Venturi è anche il primo a scrivere su Spazzapan nel dopoguerra

Luigi Spazzapan, Geometrizzazione di un nudo femminile, 1947 – Fonte: www.museifriuliveneziagiulia.com

…nel ‘39 si formò a Bordighera un gruppo orientato verso i partiti della classe operaia e in particolare verso il partito socialista guidato da Guido Seborga, coadiuvato da Renato Brunati, Lina Meiffret e Beppe Porcheddu. Gli aderenti stabilirono contatti a Torino con il gruppo di Alba Galleano, Giorgio Diena, Vincenzo Ciaffi. Tra gli altri [Domenico] Zucaro, Raf Vallone, Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Carlo Mussa…
Pietro Secchia, Enzo Nizza, Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, Milano, La Pietra, 1968

Dattiloscritto di Guido Seborga, con correzioni, dedicato alla memoria di Luigi Spazzapan – Fonte: Laura Hess

Che cos’è il secondo dopoguerra se non la stagione successiva alla «perfetta classicità» o che svelle la «perfetta classicità», quindi uno straordinario big bang?
Big ovvero grande come Spazza [Luigi Spazzapan] rimpianto da un’anima persa non meno eccentrica, Guido Seborga: «Grande Spazza sei morto troppo presto / quando giro per Torino mi manca la tua invettiva…».
Bruno Quaranta, Un’altra anima nel catalogo (a cura di Gianfranco Schialvino) della Mostra Gli anni del Boom. Dalla Ricostruzione alla Contestazione. Arte in Piemonte dal 1946 al 1968, Bra, Palazzo Mathis, 8 settembre – 4 novembre 2012, Fondazione Cassa di Risparmio di Bra, Città di Bra, 2012

Luigi Spazzapan, Nebbia sotto i bombardamenti, 1942 – Fonte: www.museifriuliveneziagiulia.com

Maria Luisa Spaziani fondò “Il Girasole” nel luglio 1942, quando frequentava ancora l’Università di Torino. Attraverso quest’ultima entrò in contatto sia di persona che per corrispondenza con autori di spicco del secondo dopo guerra e del panorama letterario europeo.
[…] Sono anni molto difficili per Torino e per l’intera Italia, siamo nel culmine del secondo conflitto mondiale, eppure vi sono ancora artisti e letterati che si riuniscono per discorrere di cultura. Si tratta di un gruppo di giovani letterati che si ritrovavano al Caffè Fiorio, locale storico di Torino; il circolo era formato da Vincenzo Ciaffi, Oscar Navarro, Piero Bargis, Guido Seborga, Umberto Mastroianni e Luigi Spazzapan. Come si diceva è proprio grazie a Ciaffi che la Spaziani entrerà in contatto con Seborga, futuro capo redattore della rivista letteraria.
La rivista nasce come quaderno editoriale nel luglio del 1942, il titolo verrà poi mutato ne “Il Dado” in seguito ad una lettera di Vanni Scheiwiller nella quale era espressamente chiesto di cambiare nome alla rivista perché ne esisteva già una dallo stesso titolo da lui fondata.
La rivista esce nel febbraio del 1943 con il nome mutato e, proprio a partire da questa nuova dicitura, si potrà comprendere il forte interesse letterario che i collaboratori del quaderno editoriale avevano nei confronti dell’Europa.
Giulia Dell’Anna, L’universo poetico di Maria Luisa Spaziani, Tesi di laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno accademico 2011/2012

Luigi Spazzapan, Santone (evangelista), 1955-56, olio e smalti su tavola, 84 x 64 cm. Courtesy Galleria Regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan – Fonte: exibart cit. infra

