In Molise la street-art quale manifestazione di una cultura underground <103 e metropolitana si è diffusa anche nella città di Campobasso dal 2012 con alcuni risultati di notevole interesse. A seguito della manifestazione “Draw the line” supportata dall’Associazione Malatesta questo tipo di arte si è diffusa nei quartieri popolari degradati San Giovanni e Fontanavecchia. Gli ultimi murales sono stati finanziati dall’Amministrazione Comunale. Le opere di valore sono accompagnate da numerosi atti di puro vandalismo, un pullulare di scritture-immagini, cosiddetti tag, una sorta di firma dell’autore, sparpagliate ovunque e indistintamente dai muri della stazione agli edifici storici.
Questa pratica è stata, se non incentivata, sicuramente non osteggiata dall’Amministrazione che ha permesso ad un ciclopico muro di contenimento in cemento armato, presso il terminal degli autobus, di diventare un vero e proprio monumento alla street-art con la presenza di artisti di fama internazionale tra cui anche Blu. L’area del terminal degli autobus è un luogo irrisolto della città. Il senso di abbandono e degrado è davvero spiacevole alla percezione. Meriterebbe un’attenta progettazione paesaggistica che vada a ricucire il tessuto urbano e il paesaggio circostante. Il terminal ha diverse criticità tra cui degli edifici costruiti e mai utilizzati. Il bar e la biglietteria sono appostati sotto la tettoia in dei container prefabbricati.
Dal punto di vista della mobilità pedonale, risulta piuttosto complesso raggiungere il centro della città o l’Università senza infrangere le regole stradali. Il grande muro di cemento armato potrebbe essere ripensato affinché possa integrarsi nel paesaggio. Va rilevato anche che la vista panoramica verso il borgo di Ferrazzano, un paese limitrofo di grande pregio, non è affatto tenuta in considerazione come possibile esperienza estetica da fruire durante l’attesa dei mezzi pubblici.
9.4 CVTà Street Fest.
Da annoverare è un esperimento eccentrico, il CVTà Street Fest nel comune di Civitacampomarano (CB) con la direzione artistica di Alice Pasquini. Questo evento, nato nel 2014 e con cadenza annuale, ha portato nel 2016 alla realizzazione di alcune opere murali in un borgo molisano quasi disabitato. Alcune opere sono di notevole effetto, eseguite da AliCè (nome d’arte di Alice Pasquini e di Biancoshock (Italia), David de la Mano (Uruguay), Pablo S. Herrero (Spagna), Hitnes (Italia), ICKS (Italia), UNO (Italia) e la programmazione per il 2017 con gli artisti Gola (Italia), Bosoletti (Argentina), Nespoon (Polonia) e Maria Pia Picozza (Italia).
Il borgo molisano presenta lo spopolamento tipico delle aree interne (attualmente conta circa quattrocento abitanti) e dissesti idrogeologici che compromettono l’utilizzo di molti edifici e ne rendono difficile il raggiungimento. Il progetto culturale è sostenuto dall’Amministrazione Comunale e Patrocinato dalla Regione. Sebbene l’iniziativa abbia riscosso grande successo, credo sia fin troppo evidente che questo tipo di eventi non contribuiscano ad arrestare processi complessi come lo spopolamento e il dissesto idrogeologico e non si possa credere davvero che possano costituire «una strategia vincente per contrastare l’abbandono e il degrado di un’Italia troppo spesso dimenticata e svilita» <104.
Va però riconosciuto il valore di questo progetto che ha conquistato la critica ed è presente nel recente volume “Ciclabili e cammini” a cura di VENTO – Politecnico di Milano (Pileri, Giacomel, Giudici, Munno, Moscarelli, Bianchi, 2018) che invece ha ignorato del tutto il Progetto Kalenarte a cui verrà dedicato uno spazio più ampio tra qualche pagina. CVTà Street Fest sta effettivamente aiutando a portare un certo tipo di turismo a Civitacampomarano, ma va detto che alcune opere hanno superato di gran lunga l’idea di partenza e sono da considerare non semplicemente street-art, ma interessantissime performance effimere di arte relazionale. A titolo di esempio sono rimasto colpito dall’opera di Biancoshock <105 che ha trasfigurato il borgo con una azione effimera e a mio avviso molto efficace e intelligente. La sua opera “Web 0.0” è infatti un’arguta critica ai social network, alle relazioni virtuali e alla vita informatizzata ponendo attenzione verso l’importanza di rapporti diretti tra persone. L’esito brillante e ironico è documentato da un video prodotto da Milkshake studio <106. È da constatare che il successo di questa operazione ha portato altri comuni limitrofi ad imitare il modello CVTà Street Fest preceduto pionieristicamente dal Premio Antonio Giordano che ebbe inizio nel 2013 a Santa Croce di Magliano forse con risultati di minor effetto scenico, ma con un notevole coinvolgimento sociale. Ha inoltre portato alcune Amministrazioni a dotarsi di regolamenti come è avvenuto a Casacalenda nel 2016 con il Regolamento Comunale per la disciplina delle attività riguardanti il graffitismo e la “Street art” al fine di regolare dall’alto i luoghi e le modalità con cui gli streetartist possono esprimersi senza incorrere in multe.
