Gladio semplicemente scomparve dai circuiti ufficiali

Veniamo a conoscenza di com’era strutturata Gladio da un report della Sezione Addestramento del SIFAR datato giugno 1959, dunque in pieno sviluppo della stay-behind italiana, con i gruppi Stella Alpina e Stella Marina già pronti e le altre unità in attesa che ricerca e addestramento del personale fossero terminati.
Il documento enuncia le direttrici su cui si stava lavorando per continuare a sviluppare il progetto:
1) completamento dell’organizzazione del direttorato centrale all’interno del SAD;
2) fine dei lavori di costruzione del CAG di Capo Marrargiu;
3) fine dei lavori di costruzione del centro comunicazioni a breve-lungo raggio, necessari ai contatti con le unità stay-behind oltre che al disturbo delle comunicazioni nemiche;
4) organizzazione di elementi chiave, come sicurezza, selezione del personale, addestramento, intelligence;
5) partecipazione a speciali corsi di addestramento congiunti fra Stati Uniti e Italia;
6) attivazione dei 40 nuclei speciali, cosiddette sezioni operative, che avrebbero operato dietro le linee nemiche in caso di invasione;
7) creazione di unità di guerriglia addizionali;
8) creazione dei nascondigli per armi, munizioni ed equipaggiamento, come strumentazioni radiofoniche, per i gruppi di guerriglia maggiori e i 40 nuclei;
9) addestramento degli ufficiali;
10) conduzione di operazioni di ricognizione aerea e terrestre sulle aree interessate dal progetto.
Da questi punti programmatici comprendiamo che l’organizzazione si sviluppava in parallelo su due diversi livelli: il primo era costituito dai 40 nuclei operativi, composti ciascuno di 2-3 membri più 2 operatori radio, che avrebbero svolto attività di intelligence (6 nuclei “I”), stay-behind (10 nuclei “S”), propaganda (6 nuclei “P”), evasione e fuga (6 nuclei “E”) e guerriglia (12 nuclei “G”), per un totale di 172 uomini gestiti da 32 ufficiali. Il secondo livello era costituito dai gruppi di guerriglia più grandi, chiamati UPI (Unità di Pronto Impiego): Stella Alpina, composto da 600 membri che sarebbero dovuti aumentare fino a 1000 con ulteriori 1000 come riserve, Stella Marina, 200 uomini, e Rododendro, Ginestra e Azalea, tutti composti da 100-200 uomini. Il totale, nei piani dei comandi italiani e statunitensi, sarebbe dovuto essere di 1500 operativi con altri 1500 di riserva a disposizione in caso di bisogno. Nei documenti pervenuti all’opinione pubblica in seguito all’ammissione di Andreotti in Parlamento, il personale esterno della staybehind (non contando quindi il personale SIFAR) arrivò al massimo a 622 persone, metà selezionate fra il 1958 e il 1967, l’altra metà tra il 1967 e il 1990.
I piani operativi erano necessariamente concentrati sull’Italia del nord, divisa in zona I e zona II, ma lasciavano aperta la possibilità di estendere le operazioni al centro (zona III) e sud (zona IV). Lo stesso report chiarisce inoltre che le unità erano addestrate ad operare sia in caso di invasione nemica che di sovvertimento interno; l’obiettivo rimaneva lo stesso in entrambi i casi, resistere e mantenere la continuità dello Stato. Fra il 1959 e il 1960, la CIA invia un’ingente quantità di materiale prima a Napoli e poi al CAG di Capo Marrargiu. In totale, fra esplosivi, armi, munizioni, mortai, lanciarazzi, radio, binocoli, ecc. viene consegnato abbastanza materiale per completare la dotazione di 30 dei 40 nuclei programmati. La CIA fornirà installazioni militari ed equipaggiamento per circa 1.5 miliardi di lire, con un budget annuale per eventuale altro materiale ammontante a 225 milioni annui. Ad essi si aggiungono altri 451 milioni di lire fra il 1957 e il 1967 e altri 62 fino al 1972. In totale, considerata anche la quota iniziale per la costruzione del CAG, il governo statunitense contribuirà alla difesa del territorio italiano con quasi 3 miliardi di lire.
