padre, cit.
127 Piera Carroli, Colloqui con Alba de Céspedes, cit., p. 136.
128 Ibid.
129 Lettera di Alba de Céspedes a Raleigh Trevelyan, Roma, 15 ottobre 1969, FAAM, FAdC, CorrPr, b. 17, fasc. 1 Anni Settanta.
130 Monica Cristina Storini, Fatti di poca importanza: la forma racconto, in Alba de Céspedes. Approfondimenti, cit., p. 72.
131 s.a., Io, suo padre. Soggetto cinematografico dal romanzo di Alba de Céspedes, Roma, Scalera Film, s.d. L’unica copia identificata di questo fascicolo a stampa è conservata presso la Biblioteca Luigi Chiarini del Centro sperimentale di cinematografia di Roma, Inv. 89455, Coll. 1 01 079 13.
132 I nulla osta della Direzione Generale della Cinematografia sono consultabili sul sito del progetto «Italia Taglia» che ha reso accessibile buona parte dei documenti del Registro Protocollo della Censura Cinematografica. Visto 30539: ‹https://www.italiataglia.it/files/visti/30539.pdf›, ultima consultazione 30.1.2023.
133 Farlige Kvinder [Donne pericolose], Merkur Film A/S, [1942].
Giulio Ciancamerla, Le intellettuali e il cinema. Il caso Alba de Céspedes, Tesi di Dottorato, “Sapienza” Università di Roma, 2023

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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