Martha Rosler riesce a costituire un corpo pubblico, grazie all’esperienza di quel corpo “medio” e “annullato”, che si fa “medium”, ovvero potenziale unità operatrice

Martha Rosler, Body Beautiful, or Beauty Knows No Pain (carousel), 1966-1972

Le artiste che si soffermano sul proprio corpo o su quello femminile in genere, senza trascurare quello maschile, definiscono spesso un corpo pubblico che trasmette in senso creativo l’estetica che soggiace alle tematiche prese in causa.
Tali artiste testimoniano come il corpo pubblico si definisca attraverso un atteggiamento etico dove l’individualità specifica del corpo tende ad essere da esempio per un’universalità dei corpi, tenendo conto delle implicazioni sociali ed educative che ciò comporta.
“L’etica non può più essere circoscritta nello spazio e nel tempo, limitata dall’esperienza del singolo: le decisioni dell’oggi riguardano il futuro del nostro pianeta, non riguardano la sorte di un gruppo limitato di individui, ma si estendono sino a coinvolgere miliardi di individui”.
Il corpo pubblico, essendo particolare e diffuso, partecipa al dibattito sul suo destino senza certezze in un nuovo “umanesimo”, anche se le tecnologie pongono il corpo al centro degli interessi scientifici e lo spingono a considerarsi riscattabile.
Rispetto il corpo pubblico scientifico e sociale, le artiste sono impegnate a restituire alla società la visione di un corpo con funzioni rivisitate rispetto i consueti desideri maschili. Tali proiezioni maschili hanno molto a che vedere con un sistema di messaggi provenienti dai mass media e dalla pubblicità che perseverano nel presentare stereotipi che investono l’operato e l’identità della donna.
In merito agli stereotipi e alla “politica corretta” delle immagini legate alla donna e al suo corpo, occorre ridimensionare esagerazioni di genere e direzionare la ricerca verso l’atteggiamento etico ed estetico dell’essere “nudi”.
Si è già visto, all’inizio di questa trattazione, come la politica sia una questione di priorità, o come dovrebbe esserlo.
Anche il corpo soggiace a questioni di priorità. Il parallelismo possibile consiste nel considerare la politica e il corpo come espressione di ideologie, mascheramenti, deformazioni, lacerazioni e “messe a punto”.
Esercitare una politica che corrisponde all’essere nudi equivale a non sentirsi a disagio o sprovvisti come tali.
Al contrario questa pratica del “nudo” dovrebbe coincidere con il considerarsi privilegiati perchè spogliati di convenzioni, pregiudizi e falsi valori.
Il corpo pubblico quando si manifesta volutamente “nudo” non si sente inadeguato, anzi accoglie questa pratica perchè consapevole della portata culturale e politica del gesto di azzerare o ridefinire.
La priorità politica espletata dal corpo pubblico corrisponde anche con la messa a nudo della realtà costruita sulla contingenza spazio-temporale da più individui.
La nudità non è quella del corpo fisico o quella presentata dall’arte attraverso la rappresentazione dello scoprire la pelle e non è neppure da intendersi come azione con fini erotici o pornografici.
Ai fini di questa trattazione, l’azione del denudarsi significa pertanto ritornare all’essenza, togliendo veli e maschere, per operare criticamente implicandosi con la contemporaneità e per superare il concetto temporale e sessuato di “uomo nudo” o “donna nuda”.
Rispetto il corpo pubblico le artiste mostrano il corpo nudo quale necessità di infrangere tabù e quale esplicitazione di identità inedite caratterizzate dal sesso e dal genere. Il corpo pubblico non necessita di un’elevata quantità numerica di elementi implicati nel denudarsi: l’importante è che ve ne siano almeno alcuni qualitativamente validi, quali esponenti “guida” di questa espressione.
