Il senso della bellezza e della storia sembrano scomparire nella serialità

In ciascuna delle situazioni rappresentate, siano essi scorci di quotidianità familiare o panoramiche di più ampio respiro, la prospettiva adottata dalla Morresi è sempre incline allo straniamento. Come si è visto questo avviene innanzitutto attraverso la ricerca linguistica che se in “Cuore comune” poteva già dirsi «a tratti percussiva» <25 in “Bagnanti” diviene ancora più tagliente. Stefano Guglielmin ha parlato di «parole-picchetti che attestano la precisione di ogni gesto» <26. Ne deriva uno stile breve e accelerato, costituito da un periodare prevalentemente nominale. Ma soprattutto emerge la «tendenza a svincolare il dettaglio fisico dal suo contesto, ora rendendolo opaco e quasi mitico». <27
Il rovesciamento del noto in mitico, o talvolta addirittura in assurdo, non si rivela mai, però, troppo distante dalla realtà del possibile: «Ciabatte sparse fuori dalla tenda / né da uomo né da donna. Ciabatte / umane, buone al viaggio verso Marte». <28
Sulla mitizzazione è costruita la rappresentazione della natura in “Cuore comune”. Questa si trasforma infatti in una presenza ibrida tra l’oggettuale e l’umano. L’io lirico dialoga con essa («io ringrazio passeggera / ogni albero che passa, / che resta, / mitemente assoluto / in lento dialogo / col resto» <29), e ne diviene integralmente parte.
La «topografia linguistica» <30 “tracciata in Bagnanti” partirà poi proprio da queste premesse per sviluppare ulteriormente l’idea di continuità e comunità tra uomo e natura.
Ecco infatti come l’immagine ancestrale dell’«uomo crostaceo» <31 presente in “Cuore comune” anticipa e spiega la condizione di “Bagnanti”: l’idea di una poesia biologica, che riguarda tutti gli esseri umani in quanto abitanti del pianeta, bagnanti di uno stesso mare eletto a sipario di secoli di vite e di morti.
La coralità iniziale nasce dalla constatazione d’«essere molti» <32 ed essere arrivati al punto di dover «risalire all’indietro» <33 alla ricerca di una dimensione primitiva, placentare. Le «antiche genealogie anfibie» <34 lentamente riscoperte e raccontate restituiscono all’uomo una tradizione e una forza storica al prezzo, però, di privarlo di ogni privilegio ontologico rispetto a tutte le altre specie animali (vedi ad esempio la paronomasia polipi-popoli nella in dalle rocce dai picchi sulle acque gli iddii <35).
Ne deriva un forte effetto di con-fusione tra umanità e naturalità animale, in cui corpi come larve si muovono sugli scogli e sulla sabbia confondendosi col contesto circostante:
scendono caldi sulla sabbia
i corpi lenti molli
dischiusi tutti storti e
terra,
rinati tutti a caso
uomo, donna –
scendono gli uccelli <36
La divisione strofica e la pausazione del periodo sintattico creata attraverso l’uso di enjambements stranianti, assieme alla lentezza locutoria imposta dalle sequenze allitteranti e dall’alta densità simbolica della scrittura, conferiscono a tutta questa prima sezione un ritmo strisciante, posato, anch’esso partecipe di quella dimensione primordiale e assoluta.
Mentre il tempo della scrittura diventa esso stesso parte di questa visionarietà cosmica, il tempo e lo spazio rappresentati si relativizzano a loro volta: il ritmo delle lancette si perde, ad esempio, nella fatica di quel «secolo di settimane» lavorative che precedono l’agosto, o la distanza territoriale si contrae nello spazio di un abbraccio:
ciascun erede della casata
sparso nella sua longitudine
se allarga le braccia, se abbraccia
è una cala
entrata naturale
ma come, cosa, chi altri
che l’aria <37
Se da un lato il comune destino umano, e soprattutto il comune passato, suggeriscono un senso di fratellanza e vicinanza tra gli uomini, dall’altro la raccolta si concentra però in vari passaggi sul prevalere di un senso di diffusa incomunicabilità.
Alla rappresentazione della mancanza di incontro e dialogo sono dedicate le tre sezioni successive. La prima e l’ultima delle quali s’interessano apertamente di non-luoghi quali l’aeroporto e il treno, la seconda, invece, si rivolge allo spazio della casa, soggetta ad uno svuotamento simbolico prodotto dalle logiche della mercificazione di cui già il titolo, “Vendesi”, dà atto. In un unico lungo poemetto che restituisce il senso e la fatica di un attraversamento, la sezione “Aeroporto” è costruita attorno all’impressione materica del vetro e del bianco, a cui corrisponde il senso di spersonalizzazione di un ambiente in cui anche la memoria e i “ricordi” diventano merce da scaffale.