[…] Qualunque sia stato il reale utilizzo della rete stay-behind in Italia, vi sono degli elementi strutturali che indicano come Gladio sia stata viziata da illegittimità costituzionale progressiva. Anzitutto, il primo documento congiunto Italia-USA in materia, risalente al novembre 1956, fu firmato da rappresentanti del SIFAR e della CIA; questo costituisce un problema su due fronti, sia perché il SIFAR non poteva impegnare il Governo in trattati internazionali, sia perché non vi era uguaglianza istituzionale con l’omologo statunitense. La CIA è infatti posta all’interno del National Security Council, organo del Governo USA e massima autorità del Paese in campo di sicurezza, in quanto tale dipendente direttamente dall’esecutivo. Viceversa, il SIFAR era collocato al di fuori del circuito decisionale del Governo, sotto il comando del Capo di stato maggiore della difesa.
C’è inoltre il problema della natura bilaterale della prima organizzazione di Gladio, rimasta per tre anni al di fuori dell’ambito NATO. Era opinione di Andreotti che la stay-behind fosse nata per necessità e in quanto tale con particolare urgenza, che aveva portato a glissare le questioni di legittimità costituzionale di tale accordo, poi a suo dire “risolte” dalla successiva entrata del progetto nell’ombrello della NATO. Questa affermazione sembra quasi un’ammissione dell’illegittimità di Gladio nel triennio 1956-1959. La situazione diventa però più grave dal 1977 in poi, anno in cui al posto del SIFAR, nel frattempo divenuto SID, vengono creati SISMI e SISDE, Servizio per le informazioni e la sicurezza militare e Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, rispettivamente posti alle dipendenze del Ministro della difesa e del Ministro dell’interno. Insieme a questa diversa ripartizione delle competenze, che separa l’azione contro le minacce esterne da quella contro i sovvertimenti interni, venne modificata anche la dipendenza istituzionale dei due servizi: entrambi finiscono sotto la responsabilità del Presidente del Consiglio, che la esercita coadiuvato da due organi, CESIS (Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) e CIIS (Comitato Interministeriale per le informazioni e la sicurezza) e soprattutto sotto il controllo obbligatorio del Comitato parlamentare dei servizi di informazione.
Gladio, che per sua natura avrebbe forse dovuto essere associata al SISMI, semplicemente scomparve dai circuiti ufficiali: il CESIS veniva regolarmente scavalcato dai Presidenti del Consiglio, che preferivano avere rapporti diretti con i direttori dei servizi segreti, mentre al Comitato parlamentare non fu data nessuna notizia sull’esistenza della rete stay-behind.
Nel 1975 il Presidente del Consiglio Aldo Moro, interrogato dai magistrati che si stavano occupando del golpe Borghese, dichiarò che non esistevano strutture riservate all’interno dei servizi segreti. Dieci anni dopo, nel 1985, in un’audizione al Comitato parlamentare dei servizi di informazione Bettino Craxi riaffermò che esse non esistevano, come non esistevano accordi con cui parti dei nostri servizi segreti si subordinavano a servizi o organismi esteri. Formalmente, nella storia di Gladio, gli unici a conoscerne i dettagli furono i vari Presidenti del Consiglio e Ministri della difesa succedutisi negli anni. Dal 1984 l’ammiraglio Fulvio Martini, divenuto responsabile della stay-behind, iniziò la pratica di far firmare alle suddette figure istituzionali un documento di “presa conoscenza”, che però non sanava il cortocircuito democratico in atto. <49
Tutto questo, unito alle ripetute omissioni e ai documenti spariti o modificati, crea un quadro torbido della legittimità di Gladio all’interno del nostro ordinamento giuridico. Se è vero che inizialmente la necessità di difendersi dal regime comunista prescrivesse l’urgenza di concludere quegli accordi e l’organizzazione della rete in tempi troppo brevi per i regolari processi democratici, ciò non toglie che, nell’arco dei 34 anni di attività di Gladio, alte sfere dei servizi e dei governi che si sono succeduti hanno preferito mantenere l’operazione in quasi totale clandestinità e segretezza, al di fuori dei confini dello Stato di diritto.