In un noto saggio del 1960 <5, il filosofo, pittore e critico d’arte torinese Albino Galvano sosteneva che la pittura a Torino, dopo il 1945, si polarizzasse fra due numi tutelari: Felice Casorati da una parte, Luigi Spazzapan dall’altra. Il primo, secondo Galvano, aveva poco da dire alle nuove generazioni, se non per una lezione «intellettuale ed etica piuttosto che estetica» <6. Tuttavia, come farà notare Giuliano Briganti, in Casorati si ravvisava quell’aspetto di staticità di Torino, che non poteva che opporsi a istanze espressionistiche e postcubiste con il suo formalismo «invincibilmente “provincia”, ma che voleva esprimersi in europeo» <7, costituendo comunque una minaccia, a cui ci si sentì di contrapporre, come contraltare, un pittore come Spazzapan, punto di riferimento per Mattia Moreni e per Umberto Mastroianni, che con lui saranno nella giuria del tanto discusso Premio Torino del 1947.
[…] Ma Venturi, che è anche il primo a scrivere su Spazzapan nel dopoguerra (nel 1946 <12) sosteneva che le radici dell’arte astratta risiedevano nelle deformazioni cubiste. Tutto questo mostrava una particolare sintonia fra lo studioso e le posizioni critiche d’oltralpe, per esempio quelle di Jean Cassou, cui lo univano non pochi punti di contatto <13. Era quindi indice di una moderata apertura verso il moderno che andava nel segno delle avanguardie storiche e del perpetuarsi di quella tradizione, escludendo dall’orizzonte altre istanze che nel frattempo si stavano affacciando sulla scena artistica sia italiana sia, soprattutto, francese. La questione, però, non era soltanto di ordine estetico, ma anche politico.
Un indice della difficoltà da parte dell’avanguardia si rileva già dalle note vicende dell’edizione 1947 del Premio Torino, maturato, come fa notare Mirella Badini, in un clima ideologico di sinistra <14, che scuote la critica: qui, infatti, si avverte che molti artisti prima di ambito naturalista e post impressionista, si palesano improvvisamente vicini alla lezione francese <15.
Il comitato del Premio, presieduto da Spazzapan e costituito da Mastroianni, Moreni, Sottsass Jr., Oscar Navarro e Pietro Bargis, faceva un primo tentativo di apertura al nuovo, sebbene limitato, nei fatti, al solo Fronte Nuovo delle arti e ai primi sintomi del picassismo in Italia. Per quanto il postCubismo non costituisse una novità assoluta, pur dovendosi fare ancora strada in Italia, guardare a Picasso costituiva una scelta di libertà, confortata da un risveglio neocubista in Francia <16 cui gli artisti e i critici non erano rimasti indifferenti. Non a caso, infatti, se il picassismo 1947-1950 impediva di guardare all’astratto puro <17, pittori come Moreni guardavano alle istanze picassiane di Edouard Pignon, Tal Coat e Borès <18.
[…] La successiva stagione 1950-1951, poi, sarebbe stata contrassegnata da alcune mostre di un certo significato: in un andirivieni di pittori italiani storici e giovani, torinesi e non23, infatti, per la prima volta si potevano vedere in città opere di Kandinsky e Klee, anche se non sempre con reazioni lusinghiere <24.
Ci si avviava così verso quella che Albino Galvano, non senza ironia, pur schernendosi dietro la maschera del cronista che riporta le voci degli artisti “al caffè”, aveva definito una “dittatura artistica”:
“a Torino, città così poco propizia ai dittatori politici, di “dittatori” in campo artistico – sono sempre gli artisti al caffè che parlano – si fa scialo. Dittatura di Giacomo Grosso, dittatura di Leonardo Bistolfi, dittatura di Felice Casorati, dittatura di Luigi Carluccio: sembra la storia di una repubblica centro-americana, senza vittime da noi e che riportiamo per dovere di cronaca, il fatto che l’ultima di queste personalità non fosse quella di un artista, ma di un critico e di un consulente di gallerie, avrebbe prodotto un risultato felice – non ho scritto Felice -: la possibilità di lasciar Casorati “in carica” e nel medesimo tempo di porre sotto la tutela delle medesime forze politico-economiche il suo più diretto rivale, Luigi Spazzapan (mancato due anni or sono [nel 1958, N.d.A.]). Miracoli della Democrazia Cristiana? […] Il vecchio bestemmiatore goriziano colla museruola e il discepolo di Ardigò e “libertino” – nel senso dei secenteschi e di Caiumi, non si fraintenda – che quasi dipinge in ginocchio come il Beato Angelico, per di più aggiogati alla medesima organizzazione di mercato, sarebbero i miracoli di cui il critico della “Gazzetta del Popolo” [Carluccio, N.d.A.] potrebbe andar orgoglioso” <25.
[…] Pistoi però sa bene, e lo dichiara nel suo articolo, che Guttuso, Mafai, Gentilini e altri erano stati invitati, ma non avevano risposto all’invito, e che questo motivava lo sbilanciamento a sfavore del realismo sociale, rimanendo soltanto Birolli, Cassinari, Menzio, Pirandello e Spazzapan a non aver ceduto a ricerche solamente formali. È segno di una involuzione, tornerà a ribadire in un secondo articolo sulla mostra <209, poiché a Torino si sta cercando di instaurare una mostra periodica delle tendenze «più formalistiche e cosmopolite dell’arte italiana», senza curarsi se questo potesse andare a genio o meno al pubblico, che si sta avvicinando alle arti, ma per quella via del realismo qui invece assente. Non mancavano, in effetti, manifestazioni che a Torino fondavano lo scambio italo-francese su basi più accostanti, sebbene con un approccio del tutto dilettantesco <210.
[NOTE]
5 Galvano, La pittura a Torino dal 1945 a oggi cit.
6 Ivi, p. 141.
7 Briganti, Ma quanti brutti quadri Madama Dorè, “La Repubblica”, 15 agosto 1981 (cit. Francesco Poli, Arte a Torino 1946-1947. Qualche considerazione sul vecchio e il nuovo, in Arte a Torino, cit., p. 13).
12 Cfr. Arte a Torino, cit., pp. 207-208
13 si veda anche Jolanda Nigro Covre, Lionello Venturi, Jean Cassou e Léon Degand, “Storia dell’arte”, XXXIII, 101, gennaio-aprile 2002, pp. 138-144.
14 Mirella Bandini, Dal “Premio Torino” a “Francia-Italia”, in Arte a Torino, cit., p. 32.
15 Ibidem.
16 Su questo tema si veda: Antonello Negri, Il Realismo. Dagli anni Trenta agli anni Ottanta, Bari, Laterza, 1994, pp. 91-100; Paris Paris 1937-1957, (Parigi, Centre Pompidou, 28 maggio-2 novembre 1981) a cura di Pontus Hulten, Parigi, Centr Pompidou, 1981, pp. 206-215.
17 Poli, Arte a Torino, cit., p. 17. Tristan Sauvage, Pittura italiana del dopoguerra (1945-1957), Milano, Schwarz editore, 1957, pp. 128-129
18 Ivi, p. 15.
25 Galvano, La pittura a Torino dal 1945 ad oggi, cit., p. 137.
209 Luciano Pistoi, Torino tenuta lontana dal fervore che sta rinnovando l’arte italiana, “L’Unità”, 17 ottobre 1952.
210 Lo si deduce dall’articolo Parigi a Torino coi pittori all’aria aperta, “Stampa sera”, 1 ottobre 1952: vedi capitolo introduttivo. Un altro caso di mostra dilettantistica ispirata però a un concetto di confronto si ricava da La valle del Cervo in una Mostra di pittori italo-francesi, “Il Biellese”, 30 settembre 1952. Questa volta si tratta di un gruppo di pittori italiani e francesi, capeggiati da Roberto Luciano, che si sono messi a dipingere all’aria aperta il paesaggio prima della Rivieira ligure, poi, dopo Limone Piemonte e Nizza, sono approdati nella Valle del Cervo. Se ne parla anche in M.R., Pittura italo-francese alla Camera di Commercio, “L’eco del Monviso”, 27 novembre 1952, “Corriere di Mondovì”, 27 novembre 1952; “L’Eco della zizzola”, 27 novembre 1952; “Corriere albese”, 27 novembre 1952; “La vedetta”, 27 novembre 1952; R. Codogni, La mostra di pittura italo-francese indetta dalla “Pro Cuneo” alla Cam. Di Commercio, “Il Subalpino”, 25 novembre 1952.
Luca Pietro Nicoletti, Parigi a Torino. Storia delle mostre “Pittori d’Oggi. Francia-Italia”, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Milano, Anno accademico 2011/2012