Probabilmente questo sforzo amministrativo avrebbe potuto non essere a carattere vincolistico, ma incanalato nella promozione di manifestazioni artistiche, effimere sì come i murales, ma di tipo relazionale e sociale. Avrebbero potuto fare da contrappunto al progetto MAACK (Museo all’Aperto di Arte Contemporanea Kalenarte) verso il quale, tra il 2015 e il 2018, l’amministrazione è parsa particolarmente disinteressata.
9.5 il MAACK. A Casacalenda (CB), un borgo dell’area interna molisana, esiste il MAACK acronimo di Museo all’Aperto di Arte Contemporanea Kalenarte. Si compone di più di venti opere site-specific costruite in luoghi pubblici aperti e accessibili e della Galleria Franco Libertucci, nel Municipio.
La guida al MAACK a cura di Paola di Tullio pubblicata nel 2016 dal Comune di Casacalenda conta ventuno opere: 1. il museo sospeso/l’attesa di Paolo Borrelli (2009); 2) il guardiano del bosco di Andrea Colaianni (1994); 3) cromoscala di Tonino d’Erme (1990); 4) meridiana di Fabrizio Fabbri (1992); 5) aurora di Antonio Fiacco (1988); 6) ai caduti di Franco Libertucci (1983); 7) la fontana del duca di Ilaria Loquerzi (2009); 8) meridiana 99 e 9) arcobaleno di Carlo Lorenzetti (1999); 10) Efesto di Hidetoshi Nagasawa (1992); 11) germinazione di Claudio Palmieri (1996), 12) la scacchiera di Massimo Palumbo (1992); 13) Selciato di Michele Peri (2001); 14) Crepuscolare/Feritoia di Alfredo Romano (1992); 15) senza nome di Adrian Tranquilli (1996); 16) il Poeta107 di Costas Varotsos (1997); 17) la piramide di Susanne Kessler (2012); 18) il gioco del sole di Stefania Fabrizi (2012), 19) straculatore/sc_trecuelétóre di Nèdila Mendoza (2014); 20) poker di stelle (2014) e 21) l’albero della cuccagna (2015) di Baldo Diodato.
Tuttavia bisognerebbe fare delle precisazioni, che invece preferisco inserire all’interno di un discorso in cui emergeranno le opere altre del Museo. Questo elenco a servizio di un visitatore giustamente non enumera le opere immateriali che hanno lasciato comunque segni indelebili nel tessuto sociale e i molti progetti irrealizzati, ma che hanno comunque dato modo di comprendere meglio il territorio. Vengono qui valorizzate anche opere non presenti nell’elenco della guida o nei cataloghi, ma che ritengo d’interesse sia artistico che territoriale, per esempio la performance del 2009 di Cesare Pietroiusti. Per converso emergeranno meno le opere-operazioni nate da quelle occasioni che spesso coinvolgono il mondo dell’arte in cui è difficile evitare delle presenze sostenute da critici di rilievo, come è avvenuto, solo a titolo di esempio, per l’albero della cuccagna, parte di un progetto nazionale del 2015 diretto da Bonito Oliva. Ma anche in questo caso, nonostante diverse perplessità condivise con esperti del settore e con la cittadinanza, l’opera trova un suo significato nella scelta del luogo, l’antica e contemporanea Kalena, all’interno del panorama regionale. Il critico infatti ha prediletto Casacalenda, un piccolo borgo, ai Capoluoghi di Provincia o a Termoli. Questo è in sé significativo. Andrebbero sicuramente fatte delle precisazioni in merito alla riuscita dei singoli lavori, ma in questo contesto risulta più interessante considerare il progetto nel suo insieme come se fosse un’opera a più mani coordinata artisticamente da Massimo Palumbo. In questo senso è accostabile ad operazioni forse più note e forse più rilevanti per i Critici dell’arte dal punto di vista artistico come il “Giardino” di Daniel Spoerri o la più antica “Fiumara d’arte” di Antonio Presti, ma di minor interesse in questa ricerca che mette al centro il Paesaggio. Va detto, ad esempio, che personalmente non considero parte del progetto Kalenarte l’opera di Franco Libertucci, splendida e densa di significato, a cui Massimo Palumbo ha dedicato non solo un volume prezioso (Palumbo, 2007), ma anche la Galleria civica e l’opera la scacchiera dislocata accanto al Municipio. Quest’opera è da considerare un ante litteram nell’accezione sia positiva, di aver gettato una pietra divenuta poi fondante, ma anche nella frequente difficoltà dell’arte contemporanea di dialogare con le persone che abitano un territorio, e dell’incomprensione dell’artista moderno, un carattere che forse ha trovato il suo apice nella reazione all’opera di Alfredo Romano in “Vico Luna” del 1992, in cui il vello di un agnello teso su una sorta di ara di pietra, nelle intenzioni dell’artista voleva esaltare la cultura pastorale (che peraltro in Molise ha assunto per millenni la forma ricca di significati della transumanza presente tuttora come segno territoriale: i tratturi), ma che fu preso, almeno in prima istanza, come un insulto alla comunità locale.