Conclusioni
Come scritto nell’introduzione, il dibattito su Gladio è molto polarizzato ideologicamente. Le stesse fonti utilizzate, in primis i documenti conclusivi delle Commissioni parlamentari, tendono a oscillare fra la piena assoluzione e la piena condanna della stay-behind. Il fatto che questa sia una storia trentennale su cui rimangono ancora molte questioni irrisolte, come per tante vicende italiane, non giova alla comprensione della vicenda ma soprattutto delle motivazioni che vi erano dietro. Gladio è sicuramente nata per un fine chiaro e fondamentale per le nostre democrazie, ovvero la protezione delle istituzioni in caso di invasione messa in atto dal regime comunista sovietico. Quello che appare è che, nel corso del tempo, chi la gestiva non sia riuscito a darle una funzione e una collocazione chiara alla luce degli sviluppi della storia recente, come la fine della minaccia di un’invasione di terra e il progressivo allontanamento del Partito Comunista Italiano dall’ottica rivoluzionaria delle origini. È rimasto uno strumento di emergenza in un mondo che nel frattempo si era strutturato intorno a nuovi assi; questa assenza di una posizione stabile e rivendicabile all’interno delle istituzioni ha spinto la struttura e i suoi appartenenti nell’intreccio fra servizi segreti, politica e terrorismo proprio degli anni di piombo per cui viene ancora oggi, forse erroneamente, ricordata. Ci sono delle prove che portano ad affermare con certezza che, in determinati momenti e da determinate persone, Gladio sia stata utilizzata in maniera non conforme agli obiettivi per cui era stata creata; non ci sono però prove che questo utilizzo sia stato prevalente e non costituisca solo una serie di eccezioni. È certo però che sia stata proprio la sua caratteristica di “clandestinità” e la mancanza di ufficialità a portare l’opinione pubblica a spaccarsi così profondamente sulla questione: non essendoci molte certezze, da sinistra è molto facile dire che era solo un piano per la repressione del PCI e del comunismo, così come da destra è semplice negare e considerare i “gladiatori” come dei civili eroici pronti a difendere la patria. Ogni parte politica ha avuto gioco facile nel cavalcare questa storia, guadagnando in consensi o utilizzandola contro avversari politici. L’unico a perdere qualcosa, alla fine dei conti, è stato lo Stato intero. Nello specifico, la fiducia di una parte dei suoi cittadini nelle istituzioni.
[NOTE]
49 L. Gualtieri, AA. VV., op. cit., pp. 33-35
Vincenzo Stuppia, Operazione Stay-Behind: la difesa segreta della NATO in Europa occidentale durante la Guerra fredda, Tesi di laurea, Università Luiss, Anno Accademico 2021-2022

Dopo l’8 settembre il SIM fu riformato dal governo Badoglio, insediatosi provvisoriamente a Brindisi e Carboni fu sostituito dal colonnello Pompeo Agrifoglio, catturato dagli Alleati nell’estate del 1943 in Tunisia, dove agiva dietro le linee nemiche ed inviato a Brindisi in ottobre e messo a capo del rinato Ufficio I del rifondato SIM; secondo Tompkins avrebbe lavorato sia per i servizi inglesi che americani infiltrando i loro servizi <27; suo vice fu il tenente colonnello Renato De Francesco <28. All’interno del servizio si riformò anche la Sezione Calderini (al cui comando si trovava l’ufficiale Giovanni Duca) che operò “a stretto contatto con lo Special Operations Executive (SOE) britannico e l’Office of Strategic Services (OSS) statunitense, tessendo importanti nuclei di resistenza nell’Italia occupata. Efficace è in questo periodo la collaborazione con i servizi della Marina, in particolare nel campo