
Ricostruire le vicende biografiche di un soggetto non è mai un’operazione semplice e lineare. Spesso accade che non sia possibile disporre di riferimenti puntuali dalla nascita del produttore fino alla sua morte e non è raro che alcuni frammenti di vita rimangano sullo sfondo o vengano semplicemente ignorati. In questo senso il caso di Claudio Pavone è abbastanza particolare. Sono molti i cenni bibliografici ai quali far riferimento ed è possibile attingere anche a volumi e contributi commemorativi che, in qualche modo, ripercorrono le tappe più importanti della sua vita. Per colmare alcuni vuoti, grazie alla collaborazione della famiglia, è stato possibile fare riferimento anche alle memorie strettamente private che Pavone scrisse subito dopo il pensionamento e che non volle mai pubblicare. Grazie a queste numerose testimonianze la ricostruzione del profilo biografico del soggetto produttore è stata un’operazione abbastanza agevole.
Avendo quindi chiare le attività che Claudio Pavone ha svolto nella sua vita, e confrontandole con le carte riordinate, è lampante quanto la documentazione scelta dallo studioso per la donazione narri solo una parte della sua esistenza.
Le carte conservate presso l’Archivio centrale dello Stato, infatti, raccontano prevalentemente il profilo del Pavone storico. La documentazione relativa alla sua attività nell’amministrazione archivistica è infatti limitata a pochi fascicoli, nonostante vi abbia lavorato a lungo È vero altresì che la documentazione mancante può essere rintracciata in maniera indiretta proprio presso l’Archivio centrale dello Stato, nella sezione Ufficio Studi e Pubblicazioni <44. L’assenza di documentazione relativa all’attività dello studioso entro l’amministrazione archivistica è comunque un vuoto che merita di essere segnalato nell’introduzione inventariale. Se l’utente avesse a disposizione solo le carte private di Claudio Pavone donate all’Archivio centrale dello Stato, non riuscirebbe mai a percepire l’importanza e lo spessore del lavoro dello studioso nell’amministrazione archivistica. Emerge qui un tratto caratterizzante degli archivi in generale e di quelli privati in particolare, che è quello della continuità della conservazione e della custodia. La frammentazione della conservazione fisica, infatti, spezzano in qualche modo la catena di una auspicabile omogenea unbroken custody <45. Tale fenomeno è spesso dovuto a diversi fattori, più o meno casuali, e più o meno significativi che vanno ad impattare visibilmente sulla percezione d’insieme dell’archivio, da momento che i diversi spezzoni dello stesso si influenzano vicendevolmente e i pieni chiamano ogni volta a sé i vuoti.
Entrando più nel dettaglio sembra comunque utile fornire una panoramica su quanto le carte donate da Claudio Pavone ci raccontino.
Sicuramente si ha un’importante testimonianza delle sue attività giovanili, come nel caso delle collaborazioni per le redazioni di “La verità”, “La Cittadella” e i “Fogli di discussione”. Si ritrovano, inoltre, dei preziosi frammenti relativi all’identità clandestina assunta come Carlo Pastini dopo la scarcerazione, come anche alcuni appunti presi durante la breve esperienza da studente in filosofia. Per avere un quadro delle relazioni professionali di Claudio Pavone la corrispondenza è naturalmente un utile strumento di riflessione. Anche in questo caso si ritrovano pochi frammenti della sua attività archivistica, ad esclusione di alcune lettere ricevute dall’amico e collaboratore Filippo Valenti e dai colleghi Piero d’Angiolini, Paola Carucci e Isabella Zanni Rosiello. D’altro canto, sono invece più numerose le testimonianze relative alla sua attività di storico impegnato in numerosi convegni, progetti e collaborazioni con le riviste di settore.