Luigi Spazzapan, Marina, s.d. – Foto: ©Daniele Molineris – Fonte: Museo Luigi Mallé di Dronero (CN)

… e per quanto riguarda Spazzapan tutte e quattro le opere esposte a Kassel (Notti africane, Estate, In blu, Ocra gialla) erano state proposte alla Biennale
Anna Zinelli, Documenta 1955-1964. Dalle origini all’istituzionalizzazione del “museo dei cento giorni”: la messa in scena, i modelli teorici e la presentazione dell’arte italiana, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Parma, 2015

Luigi Spazzapan, Pescatore sul Po, 1934 – Fonte: www.museifriuliveneziagiulia.com

Fino al 13 marzo 2022 a Gradisca d’Isonzo, a pochi chilometri da Gorizia, la Galleria Regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan presenta al pubblico cinque opere inedite di Luigi Spazzapan (1889, Gradisca d’Isonzo – 1958, Torino) del fondo “Milva Biolcati – Maurizio Corgnati”, donate da Martina Corgnati, «storica dell’arte e figlia della grande cantante e attrice teatrale di Goro e del noto regista, documentarista e scrittore di Torino», come ha ricordato il museo.
Le opere sono Pesci sul tavolo (1932), La camicia bianca (1935 c.), Deposizione (con angelo)(1945), Cosma e Damiano benedicenti (1951), Santone (evangelista) (1955-56), «opere che rappresentano in modo significativo gran parte del percorso artistico e di ricerca di Luigi Spazzapan, il quale, dopo il periodo di attività svolta nell’Isontino dal 1928, si trasferì a Torino rimanendovi per tutta la vita». In questa occasione – ha proseguito il museo – le opere del fondo “Milva Biolcati – Maurizio Corgnati” sono esposte «assieme a una selezione di sue opere appartenenti alle collezioni Giletti e Citelli, in un allestimento che ripercorre l’intero iter artistico di Spazzapan: dai primi richiami all’Espressionismo che si condensano nell’incisività del segno e nella forza del colore, ai tratti più morbidi di derivazione impressionista francese, verso i quali l’artista virò dopo l’arrivo a Torino; dalle strutturazioni geometriche degli anni ’40, all’ultima fase informale, tutta puntata sulla predominanza del colore sulla linea».
Visto il significato che la donazione riveste per il museo, per tutta la durata della mostra l’ingresso alla Galleria Spazzapan sarà gratuito.
Le parole di Martina Corgnati
Martina Corgnati ha spiegato, nelle sue parole diffuse dal museo, il legame tra queste opere e la sua famiglia: «Mio padre, prima di sposarsi, dormiva col Gatto sopra alla testata del letto, mentre paesaggi, ritratti e nature morte, i Valentini e i Santoni erano appesi a quadreria dal soffitto al pavimento delle abitazioni dove da scapolo, risiedeva. Chiaro che, una volta accasatosi piuttosto tardi, – aveva 44 anni – con mia madre quasi ragazzina, i quadri si trasferirono in buona parte nella nostra casa di corso Re Umberto a Torino. E anche Milva, giovane promessa della musica italiana e fin lì del tutto ignara di arte e pittura, incominciò ad apprezzarne la forza, l’intensità espressiva.
Mia madre non ha potuto conoscere Luigi Spazzapan, visto che alla morte dell’artista, nel febbraio del 1958, lei aveva solo diciott’anni e non era ancora arrivata a Torino. La sua pittura, però, si può dire che fosse entrata in lei, tanto che, dopo la separazione e il trasferimento a Milano, i dipinti che ora approdano a Gradisca d’Isonzo hanno costituito il suo paesaggio domestico per cinquant’anni, senza essere mai una volta spostati, prestati o messi in dubbio. Il Santone blu in sala, i Pesci sul tavolo da pranzo, la Deposizione sulla testata del suo letto.
Per questo come storica dell’arte e figlia di questa coppia a suo modo straordinaria, desidero che la mia donazione costituisca il fondo “Milva Biolcati – Maurizio Corgnati” alla Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo: un fondo che da parte mia vuole essere omaggio permanente alle figure di mio padre, per la sua cultura, generosità e umana condivisione dei valori dell’arte, e di mia madre, per il suo grande viaggio nella musica e nella vita. Viaggio che l’aveva portata anche da queste parti con la Variante di Lüneburg, il romanzo di Paolo Maurensig musicato da Valter Sivilotti e adattato da Walter Mramor, che aveva magistralmente interpretato» […]
Redazione, Gli inediti di Luigi Spazzapan del fondo Biolcati-Corgnati, alla Galleria Regionale di Gradisca d’Isonzo, www.exibart.com/

Luigi Spazzapan, Senza titolo, s.d. – Fonte: Collezione della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia

Per Antonio Sabatelli (in arte Saba Telli) tra l’arte e la vita non c’è distinzione, bensì una coincidenza a tinte forti, oltre le convenzioni e in estrema libertà che sfocia talvolta, nell’anarchia e in aspre contraddizioni.
[…] Le due figure di riferimento del suo percorso formativo sono Luigi Spazzapan come artista e pensatore, accanto ad Andrea Caffi come maestro di vita, un hippy anti litteram, i quali orienteranno Antonio verso l’Esistenzialismo e l’Umanesimo ateo, che professano la libertà e la responsabilità di ciascuno di condurre una vita senza senso compiuto.
Saba Telli a Torino da Spazzapan trae la lezione fondamentale del suo stile pittorico e forse anche qualche atteggiamento iroso, aggressivo e anticonformista., ma frequenta altresì i corsi dell’Accademia Albertina per acquisire una preparazione tecnica di base più vasta.
Il pittore già preparato dall’esperienza con Spazzapan, affronta nel dopoguerra la visione artistica antintellettuale, istintiva e materica dei Cobra, dell’Art Brut e del Surrealismo con lo spirito ironico, il grottesco o il non senso, esaltato da un marcato cromatismo espressionista […]
Giovanni Maina, Antonio Sabatelli, genio e libertà, al Priamar, Trucioli, 21 gennaio 2016

Luigi Spazzapan, Progetto per decorazione murale, 1923 – Fonte: www.museifriuliveneziagiulia.com