Una prima nascita di Kalenarte è avvenuta nel 1990 con la prima operazione di Tonino D’Erme la “Cromoscala£. Ma è nel 1992, con un’operazione che ha visto la costruzione di opere di altissimo livello e davvero nate da una interazione tra artista e contesto socio-territoriale, che il progetto Kalenarte trova quella cifra che ne costituisce un’unicità. Questo gruppo di opere rappresenta il vero punto di svolta per un discorso di arte profondamente legato al territorio e che trova un modo di dialogare, forse discutere, con il luogo, con esiti, particolarmente felici nelle opere di Colajanni, Kessler, Mendoza, Peri, Tranquilli, ma soprattutto con le opere di Nagasawa, e di Varostos.
Il lavoro di Massimo Palumbo con l’ausilio dell’Associazione Culturale Kalenarte_MAACK e talvolta delle Amministrazioni locali, è ammirevole e ha definito in ventisei anni di attività un Museo all’Aperto che è da considerare una buona pratica territoriale. Il termine Museo probabilmente oggi può apparire improprio e superato, ma d’altro canto costituisce un interessante ossimoro ricco di ironia. Le installazioni site-specific sono state realizzate sul territorio comunale al fine di riqualificare aree in abbandono e nel tentativo di dare un nuovo senso a luoghi dimenticati.
Ma le opere costruite sono da considerare solo la traccia più pesante di un progetto molto vasto che ha compreso performance e interventi effimeri di cui restano pochi documenti, ma assai efficaci alla poiesi del dialogo continuo tra società e ambiente di vita che caratterizza l’area rendendola oggi un cantiere di idee sempre aperto. Gli artisti sono stati sempre invitati a interagire con il luogo e alcuni sono riusciti a coinvolgere il pubblico, co-creando le opere con gli abitanti e con gli artigiani locali.
Le opere del MAACK costituiscono un ponte tra la storia del borgo e delle sue campagne, un paesaggio in perenne rischio d’abbandono, e l’innovazione possibile con l’arte contemporanea. A mio avviso le opere più riuscite sono state capaci di fatto di creare beni paesaggistici riprogettando il territorio e costruendo un paesaggio nuovo nel rispetto della stratificazione storica.
9.6 giocando un ruolo volontario nell’Associazione Kalenarte.
L’obiettivo primario del Progetto Kalenarte_MAACK si esprime nel tentativo di migliorare la coesione territoriale e sociale e, nel contempo, cercare di generare le condizioni affinché possano nascere forme di economie innovative e alternative. Gli obiettivi attuativi sono stati fino al 2013 soprattutto la realizzazione di un Museo di Arte Contemporanea all’Aperto, il MAACK con interventi straordinari di ricucitura e rammendo esteriore, ma anche interiore del tessuto sociale. Le persone oggi possono percepire una Casacalenda dinamica e che ha acquisito un carattere resiliente proprio grazie a questo lungo processo di trasformazione verso l’incremento della qualità del paesaggio che non ha coinvolto solo gli aspetti morfologici, ma anche quelli più immateriali e intimi di cui è inevitabilmente imbevuto. Ma ho capito che poteva essere interessante, dal punto di vista metodologico della ricerca, un mio intervento immersivo, attivo. Nel 2015 ho accettato la carica di Vicepresidente per un triennio con il fine di comprendere dall’interno dinamiche invisibili esternamente, ma soprattutto di orientare le scelte artistiche e culturali attraverso un intenso dialogo con Massimo Palumbo.