La politica dimostra al mondo quanto essa sia, a livello decisionale e numerico, “affare pubbblico/privato” di pochi. Per queste ragioni il corpo pubblico, come molte altre forme d’arte, appartiene politicamente ad un’area minoritaria, trasversale e transnazionale anche se si prefigge di essere condiviso nel modo più ampio possibile. Rispetto il corpo pubblico la donna manifesta di avere delle priorità da esibire e da esigere anche nel dibattito politico, luogo del dominio incontrastato del sesso maschile.
La priorità è spesso assente negli affari pubblici intesi come progetto in funzione del futuro. Tale espressione nasce invece da uno stato di necessità e di progetto al limite, piuttosto che da un discorso coniugato al futuro che tenga conto dello scarto di tempo esistente fra l’“esternazione” di una idea e la sua realizzazione. Quasi sempre ci si trova ad essere prioritari verso l’urgenza e la catastrofe. L’egemonia cinica della logica dei mercati finanziari, dei mass media e dei new media, che si riscontra nella società contemporanea, pone in risalto come il tempo sia abolito dall’“istante” (con ripercussioni a lungo raggio) e quanto il “luogo” sociale appaia abitato da identità omologate.
Gli esseri umani e il corpo pubblico “deviano” come possono questi eventi per non soccombere al senso di inadeguatezza e inutilità.
Si potrebbe affermare che il corpo pubblico della donna abita questi luoghi ormai da cinquant’anni, anche se nell’attualità sembra ancora un patrimonio semi sconosciuto e intangibile.
Valorizzare le testimonianze artistiche di corpo pubblico corrisponde alla necessità di divulgare il patrimonio che questa pratica creativa detiene e simbolizza. Trasmettere tali contenuti equivale anche all’essere consapevoli del rischio di fraintendimento implicato dalle dissertazioni sul “genere”. Attraverso il corpo pubblico si attua la messa in opera di una progettualità vocata al di là della contingenza e al di fuori del “genere” più immediato.
Il “qui ora” è domani e ovunque, ovvero il corpo individuale è di tutti. È inevitabile il compromesso con la modernità che vede nel viaggio, nelle comunicazioni e negli spostamenti la sua metafora di civiltà.
La globalizzazione ha sorpassato la definizione di rete di produzione e comunicazione su scala mondiale e prende sempre più in considerazione sia il Genius Loci sia il “nomade”.
Il nomadismo che si muove per comunità e insediamenti dai quali trae risorsa presuppone il superamento di confini e l’abbandono di qualcosa per la ricerca di altro.
Il radicamento al luogo si rivolge a tutte le etnie da difendere e ai “trend universali”. Il pensiero “neo-nomade” si muove tramite vie di comunicazione trasversali e rinuncia volentieri a categorizzazioni spazio-temporali.
La comunicazione e la mobilità del nomadismo culturale corrispondono al viaggio dell’oggi, che significa: accelerazione, spostamento, transito, accomodamento psico-fisico e il “girare il mondo a trecentosessanta gradi”, sia che si tratti della fruizione di un mass media sia dell’utilizzo di un aereo o di Internet.
Il viaggio compiuto da Martha Rosler, inteso come generico corpo pubblico, è un’esperienza capace di restituirci la dimensione anonima del viaggiare e al contempo è in grado di farci sentire accumunati “apersonalmente” agli altri. Rosler dimostra di lasciarsi trasportare e di (saper) viaggiare addentrandosi nel tessuto di ciò che significa orientamento e spaesamento uniti al senso di libertà e di controllo. L’artista avanza nel viaggio con intuito e capacità profetiche basate sul discreto senso drammatico della vita sociale. I percorsi narrativi e visivi esplicitati da Rosler hanno molto a che vedere con il corpo e con l’individuo capaci o impossibilitati di lasciare le loro tracce fra l’omologazione dei “luoghi” o dei “costumi” predisposti all’azzeramento della personalità degli individui.
