“Lychnis” in greco vuoi dire “lucerna” e venne usato per descrivere una specie dalle foglie tomentose, sfruttata dagli antichi per la fabbricazione di stoppini da bruciare nelle lampade ad olio: una pianta identificata dagli storici nella Lychnis coronaria.
E’ lo stesso vegetale del quale parla Plinio chiamandolo “Licnide color fuoco” quando ne enumera gli impieghi e lo accosta ad un’altra attraente Cariophyllacea, pur distinguendola sotto il battesimo di “Licnide selvatica”.
Questa seconda pianta, della quale Plinio denuncia la velenosità, è stata chiaramente individuata nell’Agrostemma githago che, fra l’altro, è una ex appartenente al Genere Lychnis; si differenzia per essere annuale, avere il calice a cinque lacinie lunghe e lineari, con i petali nudi alla base.
Al momento attuale, gli utilizzi pratici delle nostre Lychnis sono limitati all’orticoltura, dove si è aperto per loro un ampio spazio di sfruttamento grazie alla varietà delle forme, dei colori, alla facilità di ambientamento: tutti elementi idonei a guadagnare loro fama ed apprezzamento in tutti i giardini dei mondo.
Alcune specie, in particolare la Lychnis alba e la Lychnis dioica, sono emigrate nel Genere Silene, pur conservando l’antica denominazione con valore di sinonimo accettato; la differenza principale risiede nei tre stili delle Silene contro i cinque (raramente sei) stili riscontrabili sulle Lychnis.
Anche i frutti delle prime, che si aprono in sei valve, presentano difformità da quelli concorrenti: cinque o dieci valve anche se talvolta sono state trovati frutti che liberavano i semi fessurandosi in sei o dodici parti.
Nelle Lychnis infatti esiste la regola secondo la quale il numero delle valve può essere eguale (oppure esattamente il doppio) alla quantità di stili.
Il “Fiore del cuculo”, ossia la Lychnis flos-cuculi, è certamente la più famosa fra queste Cariophyllacee; si tratta di una vecchia conoscenza per i contadini di tutte le epoche, perché la sua presenza fa da spia ai terreni poveri e quindi preannuncia le dure fatiche necessarie a renderli nuovamente fertili.
Questa stessa pianta selvatica, era altrettanto nota ai cronachisti floreali; certamente meno impegnati fisicamente dei coltivatori diretti, essi riuscirono a stabilire che l’eleganza dei loro fiori era dovuta a frammenti di bellezza rimasti nelle acque di un laghetto, servito a Venere per godere un po’ di refrigerio.
Accostare la nascita delle Licnidi al glamour di Venere ha naturalmente indotto i cultori di emblematica floreale a definirle piante dell’amore, ai quali si può affidare il messaggio dichiarativo di una forte passione.
Echi locali di queste leggendarie ipotesi traspaiono anche da alcuni battesimi dialettali nati nella nostra regione come quello nato ad Imperia: “Fa l’amù”.
D’altronde anche i grandi autori del passato sono stati particolarmente generosi con loro perché Plinio chiamò le Lichnis più vistose “Rose greche” dicendo testualmente: ”nascono solo nei luoghi umidi e non hanno mai più di cinque petali”.
Dioscoride osservando la lunga persistenza dei loro colori anche nel secco, le soprannominò “Immortali” e Bartolomeo Clarici le descrisse come “Fiori garofalati di molte foglie”.
Sempre sul tema delle relazioni amorose per le ragazze di campagna il “Fiore del cuculo” era uno dei componenti principali del mazzetto di fiori di campo chiamato “bachelor’s buttons” (bottoni dello scapolo); una sorta di rito propiziatorio nel quale a ciascun fiore era assegnato il nome di un giovane. Portato sotto le vesti dalle nubili il mazzetto era attentamente sorvegliato, perché il primo fiore a sbocciare avrebbe indicato il consorte predestinato.
I bambini, al contrario, si guardavano bene dal cogliere una Lychnis perché, seguendo la tradizione popolare qualcuno aveva fatto loro intendere che erano capaci di provocare tempeste quando non venivano lasciate vivere in pace.
Sempre con riferimento al “Fiore dei cuculo” è assai curioso notare come la sua denominazione popolare sia nata dalla credenza che la goccia bianca e mucillaginosa, presente su molti fiori, fosse dovuta allo sputo del più opportunista degli uccelli; nella realtà si tratta della secrezione del Philaenus spumarius, un insetto noto come Sputacchina, le cui larve si difendono dai raggi solari circondandosi di bava.
Le altre quattro specie liguri sono completamente ignorate dai dialetti locali che escludono pertanto di citare anche la più ragguardevole e decorativa pianta di questo Genere e forse dell’intera famiglia di appartenenza. Il riferimento va d’obbligo alla Lychnis flos jovis, un fiore presente in grandi masse nei prati alpini dove comincia a fiorire nel mese di giugno.
Non si riscontrano utilizzi medicinali né alimentari riguardanti le nostre Lychnis, mentre appare molto importante ribadire la loro importanza industriale nei settore orticolo dove molte splendide varietà ottenute dalla Lychnis coronaria, Lychnis flos-cuculi e Lychnis flos jovis sono comunemente commerciate dalle ditte produttrici di sementi.
Sono piante erbacee annue o perenni con foglie opposte, semplici ed intere, portate da fusti eretti, semplici o ramificati.
I fiori, portati in racemo pannocchie dicotome, talvolta solitari hanno calice tubuloso campanulato a cinque denti e dieci nervature, mentre la corolla ha cinque petali liberi lungamente unguiculati a fauce munita di scaglie.
Gli stami hanno i filamenti che sono alternativamente lunghi e brevi mentre gli stili sono normalmente cinque.
Lychnis coronaria L. (V- VIII. Nasce nelle radure e sulle rupi sino ai 1200m). Ha aspetto bianco-tomentoso, fusto eretto ramoso e dicotomo, alto sino a 100cm. Le foglie sono sessili, oblungo lanceolate, le inferiori attenuate verso la base. I fiori sono grandi, solitari, ascellari o alla sommità del fusto; hanno il calice oblungo campanulato e petali porporini chiaramente bilobi. Lychnis flos-cuculi L. (V- VIII. Frequente nei luoghi erbosi sino ai 1600m). Ha fusto eretto arrossato e pubescente, alto sino a 70cm. Le foglie inferiori a rosetta, sono glabre, picciolate, le superiori sessili, tutte oblungo lanceolate. I fiori rosei sono raggruppati in cime lasse, panicolato corimbose ed hanno calice campanulato, striato di scuro, a denti triangolari e petali profondamente divisi in 4 lacinie. Lychnis flos-jovis Desr. (VI- VIII. Nasce nei prati alpini dai 1000 sino ai 2000m). E’ tutto ricoperto da una tomentosità bianca e vellutata. Ha fusti eretti e semplici; alti sino a 80cm. Le foglie sono oblungo lanceolate. I fiori portati in cime composte terminali dense, hanno calice rigonfio oblungo clavato a denti brevi e petali porporini, bilobi. Lychnis viscaria L. (V- VII. Nasce nei luoghi erbosi dai 1000 sino ai 1600m). Ha fusti eretti e vischiosi in sommità, alti sino a 60cm. Le foglie basali in rosetta sono picciolate ed oblungo lanceolate, le cauline sessili, tutte cigliate o lanose lungo i margini. I fiori, in racemo allungato con cime di 3-6 fiori, hanno il calice tubuloso clavato ed i petali porporini interi o appena smarginati.
Alfredo Moreschi