Ho agito sostanzialmente in tre direzioni, nello specifico da un lato 1) spingendo le scelte artistiche verso un tipo di arte relazionale, cosa che ha avuto la sua realizzazione più alta invitando Lorenzo Romito e Giulia Fiocca a formulare un progetto specifico, presentato alla comunità il 15 ottobre 2016, XII Giornata del Contemporaneo, che si è concretizzato nella proposta di Stalker (Collettivo artistico romano) di un Casacalendario; 2) cercando di supportare l’idea che il MAACK, insieme all’Oasi Lipu, alla tradizione di musica popolare con il peculiare strumento detto bufù (a cui è dedicato per altro un museo) e al sito archeologico di Gerione, potessero formarsi in eco-museo; 3) stringendo legami con l’Università del Molise potendo collaborare in progetti comuni. Gli obiettivi sono stati ampiamente raggiunti a parte l’idea di eco-museo ancora troppo lontana dall’immaginario collettivo. Un primo obiettivo è stato quello di valorizzare non solo il MAACK, ma generare una rete tra le altre realtà locali al fine di promuovere un’idea di marketing territoriale che si svincoli dalle dinamiche del marketing del prodotto. Il Progetto Kalenarte_MAACK si è posto dunque il nuovo obiettivo di stimolare la creazioni di immagini di territorio che potessero portare ad una maggiore affettività verso l’ambiente e una cura per il patrimonio paesaggistico. L’associazione Kalenarte_MAACK ha curato la possibilità di visite guidate, l’apertura della Galleria Libertucci, nata per gemmazione dal MAACK. Ha organizzato eventi culturali, mostre temporanee, happenings. Gli sforzi sono stati concentrati verso un turismo di qualità di tipo esperienziale che possa portare benefici alla comunità di abitanti, più o meno permanenti, nel suo insieme.
Come emerge dal dialogo con Massimo Palumbo, ci sono e non vanno nascoste le criticità, gli impedimenti verso il pieno raggiungimento degli obiettivi di volta in volta prefissi dovuti alla carenza di fondi pubblici, a politiche poco pazienti e che prediligono spesso obiettivi a breve termine e che quindi penalizzano progetti così complessi e lungimiranti. Va riconosciuto dunque il valore dell’attività volontaria esercitata dai membri attivi dell’Associazione Kalenarte_MAACK per cui “il poco” a disposizione è stato compensato da risorse interne per realizzare progetti ambiziosi, che hanno generato una preziosa eredità culturale. “La Scacchiera” di Massimo Palumbo, vuota, proprio accanto al Municipio, è una metafora intensa: l’intento è stato dare gli strumenti affinché il gioco potesse iniziare. E continuare evitando ogni scacco matto.
Oltre alle ventuno opere site-specific realizzate c’è la Galleria Libertucci che raccoglie documenti, bozzetti, opere donate dagli artisti. Dal dialogo con il Direttore Artistico per comprendere le potenzialità progettuali è emersa la possibilità e la volontà di trasformare la Galleria in un ‘forum’ pubblico per il paesaggio. Le molteplici opere effimere o ‘performance’ hanno attivato processi mentali di cui è difficile quantificare i risultati, ma dalle osservazioni ripetute e nel corso di tre anni è emersa un’evidente concentrazione culturale ed economica fatta di piccole e medie imprese, legate alle produzioni agroalimentari, di alta qualità.
Un primo indiscutibile risultato del progetto Kalenarte è stato dunque quello di educare più generazioni all’attenzione per il territorio, all’arte contemporanea, in una regione periferica rispetto ai centri nazionali di coagulazione della cultura innovatrice. Kalenarte, con la sua attività, ha ricordato alle Amministrazioni, già prima della Carta di Firenze del 2000, che il «paesaggio deve diventare un tema politico di interesse generale, poiché contribuisce in modo molto rilevante al benessere dei cittadini europei che non possono più accettare di ‘subire i loro paesaggi’, quale risultato di evoluzioni tecniche ed economiche decise senza di loro». I complessivi 200.000 euro circa di risorse pubbliche spesi nei ventisei anni di attività hanno decisamente portato alla nascita di un patrimonio inestimabile, un patrimonio civico. La collezione di opere, da recenti stime, ha un valore di 20 milioni euro circa. Ma i risultati ottenuti, considerando il paesaggio come processo, sono continui e sono continue quelle esternalità positive che favoriscono le condizioni affinché nascano, nel contesto territoriale di Casacalenda e dei comuni limitrofi, altre micro o macro realtà creative.
