
«La signorina Richmond […]
produce un tempo zero da spezzarsi […]
[sino] a emettere un possibile»
Nell’ambito delle “attività combinatorie” – e per evidente contiguità con quel che si è delineato nel corso della tesi – è imprescindibile almeno un breve riferimento a Nanni Balestrini, fondatore di quel Gruppo ’63 – che proprio quest’anno celebra il suo cinquantenario – incunabolo della “dissidente” Neoavanguardia. E scrivo “dissidente” tra virgolette perché, come rammenta Eco <339, già nel secondo raduno-convegno del Gruppo ’63, svoltosi nel ’65 e dedicato al romanzo sperimentale, era parso chiaro che quest’ultimo non aveva gli stessi intenti distruttivi tendenti «all’azzeramento di goni poetica del passato» <340 né osannava quel nuovo-a-tutti-i-costi tipico della mentalità avanguardistica, ma, attraverso la pratica del riuso, sembrava inglobare in sé il passato combinandolo, ricombinandolo ed esplorandone tutte le “possibilità possibili”. Un atteggiamento in cui, sempre per Eco, si potevano intravedere i germogli del venturo Postmodernismo.
È in questa prospettiva che si inserisce Balestrini la cui “ricerca infinita”, sempre volta a indagare le proprie possibilità di esistenza, sembra orientata piuttosto verso l’oscillazione continua (nel senso di un «divenire incessante» <341 di deleuziana accezione) tra distruzione e costruzione sicché – come ci ricorda Cortellessa con Giorgio Agamben – «di fronte alla distruzione della tradizione» il poeta «trasforma la distruzione in un metodo poetico e, in una sorta di acrobatica destructio destructionis mima ancora, come scriptor, un atto felice di trasmissione» <342; così come sempre presente è l’oscillazione tra ordine e disordine: “Un’ordinata progettazione del disordine” è, ad esempio, il titolo dato da Fausto Curi alla prefazione di “Contromano” scritto con Balestrini, dove scrive che l’amico «ha certo violato antiche regole […] ma non per fare il vuoto o per provocare il caos, dal momento che le ha sostituite con regole nuove precise e rigorose» <343.
E se le analogie tanto con le pratiche degli Oulipo, quanto con quelle di Boetti sono più che evidenti e assodate (dal momento che proprio nelle “Attività combinatorie” a partire dal “Tristano” di Balestrini appare un intero capitolo dedicato alle pratiche combinatorie dell’artista – emblematicamente intitolato “Scrivere con la sinistra è disegnare” – redatto da Andrea Valle <344), un accenno ai riferimenti al “Possibile” contenuti nelle opere di Balestrini potrebbe rivelarsi un esercizio di futile utilità: così, ad esempio, nelle “Istruzioni preliminari” collocate “coerentemente” alla fine di “Caosmogonie”, l’“oggetto” ‘Possibile’ si dissolve nell’effetto della “ripetizione differente” prodotto dal gioco combinatorio:
«[…] i tramonti si succedono ai tramonti
In una realtà caotica ostile immensa
Non sappiamo chi siamo né dove andiamo
Non sappiamo chi siamo né dove andiamo
Le vecchie certezze se ne vanno
in una realtà caotica ostile immensa
supreme famose finzioni si dissolvono
la nostra urgenza di ordine si annulla
in un reticolato di possibilità infinite
in un reticolato di possibilità infinite
proviamo ogni volta con parole diverse
la nostra urgenza di ordine si annulla […] <345».
