Mazzucchetti non esita a improntare parallelismi fra la traduzione e le altre arti

Fonte: Fondazione Mondadori

Tra le carte archiviate nella Sezione editoriale del Fondo Lavinia Mazzucchetti, custodito dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, vi è un fascicolo, denominato “Studio sull’arte del tradurre”, che contiene appunti manoscritti e dattiloscritti su trentaquattro fogli sciolti di piccole dimensioni, il cui contenuto lascia pensare a un lavoro di preparazione per un intervento a una conferenza sulla traduzione <1.
Sebbene i documenti siano privi di data, un riferimento di Lavinia Mazzucchetti a un articolo di Vittorio Sereni, apparso su un numero della rivista «Aut aut», ci permette di collocare con una certa sicurezza la stesura degli appunti al periodo successivo al 1961, ovvero agli ultimi anni di vita della germanista, scomparsa nel giugno del 1965.
Il fascicolo contiene anche riferimenti bibliografici e ritagli di giornale successivi al 1961: tra questi vi sono un articolo dello zurighese Fritz Güttinger – traduttore di Melville – del maggio 1962 <2, uno di Natalia Ginzburg traduttrice di Proust – del dicembre 1963 <3 e un saggio di Marcel Reich-Ranicki pubblicato nell’aprile del 1965 <4, due mesi prima della morte della germanista. Ciò consentirebbe di restringere significativamente l’intervallo di tempo, collocando la datazione degli appunti negli ultimi due mesi antecedenti alla sua morte. Tuttavia, se la stesura degli appunti risulta chiaramente finalizzata a una conferenza, non è possibile stabilire con certezza che anche la raccolta del materiale bibliografico sia da ricondurre allo stesso fine: è probabile invece che i ritagli di giornale custoditi nel fascicolo siano stati archiviati da Lavinia Mazzucchetti insieme agli appunti per pura affinità di tema, pur non essendo necessariamente coevi <5. È più prudente quindi limitarsi a individuare come terminus post quem l’articolo di Vittorio Sereni del 1961, che – a differenza degli altri materiali bibliografici segnalati prima – viene espressamente citato dalla germanista nei suoi appunti <6.
Il fascicolo contiene complessivamente due differenti tipologie di annotazioni, il cui raggruppamento, puramente convenzionale, consente qui di riordinare le singole carte e di proporre una più organica lettura degli appunti. Da un lato vi sono riferimenti bibliografici, massime e citazioni sull’arte del tradurre, accompagnate da alcune riflessioni di Mazzucchetti sulle teorie della traduzione; dall’altro un insieme di considerazioni critiche sul mestiere del traduttore e su quello che definisce il proprio ‘metodo’ di tradurre, contornate da divertenti aneddoti tratti dalla sua esperienza di curatrice di collane e revisore di traduzioni.
Prima di presentare il primo gruppo di carte, è utile qui cominciare riportando alcuni estratti di un documento con cui la germanista sembra voler sgombrare radicalmente il campo da qualsivoglia retorica altisonante.
Quando parlo di traduzione, scrive, non dovete aspettarvi da me fronzoli e orpelli: «se fossi patetica e capace di alate concioni», userei uno «stile oratorio corrispondente alla gesticolazione desabatiana», e potrei dire che i traduttori sono «pontieri dell’umanità, interpreti dell’anima dei popoli, trasmettitori delle fiaccole, reincarnatori della bellezza». E invece no: «tradurre è una professione […] una missione che va scelta con la coscienza di affrontare un mestiere incomodo e ingrato». E come tutti i mestieri, va esercitato «con onestà» <7.
[…] Pur sottolineando gli aspetti squisitamente professionali, più concreti e artigianali del proprio mestiere, Mazzucchetti non esita a improntare parallelismi fra la traduzione e le altre arti. Lo dimostrano le numerose
citazioni di massime e aforismi che mirano tutte a una definizione del tradurre come un’attività molto simile alle arti figurative: secondo un aforisma di Friedrich Nietzsche, quando si traduce «bisogna lavorare con la medesima tenace intensità con cui uno scultore crea la sua statua» <10, e agli occhi di Arthur Schopenhauer una biblioteca di traduzioni somiglierebbe «a una pinacoteca di copie» <11. Fra gli accostamenti alle altre arti è frequente il rinvio a metafore di natura musicale, secondo cui il mestiere del traduttore sarebbe simile a quello del direttore d’orchestra <12, e la traduzione potrebbe essere definita – e anche qui riecheggiano le parole di Schopenhauer, sebbene non esplicitamente citate – «una musica con trasposizione di tono» <13.
