Rosa della grammatica latina
che forse odori ancor nel mio pensiero
tu sei come l’immagine del vero
alterata dal vetro che s’incrina.
Fosti la prima tu che al mio furtivo
tempo insegnasti la tua lingua morta
e mi fioristi gracile e contorta
per un dativo od un accusativo.
Eri un principio tu: ma che ti valse
lungo il cammino il tuo mesto richiamo?
Or ti rivedo e ti ricordo e t’amo
perché hai la grazia delle cose false.
Anche un fior falso odora, anche il bel fiore
di seta o cera o di carta velina,
rosa della grammatica latina:
odora d’ombra, di fede, d’amore.
Tu sei più vecchia e sei più falsa, e odori
d’adolescenza e sembri viva e fresca,
tanto che dotta e quasi pedantesca
sai perché t’amo e non mi sprezzi o fori.
Passaron gli anni: un tempo di mia vita.
Avvizzirono i fior del mio giardino.
Ma tu, sempre fedele al tuo latino,
tu sola, o rosa, non sei più sfiorita.
Nel libro la tua pagina e’ strappata,
strappato il libro e chiusa la mia scuola,
ma tu rivivi nella mia parola
come nel giorno in cui t’ho “declinata”.
E vedo e ascolto: il precettore in posa,
la vecchia Europa appesa alla parete
e la mia stessa voce che ripete
sul desiderio di non so che cosa:
Rosa, la rosa
Rosae, della rosa…
Marino Moretti