Passando adesso all’attività combinatoria balestriniana “vera e propria”, accenniamo brevemente a “Tape Mark I”: lavoro “semi-aleatorio” apparso sull’Almanacco Bompiani nel ‘62 con una breve nota introduttiva dell’autore che ben sintetizza la situazione della combinatoria a lui coeva: «Letteratura e arte hanno nell’ultimo cinquantennio costantemente prestato un’attenzione vivissima ai fondamenti dei propri processi immaginativi e costruttivi, individuabili e riassumibili nelle successive fasi di decomposizione dei materiali precostruiti, e di ricomposizione in un risultato creativo. In direzione e con intenti diversi si sono avute le ricerche combinatorie del ‘Livre’ di Mallarmé, di Raymond Roussel, di Arp, Joyce, Pound […] Leiris e di Queneau, dei narratori del “noveau roman”, degli americani Bourroughs e Corso […] dei nostri Sanguineti, Vivaldi e Porta. Simili ricerche hanno anche profondamente contrassegnato larghe zone della pittura (Klee, Dubuffet), […] ancora più intrinsecamente, sono presenti in tutta la musica dopo Schoenberg» <346.
Se per la realizzazione di “Tape Mark I” (che consisteva nella ricombinazione di frammenti di testo preesistenti) Balestrini fu il primo ad avvalersi di un calcolatore elettronico, il suo “Tristano” (1966) dovette aspettare fino al 2007 per raggiungere la forma auspicata dall’autore. Infatti, nelle intenzioni di Balestrini, ogni esemplare doveva essere unico, presentare, cioè, una diversa combinazione casuale dei frammenti testuali di cui era composto: obiettivo raggiunto solo nel 2007 con l’edizione di Derive/Approdi che, sulla copertina, reca l’ossimorica dicitura di “copia unica”. Il testo è corredato da un’introduzione di Eco che, poco dopo, nella ‘Presentazione’ del “Tristano” alla libreria Feltrinelli di Milano <347 – riportato sempre nel n° 38 de «il Verri» – rimanda il lettore «alle vertigini delle [possibilità] combinatorie» <348 già prefigurate da Leibniz e Lullo. È qui più che evidente l’assonanza con gli altrettanto “vertiginosi” elenchi, come pure risulta più che ovvia l’attinenza con le sperimentazioni oulipien.
Come ci ricorda Andrea Cortellessa ne “La riscossa di Frenhofer” contenuta nello stesso volume, nel “Tristano” l’uso del caso trova una straordinaria assonanza con quella “casualità voluta” di cui parla Umberto Eco in “Opera aperta”, dove asserisce che «per fare di questa casualità un nodo di effettive possibilità è necessario introdurvi un modulo organizzativo» <349. Un’affermazione che ribadisce il nesso tra il ‘Possibile’ e il caso e, allo stesso tempo, sembra sottendere quella necessità di stabilire delle regole come unica possibilità di esistenza del ‘Possibile’ che si colloca, nuovamente, in perfetta sintonia con quanto affermato dai protagonisti dell’OuLiPo.
Particolarmente illuminante ai nostri fini (e non solo) appare il suddetto saggio di Cortellessa nel cui incipit lo studioso richiama alla virtualità di “Cent mille milliards de poèms” di Queneau e indica in “Mobile” (1962) di Michel Butor un ulteriore esempio di questo uso virtuale della pagina. Un uso che, in Butor, conduce alla cancellazione della continuità narrativa, precipitandoci nella voragine della perdita di senso. Poco più avanti Cortellessa riporta le parole spese da Giulio Mozzi a proposito del romanzo interattivo, “Composizione n. 1”, di Marc Saporta (romanzo da “mischiare come un mazzo di carte”) dove si legge che: «Io non ho nessuna voglia di quel tipo di libertà […] voglio che mi si racconti una storia: che cominci dal principio e finisca con la fine […] la mia esperienza di vita, non è quella di un numero infinito delle combinazioni: è quella piuttosto, di un numero ben finito di fatti. Ci saranno state, magari infinite, le possibilità; ma la mia vita quale sarebbe potuta essere se le cose fossero andate diversamente, a chi interessa? A me no» <350.