Martha Rosler riesce a costituire un corpo pubblico, grazie all’esperienza di quel corpo “medio” e “annullato”, che si fa “medium”, ovvero potenziale unità operatrice. L’artista esplicita l’esperienza di corpo pubblico accomunata dagli altri nel viaggio, nel transito, nello standard e nel controllo. Il corpo pubblico implicato nelle opere di quest’artista, lascia una traccia, interviene nell’anonimato, documenta i “transiti” e compie il gesto di denudarsi dai pregiudizi o dalle false convenzioni per mostrare la realtà.
Il complesso lavoro di interazione artistica e critica con la realtà compiuto da Martha Rosler già dagli anni ’70 è rivolto a dibattere con approccio “femminile” e politico temi che riguardano nello specifico la donna, la guerra e i cittadini in genere. In tal senso appare esemplicativo il collage dell’artista intitolato Untitled (Playboy) del 1972, dove compare una fitta trama di immagini di giovani donne di diverse razze in posa “sexy” e quindi omologate ad un unico gesto sessuale che le riduce a icona “taglia e incolla”.
Le opere di Rosler rappresentano la specificità dell’intervento del corpo pubblico quale mediatore capace di dibattere i contenuti implicati nell’immediato e a lunga scadenza.
Le proposte dell’artista coincidono per vari aspetti con molte delle caratteristiche che prefigurano il corpo pubblico, senza la comparsa di un corpo fisicamente nudo. Rispetto tali presupposti il corpo pubblico preso in causa è chiamato a partecipare alla redifinizione sociale della sua presentazione “nuda” con una ottica nomade che richiama l’ottica funzionalista del rifugio post-guerra, l’animo “ecologista” e lo spirito del “disadattato”. I temi della migrazione, della sopravvivenza e della cura del luogo sono a stretto colloquio con il corpo pubblico, anche perché coincidono con un percorso dalle sembianze mitiche che ha a che vedere con la cura del “fuoco domestico” (Penelope) e con il “viaggio” (Ulisse).
Vania Tinterri, Corpo pubblico: corpo significante, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Barcellona, 2004

Martha Rosler è un’artista nata nel 1943 a New York. Utilizza diversi media come la fotografia, la scultura, i video e le installazioni.
L’artista è particolarmente interssata alla televisione, che identifica con lo strumento per eccellenza per la propaganda di stereotipi del femminile e miti quotidiani.
Martha Rosler utilizza il collage per manipolare le immagini dei media che esprimono il mito americano di benessere e felicità, giustapponendole ad altre immagini crude che esibiscono la guerra, il sangue e donne ritratte come oggetti sessuali. Tra questi c’è “Beauty knows no pain or body beautiful” (1966-72) in cui l’artista manipola immagini prelevate da riviste popolari americane mettendo in evidenza la discriminazione sessuale della donna nella cultura moderna.
Tra i suoi lavori più noti c’è il video “Semiotic of the kitchen”, del 1975. Nell’opera si osserva l’artista seduta un tavolo mentre è intenta a spiegare l’utilizzo di diversi utensili allineati di fronte a lei. Ripercorrendo didatticamente il vocabolario degli oggetti da cucina, Martha simula il loro utilizzo in modo sempre più violento a mano a mano che prosegue la performace.
Quest’opera rappresenta un atto di ribellione nei confronti della visione comune della cucina come luogo caldo e accogliente destinato al lavoro della donna. Così, utilizzando un lessico e dei gesti colmi di rabbia e frustrazione, Rosler attacca i pregiudizi legati al mondo femminile.
L’opera “The Bowery in two inadequate descriptive systems” (1974-1975) è considerata invece un lavoro fondamentale nella storia della fotografia concettuale e postmoderna. Si tratta di 45 stampe composte da testi e immagini che testimoniano il degrado sociale di Manhattan. In questo lavoro l’artista giustappone immagini di bottiglie di liquore vuote a segni linguistici (elenchi di sinonimi del termine “alcolismo”): fotografie e parole che rappresentano l’assenza come richiamo emotivo di una presenza inquietante.
La domanda quindi non è “è arte?”, ma “arte di chi?”.