Kalenarte ha rivalutato le maestranze artigiane, le imprese agroalimentari, le amministrazioni di ogni colore coinvolgendole nella realizzazione delle opere. Ha coinvolto la popolazione in un cambiamento del proprio punto di vista, ma anche dello stile di vita incrementando indirettamente l’aumento dei posti di lavoro in una regione in cui la disoccupazione è un problema irrisolto. Va evidenziato che Kalenarte, nel 2003, ha sostenuto la nascita di Molise Cinema che porta a Casacalenda non solo attori e registi di fama internazionale, ma anche molti appassionati di cinema. Anche l’Oasi LIPU, riconosciuta nel 1997 dal Ministero dell’Ambiente e che ospita una grande varietà di flora e fauna è nata grazie ad azioni promosse dall’Associazione Kalenarte_MAACK. Un piccolo paese di una regione poco conosciuta è ora riconosciuto come di particolare interesse e presente nei censimenti dei progetti di arte contemporanea a livello nazionale e internazionale.
Kalenarte è riuscita, magicamente, a ricucire il presente al passato. La serie di interventi site-specific, opere contemporanee di artisti di rilevanza internazionale, ha introdotto ‘piccole destabilizzazioni’ in uno scenario fatto di storie antiche, di un insieme di piccole case di una povera ricchezza, di vicoli e di edifici eleganti, di fontane e piazze. L’effetto d’insieme porta lo spettatore anche esperto, in una dimensione onirica, stupisce: chi frequenta l’arte contemporanea riconosce la peculiarità e la rarità di casi analoghi. Ma conta anche, e forse soprattutto, l’effetto di questo esperimento sul territorio. Kalenarte ha provocato gli abitanti. L’arte contemporanea è per sua intrinseca natura impopolare (Ortega y Gasset, 1925), decostruisce gli immaginari consolidati e l’innovazione desta sempre perplessità. I primi esempi americani di Land Art nel ’69, sebbene in un contesto decisamente diverso, hanno destato nel pubblico la stessa reazione.
Questo ultimo aspetto non è da intendere come spesso accade come un’esternalità negativa. Anzi: la parola provocare è intesa qui nella sua accezione di stimolo. A volte un piccolo “trauma” può portare ad un grande benessere. Secondo la Convenzione Europea del Paesaggio (art. 1. c) l’obiettivo di qualità paesaggistica «designa la formulazione da parte delle autorità pubbliche competenti, per un determinato paesaggio, delle aspirazioni delle popolazioni per quanto riguarda le caratteristiche paesaggistiche del loro ambiente di vita». Il principale risultato atteso da Kalenarte è proprio di favorire le condizioni affinché possano essere suscitate aspirazioni, negli abitanti, volte alla qualità del paesaggio, aspirazioni, desideri, vocazioni che la popolazione, in assenza del progetto Kalenarte, avrebbe grande difficoltà a immaginare e a esprimere ‘politicamente’. Kalenarte cura il territorio come l’agopuntura il corpo. Le opere sono gli aghi o il punctum, come direbbe Roland Barthes, che dà senso al paesaggio storico. Rimuove su di esso la patina noiosa che spesso pervade i paesi dell’interno, lo rende di un interesse inusitato. Come associazione culturale, Kalenarte non ha compiti di formulazione di politiche, nel senso tradizionale del termine. Ma, come fa notare il Prof. Luciano De Bonis, nell’ambito di alcuni filoni di scienze sociali e di studio specifico delle politiche pubbliche (Dente, 2005) è ormai tuttavia ampiamente riconosciuto il carattere di “politiche”, anche ad alcune pratiche di soggetti non istituzionali che con il loro agire producono risultati di perseguimento di interessi comuni o l’emersione di beni definibili come comuni (Crosta, 1998).
