Gli italiani non sono parricidi: sono fratricidi

Fratelli e amanti di terroristi
Lo spostamento del conflitto all’interno della stessa generazione chiama in causa implicitamente l’annoso dibattito sul rapporto tra Sessantotto e lotta armata <310. Se è vero che la maggior parte dei terroristi proviene dall’esperienza del movimento, quest’ultimo di fatto ha rifiutato il metodo della lotta armata. Il motivo del conflitto tra fratelli e/o amanti simbolizza tale complessa relazione di contiguità-distacco tra studenti e terroristi. Nel primo caso il terrorista è o il fratello/sorella maggiore che si distacca dal movimento per compiere il salto verso la lotta armata; nel secondo è la donna a lasciarsi sedurre dalla tentazione della lotta armata.
Fratelli (orfani) d’Italia.
Le storie di fratelli o sorelle sono molto recenti. Il conflitto tra fratelli è un’antica chiave di lettura della storia e dell’identità italiana. Basterebbe citare una famosa “scorciatoia” di Umberto Saba:
“STORIA D’ITALIA. Vi siete mai chiesti perché l’Italia non ha avuto, in tutta la sua storia – da Roma ad oggi – una sola vera rivoluzione? La risposta – chiave che apre molte porte – è forse la storia d’Italia in poche righe. Gli italiani non sono parricidi: sono fratricidi. Romolo e Remo, Ferruccio e Maramaldo, Mussolini e i socialisti, Badoglio e Graziani […] Gli italiani sono l’unico popolo (credo) che abbiano, alla base della loro storia (o della loro leggenda) un fratricidio. Ed è solo col parricidio (uccisione del vecchio) che si inizia una rivoluzione”. <311
L’immagine dell’Italia come una famiglia dove regna l’armonia e la concordia convive dunque con la rappresentazione degli italiani come fratelli, orfani e fratricidi. Ultimamente, il topos della lotta fratricida è diventato nel nostro immaginario collettivo un paradigma interpretativo della storia nazionale, probabilmente anche per via della ben nota litigiosità che ha caratterizzato la storia della politica italiana negli ultimi vent’anni. Mi pare molto significativa la sua presenza all’interno dell’ultimo film di successo dedicato al Risorgimento, Noi credevamo di Mario Martone <312. Il mito fratricida non è, tuttavia, una specificità italiana. Alla luce della teoria mimetica di René Girard possiamo considerarlo come caratteristico delle società democratiche moderne. La scomparsa dell’autorità paterna incarnata dal monarca, o da un principio gerarchico, lascia il campo a una società di fratelli, uguali ma invidiosi l’uno dell’altro, come tanti Caini e Abeli. Le storie di fratelli non sono, tuttavia, iscritte nel mito fratricida poiché, come ha osservato Donnarumma, sono prevalentemente «storie di scoperta tardiva, di comunicazione mancata, di lutto da rielaborare» <313. Il conflitto è per lo più assente: il terrorista non è un nemico, ma il fratello o la sorella maggiore che ha compiuto la scelta sbagliata e che resta comunque un membro della famiglia. Questi testi insistono insomma non tanto sul conflitto quanto sull’appartenenza: sembrano in fondo volerci dire che il terrorista “è uno di noi”; un messaggio simile a quello trasmesso dal film di Marco Turco, Vite in sospeso (1998), la storia di un giovane che si reca a Parigi a fare visita al fratello esule per reati di terrorismo.
Il recente diffondersi di questo topos narrativo può essere spiegato, a mio avviso, anche alla luce del mutato ruolo degli intellettuali e degli scrittori nel campo letterario e nella società. Come abbiamo visto prima, il conflitto padre-figlio sottintendeva l’esistenza della figura dello scrittore-intellettuale. Dopo il suo tramonto, gli scrittori non si autorappresentano più come dei padri, ma come fratelli. Dagli anni Ottanta in avanti è difficile riconoscere delle autentiche figure paterne: Pier Vittorio Tondelli, da molti considerato l’iniziatore della nuova narrativa italiana, risulta tutt’al più un fratello maggiore.
Le storie di fratelli o sorelle che prenderò in considerazione sono le seguenti: Il paese delle meraviglie (2004) di Giuseppe Culicchia, Il fasciocomunista. Vita scriteriata di Accio Benassi (2003) di Antonio Pennacchi, La guerra dei figli (2009) di Lidia Ravera, I fratelli minori (2010) di Enrico Palandri e, infine, La guerra di Nora (2003) di Antonella Tavassi La Greca.
[NOTE]
310 Cfr. J. Foot, Fratture d’Italia, cit. e G. De Luna, Le ragioni di un decennio, cit.
311 U. Saba, Scorciatoie e raccontini (1946), Mondadori, Milano 1963, p. 20.
312 Ho scelto come esempio questo film non a caso: il Risorgimento di Noi credevamo è ricco di somiglianze e allusioni agli anni di piombo. Ricordo inoltre che la sceneggiatura è stata firmata da Giancarlo De Cataldo e il film sotto molti aspetti persegue lo stesso progetto di una contro-storia reazionaria inaugurata con Romanzo criminale: la storia d’Italia non è letta, infatti, soltanto come una lotta fratricida ma anche come un susseguirsi di trame segrete e cospirazioni.
313 R. Donnarumma, Storia, immaginario, letteratura, cit., p. 461.
Gabriele Vitello, Terrorismo e conflitto generazionale nel romanzo italiano, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Trento, Anno Accademico 2010-2011

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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