Anche la documentazione afferente alle sue pubblicazioni è meritevole di qualche considerazione. La serie nella quale sono confluiti questi materiali è estremamente corposa, ma i vari contributi, ad esclusione dalle grandi fatiche di Pavone, quali i volumi “Amministrazione centrale e periferica. Da Rattazzi a Ricasoli” <46 e “La Guida generale degli archivi di Stato” <47 o il famoso articolo “Ma è poi tanto pacifico che l’archivio rispecchi l’istituto?” <48, sono quasi sempre stati proposti da Pavone come membro degli istituti storici della Resistenza oppure come docente dell’’Università di Pisa. La sua produzione scientifica in campo archivistico, anche se di rilievo, è infatti non particolarmente cospicua. La prevalenza di materiale di carattere storico si ritrova anche nella serie dedicata alle ricerche da lui condotte per le sue pubblicazioni, denominata nell’inventario ‘Studi preparatori’ <49. Qui, infatti, è convogliata la documentazione afferente ai suoi principali temi di ricerca, come ad esempio il Totalitarismo, la Resistenza e la storia delle istituzioni. Consistenti, poi, sono le testimonianze sulla sua attività didattica presso l’Università degli studi di Pisa, della quale è possibile avere un quadro degli insegnamenti e delle ricerche tra il 1974 e il 1992. Altrettanto numerosi sono i fascicoli relativi agli incarichi ricoperti all’interno di alcuni importanti istituti storici (IRSIFAR <50, INSMLI <51, Centro studi Piero Gobetti <52, ISSOCO <53).
Chiude questa panoramica di testimonianze un consistente gruppo di buste all’interno delle quali Pavone ha raccolto materiali afferenti alle sue partecipazioni a programmi radiofonici o televisivi per emittenti nazionali che, anche in questo caso, di rado parlano della sua attività all’interno dell’amministrazione archivistica.
Vista nella sua totalità, la documentazione disponibile racconta quindi il mestiere di storico più di quello di archivista, nonostante il lavoro d’archivio e il lavoro di storico non fossero per lo studioso mai completamente separabili <54.
Queste considerazioni dimostrano come in realtà l’archivio donato da Claudio Pavone non rispecchi integralmente l’articolata figura del soggetto produttore. Secondo un processo tipico ed analizzato a fondo proprio dallo stesso Pavone le carte si orientano piuttosto a tramandare la visione che lo studioso ha voluto lasciare di sé durante la selezione delle carte da donare. Sarebbe azzardato proporre considerazioni ulteriori su questa scelta, probabilmente dettata da valutazioni molto personali, ma anche grazie al confronto con la famiglia e con i colleghi dello studioso si può affermare con una certa sicurezza che Pavone non ripudiasse la sua attività presso l’amministrazione archivistica, che ha sempre svolto con impegno e dedizione <55. Quello che lo studioso lascia di sé presso l’Archivio centrale dello Stato è la testimonianza documentaria del suo impegno civile come storico, resistente e cittadino attento agli sviluppi politici e sociali del suo tempo. Frammenti di vita che sono documentati dai suoi contributi pubblicati ma che, grazie a queste carte, potranno ulteriormente arricchirsi di dettagli. Gli utenti che sentiranno l’esigenza di prestare attenzione al lascito di Pavone potranno seguirne i percorsi di studi, leggere le varie versioni dei suoi scritti e attingere a quel ricco e denso apparato di ricerca che accompagna ogni sua pubblicazione, intervento o lezione.
Premesso, come si ricordava sopra, che le vicende della conservazione complessiva dell’archivio Pavone sono oltre un certo livello insondabili e che i distinti percorsi conservativi suggeriscono la massima prudenza nel formulare valutazioni di insieme, le carte rivestono sicuramente un grande interesse. Questi documenti non si limitano a fotografare parte delle attività da lui svolte in vita, ma sono stati selezionati accuratamente e condizionati dallo stesso soggetto produttore.