Nello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, al punto 153 del paragrafo 3.4.4. dal titolo ‘Gestione Creativa dei paesaggi culturali europei’, si afferma che “In molti casi è importante guidare con creatività la gestione e la ricostituzione dei paesaggi, anziché conservare la situazione esistente. (…) S’impone pertanto una politica del paesaggio creativa ed adeguata alla singola regione per numerose aree europee: essa deve basarsi su una strategia integrata, rimanere aperta alle nuove evoluzioni e contribuire alla creazione o al recupero di paesaggi attraenti.” Il progetto risponde perfettamente ad una visione di sviluppo sostenibile, che induce processi che rigenerano costantemente le risorse adoperate. Secondo la Priorità 4 del Quadro Strategico Nazionale 2007-13, “in uno scenario di crescente mobilità internazionale di capitali e persone, l’attrattività delle regioni italiane è favorita dal potenziale vantaggio comparato rappresentato dalla dotazione di risorse naturali, paesaggistiche e culturali e dalla buona qualità della vita. Come fa notare De Bonis l’Accordo di Programma Italia-UE 2014-20 prevede che l’intervento, per innescare processi di sviluppo nelle aree interne, sia focalizzato sulle loro “specificità”, su fattori latenti di sviluppo legati anche alle consistenti potenzialità di risorse “nascoste e non ancora valorizzate”, con particolare riferimento, tra l’altro, alla valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile, ai sistemi agro-alimentari, al saper fare e artigianato, tutti elementi considerati nel progetto generatori di paesaggio, anche in virtù di approcci creativi e performativi come quelli artistici di Kalenarte. Kalenarte promuove un turismo sostenibile e culturale: molti visitatori apprezzano le peculiarità del MAACK che è stato inserito anche nel lavoro di ricerca promosso dal MiBACT e realizzato dalla società IZI spa che ha censito i luoghi più rilevanti d’Italia nel settore dell’arte contemporanea, lavoro concluso con la pubblicazione de “I luoghi del Contemporaneo”, edito da Gangemi. Kalenarte rinvigorisce i valori ambientali sensibilizzando verso un uso sapiente del paesaggio urbano, ma anche del paesaggio agro-silvo-pastorale caratterizzato da coltivazioni di frumento, oliveti, vigneti, boschi cedui, e dal percorso tratturale (bene archeologico).
Kalenarte, favorendo una visione del territorio attenta alla qualità estetica, limita interventi guidati da cieche logiche economico-finanziarie e offre la possibilità di uno sviluppo sostenibile in cui la creazione di paesaggi eterogenei si svincola dalle dinamiche di concorrenza tra territori. Le opere del MAACK dialogano continuamente con il contesto e le opere stabili attualmente visibili sono solo una parte delle performance artistiche che hanno coinvolto la popolazione e il luogo: la maggior parte delle interazioni ha avuto un carattere effimero (temporaneo), ma efficace nel modificare dall’interno la visione del luogo aumentando la sensibilità per il patrimonio paesaggistico nei suoi aspetti ambientali e antropici. Il Progetto Kalenarte, avendo riqualificato con opere di arte “ambientale” zone abbandonate del borgo antico di Casacalenda, rigenera il costruito contrastando ogni speculazione edilizia e “sconsiderate concessioni al turismo di massa.” Sono questi i “fattori” che “portano spesso alla disgregazione della struttura e della vita sociale delle città, nonché al pregiudizio del loro potenziale di attrattiva per gli investimenti” (Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, punto 158, par. 3.4.5). Inoltre Kalenarte promuove un turismo sostenibile e destagionalizzato. “Maturate al di fuori dell’attuale dibattito, le operazioni messe in piedi a Casacalenda hanno un carattere di forte individualità e non omologazione. Esse in un trentennio hanno superato la fase sperimentale, sono ormai assimilate dal territorio e dalla comunità ed hanno prodotto effetti concreti e misurabili in termini di attenzione alla conservazione ed alla valorizzazione del paesaggio» (Di Bello, 2014 p. 16-17). Il Progetto Kalenarte_MAACK ha delle peculiarità che danno un carattere di unicità al territorio e ciò è alla base della politica primaria europea di coesione territoriale; nel contempo può essere un ottimo esempio di “buona pratica” per rigenerare il paesaggio, soprattutto quello appenninico (oggetto principale della Strategia Nazionale per le Aree Interne) caratterizzato da problematiche simili: lo spopolamento, l’abbandono dei borghi, il disuso della campagna, la necessità di inventarsi nuovi percorsi di vita dopo ricorrenti eventi calamitosi. Secondo Claudia Di Bello (architetto, Vicepresidente della Fondazione