Alcune delle osservazioni qui proposte erano state già accennate in “Frontiere d’avanguardia” <11, catalogo della mostra sul Futurismo nella Venezia Giulia. La mostra individuava nella città di Gorizia il punto di arrivo delle novità artistiche, ma la considerava anche un fertile terreno per lo scambio di idee, luogo di dibattiti culturali e, non ultimo, un punto di partenza per la diffusione di altre correnti. Molto più esaustiva è invece la più recente pubblicazione “Il Novecento a Gorizia” <12. Il saggio introduttivo “Note sulla vita culturale a Gorizia tra le due guerre” pone le basi di un discorso più ampio che si sviluppa con la collaborazione di studiosi sloveni: Irene Mislej, ad esempio, che scrive sui “Riscontri sloveni alle vicende artistiche del goriziano”. Questo può essere considerato uno dei maggiori riferimenti bibliografici della tesi per l’importante analisi fatta che ha permesso di continuare le ricerche in questa direzione, allargandole all’intero Litorale.
Sempre nello stesso ambito una buona discussione critica, ma priva di fonti documentarie è contenuta ne “L’arte slovena del 20. Secolo nel goriziano” <13. Di particolare interesse per la questione sono i contributi di Marko Vuk “I frutti della fioritura degli anni 20” e di Milko Rener “La generazione dispersa degli artisti sloveni del Litorale e del Goriziano”. In questi saggi viene analizzato il contesto culturale del quale si occupa anche questa tesi, descrivendo le attività culturali sulla base dei periodici esistenti, e vengono indicati gli orientamenti artistici dei protagonisti, i luoghi della loro formazione e le influenze che hanno avuto altri artisti su di loro e viceversa. Vengono considerati molti aspetti del contesto: l’eterogeneità dell’ambiente goriziano, l’influenza della politica fascista sulla popolazione slovena, le possibilità di impiego per coloro che resistettero alle pressioni politiche, gli spunti visivi provenienti dall’estero, e, non ultime, le tendenze figurative per ognuno degli artisti citati: si trovano infatti spesso citati il futurismo, l’impressionismo, l’espressionismo, il realismo, la nuova oggettività, ecc.
In questo testo però a volte è eccessivamente marcato l’aspetto della nazionalità, parlando di Lojze Spazzapan, per esempio: “Non è stata ancora chiarita la questione se questo eccellente artista appartenga alla cultura slovena o a quella italiana […]” oppure “[…]ma sono convinto che in fondo dell’animo Lojze (Luigi) Spazzapan, è stato, in fin dei conti, un artista dotato di una sensibilità «slovena»”. Rimarcare l’appartenenza nazionale non ha senso, se non viene rapportata ad uno stile o a delle influenze visive che dovrebbero essere totalmente diverse tra loro e inconfondibili l’una con l’altra. Parlare al giorno d’oggi di distinzioni nette tra nazionalità, in un ambiente così osmotico tra le culture italiana e slovena, in riferimento alla sola attività artistica può essere fuorviante, a meno che non sia supportato da specifici documenti <14.
Molto quindi si è detto sul goriziano, meno su Trieste e il suo entroterra: gli aspetti dell’integrazione tra culture sono state trattati in una mostra e nel suo relativo catalogo, che hanno descritto sommariamente questa fusione tra culture <15. L’ambiente triestino è sempre stato lasciato un po’ al margine, forse per la complessità degli eventi, forse perché la situazione era diversa dal goriziano. Si può dire che la bibliografia italiana recente abbia portato importanti contributi all’argomento, spesso entrando in modo molto acuto e profondo nella trattazione di questioni prima poco indagate. La critica procede però sempre per piccoli settori, senza mai arrivare ad una visione d’insieme che prenda in considerazione tutte le componenti storiche e le influenze artistiche.
[…] Per Spazzapan molti sono gli studi in italiano ma pochi quelli in sloveno, sicuramente a causa del suo trasferimento in Italia e dei legami con artisti italiani piuttosto che sloveni.
[…] La Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo è invece accessibile, ben organizzata, ma ha una biblioteca difficilmente consultabile poiché manca un catalogo della documentazione.
