“Spesso ritorno per imparare alla Valle delle Meraviglie che mi rivela i Principi delle origini e dopo vedo tutta la realtà e gli uomini d’oggi più profondamente”. Così scriveva nel 1974 Guido Seborga nel suo diario, Occhio folle occhio lucido [n.d.r.: oggi edito da Spoon River, 2013], rivelando come proprio nelle incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie nel Parco francese del Mercantour, in quelle immagini senza tempo che riportano alle origini dell’uomo e dell’umano, trovino ispirazione le sue ideografie. In esse, quelle immagini, liberate dalla pietra e dalla roccia, danzano libere e aeree nello spazio cosmico, vi fluttuano con surreale leggerezza, prendendo vita e significato dal fondo monocromatico, sempre diverso, di tono fortemente psichico ed evocativo.
In questo modo “il gesto ideografico ci unisce al cosmo”, scrive sempre Seborga nel suo Diario.
Ed è proprio in questo spazio cosmico, che quelle figure acquistano nell’immaginario le forme universali dell’umano, la libertà, l’amore, il dolore, la pietà, la forza, la caduta, il dubbio, la ricerca, tutta una geologia cosmica dei sentimenti e delle idee che sono state alle base della vita e dell’impegno politico di Seborga, che ritroviamo nei suoi romanzi e nelle sue poesie e che tornano come ideografie nella sua attività artistica sotto le suggestioni del surrealismo di matrice francese di cui si nutre l’opera di Seborga.
In questo dipinto è una figura di angelo-guerriero quella che si libra con sinuose movenze nello spazio rosso. L’esile ed elegante voluta da cui sboccia la figura contrasta con le grandi ali nere che si protendono come scudi minacciosi in alto.
Si tratta di una delle prime ideografie di Seborga dipinta nel 1969 in territorio francese, poco lontano dall’estrema costa ligure di Ponente e da Bordighera, i luoghi dell’anima di Guido Hess, da cui trasse il suo stesso pseudonimo di Seborga.
Redazione, Ideografia (1969), Popsoarte
Ho sempre pensato – vissuto l’unità delle arti: la comunicazione reale e irreale, conscia e inconscia, maledetta e divina: umana.
Così ho sempre disegnato (anche quando scrivevo lettere): e scritto di amici pittori; sempre convinto che l’origine della comunicazione sia nella PAROLA: i migliori pittori posseggono la parola. Ho amato anche il teatro e il film. Ma dopo i poemi, i romanzi come estrema comunicazione, dove e poco e poco si prendeva coscienza di condizioni significanti per tutti, ecco come folgorazione il mio disegno iniziale (ideogramma) divenne ideografia.
Nato nel surrealismo (psicanalisi) già avevo scritto (1945) che la scienza cosmica avrebbe aperto nuove visioni di vita.
Nella ideografia trovavo la forma gestuale che mi univa al cosmo e il senso materiale – magico – ancestrale si rivelava per intuizione al mio occhio folle al mio occhio lucido.
Potrei anche dire dal realismo cosmico della mia Parola, all’ideografia cosmica ormai nasceva in me la nuova visione.
Tardai a dipingere (disegnavo ideogrammi sempre da anni) ma alla fine trovai (1966) nel colore acrilico la condizione che cercavo per comunicare i colori che avevo sempre amati.
Il nero era forse la disperazione intima che mi lacerava, ma le terre bruciate erano la mia origine, con il turchese e rosso del cosmo volavo, e il giallo a tratti penetrava ogni realtà visionaria,
L’uomo e la donna esistono nel cosmo per un tempo finalmente infranto, occorreva liberarmi da certi ricordi surreali, intuivo in me la nuova forma umana, intanto l’ideografia è una forma un gesto chiave, principio e fine, ma sempre creatore e offre unità del tutto, armonia e improvvise dismisure. Così la figura umana cosmica – ancestrale si rivelava in me a poco a poco sempre più nettamente, e la posso comunicare con forme ideografiche con le visioni ancestrali-cosmiche.
Mi sembra a volte, dopo essere ricco della materia mediterranea (e mio nonno proveniva da oriente) di volare nella materia cosmica; e nelle notti o nelle aurore quando mi trovo nelle caranche in mare o in mare il rapporto diventa reale e visionario, come già fu nella Parola, e posso vivere rivelare uno vita nuova misteriosa sull’orlo della morte, che sfioro e nego in alternative, laceranti; ma questi uomini-donne che ora vedo non hanno tempo sono imponderabili ed esistenti nella loro sostanza più duratura, perenne, e meno effimera che nelle regolette dei comportamenti di costume. L’uomo e le donna inalterabili in movimento continuo e vivo, l’atmosfera mediterranea e cosmica, Certi sentimenti assoluti (Alba) ci liberano da ogni ostacolo contingente, distruttore. Sempre un’estrema liberazione. E l’unità delle arti.
Guido Seborga, Ideografia cosmica, testo scritto in occasione della Biennale di Mentone del 1970 e della mostra personale tenuta sempre a Mentone nel 1971
Nato a Torino il 10 ottobre 1909, Guido Seborga, pseudonimo di Guido Hess, è stato, nella cultura italiana del Novecento, una singolare e poliedrica figura di militante politico, giornalista, poeta e pittore.