Ribatte Cortellessa che se il numero di «fatti dell’esistenza (individuale) sono certo finiti, infinito (cioè non terminabile […]) è il loro senso» <351. È qui lo smacco maggiore compiuto dalla combinatoria, nel presentarci un senso infinito, ovvero impossibile, in cui si affrontano e confondono agonisticamente tutte le possibilità. Interessante confrontare questo passaggio con quanto affermato dallo studioso nella già citata Expanded Poetry dove, riportandoci nuovamente a Finnegans Wake con le parole di Deleuze – filosofo non a caso prediletto da Balestrini -, ci dice che il «caos informale […] è potenza di affermazione, potenza di affermare tutte le serie eterogenee» <352: un tutto che «nello spirito della coincidentia oppositorum» <353 sembra condurci a un niente di senso.
Nel passaggio dedicato a Mozzi, Cortellessa tocca pure una questione capitale del rapporto tra Possibile e Reale laddove, richiamandosi al “realismo radicale” di Butor, sostiene che quest’ultimo sarebbe possibile solo se «facesse a meno di semplificarla: la realtà» <354. Quel che l’infinità potenziale/virtuale della combinatoria mette in atto sembra tutt’altro che una fuoriuscita dal reale, ma pare piuttosto un “far proprio” il reale stesso nelle sue “infinite” complicazioni, rifiutandone la sintesi (reductio) artificiale e presentando l’ineffabile infinito (im)possibile.
[NOTE]
339 U. Eco in N. Balestrini e A. Cortellessa (a cura di), Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi, L’orma editore (collana Fuori Formato), Roma 2013, p. 260.
340 Ibidem.
341 Formula usata da Andrea Cortellessa per “illustrare” il movimento che anima la balestriniana Caosmogonia e la sua intima relazione derivativa con il pensiero di Deleuze, considerato dal poeta il massimo filosofo del Novecento, in A. Cortellessa, Expanded Poetry, in Id., Nanni Balestrini, Caosmogonia e altro. Poesie complete – volume terzo (1990-2017), DeriveApprodi, Roma 2018, p. 10.
342 Giorgio Agamben, Situazione di Ezra Pound, in Ivi, p. 8.
343 Fausto Curi, Un’ordinata progettazione del disordine, prefazione a Nanni Balestrini, Contromano, Diaforia e Edizioni Cinquemarzo, Viareggio 2015, pp. 5-22, in A. Cortellessa (a cura di), Nanni Balestrini, Caosmogonia e altro, cit. p. 360.
344 Andrea Valle, “Scrivere con la sinistra è disegnare”. Su grafie e notazioni, pp. 83-99, in A.A. (a cura di), Attività combinatorie a partire dal “Tristano” di Balestrini, «Il Verri», n° 38, ottobre 2008.
345 N. Balestrini, VI. Istruzioni preliminari, in A. Cortellessa (a cura di), Nanni Balestrini, Caosmogonia e altro, cit., p. 318.
346 N. Balestrini, Tape Mark I, in Almanacco Bompiani 1962, p. 145.
347 Testo riportato in A.A. (a cura di), Attività combinatorie a partire dal “Tristano” di Balestrini, cit. pp. 7-11.
348 Ivi, p. 8.
349 Umberto Eco, Opera aperta, Bompiani, Milano 1976, p. 201-202
350 Giulio Mozzi in A. Cortellessa, La riscossa di Frenhofer, in A.A. (a cura di), Attività combinatorie a partire dal “Tristano” di Balestrini, cit., p. 14.
351 Ibidem.
352 G. Deleuze, Logica del senso, in A. Cortellessa (a cura di), Nanni Balestrini. Caosmogonia e altro, cit., p. 12.
353 A. Cortellessa in Ibidem.
354 A. Cortellessa, La riscossa di Frenhofer, cit., p. 14.
Arianna Agudo, Nei limiti del “Possibile”. Su alcune pratiche artistico-letterarie degli anni Sessanta, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Bergamo, Anno accademico 2023-2024