Un santuario protostorico: il Monte Bego

Ad un’ottantina di chilometri da Nizza in territorio francese il MONTE BEGO (scisti e arenarie del massiccio del Mercantour tra i 2000 e i 3000 m. di altitudine, a S.-O. del Colle di Tenda) costituisce il cardine di tutto il sistema orografico e territoriale tra la valle del Roia, parte in area italiana e parte in territorio francese, e la val Gordelasca nel nizzardo, quindi interamente appartenente alla Francia.
Il MONTE BEGO, oltre che un nodo orografico fu anche uno splendido santuario a incisioni protostoriche di tutta Europa, un luogo dalla sacralità insita ove le forze della natura paiono scatenarsi mosse da forze ultraterrene: l’impressionante scenario di questa monumentale colata di roccia e dei repentini cambiamenti di condizioni climatiche, con l’espkosione di piogge e tormante ma anche di straordinari spettacoli come gli incredibili TRAMONTI non poté non esercitare formidabili suggestioni sui Liguri preromani, come sui popoli che li precedettero e come -bisogna pur ammetterlo- su quanti, tuttora, si immergono nello straordinario paesaggio del Bego.
Sin dal ‘600 ne parlò diffusamente il Gioffredo nella sua Storia delle Alpi Marittime: sulla montagna corsero voci diverse e spesso contrastanti, alimentate dall’eccezionalità del paesaggio e dalla variabilità del clima in cui, a momenti di serenità, si alternano subitanee tempeste, con fulmini,lampi e tuoni. Così mentre da un lato la superstizione (ma anche la letteratura parareligiosa o religiosa sia di approfondimento che di divulgazione) prese a definirlo come un luogo infernale popolato da diavoli e demoni d’altro canto l’erudizione non mancò, di fronte al crescente interesse culturale per i fenomeni naturalistici ed i reperti del passato, di decantarne il misterioso fascino, sì che si venne a formare per il sito l’emblematico toponimo di VALLE DELLE MERAVIGLIE, da identificare in parte nella selvaggia bellezza dell’ambiente ed in parte nelle “rocce parlanti” in virtù delle pur indecifrabili, antichissime incisioni.
Con gradualità le indgini sul sito si sarebbero sempre più estese ed approfondite, raggiungendo l’apice tra XIX e XX secolo, nonostante molto ancora resti da decifrare ed interpretare: in sostanza però si è alla fine giunti alla conclusione che il BEGO rientrasse nel sistema dello sviluppo di grandi centri religiosi, ricavati all’interno delle montagne alpine e disseminati un pò ovunque sin alle aride rocce della Scandinavia. Il BEGO costituisce quindi, vista l’abbondanza delle incisioni rupestri; un ‘”area privilegiata” in cui, in particolari periodi, si concentravano sacerdoti e fedeli per officiare i culti principali, quelli dell’agricoltura o del dio gueriero od ancora del dio del tuono (il caso del MONTE BEGO, è utile precisarlo, non costituisce un fatto isolato nel contesto delle Rocce e montagne sacre tipiche dell’ampio arco di tempo in cui si alternano varie manifestazioni religiose dal Neolitco all’inizio dell’età del Ferro: a titolo esemplificativo quali altri grandi santuari protostorici si possono ricordare i complessi, caratterizzati da incisioni rupestri, nella Savoia e, per qunato concerne l’Italia, non lontano da Brescia, il sito della Val Camonica, da giudicare uno dei più sontuosi luoghi di devozione visitati ripetutamente dai pellegrini dell’età del Bronzo).
Agli inizi del ‘900 le armi raffigurate tra le incisioni del BEGO (pugnali ed alabarde) fecero datare le incisioni all’età del Bronzo.
L’opera scientifica fu intrapresa dall’inglese P. Bicknell (dal 1881) e poi continuate dall’italiano Conti che individuò e distinse ben 20 zone ad incisione. Una svolta essenziale si ebbe poi dal 1967, da quando il gruppo di ricerca guidato da H. de Lumley ha studiato alcune diecine di migliaia di incisioni.
Un dei temi principali delle incisioni è quello degli animali cornuti rappresentati sia da soli che raggruppati ed anche nella figurazione di aggiogati a carri od aratri: la forma delle corna rimanda con lieve prevalenza ai bovidi ma molti animali rappresentati alludono, diversamente, a capridi: e tutte queste rappresentazioni inducono a credere ad un culto dell’agricoltura e dell’allevamento di origine neolitica.
La rappresentazione di armi, per quanto assai meno frequente (7,5% sulla globalità delle incisioni reperite) ha tuttavia un significato di rilievo. i pugnali sono infatti del tipo a codolo, propri del Calcolitico o del tipo ad impugnatra metallica come nel Bronzo anico.
Le alabarde od asce-pugnali sono infine armi caratteristiche del Bronzo antico e fanno sì che le incisioni possano essere datate al 2000-1500 a.C.
Non risultano numerose le incisioni antropomorfiche ma sono cariche di interesse, tanto che si son dati nomi particolari alle figure individuate: lo Stregone, il Capo della Tribù, L’uomo dalle braccia a zigzag (figurazione non sorprendente in un’area ove gli improvvisi e violenti temporali dovevano eccitare l’immaginazione), la Dea acefala, la Danzatrice, il Cristo: nell’interpretazione di J. Briard (Miti e religioni dal Neolitico all’inizio dell’età del Ferro in Preistoria e antichità, 2* in Storia d’Europa, Einaudi, Torino, 1994, pp.631-633) “…osservando la loro iconografia basata perlopiù su segni corniformi si è avanzata lìipotesi del DIO-TORO.
Un’ interpretazione suggestiva è stata poi fornita da E. Masson (La Vallée des Mervelles livre son message, in “Archéologie”, 1992, n. 276, pp.II-23) che ha ritenuto di doversi riconoscere in VAL FONTANALBA una zona a temi profani, vertenti su tematche agricole e di vita domestica, e in un altro sito una zona sacra distinta dalle rappresentazioni antropomorfiche, di miglior livello qualitativo: sulla base di questo schema e sul retroterra dei suoi studi in Anatolia, Masson ha quindi teorizzato un’evoluzione entro le rappresentazioni divine del MONTE BEGO.
La I generazione avrebbe lasciato le sue testimonianze ai piedi del Picco delle Meraviglie: qui il Masson collega l’Uomo dalle braccia a zigzag (identificato con il padre-cielo=Uranos) con la Dea acefala che sarebbe una rappresentazione della Madre Terra (Gaia): la loro unione sarebbe raffigurata dall’incisione di 2 pugnali paralleli con le lame volte nella stessa direzione.
La II generazione di figure antropomorfiche sacrali rappresenterebbe la frattura di questo complesso spirituale: secondo il Masson la chiave di volta per tale interpretazione sarebbe da individuare nell’incisione dello Stregone che brandisce sulla testa 2 pungnali, uno per mano mentre le lame, rivolte in questo caso in senso opposto, costituirebbero un segno di discordia ed ora il rifiuto della Dea Madre.
Il Trionfo del Dio della tempesta sarebbe poi da individuare nella stele nominata del Capo della Tribù: il personaggio è rappresentato con un pugnale piantato nella testa (un simbolo, forse, della folgore): le raffigurazioni vicine, tra cui due pugnali coi pomoli opposti costituirebbero, per Masson, un riferimento a “l’ordine terrestre e l’equilibrio cosmico.

da Cultura-Barocca

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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