Venezia. Milano, incontro con Manzoni

Mio caro Ivan Ivanovic,…
pensa un po’ da dove ti scrivo. Da Venezia! A questo nome davanti ai tuoi occhi chiusi appaiono Tasso, Byron e migliaia di ombre gigantesche e poetiche del passato. Abito sulla riva del Canal Grande, nelle stanze una volta occupate dall’imperatore Alessandro. Ho una camera ad angolo. Le finestre, come dappertutto in Italia, fino al soffitto e con balconi. Esco su di un balcone e davanti a me il largo canale e qualcosa di simile alla vista dalle finestre del Palazzo d’Inverno, sulla Borsa e sull’Ammiragliato a Pietroburgo: un’uguale ampiezza di acque; al posto della Borsa, la chiesa di San Giorgio Maggiore, e al posto della chiesa dei SS: Pietro e Paolo, la magnifica chiesa della Salute, il monumento alla salvezza di Venezia dalla peste bubbonica. Esco su un altro balcone e qui la vista e’ gia’ del tutto unica. Proprio davanti alla mia finestra si innalza, coprendola, l’enorme colosso di granito con San Teodoro sul capitello e accanto ad essa un’altra colonna col Leone alato di S. Marco: tutte e due monumenti dell’assedio di Tiro e delle crociate. Davanti ad esse la cosiddetta Piazzetta di San Marco, limitata da un lato dalla Chiesa di San Marco, dall’altra dal meraviglioso Palazzo dei Dogi, davanti al quale si stende l’ampia riva ove s’innalza una serie di magnifici edifici, tutti, fino all’ultimo, mausolei funebri del passato. Ma essi sono piu’ tristi di un monumento funebre. La tomba non e’ vuota; essa custodisce qualcosa che le e’ stato affidato per l’eternita’ e per l’eternita le appartiene; ma un magnifico edificio, destinato alla distruzione, esprime in modo che colpisce l’assenza di una grandezza o di una bellezza passata.

Ma basta! Lasciamo Venezia. Io non ho ancora veduto nulla; siamo appena arrivati e non abbiamo avuto il tempo di guardarci intorno. Piuttosto ti raccontero’ un’altra cosa, per te piu’ interessante.

Sono stato a Milano dal Manzoni. La cosa e’ avvenuta inaspettatamente. Io non speravo di avere questa fortuna perche’ mi avevano detto che Manzoni non riceve nessuno essendo ammalato e non amando la societa’. L’astronomo milanese Fraiani, che ho conosciuto ad Isola Bella pranzando dal Borromei e col quale abbiamo girato per Milano, si offri’ di andare dal Manzoni e di procurarmi questa gioia. Lo trovo’ a casa ed io fui ricevuto. Sono rimasto con lui due ore e, naturalmente, queste due ore fanno parte delle ore belle della mia vita: ho goduto del vivo sentimento della simpatia, simpatia per qualche cosa di elevato che porta nell’animo come un ordine luminoso e produce in esso una completa armonia, come e’ sua missione, ma che solo a tratti le e’ concesso in questa vita. Egli stava in piedi davanti al camino, quando io entrai, e subito mi offri’ un paravento a mano, invitandomi a sedere sul sofa’ di fronte al camino. Io mi sedetti come a casa mia, come presso un vecchio e caro conoscente, tanto mi sentii subito a mio agio. Io non sono fisionomista, ma il volto del Manzoni mi si e’ impresso nella memoria, sebbene non sappia descriverlo nei particolari, perche’ ricordo l’espressione di questo volto che mi piaceva tanto, ma non so di che colore sono gli occhi, i capelli ecc. Dei tratti regolari, il cui carattere e la cui nobilta sono una certa attraente finezza unita ad una leale modestia…

Balbetta un poco, ma questo difetto non guasta ed egli non se ne mortifica. Quel che abbiamo detto, in generale, me lo ricordo, ma non so riprodurlo in una lettera. So soltanto che questi pochi minuti sono stati per me di felicita’, come in passato simili minuti con Karamzin, a star col quale l’anima si riscaldava e comprendeva piu chiaramente perche’ si trova al mondo. Durante la nostra conversazione entro’ un giovane, il cui nome ho dimenticato; dopo essere rimasto un po’ con noi, ando via: era il bastone di Manzoni. La sua malattia, come egli stesso mi disse, e’ una forte irritazione dei nervi. Una volta, uscendo solo, cadde privo di sensi, e da allora non esce mai solo, ma sempre al braccio di qualcuno. Il giovane era venuto per accompagnarlo alla sua solita passeggiata mattutina. Io non lasciai sfuggire questa occasione e raccontai al Manzoni di te; ed egli mi disse che ti conosceva e mi porse un esemplare dei tuoi versi con la tua firma e all’atto di congedarmi mi disse di salutarti. Egli ricorda anche Vjazemskij. Io avevo comperato un esemplare delle sue opere complete e lo pregai di scrivervi il suo nome; ecco quel che egli ha scritto: “L’autore contera’ sempre tra i suoi giorni piu’ felici quello in cui gli fu dato di conoscere il signor Joukovsky, A.M.”. E adesso basta. Ti abbraccio cordialmente ecc. Zukovskij.
Comincio a imparare l’italiano e quando tornero’, probabilmente ti leggero’ le stanze del Tasso.

Vasilij Andreevič Žukovskij, Lettera da Venezia all’amico poeta Ivan Ivanovic Kozlov, 4 novembre 1838

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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