L’atmosfera è surreale, permeata da una robotica perfezione di marketing e marchingegni, all’interno della quale l’amarezza stessa della solitudine di ognuno appare inaccessibile.
Il senso della bellezza e della storia sembrano scomparire nella serialità, il tempo e lo spazio vengono scanditi con esattezza e tutti i corpi si confondono.
Non avere mai più fame col fermino
delle nove e andare in bagno dove trovi
altra attesa di persone di varia dimensione
signore sempre alte bambine sempre bionde
vecchine dalla tale e tale storia.
Vago odore di ciclo anticipato papilloma
interno singolare. Così che tutti insieme
sembra quasi ci spostiamo andando
a tempo chierichetti ben disposti pastorelli
del presepe pasteggiando un certo numero
di paste sorseggiando un certo numero di sorsi
disponendoci in file di gruppetti spirali di tre
o di sette continue in rispetto dei rapporti.
[…]
In coda per entrare dondoliamo
le prolisse identità a tracolla
con il peso sull’una o l’altra gamba siamo
ritagli di volumi di un uomo ed una donna
le forme del loro intervallo. Avviseranno
che spegniamo i cellulari ci spoglieranno
controlleranno che portiamo solo carne
sotto stoffe o altre guaine e nel bagaglio
vietati gli acidi le armi, i tagliaunghie. <38
Esperienze visive, uditive, tattili, olfattive: nessun livello della sensorialità viene escluso
dall’immersione nello spazio aeroportuale. Il ritmo stesso della narrazione si estende in versi lunghi a cesura variabile, privi di ogni senso di struttura, armonia o confine. Come ha notato Davide Castiglione, inoltre, prevalgono scelte stranianti che «introducono una funzione dialettica, di rovesciamento». <39
Lo stesso avviene nell’ultima sezione della raccolta, “Trenitalia”, che raccoglie la coralità delle voci dei passeggeri alternando fedeli registrazioni dialogiche a commenti anonimi e impersonali di ciò che accade coniugando «sapienza artigianale e recuperi dal parlato o phoné, a garanzia di periodicità». <40 L’idea stessa del luogo e del non-luogo viene così svuotata di senso esaurendosi un collettivo e inconsapevole lasciarsi trasportare.
«Dov’è Cesena?»
«dopo Faenza»
«no Faenza è subito prima di Bologna»
«ci sarà Forlì allora»
«forse Cesena»
fa pena la notizia del cane rubato all’uomo cieco
di Montallegro (Agrigento)
saper vedere tutte le torture
in successione
e
saper non-vedere. <41
[NOTE]
25 MASSIMO RAFFAELI, La spiaggia dello sperpero, «Il Manifesto», 14 maggio 2014.
26 STEFANO GUGLIELMIN, Renata Morresi, «Blanc de ta nuque», 28 maggio 2014: http://glofedombre.blogspot.it/2014/05/renata-morresi.html.
27 DAVIDE CASTIGLIONE, Recensione a Bagnanti di Renata Morresi, «Nuovi Argomenti», 26 agosto 2014: http://www.nuoviargomenti.net/poesie/bagnanti/
28 RENATA MORRESI, Ciabatte, in Cuore comune, cit., p. 57.
29 RENATA MORRESI, 3., in Cuore comune, cit., p. 91.
30 GIAN MARIA ANNOVI, Recensione a Bagnanti, cit.
31 RENATA MORRESI, Crostaceo terrestre, in Cuore comune, cit., pp. 83-84.
32 RENATA MORRESI, Bagnanti, in Bagnanti, Roma, Giulio Perrone, 2013, p. 7.
33 ibidem
34 ibidem
35 RENATA MORRESI, «dalle rocce dai picchi sulle acque gli iddii» , in Bagnanti, cit., p. 11.
36 RENATA MORRESI, «da dove ferma l’autobus», in Bagnanti, cit., p. 10.
37 RENATA MORRESI, «le nostre vite dicembre», in Bagnanti, cit., p. 12.
38 RENATA MORRESI, Aeroporto, in Bagnanti, cit., pp. 33-35.
39 DAVIDE CASTIGLIONE, Recensione a Bagnanti di Renata Morresi, cit.
40 MANUEL COHEN, Recensione a Cuore comune, cit., p. 46.
41 RENATA MORRESI, Trenitalia, in Bagnanti, cit., p. 68.
Martina Daraio, Lo spazio della poesia. Il caso marchigiano negli anni della diaspora e della mobilità, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova, 2016

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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