Fu soprattutto ai tre libri sui suoi viaggi in Africa Orientale che Vergani dovette il proprio successo e la nomea di primo fotoreporter italiano

Le narrazioni critiche verso il sistema imperialistico certo non abbondano nel nostro corpus. Tuttavia, una strategia per certi versi comparabile a quella di Rafanelli può forse essere rinvenuta in un romanzo contemporaneo a “L’oasi”: “Io, povero negro” di Orio Vergani <54. Milanese classe 1898, Vergani contribuì attivamente alla formazione della «coscienza coloniale» degli italiani sia attraverso la pubblicazione di romanzi sia, soprattutto, tramite i suoi resoconti di viaggio in Africa Orientale <55. Fratello di Vera Vergani, la prima interprete dei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello, Orio avrebbe intrattenuto rapporti con il gotha dell’ambiente culturale a lui contemporaneo e in particolare, tra i molti, con Sibilla Aleramo <56, Vittorio Beonio Brocchieri e Massimo Bontempelli <57, Achille Campanile ed Emilio Cecchi <58, Giovanni Comisso <59 e Aldo Palazzeschi <60. Inoltre, Vergani sarebbe rimasto all’avanguardia del discorso pubblico italiano anche dopo la fine della guerra grazie alla sua collaborazione con «Il Corriere della Sera» e al suo ruolo di giurato fondatore del Premio Bagutta – il quale aveva finanche istituito, nel 1938, un premio secondario di natura coloniale, il Bagutta Tripoli <61.
Come si diceva, nel corso della sua lunga carriera di scrittore e giornalista, Vergani avrebbe pubblicato romanzi di varia impostazione <62, un romanzo coloniale e una serie di libri di viaggio di grande successo. Fu a questi ultimi – e soprattutto ai tre dedicati ai suoi viaggi in Africa Orientale <63 – che Vergani dovette il proprio successo e la nomea di primo fotoreporter italiano <64.
Rispetto alla letteratura odeporica fin qui incontrata, tuttavia, la prova di Vergani si dimostra assai più interessante sotto un duplice aspetto. In primo luogo, la sua narrazione segue una logica giornalistica nel senso più concreto del termine. Si tratta, insomma, di veri e propri diari attraverso i quali l’autore cerca di comunicare al lettore ciò che ha visto limitando al massimo l’impiego di categorie preconcette e il ricorso ai lemmi più triti dell’immaginario esotico e coloniale – in ciò ponendosi sulla stessa linea d’onda di Vittorio Rossi nei suoi reportage dall’Africa Occidentale <65 – riuscendo così a produrre una narrazione «che resta piuttosto lontana […] dai soffocanti orpelli ideo-linguistici del discorso retorico fascista» <66. In secondo luogo, l’opera odeporica di Vergani presenta una specificità che in qualche misura esula dalla volontà dell’autore e pertiene, piuttosto, alle incerte fortune dell’attività di conservazione.
È infatti ad oggi disponibile il diario autografo del viaggio da cui Vergani trasse il materiale per “La via nera” <67. Dal confronto fra i fitti appunti raccolti in questo diario e le pagine della versione data alle stampe sono infatti desumibili alcuni dati interessanti rispetto al lavoro di autocensura applicato dall’autore. Da un lato, Vergani decide di non trasfondere nel volume a stampa tutta una serie di impressioni colorite e a tratti scurrili che invece evidentemente colpiscono la sua sensibilità. Per esempio, da “La via nera” viene completamente espunto il passaggio a Porto Said e la descrizione dei venditori e delle merci che essi offrono agli europei di passaggio e che invece ritroviamo nel diario: “Sono fotografie di povere ignude donne […], il sesso velato da un ritocco di biacca, e vien fatto di pensare dove saranno ora […], e se sono ancora ancora vive queste loro carni e queste loro povere mammelle, o se sono già tornate polvere. Il venditore non rinuncia a fare affari: offre merci più solleticanti: scatolette avvolte di cellophane rara, di polveri stimolanti: «Combrare! Combrare! Quattro piastre! Sembre cazzo duro! Molto bene sempre cazzo duro! […] Volere cocaina? […] Molto bello… cocaina…. Provare…Sei piastre… sempre cazzo duro!» ” <68.