[…] Le fonti visive, cioè la produzione artistica dei singoli artisti, era già stata in parte analizzata nelle monografie ad essi dedicate <105; questo tipo analisi mira per lo più a stabilire l’ordine dei singoli percorsi, piuttosto che favorire l’incrocio dei dati tra essi. Inoltre questo tipo di materiale è di difficile reperimento perché disperso nel corso degli anni in infinite collezioni pubbliche e private, tutte o quasi di difficile accesso <106.Archivi personali di questi artisti non ce ne sono, a parte rari casi, come quello di Veno Pilon, conservato presso la galleria che porta il suo nome ad Ajdovščina, o quello di Spazzapan. Documenti riguardanti questi artisti sono talvolta conservati presso vari fondi pubblici e privati <107, ma non in misura tale da contribuire significativamente alle ricerche.
[…] In generale, la buona convivenza tra persone che parlavano diverse lingue ma avevano la stessa formazione, aveva favorito la creazione del Circolo Artistico Goriziano, presieduto da Antonio Morassi sin dall’anno di formazione: il 1922 <153. Tra i membri del Circolo, che si prefiggeva lo scopo di promuovere le arti attraverso l’attività espositiva <154, c’erano anche alcuni artisti del gruppo preso in considerazione: Ivan Čargo, Veno Pilon e Luigi Spazzapan, che si univano ad artisti di origine italiana, tra i quali: Vittorio Bolaffio, Gino de Finetti, Edoardo del Neri e altri ancora, e allo scrittore Sofronio Pocarini.
[…] Tuttavia queste opportunità offerte da Gorizia nel biennio 1924-1925 cessarono improvvisamente, dopo che Antonio Morassi si trasferì a Trento. Anche gli artisti sloveni di lì a poco lasciarono l’ambiente goriziano: Veno Pilon si trasferì a Parigi, Ivan Čargo a Lubiana, dove aveva trovato un ambiente all’avanguardia consono alle sue aspettative, Lojze Spazzapan si spostò a Torino e August Černigoj a Trieste, dove fondò il Gruppo Costruttivista.
[…] Del resto anche la critica italiana vedeva questa esposizione come un saggio delle varie tendenze artistiche apprese nelle Accademie nelle quali gli artisti della regione di norma studiavano. Va detto inoltre che nell’ambiente goriziano gli stimoli visivi si erano diffusi uniformemente, e nel gruppo degli sloveni le tendenze erano molto diverse. Sul periodico del Movimento Futurista Giuliano, intitolato “L’Aurora”, l’esposizione venne così recensita:
Accanto ad artisti illustri e celebrati dalla critica ufficiale quali Italico Brass, hanno esposto i futuristi Luigi Spazzapan, Giovanni Ciargo, Sofronio Pocarini e gli avanguardisti Veno Pilon, Gino de Finetti, Vittorio Bolaffio. Diamo qui qualche riproduzione dei lavori esposti. Ci riserviamo di fare una ampia critica, specialmente dei lavori dei forti e originali pittori futuristi Luigi Spazzapan e Giovanni Ciargo, i quali hanno molto ingegno e che sapranno indubbiamente affermarsi nel mondo artistico, con le loro continue e nuovissime ricerche <173.
L’anonimo critico italiano infatti percepisce Spazzapan e Čargo come futuristi e fa notare che il carattere espressionista e “avanguardista” di Veno Pilon contribuisce all’organicità e varietà dell’esposizione.
[…] Da un’analisi comparata delle esposizioni organizzate in Slovenia e sul Litorale, si può notare che molti artisti sloveni si affermarono prima a Lubiana che nei luoghi natii: Čargo, Pilon, i fratelli Šantel, Bucik e Spazzapan parteciparono regolarmente alle mostre di Lubiana dal 1920 al 1924, ancor prima cioè della Prima Esposizione Goriziana del 1924.
[…] Da parte sua, invece, Čargo fu l’autore di due articoli riferiti all’esposizione, nei quali descrisse i lavori di tutti gli artisti presenti, dedicandosi con maggior enfasi ai lavori di Spazzapan <206, che rappresentò come “stilista costruttivista delle armonie lineari” in lotta con la tradizione, verso l’“avanguardia” .
[…] Va ricordato inoltre che nel mese di luglio del 1925, un mese prima della mostra di Čargo, ci fu un ulteriore stimolo allo sviluppo dell’avanguardia giuliano, grazie alla visita di Artus Černìk, redattore della rivista “Pasmo” di Brno <208.
Nell’annunciare il suo arrivo a Grado ad altri componenti del suo gruppo (7 luglio), Artus Černìk esprime il desiderio di realizzare un incontro con Pocarini e i rappresentanti del futurismo giuliano al fine di discutere “de choses comune d’art moderne”. Il viaggio previde una visita a Trieste, ove Černìk ebbe l’occasione di conoscere esponenti del movimento triestino <209.