La domanda non è “è arte”, ma “arte per chi?”.
La domanda è “che cosa è arte?”.

Redazione, Martha Rosler, Iper Arte

Dalle opere di esordio nei tardi anni Sessanta, l’arte di Martha Rosler si è distinta per l’impegno politico e ideologico. L’artista ha rifiutato per oltre venticinque anni di entrare nel circuito delle gallerie commerciali nel quale esordisce solo nel 1993, privilegiando invece gli spazi alternativi e affidando la diffusione delle proprie idee anche ai numerosi scritti pubblicati.
Dopo un’iniziale produzione di quadri di grande formato influenzati dall’Espressionismo Astratto, Rosler si dedica ad assemblages di oggetti trovati, costruendo piccoli ambienti con oggetti di uso quotidiano. Il rifiuto nei confronti di un medium privilegiato quale la pittura coincide con il suo trasferimento da New York a San Diego nel 1968. Qui, in ambito universitario, trova condizioni favorevoli allo sviluppo dei propri interessi artistici in parallelo all’impegno politico e sociale. In particolare, il contemporaneo sviluppo del Movimento femminista costituisce un contesto ideale per lo sviluppo e la formazione delle pratiche e delle tematiche presenti nella ricerca artistica di Rosler.
In contrasto con i canoni del modernismo, l’artista rifiuta nel corso della propria carriera il mito dell’unità stilistica e pratica invece le più svariate espressioni artistiche, che includono performance, video, fotografia. Particolare importanza rivestono anche i suoi scritti, che manifestano il forte atteggiamento critico nei confronti delle tradizionali espressioni artistiche.
Rosler appartiene alla prima generazione di video artisti. La novità della tecnologia le permette di sperimentare liberamente con un mezzo ancora immune dalle pressioni e dal controllo del circuito commerciale o museale. Al tempo stesso, come ha poi dichiarato, l’immediatezza del video è un’efficace risposta al potere pervasivo delle immagini mediatiche e televisive in particolare. Coerentemente con l’ideologia femminista, Rosler pone spesso se stessa e il proprio corpo di fronte alla telecamera, prestandosi ad impersonare diverse tipologie di donna, per analizzare problematiche di ampio respiro sociale.
Rifuggendo la metafora, l’artista mantiene infatti stretta aderenza con il reale, con un atteggiamento che talvolta è ironico oppure intenzionalmente didattico. Elemento costante della sua produzione video è la sua voce, marcata da un riconoscibile accento di Brooklyn, intenzionalmente lasciato a dichiarare identità, razza, genere e classe sociale, in risposta ai pericoli dell’omologazione culturale che spesso il suo lavoro indaga.
Analoga intenzionalità è presente nei lavori fotografici che hanno contribuito alla revisione del concetto di fotografia documentaria, mettendone in questione modalità di produzione, presentazione e ricezione. [M.B.]
Elenco opere
A Budding Gourmet (Una buongustaia in erba), 1974
video, bianco e nero, sonoro, 17’45”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
L’artista impersona una donna della media borghesia americana che desidera imparare a cucinare in maniera raffinata per il proprio marito e i figli. Riprese della donna sono alternate a immagini di piatti succulenti e di persone che muoiono di fame, mentre la voce dell’artista continua piattamente a decantare gli aspetti positivi connessi all’abilità culinaria.
Super-8 Shorts (Corti in super-8), 1974
riversato da film super-8, colore, muto, 14’50”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Backyard Economy I (Economia del cortile), 1974
riversato da film super-8, colore, muto, 3’26”
Backyard Economy II (Diane Germain Mowing) (Economia del cortile II – Diane Germain alla falciatrice), 1974
riversato da film super-8, colore, muto, 6’32”
Flower Fields (Campi fioriti), 1974
riversato da film super-8, colore, muto, 3’26”
In forma di filmini amatoriali ambientati nel giardino di casa, le immagini documentano le attività domestiche di una giovane madre, ripresa in un contesto tipicamente americano.