Architetti, Campobasso) «Casacalenda ha rischiato di scomparire, fagocitata da un processo che ha repentinamente cancellato le istituzioni che ne facevano il centro di riferimento amministrativo di un territorio, che ha depauperato il ruolo di polo per l’istruzione e che ha visto perdersi l’autosufficienza economica rurale in favore di una dipendenza da altre economie in altri luoghi. Ma questo piccolo borgo, a differenza di altri territori interni che hanno condiviso le stesse vicende, ha opposto resistenza al ripiegamento e all’oblìo e, proprio in forza di una cultura antica, ha attivato un’azione di salvaguardia, gestione e progettazione del territorio intuendo che la conferma ed il rafforzamento dei caratteri di individualità, struttura e significato dei luoghi potessero rappresentare una opportunità di salvezza. L’eccezionalità dell’intuizione risiede nel fatto che la stessa ha preso forma alla fine degli anni ’80, con largo anticipo rispetto alla Convenzione Europea del Paesaggio o al Codice Urbani”. Dimostra la possibilità, in linea con il principio di sussidiarietà, che gli abitanti, guidati delicatamente e con onestà intellettuale, possono auto-generare dall’interno la competenza per innovare il paesaggio storico rurale e urbano. Possono dunque sviluppare capacità progettuali utili ad una auspicabile pianificazione del paesaggio in cui la partecipazione è interna al processo e non un mero strumento di mitigazione di scelte prese dall’alto (De Bonis, 2012). Pertanto il progetto Kalenarte rappresenta anche un forum di discussione e confronto sugli obiettivi e le modalità di azione verso un Piano Paesaggistico ai sensi del Codice Urbani (attualmente assente in Molise), e può essere considerato un esempio di buona pratica non da reiterare imitativamente, ma cogliendone in modo profondo i principi ispiratori. Sebbene il Progetto Kalenarte_MAACK sia molto radicato e declinato per il luogo in cui opera, l’idea di utilizzare l’arte contemporanea per rigenerare il paesaggio, restituirne il senso alla contemporaneità, può essere esemplare per sviluppi in altri contesti. Questo non vuol dire che si possa replicare esattamente la stessa struttura progettuale: come il “seme” può generare alberi diversi a seconda del contesto, del terreno, dei venti, della luce, così possono darsi diverse materializzazioni di una stessa idea. Oltre a poter essere considerato una buona pratica in sé, reiterabile in funzione delle specificità di differenti luoghi, Kalenarte ha innescato indirettamente o direttamente altre buone pratiche, favorendo, oltre le suddette nascite dell’oasi LIPU e di Molisecinema, un’evidente concentrazione culturale e economica fatta di piccole e medie imprese, legate alle produzioni agroalimentari, di alta qualità, alcune delle quali sponsorizzano il progetto <108.
L’Associazione Culturale Kalenarte_MAACK e Massimo Palumbo hanno sempre operato in sintonia con le politiche nazionali e hanno cercato sempre l’interazione soprattutto con gli enti locali, quelli più vicini al cittadino. Tuttavia va considerato il “contesto difficile” per cui il Progetto Kalenarte ha anche come obiettivo quello di incoraggiare costantemente le Amministrazioni Locali a politiche territoriali lungimiranti. Kalenarte ha avuto spesso il ruolo, talvolta scomodo, di ricordare che gli abitanti sono costruttori di paesaggio e non possono “subire” il paesaggio che abitano e che devono partecipare attivamente alle scelte decisionali. Le opere permanenti sono tutte su suolo pubblico concesso dal Comune e le opere della Galleria, sebbene molte siano state in prima battuta donate direttamente al Direttore Artistico, appartengono al Comune. Così è nata la Galleria Civica. Gli abitanti d’altro canto, considerati anche soggetti pubblici, sono stati sempre coinvolti, talvolta anche materialmente hanno aiutato gli artisti alla costruzione delle opere. Ad esempio il Poeta di Casacalenda di Varotsos, se escludiamo la parte strutturale in metallo forgiata da un artigiano locale, è stato costruito pietra per pietra dagli abitanti di Casacalenda e questo ha generato un’affezione comune per quel luogo fuori dal paese, dimenticato. Credo nel riconoscimento di un ruolo attivo dei cittadini nelle decisioni che riguardano il loro paesaggio (Convenzione Europea del Paesaggio, 2000) cercando di far contribuire alla poiesi di un’immagine del territorio che ne metta in luce i valori culturali e sociali. «Se si rafforzerà il rapporto dei cittadini con i luoghi in cui vivono, essi saranno in grado di consolidare sia le loro identità, che le diversità locali e regionali, al fine di realizzarsi dal punto di vista personale, sociale e culturale. Tale realizzazione è alla base dello sviluppo