Ma forse ancor più d’impatto è il confronto che possiamo effettuare fra le prime impressioni della colonia raccolte nel diario e quelle trasfuse nel volume a stampa. Se nel primo caso a dominare è il senso di smarrimento accoppiato a un disagio primariamente fisico – «rare luci violente. Folla. La prima impressione della colonia è quella del suo affollamento. Caldo da bagno turco» <69, «vocio in due dialetti. Tra la folla, sperduti, visi di eritrey, gementi. Stelle di strani occhi di lacca nera. Visi neri aridi. Visi bianchi madidi di sudore» <70, «10000 meticci. Folla […] giovane vestita alla fortuna» <71 – quando ci si sposta su “La via nera” l’orizzonte di senso subisce un totale ribaltamento. Al «caldo da bagno turco» viene sostituita «la religione del bassopiano» con le sue «cattedrali arboree», i «cari Baobab» <72; allo smarrimento delle «rare luci violente» vengono preferite le 796 automobili all’ora che sfrecciano per Viale Mussolini <73; e i «10000 meticci» scompaiono dietro «la popolazione italiana dell’Asmara [che] aumenta di 114 unità al giorno, [passando] da 3000 abitanti […] a 60000» <74.
Tuttavia, nel libro di Vergani sembra sia possibile intravvedere una sintesi relativamente riuscita fra osservazione empirica e resa letteraria o, per lo meno, un tentativo di distanziamento dalla rappresentazione più propagandistica e piatta della realtà della colonia. Vergani si attesta su una posizione di critica moderata che non mette mai in crisi il sistema, ma tenta di edulcorarlo e renderlo più digeribile.
[NOTE]
54 VERGANI, O. (1928) Io, povero negro, Milano, Treves.
55 A livello biografico si rimanda alla voce omonima dell’enciclopedia Treccani; cfr. MILONE, P. (2020) Orio Vergani, in «Dizionario biografico degli italiani», 98, https://www.treccani.it/enciclopedia/orio-vergani_%28Dizionario-Biografico%29/. Si segnala inoltre SURDICH, F. (2012) L’Africa di Orio Vergani, in BUSETTO, L. (a cura di) Saggi in onore di Anna Lucia Giavotto, Genova, Università degli studi di Genova, 143-158.
56 CMP – OV, Epistolario, Busta 1, 3 lettere.
57 CMP – OV, Epistolario, Busta 2, 2 lettere e idem, Epistolario, Busta 2, 3 lettere.
58 CMP – OV, Epistolario, Busta 3, 4 lettere e idem, Epistolario, Busta 3, 4 lettere.
59 CMP – OV, Epistolario, Busta 4, 6 lettere.
60 CMP – OV, Epistolario, Busta 6, 3 lettere.
61 Se ne fa riferimento in idem, Epistolario, Busta 2, lettera del Brocchieri del 7 ottobre 1938 e in MARTINELLI, R. (1939) Il premio Bagutta-Tripoli, in «La Stampa», 12 novembre, 6; più in generale si veda il testo divulgativo COLUSSI, P. (2002), Il circolo di via Bagutta e la nuova piazza San Babila, in «Storia di Milano», online, http://www.storiadimilano.it/citta/Porta_Orientale/bagutta.htm, URl consultato il 18/03/2021.
62 Tra i quali si segnalano: VERGANI, O. (1933) Levar del sole. Romanzo, Milano, Treves-Treccani-Tumminelli e Id. (1940) Recita in collegio. Romanzo, Milano, Garzanti.
63 VERGANI, O. (1935) 45 gradi all’ombra: dalla città del capo al lago Tanganica, Milano, Treves; Id. (1936) Sotto i cieli d’Africa: dal Tanganica al Cairo, Milano, Treves; Id. (1938) “La via nera”: viaggio in Etiopia da Massaua a Mogadiscio, Milano, Treves.
64 SURDICH, Op. cit., 2012.
65 ROSSI, V. (1934) Tropici: dal Senegal all’Angola, Milano, Bompiani; Id. (1940) Sabbia, Milano, Bompiani; Id. (1943) Pelle d’uomo, Milano, Bompiani.
66 SANTANGELO, G. S. (2017) Scrivere fra le due guerre: riflessi socio-letterari del colonialismo italiano, in «In Verbis», 1, 62.
67 CMP – OV, D I 1, Diario dell’impero, 78.
68 CMP – OV, D I 1, Diario dell’impero, 8. Si è mantenuta la grafia dell’autore.
69 CMP – OV, D I 1, Diario dell’impero, 13.
70 Ibidem.
71 CMP – OV, D I 1, Diario dell’impero, 14.
72 VERGANI, Op. cit., 1938, 21.
73 Ivi, 6.
74 Ivi, 7.
Francesco Casales, Storia del romanzo coloniale italiano. Discorso, ideologie, immaginari (1913-1943), Tesi di dottorato, Università degli Studi di Pavia – Université Paris 8, Anno Accademico 2021-2022

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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