A questo incontro seguì un incontro il giorno successivo a Grado, al quale parteciparono Spazzapan, Carmelich, Dolfi e Pocarini, ai quali Černìk scrisse il 20 luglio da Praga “ringraziando delle amichevoli accoglienze manifestategli” e auspicando “che i legami tra l’avanguardia ceka e i giovani italiani divengano sempre più stretti” <210.
[…] Sempre nel 1927 iniziarono a Trieste le esposizioni organizzate del Sindacato Fascista delle Belle Arti, perciò le esposizioni da quell’anno vennero in qualche modo “controllate” dal Sindacato <223, e non ci fu un’attività espositiva parallela, se non quella rappresentata dalla gallerie private, che normalmente si dedicavano alle esposizioni personali.
In quest’anno inoltre si infittirono le partenze degli sloveni del Litorale: ci fu chi scelse mete più favorevoli dal punto di vista artistico, come Pilon e Spazzapan, che si spostarono rispettivamente a Parigi e a Torino
[…] “In breve: la passività degli artisti di Trieste non si può eludere. E ne sono influenzati anche gli artisti sloveni, dal momento che sono coinvolti in tali eventi. In questa occasione, vorrei richiamare l’attenzione sulla possibilità di realizzare mostre personali dei nostri artisti, dove potrebbero dimostrare la loro abilità. A Trieste e Gorizia abbiamo alcune forze giovani, che probabilmente potrebbero mostrare qualcosa d’altro, e allo stesso tempo potrebbero cominciare a costruire qualcosa da soli” <244. [ant. 35]
Di certo Černigoj si riferiva a Čargo, Pilon e Spazzapan che avevano esposto a Gorizia nel 1924 e a coloro i quali avevano formato assieme a lui la Scuola di Attività Moderna. E a conclusione dell’articolo troviamo ancora una volta un’aperta dichiarazione sulla validità degli aspetti del costruttivismo e su come quest’ultimi possano essere stati diffusi in Italia dagli artisti sloveni, e quindi, arrivando alla realtà locale, a Trieste dai suoi connazionali.
[…] È infatti in un articolo pubblicato sullo “Slovenec” di Lubiana, da un anonimo critico, che troviamo al contempo lo stupore e una dura critica, il cui testo esprime anche frustrazione e fastidio per la situazione corrente.
“Non capita spesso ad un pittore sloveno di riuscire con le proprie opere di affermarsi in qualche mostra triestina. L’intolleranza nazionale delle giurie triestine si spinge al punto da sbarrare le porte al pittore sloveno locale, senza considerare la minor o maggior qualità delle sue opere. Per gli “sc’iavi” non c’è mai stato spazio alle mostre triestine. Le giurie italiane con ciò volevano preservare la consueta opinione dei triestini italiani: che gli sloveni possano essere tutt’al più buoni contadini e diligenti domestiche. Per questa ragione è così importante il successo dei pittori Veno Pilon e Lojze Spazzapan alla mostra al Giardino Pubblico di Trieste. Il riconoscimento è tanto più prezioso, poiché arriva dal versante italiano”. [ant. 44]
La scelta dell’ammissione all’esposizione di questi artisti, appare tanto più strana se consideriamo che questa fu la prima esposizione organizzata dal Sindacato, il quale nella funzione di “promotore” di una politica culturale, aveva permesso la comunicazione di idee “politiche” oltre che artistiche, attraverso l’esposizione del Gruppo Costruttivista triestino.
[…] Va infine notato che Lubiana accolse calorosamente gli artisti sloveni che lì cercarono rifugio: nel giugno 1928 venne organizzata un’esposizione che ambiva a ripercorrere le tappe della modernità artistica slovena, nel decennio successivo alla Prima guerra mondiale: “Slovenska moderna umetnost 1918-1928” (Arte moderna slovena 1918-1928). Tra i vari artisti parteciparono anche Čargo, Pilon, Spazzapan, Černigoj e Gorše.
[…] “Luigi Spazzapan sembra battere, in linea generale, lo stesso sentiero del Pilon, ma si trova però al margine opposto. L’occhio non esperto li considererà fratelli, ma non è il caso. Nel Pilon predomina l’influenza della scuola francese, lo Spazzapan, invece, è sottomesso all’Espressionismo tedesco. Non si stimi però lo Spazzapan di sensibilità inferiore a quella del Pilon, tutt’altro!” <294. Questo sono stati i principali concetti espressi dal prof. De Tuoni in toni veramente entusiastici. Purtroppo non basterà una critica entusiasta per rompere i pregiudizi del pubblico triestino nei confronti di tutto ciò che è sloveno, e di certo non condividerà la sua critica, ma già la sola iniziativa è apprezzabile…” [n.d.r.: da un giornale in lingua slovena citato in un’altra pagina nella tesi di Giulia Giorgi]
[…] “Squille isontine. Rivista politico-economico-letteraria”, Gorizia, 1925-29.