sostenibile di qualsiasi territorio preso in esame, poiché la qualità del paesaggio costituisce un elemento essenziale per il successo delle iniziative economiche e sociali, siano esse private, che pubbliche» (CEP, 2000). D’altro canto al punto 159 del paragrafo ‘Gestione Creativa del Patrimonio Culturale Urbano’ dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, si evidenzia un ritardo nel “porre in essere politiche di gestione creativa del paesaggio urbano, ancorché necessarie, in particolare nelle città in cui il degrado estetico qualitativo dell’ambiente edificato è tale da scoraggiare coloro che intendono viverci o effettuarvi degli investimenti.” La Regione Molise è attualmente sprovvista di un piano paesaggistico ai sensi del Codice Urbani e dunque ai sensi della Convenzione Europea del Paesaggio. Come accennato in precedenza Kalenarte e i suoi spazi potrebbero diventare un forum per l’abbrivio di un processo di pianificazione paesaggistica anche contemplando tratti sperimentali. A livello locale l’interazione con gli Enti c’è stata sempre, tuttavia le politiche a livello locale non sempre hanno compreso l’importanza internazionale che ha il Progetto e la sua lungimiranza, preferendo supportare azioni dai risultati più immediatamente visibili. Gli eventi nel triennio di mia vicepresidenza sono stati interamente autofinanziati dall’associazione e dai soci. Questo aspetto aggiunge merito all’Associazione che è riuscita, nonostante alcuni ostacoli, a non perdere di vista e a raggiungere gli obiettivi prefissi con uno sforzo personale pieno di passione per l’arte contemporanea e amore per il luogo. Credendo che il modo migliore per contribuire alla rinascita di una comunità fosse una sorta di “learning by doing”, è stato chiesto più volte alla popolazione di partecipare alla costruzione stessa del MAACK. La presenza di artisti internazionali influenti in ambito europeo come Kinga Araya, Ivan Barlafante, Krzysztof Bednarski, Ciriaco Campus, Luigi Colajanni, Tonino D’Erme, Baldo Diodato, Andrea Lanini, Franco Libertucci, H.H. Lim, Fabio Mauri, Achille Pace, Clayton Patterson, Michele Peri, Renzo Gallo, Rivka Rinn, Luca Maria Patella, ha generato legami tra luoghi anche distanti geograficamente. Ad esempio il già citato “Poeta” di Casacalenda, oltre ad essere stato costruito dagli abitanti, ha un fratello quasi-gemello a Nicosia: questo crea un legame tra territori distanti, rafforza l’Unione Europea anche con contesti particolari: Cipro che ha aderito all’UE come isola divisa de facto e un piccolo paese nella periferia del
mondo, Casacalenda.
[NOTE]
103 Trad. lett.: sotterranea. Indica un tipo di cultura urbana di radice nordamericana che si distacca dalla cultura di massa procedendo per vie alternative, sotterranee, spesso clandestine. Il termine fu usato per la prima volta da Marcel Duchamp nel 1961 ad una conferenza a Filadelfia. Fonte Giulio Brusi, La questione sperimentale (dalle origini agli anni ’60 – contenuto in AA.VV. Fuori norma. La via sperimentale del cinema italiano, Marsilio Editori 2013.
104 http://www.cvtastreetfest.com/About
105 Biancoshock vive e lavora a Milano. È un artista a carattere multidisciplinare caratterizzata dall’attitudine ad operare in spazi urbani con performance spesso d’impegno socio-politico. Egli ha definito questa modalità effimerismo perché lo scopo è di produrre opere d’arte effimere nello spazio reale. Ovviamente resta non solo la documentazione fotografica e video, ma anche un segno nella memoria collettiva. Scrive di aver realizzato più di 650 interventi in Italia, Croazia, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Lituania, Malesia, Malta, Norvegia, Polonia, Portogallo, Singapore, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Ha preso parte ad alcuni importanti festival di Arte Urbana.
106 https://www.youtube.com/watch?time_continue=3&v=HEpeYNBk9z4
107 Nella guida, in verità, viene riportato il titolo Il Poeta di Casacalenda, ma qui per correttezza formale è stato prediletto il titolo presente nel volume relativo alla mostra del 1998 Costas Varotsos – Horizonten – Horizons – Horizonten, Muhka, Museum van Hedendaagse Kunst Antwerpen, Anversa (NL).
108 In particolare sono da annoverare i casi di Biosapori (conserve di prodotti biologici locali), La Fonte nuova (caseificio che utilizza solo latte locale), Pasta Kalena (pasta artigianale, stuzzicheria), i forni San Michele, Kalena e L’Arte Bianca; il biscottificio Lallitto.
Michele Porsia, Il piano paesaggistico come artefatto a reazione poietica. Verso una fertilizzazione della pianificazione del paesaggio attraverso ricerche artistiche contemporanee, Tesi di Dottorato, Università degli Studi del Molise, 2019