Claudio Pavone è dunque intervenuto incisivamente durante il ciclo di vita di questo particolare archivio e ha consapevolmente lasciato ai posteri solo alcuni dei suoi documenti. Un aspetto che non può essere tralasciato né dall’archivista, che per primo ne ha curato l’ordinamento, né dal futuro utente, il quale dovrebbe aver chiaro che quel particolare patrimonio documentario è un lascito parziale ma consapevole, rispondente all’immagine che il soggetto ha voluto restituire di sé stesso. In questo senso, la selezione e il condizionamento delle carte ad opera di Claudio Pavone, diventano esse stesse delle preziose fonti di informazioni che non andrebbero ignorate durante l’analisi della documentazione da parte dei futuri utenti.
[NOTE]
44 Servizio V. Studi e pubblicazioni, 1970-1981. Ufficio centrale beni archivistici. Ministero per i beni culturali e ambientali. Archivio centrale dello Stato. Al momento il fondo non è disponibile per la consultazione.
45 La letteratura scientifica tratta di unbroken custody principalmente nei casi di archivi digitali, o archivi ibridi. Si veda ad esempio: LUCIANA DURANTI, The Reliability and Authenticity of Electronic Record, in Preservation of the Integrity of Electronic Records. The Archivist’s Library, vol 2, Dordrecht, Springer, 2002, pp. 22–30. Il tema dell’ “archiviazione interrotta” è però rintracciabile anche nelle varie dissertazioni di Elio Lodolini. Si veda in tal senso: LUCIANA DURANTI, Review: Lodolini, Archivistica. Principi e problemi, «Archivaria» (1986), 21, pp. 256–257. Tale principio viene anche diffusamente ripreso nel volume di ANTONIETTA QUARTA, I nessi slegati e l’ombra dell’archivio, Padova, Libreriauniversitaria.it, 2015.
46 CLAUDIO PAVONE, Amministrazione centrale e amministrazione periferica: da Rattazzi a Ricasoli, (1859-1866), Milano, Giuffrè, 1964
47 PIERO D’ANGIOLINI, CLAUDIO PAVONE, PAOLA CARUCCI, ANTONIO DENTONI LITTA, VILMA PICCIONI SPARVOLI, Guida generale degli archivi di Stato italiani, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1981
48 CLAUDIO PAVONE, Ma è poi tanto pacifico che l’archivio rispecchi l’istituto?, cit.
49 Per approfondimenti sulle serie citate si rimanda al cap. 3 dedicato all’inventario delle carte di Claudio Pavone donate all’Archivio centrale dello Stato
50 ISTITUTO ROMANO PER LA STORIA D’ITALIA DAL FASCISMO ALLA RESISTENZA, IRSIFAR. Chi siamo [https://www.irsifar.it/chi-siamo/], consultato il 22/8/2021
51 ISTITUTO NAZIONALE FERRUCCIO PARRI, Istituto Nazionale Ferruccio Parri. Chi siamo [https://www.reteparri.it/chi-siamo/], consultato il 22/8/2021
52 CENTRO STUDI PIERO GOBBETTI, Centro studi Piero Gobetti. Chi siamo [https://www.centrogobetti.it/chi-siamo.html], consultato il 22/8/2021
53 FONDAZIONE LELIO E LISI BASSO – ISSOCO, Fondazione Basso. Chi siamo [https://www.fondazionebasso.it/2015/la-fondazione/storia-fisionomia/], consultato il 22/8/2021
54 Cfr. FEDERICO VALACCHI, Ripartire da Pavone. Spunti di archivistica, «Parole Chiave. Claudio Pavone» (2019), 1, 2, pp. 161–176.
55 ISABELLA ZANNI ROSIELLO, Su Claudio Pavone che ha preso molto sul serio il lavoro archivistico, «Parole Chiave. Claudio Pavone» (2019), 1, 2, pp. 19–34.
Giorgia Di Marcantonio, Il Pavone non pubblicato. Le carte di Claudio Pavone presso l’Archivio centrale dello Stato, Tesi di dottorato, Sapienza Università di Roma, 2022