Mensile di formato ridotto, si propone di fare un resoconto delle attività di Gorizia e provincia, privilegiando gli aspetti culturali. L’immagine di copertina viene disegnata da Lojze Spazzapan e sarà usata dal dicembre 1925 al luglio 1926.
[NOTE]
11 (Masau Dan, Frontiere d’avanguardia. Gli anni del Futurismo nella Venezia Giulia 1985).
12 (Delneri 2010).
13 (Cultura slovena nel Goriziano 2005).
14 Per es. elementi visivi evidentemente diffusi sul territorio sloveno e che difficilmente erano stati diffusi su quello italiano, e viceversa, ma i casi sono rari.
15 (Dualità: aspetti della cultura slovena a Trieste 1995).
105 Studi sistematici sono stati fatti soltanto per August Černigoj, France Gorse, Veno Pilon, Lojze Spazzapan e Lojze Spacal, mentre per molti altri non abbiamo alcuna monografia.
106 Molte opere degli artisti sloveni operanti nella zona di confine andarono distrutte durante il periodo fascista e durante la guerra. Quelle invece che si sono conservate, sono distribuite in numerosi spazi pubblici, ma difficilmente visitabili, o presso privati e non accessibili. Tuttavia le informazioni che possiamo trarne ci danno soltanto un’idea parziale della complessità delle storie personali e del fitto intreccio di influenze e di stimoli artistici provenienti da altre città.
107 Nel fondo “Fran Vesel” conservato alla Biblioteca Nazionale di Lubiana, sono conservati ad esempio documenti manoscritti e dattiloscritti di France Gorše. Fotografie, cataloghi delle esposizioni, e documenti sulle attività delle gallerie slovene sono in parte conservati presso la Sezione di Storia della Biblioteca Nazionale slovena di Trieste.
153 (Delneri 2010), p. 10.
154 “Sappiamo da “La voce di Gorizia”, diretta da Pocarini, che nell’aprile del 1922 si costituì in città il “Circolo Artistico Goriziano” col proposito di diventare “un luogo di ritrovo, dove gli artisti” potessero “conoscersi, riunirsi a parlare dell’arte loro e dei loro studi, prendere accordi per possibili iniziative comuni, esposizioni, conferenze, concerti” (Ferrari 2012), p. 145.
173 (Alla prima esposizione goriziana Luglio 1924).
206 “Finché ci sono l’anima e l’irrequietezza, ci sono la forza e lo sviluppo. C’è l’evoluzione veemente – la creazione e la negazione; ci sono due forze contrastanti che vivono una nell’altra. In questa imperturbabilità c’è Lojze Spazzapan con la sua arte. Alla ricerca di nuovi mondi. In una dura lotta contro tutti i predecessori, con la tradizione (Avangardia). Estremo nella rappresentazione, uno razionale che va per la sua strada – una frecciata sanguinosa. Avanti! Le sue incisioni. Ogni incisione è una provetta, in ogni provetta un composto diverso. Caricaturista dell’affronto profondo fino a archetipi animaleschi, tecniche di precisione sia nell’astratto che nelle rappresentazione elementari. Stilista costruttivista dalle armonie lineari. Un sintetizzatore che scompone. Espressivo nella concezione e nell’esecuzione. “Veno Pilon”, “Case”, “Bottiglia e bicchiere”, “Salice”, “Lurida” ecc Racconta molto di sé a chi lo ascolta; prende per il naso i conservatori. Non avendo esposto collettivamente, c’è nelle sue opere grafiche uno spirito che si esprime fortemente attraverso questi spiragli” [ant. 23].
208 Cfr. De Vecchi Fiorenza, Amicizie e incontri tra Trieste e Praga, in (Castagnara Codeluppi 1996), pp. 53-61.
209 Ivi, p. 55.
210 Ibidem.
223 Confrontando lo statuto del Circolo Artistico entrato in vigore il 15 dicembre 1926 (Circolo artistico Trieste. Statuto 1926), cioè prima della Prima Esposizione organizzata dal Sindacato, e quello del dicembre 1932 (Circolo artistico Trieste. Statuto 1934), si notano numerosi cambiamenti, tra i quali la composizione del Consiglio direttivo, regolamentato dall’art. 20, che nella seconda versione riporta “Degli otto consiglieri quattro debbono essere designati dal Sindacato interprovinciale fascista delle Belle Arti unitamente al rappresentante provinciale della Confederazione Nazionale del Sindacato Fascista professionisti e artisti”.
244 Infatti questo articolo del giugno 1926 precede l’esposizione organizzata autonomamente dagli artisti sloveni l’anno successivo, cfr. [ant. 37-39].
Giulia Giorgi, Artisti sloveni in territorio italiano, 1918-1945. Fonti, documenti, critica, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Udine, Anno accademico 2014/2015