dei collegamenti radio con il nord” <29. L’attività della Calderini consisteva “in missioni informative, di sabotaggio e di collegamento e supporto alle formazioni partigiane”, e tra le “personalità ed episodi di rilievo” troviamo l’allora tenente colonnello Beolchini, il capitano Li Gobbi, la “missione Cadorna nell’Italia del Nord” e la “missione Sogno con il tentativo di liberare l’on. Parri” <30; ed ancora la Calderini riformata “durante la Resistenza aveva sovrainteso alle missioni congiunte degli italiani con gli alleati, che si battevano per il ristabilimento della libertà, operando clandestinamente nel territorio occupato dai tedeschi, dopo l’8 settembre e fino alla Liberazione nel 1945” <31. All’inizio del 1945 il Servizio segreto militare diventa Ufficio informazioni dello Stato maggiore generale, e la Calderini, che era formata esclusivamente da ufficiali e dislocata per lo più oltre le linee, cioè in territorio occupato, diventa Prima sezione; ne esce il Primo gruppo, che diventa Gruppo speciale all’interno del SIFAR e darà poi origine alla SAD (Sezione addestramento guastatori), base su cui si fonderà la struttura della Gladio. Infatti “più ufficiali che avevano militato in questa specifica struttura del Servizio di sicurezza militare nella fase finale dell’ultimo conflitto mondiale risultavano essere poi stati definitivamente incardinati nel SIFAR e quindi nel SID, con la attribuzione di
funzioni proprio all’interno della Sezione che per anni ebbe a fungere motore dell’Operazione Gladio: la Sezione Addestramento Guastatori” <32.
[NOTE]
27 P. Tompkins, op. cit., p. 67. Come Capo dell’Ufficio informazioni dello SMRE Agrifoglio firmò il 26/9/45 un documento in cui comunicava che il Comando Marina Alleato di Venezia aveva assunto per il proprio Centro esperienze 18 ex membri della Decima Mas del gruppo Gamma, tra i quali il comandante Eugenio Wolk (che successivamente operò in Argentina e poi in Italia nella zona di Lugano), che quindi erano da considerarsi da quel momento “immuni da qualsiasi responsabilità per l’attività da essi finora svolta” (https://casarrubea.wordpress.com/2009/12/13/discriminati-e-immuni/). Lasciò la guida del SIM nel dicembre 1945, ma continuò a collaborare con l’intelligence statunitense e nel 1947 “avrebbe fondato quattordici società per azioni coinvolgendo esponenti dell’estrema destra” (Vento, op. cit., p. 356). È morto a Palermo nel 1948.
28 “Diretto superiore” di Sogno (cfr. “Guerra senza bandiera”, Il quaderno democratico 1971, p. 54); in “Argo 16” troviamo una lettera d.d. 1/9/44, in cui firma come “Tenente colonnello di Stato Maggiore Vice capo servizio dello Stato maggiore generale del SIM”; nel luglio 1945 firmò come “Vice capo Ufficio informazioni del SIM” e nel febbraio 1946 come “Vice capo ufficio” del Comando Supremo.
29 Andrea Vento, In silenzio gioite e soffrite, Il Saggiatore, 2010, p. 273.
30 “Note esplicative in merito all’archivio SIM custodito dalla SAD (la sezione di addestramento guastatori del SIFAR fondata nel 1956, i cui responsabili furono i coordinatori della Gladio, n.d.a.)”, d.d. 12/7/73 a firma del capo Ufficio R colonnello Fortunato in “Argo 16”, p. 1.629. Su tutte queste “personalità ed episodi” torneremo in seguito.
31 In http://www.centrostudigladio.com/1/la_nascita_della_gladio_1384179.html.
32 “Argo 16”, p. 1.612.
Claudia Cernigoi, Alla ricerca di Nemo. Una spy-story non solo italiana, La Nuova Alabarda e la Coda del Diavolo, supplemento al n. 303, Trieste, 2013

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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