Accanto a massime e aforismi sul tradurre formulati da grandi pensatori, Mazzucchetti colloca altre citazioni meno note, come quella di Luigi Siciliani, secondo cui «si traducono le poesie che si sentono» <14, e di Carl Zuckmayer: «tradurre è capire, è anche potare, scarnificare» <15. Non mancano poi alcune «formule divertenti di cui spesso si ignora il primo autore». tra queste la germanista annota: «la versione è il rovescio di un tappeto» e tradurre è «mostrare un’eclissi di sole nell’acqua di un secchio» <16.
Quasi malvolentieri la germanista prende posizione nei confronti delle teorie sulla traduzione. Dalla lettura delle carte non emerge infatti alcuna volontà di schierarsi a favore di questa o quella scuola di pensiero, né di adottare un approccio teoricamente definito. Le sue osservazioni sono piuttosto orientate a descrivere il proprio modus operandi, nei suoi aspetti più concreti. Come riassume bene Maria Pia Casalena, la tendenza che «teorizzava l’uso di un italiano aulico, il sacrificio delle peculiarità dell’originale e l’espunzione sistematica delle voci gergali» <17 era un orientamento ancora in voga negli anni in cui Mazzucchetti traduceva. Si trattava di un atteggiamento sostanzialmente dettato da una implicita diffidenza nei confronti dei prodotti stranieri, che necessitavano di essere ‘elevati’ alla cultura italiana e quindi ‘letterarizzati’. Nei confronti di questi innalzamenti di registro Mazzucchetti nutriva non poche riserve.
[…] Facendo un bilancio della propria carriera lavorativa nel mondo editoriale, la germanista comincia da una considerazione sulla ‘necessità’ del tradurre: la traduzione «ho imparato a considerarla cosa seria e necessaria da un maestro: Martinetti» <42. «Si deve tradurre» <43, si tratta del «dovere culturale di comunicare» <44. Nel 1907 Mazzucchetti si era iscritta alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Accademia scientifico-letteraria di Milano, dove aveva seguito i corsi di filosofia teoretica tenuti da Piero Martinetti e i corsi di Lingua e Letteratura tedesca di Sigismondo Friedmann <45.
Mazzucchetti spiega che nel corso del tempo, «in tempi di austerità letteraria», ha dovuto poi imparare a considerare la traduzione come «secondaria e subalterna […] a rimandarla per la vecchiaia» <46. Le vicende storiche e politiche in cui Italia e Germania furono coinvolte compromisero infatti la sua attività di Grenzgängerin [frontaliera], come si sarebbe definita più tardi. In un articolo pubblicato su «Die zeit» nel 1962, Mazzucchetti racconta che importare e tradurre letteratura tedesca in Italia fra le due guerre non era stato un compito facile: «wir haben es nicht leicht gehabt, wir in Italien spärlich gesäten germanistischen Grenzgänger, wir obstinaten Einschmuggler von ‘halb klandestinen literarischen Gütern’, wir zähen Brückenbauer zwischen Weimar und Rom aus dem ersten Nachkrieg» <47 […]
[NOTE]
1 Il presente lavoro si basa su una ricerca condotta sul fascicolo denominato Studio sull’arte del tradurre, custodito dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (FAAM) nel Fondo Lavinia Mazzucchetti (ArchMazz) 1844-1965. Il fascicolo (n. 167, b. 34, archiviato nella Sezione editoriale, serie Materiali letterari, sottoserie opere, parte Studio sull’arte del tradurre) contiene trentaquattro documenti: le carte con numerazione 1-16 sono fogli di piccole dimensioni, manoscritti a matita, le carte numero 17-21 sono fogli a quadri di medie dimensioni, manoscritti a matita e a penna, redatti sul fronte e sul retro; le carte numero 22-34 sono fogli di medie dimensioni, dattiloscritti fronte e retro, in parte una bella copia o una rielaborazione delle carte numero 1-21. Dalla consultazione del materiale d’archivio non sono però emerse informazioni riguardanti la presunta conferenza.
2 Cfr. Fritz Güttinger, Vom Übersetzen. Ein imaginäres Gespräch auf zuverlässiger Grundlage, in «Neue zürcher zeitung», 23. Mai 1962.
3 Cfr. Natalia Ginzburg, Come ho tradotto Proust, in «La Stampa», 11 dicembre 1963.
4 Cfr. Marcel Reich-Ranicki, Verräter, Brückenbauer, Waisenkinder, in «Die zeit», 9. April 1965.
5 Al momento dell’acquisizione del Fondo Mazzucchetti da parte della Fondazione Mondadori, ciascuna busta recava una dicitura manoscritta di Lavinia Mazzucchetti indicante la natura delle carte contenute.