Dobbiamo certamente inquadrare questo episodio nella politica culturale promossa dal regime e in particolare nella strategia di assorbimento e snazionalizzazione che in ambito artistico vede come strumento portante proprio il sindacato (Mislej 1997). Illuminante ad esempio una lettera scritta nel 1927 da Veno Pilon, uno degli artisti sloveni giuliani che come Spazzapan, Stepančič, Ivan Čargo, Sergio Sergi lasceranno proprio in quegli anni i loro luoghi d’origine:
“Negli ultimi tempi io e Spazzapan subiamo pressioni ed esortazioni ad aderire al sindacato degli artisti di Trieste nonché lusinghiere promesse ed ampie garanzie circa l’esposizione autunnale. Ci toccherà probabilmente iscriverci, se ci verrà prospettata la pur minima possibilità di muoverci. Così non è possibile andare avanti ed anche per quanto riguarda il passaporto non possiamo accettare di rimanere incatenati per sempre ad uno stesso luogo. Il proposito di una liquidazione generale non mi ha ancora abbandonato, ciononostante faccio di tutto per andarmene quanto prima ed il più lontano possibile” (Mislej 2009, pp. 383-384).
Vanja Strukelj, Nel nome del Costruttivismo. Storie di s/confine tra Italia e Jugoslavia negli anni Venti, in Attraversamenti di confini. Italia-Croazia tra XX e XXI secolo, Ricerche di S/confine, dossier 2 (2013)

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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