Il padre, Adolfo Hess, ingegnere elettrotecnico, alpinista e protagonista di diverse prime ascensioni nel gruppo del Monte Bianco, era stato il promotore in Italia dei bivacchi fissi in montagna.
La famiglia discendeva dal famoso filosofo tedesco Moses Hess, teorico del comunismo, amico di Marx e Engels e precursore del sionismo.
Sebbene orgoglioso di tali ascendenze, Guido sceglierà tuttavia per sé, come poeta, letterato e pittore, lo pseudonimo di Seborga, il piccolo comune dell’entroterra di Bordighera, la città ligure cui rimarrà sempre profondamente legato.
Allievo di Augusto Monti al Liceo D’Azeglio di Torino, dopo alcuni anni passati tra Berlino, Parigi e Roma, nel ’28 era tornato a Torino maturando presto nell’ambiente intellettuale torinese una coscienza antifascista che lo avrebbe portato a militare nella Resistenza prima fra le file del Partito d’Azione con Giorgio Agosti, Alessandro Galante Garrone e Ada Gobetti e poi come partigiano nelle Brigate Matteotti.
Collaboratore fin dagli anni ’30 di alcune fra le maggiori riviste culturali italiane (Circoli, Campo di Marte, Carte segrete, Emporium, Primato, Prospettive, La Fiera Letteraria, ecc.), con poesie, racconti, e articoli di critica artistica e letteraria, nel 1945, a poche settimane dalla Liberazione, insieme a Ada Gobetti, Franco Antonicelli, Norberto Bobbio, Cesare Pavese, Felice Casorati e Massimo Mila, fu tra i fondatori della storica “Unione Culturale”, la più vivace e importante associazione culturale del capoluogo piemontese, tuttora attiva e operante.
Nel dopoguerra si impegna attivamente nel Partito Socialista Italiano, dirigendo con Lelio Basso la rivista Socialismo e intensificando la sua attività giornalistica politica e culturale su riviste e giornali italiani e francesi.
Nel 1948 pubblica nel ’48 Mondadori, nella prestigiosa collana della Medusa, il suo primo romanzo, L’uomo di Camporosso, di forte carica realista, cui avrebbe fatto seguito l’anno dopo, Il figlio di Caino e negli anni seguenti, Ergastolo e Morte d’Europa. Seborga vi denuncia la spersonalizzazione e la violenza insita nell’automazione e la necessità di un costante impegno civile per farvi fronte.
Ma è a partire dagli anni Sessanta che Seborga si impone definitivamente sulla scena artistica italiana.
Nel 1964 esce la prima delle sue tre raccolte poetiche, Se avessi una canzone, e nel 1968 pubblica il suo diario, Occhio folle occhio lucido. Aveva intanto ripreso a disegnare e a dipingere dando vita alle sue famose Ideografie, in cui prendendo spunto dalle celebri incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie, in territorio francese nell’entroterra di Bordighera, che sin da bambino ne avevano colpito la fantasia, faceva rivivere sulla tela quelle stilizzate figure arcaicizzanti, riducendole a nere silhouette che, su vivaci sfondi cromatici, acquisivano per contrasto un vibrante e guizzante dinamismo astratto.
Presentate alle prime mostre nel 1969, quelle Ideografie lo avrebbero reso presto popolare fra gli artisti d’avanguardia, specie dopo la personale al Castello Sforzesco di Milano nel 1973 e quella alla Galleria Narciso di Torino nel ‘74, cui avrebbero fatto seguito una lunga serie di personali e collettive in Italia e all’estero per tutto il corso degli anni Settanta e degli anni Ottanta.
Ed è alla sua attività pittorica che oggi resta soprattutto legata la sua fama.
Tutta l’attività artistica e letteraria di Seborga ha come sfondo Bordighera e l’estremo lembo di Ponente della Liguria, a partire dai suoi primi romanzi e dalle sue poesie, fino ai suoi ultimi dipinti. A Bordighera, d’altronde, nel dopoguerra Seborga aveva dedicato gran parte del suo impegno di infaticabile organizzatore culturale fondando l’Unione Culturale di Bordighera e partecipando attivamente fin dai primi anni Cinquanta alla giuria del premio di pittura e di letteratura “Cinque Bettole”, insieme a Italo Calvino, Carlo Bo, Camillo Sbarbaro, Giancarlo Vigorelli e Carlo Betocchi.
Seborga è morto a Torino nel 1990.
Fra il 2009 e il 2010, in occasione del centenario della nascita e del ventennale della morte, il Comune di Bordighera ha promosso una serie di attività commemorative, fra cui una mostra delle opere di Seborga di proprietà comunale, oggi esposte in via permanente nei locali della Biblioteca civica. Nella stessa ricorrenza, manifestazioni con conferenze, tavole rotonde e presentazioni di libri e filmati a lui dedicati sono state organizzate al Salone del Libro e all’Unione Culturale Franco Antonicelli di Torino, a Genova, a Roma e alla Zentral und Landes Bibliotek di Berlino […]
Redazione, Biografia di Guido Seborga, Popsoarte