Semiotics of the Kitchen (Semiotica della cucina), 1975
video, bianco e nero, sonoro, 6’09”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Inquadrata da una telecamera fissa, l’artista recita l’alfabeto che illustra impugnando ordinari attrezzi per cucina. Gli utensili scelti si rilevano presto pericolosi e vengono branditi in modo da accentuarne la potenziale natura di armi di offesa.
Losing: A Conversation With The Parents (Perdita: una conversazione con i genitori), 1977
video, colore, sonoro, 18’39”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Realizzato in forma di intervista televisiva a due giovani genitori che hanno perso la figlia affetta da anoressia nervosa, il video affronta il tema della malattia quale risultato di pressioni sociali e culturali.
The East Is Red, The West Is Bending (L’est è rosso, l’ovest si piega), 1977
video, colore, sonoro, 19’57”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
In cucina, l’artista legge il libretto di presentazione di un wok elettrico, la tipica pentola cinese, trasformandosi in improbabile dimostratrice televisiva e esponendo le incongruenze del testo che sta recitando.
Vital Statistics of a Citizen, Simply Obtained (Statistiche vitali di un cittadino, ottenute semplicemente), 1977
video, colore, sonoro, 39’20”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Il video presenta l’artista che si sottopone a un esame pseudo-medico, consistente nella misurazione delle varie parti del suo corpo. La presunta scientificità dell’esame comporta la progressiva svestizione del corpo della donna, sottoposta a un’umiliante situazione di controllo. Il video prosegue con una sequenza di immagini e un testo che illustrano una lunga serie di crimini contro le donne.
Domination and the Everyday (Dominio e quotidianità), 1978
video, colore, sonoro, 32’07”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
La colonna sonora del video è dominata dalle voci di una madre, del suo bambino e di un’intervista radiofonica. Madre e figlio sono impegnati nello loro quotidianità, mentre l’intervistato parla del sistema dell’arte contemporanea. Contemporaneamente, a immagini dell’album di famiglia dell’artista si succedono frammenti di realtà, mediata dalla carta stampata. Evitando una struttura narrativa, il lavoro è una sorta di autoritratto di Rosler, donna artista e madre.
Secrets From the Street: No Disclosure (Segreti dalla strada: nessuna rivelazione), 1980
video, colore, sonoro, 12’20”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Il video è il contributo dell’artista a una mostra collettiva avente lo stesso titolo. Presentando immagini del quartiere di San Francisco Mission District, l’artista riflette sull’incontro tra diverse culture e classi sociali all’interno di un’area cittadina.
Martha Rosler Reads “Vogue” (Martha Rosler legge “Vogue”), 1982
video, colore, sonoro, 25’45”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Come indicato dal titolo, l’artista presenta se stessa mentre sfoglia le pagine del noto mensile di moda e ne decostruisce significato e obiettivi. Il video è la registrazione dell’evento live trasmesso da Paper Tiger Televison, un’emittente via cavo newyorkese.
A Simple Case For Torture, or How To Sleep at Night (Un buon motivo per la tortura, o come dormire la notte), 1983
video, colore, sonoro, 61’46”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
Il video affronta l’argomento della tortura, implicando la complicità della stampa quale agente di disinformazione e alludendo alle strette relazioni politiche intrattenute dagli Stati Uniti con Paesi che praticano la tortura.
If it’s too bad to be true, it could be DISINFORMATION (Se è troppo brutto per essere vero, potrebbe essere disinformazione), 1985
video, colore, sonoro, 16’26”
Acquistato con il contributo di Compagnia San Paolo
In forma di reportage, l’artista espone le contraddizioni insite nelle informazioni trasmesse dalla televisione. La confusione di notizie, l’impossibilità di ricostruire una storia lineare e il progressivo allontanamento dalla realtà sono acuiti da disturbi sonori e visivi intenzionalmente inseriti nel nastro.
Redazione, Martha Rosler, Castello di Rivoli

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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