Le bastò rimuovere “il colore in più” con uno straccio imbevuto in un diluente, perché si delineasse chiaramente un volto umano

Artista francese ancora vivente (ma italiana d’adozione), dalla personalità molto ricca ed immaginativa, [Evelyne Disseau] cominciò a manifestare i primi fenomeni di automatismo creativo verso i vent’anni (nel 1968), dopo un periodo di intenso stress emotivo dovuto al momento di solitudine e isolamento vissuto a seguito del suo trasferimento per lavoro a Milano (dove vive tuttora insegnando Yoga e tenendo corsi di educazione prenatale, interessandosi tra l’altro di esoterismo e magia, pur senza essere una medium o una spiritista). Il caso di questa artista è stato descritto dalla studiosa Paola Giovetti nel suo libro sull’arte medianica (Giovetti, 1982): come accaduto ad altri artisti medianici, gli episodi di automatismo creativo si manifestavano all’improvviso, attraverso un’irresistibile impulso a dipingere, durante i quali l’artista percepiva una presenza spirituale che la guidava nella creazione delle opere, che venivano realizzate in stato di semisonnambulismo. Nel corso di una delle prime manifestazioni di arte medianica, non conoscendo alcuna tecnica di pittura, l’artista stese uniformemente sulla tela un unico colore scuro, dietro il quale le sembrò di intravedere un viso: le bastò rimuovere “il colore in più” con uno straccio imbevuto in un diluente, perché si delineasse chiaramente un volto umano. Questa particolare tecnica artistica, che procede per “sottrazione”, è rimasta poi la costante del suo automatismo pittorico. In sostanza l’artista manipolava la tela come se fosse una scultura, eliminando quanto le sembrava superfluo dopo aver steso inizialmente il colore, finchè non compariva l’immagine che sentiva dover comparire. Nonostante la frammentarietà della tecnica di esecuzione, le composizioni risultano essere armoniche e proporzionali. Inoltre l’artista, nel corso degli episodi di automatismo creativo, durante i quali non era in stato di trance ma di concentrazione (che le consentiva di interagire con altre persone), avvertiva una serie di disturbi di natura psicosomatica, come una sorta di tensione nella regione del plesso solare, che scompariva una volta terminata l’esecuzione dell’opera (che poteva durare anche 8 ore di seguito), dopo la quale si sentiva spossata e sfinita, come svuotata, ma al tempo stesso desiderosa di dipingere un altro quadro, anche se fisicamente non era più in grado di farlo.
In seguito, si verificarono anche alcuni eventi di presunta natura paranormale, come sogni premonitori, visioni notturne e presenza di figure sospese, ma soprattutto la ricorrente visione di un globo luminoso (che lei percepiva essere la madre). Infatti un elemento figurativo caratteristico delle sue opere era la presenza di una luce, una fiamma o un globo luminoso (una sorta di “terzo occhio”) che compariva al di sopra o in prossimità delle figure disegnate, che raffiguravano quasi esclusivamente volti umani o donne con bambini in braccio che, secondo la visione dell’artista, rappresenterebbero simboli archetipici universali, come la “maternità”.
Giuseppe Galetta, Arte Medianica: una nuova ipotesi di ricerca, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Anno Accademico 2014-2015

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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