6 Cfr. Lavinia Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, FAAM, ArchMazz, b. 34, fasc. 167, s.l., s.d., c. 1 (ms).
7 Ivi, c. 33 (ds).
10 Ivi, c. 23 (ds). Cfr. anche ivi, c. 19 retro (ms): «muss man so arbeiten wie der Bildhauer an einer Bildsäule» («bisogna lavorare come fa lo scultore con la sua statua»). La citazione si ispira a un aforisma di Nietzsche. Cfr. Friedrich Nietzsche, Der Wanderer und sein Schatten, A. N. 95, in Id., Werke in drei Bänden, Bd. I, C. Hanser, München 1954, p. 918. Se non specificato altrimenti, le traduzioni dei testi originali tedeschi sono ad opera dell’autrice del saggio.
11 Lavinia Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, cit., c. 22 (ds). Mazzucchetti si riferisce a una frase del saggio di Schopenhauer Über Sprache und Worte, prima pubblicato in una raccolta di saggi dal titolo Parerga und Paralipomena (1851), poi ristampato nell’Opera Omnia: «eine Bibliothek von Übersetzungen gleicht einer Gemäldegalerie von Kopien» [«una biblioteca di traduzioni somiglia a una pinacoteca di copie»], Arthur Schopenhauer, Über Sprache und Worte, in Id., Sämmtliche Werke, hrsg. v. Julius Frauenstädt, Bd. VI, Leipzig, Brockhaus 1877, pp. 602-605, qui p. 602.
12 Cfr. Lavinia Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, cit., c. 10 (ms). Cfr. anche ivi, c. 28 (ds): «tradurre è dirigere orchestra».
13 Ivi, c. 22 (ds). Anche questo è un riferimento a Schopenhauer, secondo cui la migliore di tutte le traduzioni, in confronto all’originale, può riuscire soltanto come riesce la trasposizione di un pezzo musicale in un’altra tonalità. Cfr. Arthur Schopenhauer, Über Sprache und Worte, cit., pp. 602-605.
14 Lavinia Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, cit., c. 21 (ms). Lo scrittore e giornalista Luigi Siciliani (1881-1925) pubblicò nel 1907 un volume di traduzioni di poesie dal greco, dal latino, dal tedesco e dal portoghese: «io so che questo [il gran pubblico] non capisce la poesia, sia perché´ non la sente, sia perché´ non riesce a comprenderne il linguaggio: l’ammira bensì o la disprezza per posa o per moda». Luigi Siciliani, Corona, Modes, Roma 1907, p. 9.
15 Lavinia Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, cit., c. 28 (ds).
16 Ivi, c. 23 (ds). Si veda anche ivi, c. 17 retro (ms).
17 Cfr. Maria Pia Casalena, Contrabbandiera di cultura. Lavinia Mazzucchetti e la letteratura tedesca tra le due guerre, in «Genesis. Rivista della società italiana delle storiche», VI, 1 (2007), pp. 91-115, qui p. 110.
42 Lavinia Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, cit.,, c. 25 (ds).
43 Ivi, c. 17 (ms).
44 Ivi, c. 26 retro (ds).
45 Nel 1931 Piero Martinetti (1872-1943) rifiutò di giurare fedeltà al fascismo e fu costretto ad abbandonare la cattedra. Editori a Milano (1900-1945). Repertorio, a cura di Patrizia Caccia, Franco Angeli, Milano 2013, p. 174.
46 Lavina Mazzucchetti, Studio sull’arte del tradurre, cit., c. 25 (ds).
47 [«Non abbiamo avuto vita facile, noi germanisti di frontiera, in Italia uno sparuto drappello, noi ostinati contrabbandieri di una merce letteraria semiclandestina, che testardamente costruivamo ponti tra Weimar e la Roma del primo dopoguerra»], Lavinia Mazzucchetti, Grenzgängerin zwischen Italien und Deutschland. Ein Leben im Dienste der deutschen Literatur, in «Die zeit», 23. Februar 1962.
Natascia Barrale, «Tradurre è cosa seria e necessaria». Lo Studio sull’arte del tradurre di Lavinia Mazzucchetti in (a cura di) Anna Antonello e Michele Sisto, Lavinia Mazzucchetti. Impegno civile e mediazione culturale nell’Europa del Novecento, Istituto Italiano di Studi Germanici, Roma, 2017

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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