Genova dalla metà del XVI secolo organizzò o potenziò, per gran parte del litorale rivierasco del Ponente Ligure, una trama torri e di fortezze, in parte armate di cannoni, in parte destinate a dar ricetto alla popolazione, a guardia del mare ed in contatto visivo tra loro per via di comunicazione con segnali luminosi.
Nonostante questo sistema difensivo ancora nel ‘600 l’erudito di Ventimiglia A.Aprosio (1607-1681) fu limitato nei suoi viaggi per mare dal timore di incursioni piratesche o di Corsari.
In una lettera del 1673 il nobile genovese Gio. Nicolò Cavana scrisse all’Aprosio: “Quando Vostra Paternità Molto Reverenda è in viaggio sempre sto attendendo avviso del Suo arrivo con quell’ottima salute che Le viene da me desiderata; spero quanto prima sentire sia giunta in Ventimiglia vedendo dall’amabilissima Sua come era in Savona e come li corsari si facevano sentire”.
Difficile dire se il Cavana alludesse alle ultime tracce di Corsari turcheschi o d’altre potenze o se confondesse la voce Corsari con quella di Pirati.
E’ comunque evidente che ancora a fine ‘600 un viaggio per mare tra Savona e Ventimiglia poteva essere un azzardo per il rischio di quegli attacchi briganteschi già denunciati e perseguiti nei capi 27, 28, 29 del libro II degli Statuti Criminali genovesi del 1556.