Arte per Dewey è il processo creativo, fattivo

La continuità tra estetico e vita quotidiana comporta alcune implicazioni che Dewey affronta. In primis la questione del rapporto tra l’esperienza (e il fare-subire) e l’arte (e la produzione e fruizione), o meglio della continuità tra fare e subire all’interno dell’esperienza come chiave di comprensione del rapporto produzione e fruizione in arte.
“Ci sono condizioni che vanno soddisfatte senza le quali non può istituirsi un’esperienza. (…) Una persona fa qualcosa … di conseguenza recepisce, patisce qualcosa. … il processo continua finché non emerge un muto adattamento tra il sé e l’oggetto di modo che quella particolare esperienza giunge a una conclusione.” <34
Ciò che tiene insieme l’azione e la sua conseguenza è la percezione della relazione che le tiene insieme. In effetti Dewey sottolinea come fare e subire debbano essere congiunte nella percezione al fine di cogliere il contenuto significativo dell’esperienza. Per fare un esempio: mettere la mano su un fuoco che brucia non è necessariamente fare un’esperienza, non basta che ci sia un’alternanza di azioni e passioni ma chi le compie o chi le vede compiere deve cogliere, deve percepire, la relazione che si instaura tra di esse all’interno dell’esperienza. Per riuscire a percepire le relazioni tra fare e subire, l’equilibrio che si instaura nella reciproca resistenza, c’è bisogno di lentezza. La lentezza, la pausa di cui si è parlato in precedenza, è spesso ostacolata dalla fretta che domina il vivere quotidiano e che spesso impedisce all’esperienza di completarsi.
Accade in questi casi che nel mentre l’esperienza sta per compiersi subentra qualcosa che fa sì che l’esperienza stessa si disperde arrestandosi ad un livello superficiale in cui appunto la relazione tra agire e patire non viene percepita e non può essere percepita.
“Si pensa che la ‘vita’ consista nell’affollarsi del maggior numero possibile di impressioni, malgrado nessuna di esse sia più di un’impressione fuggevole e rapsodica (…) ma nulla si radica nella mente quando non c’è equilibrio tra fare e recepire.” <35
L’unità, la continuità, la reciprocità costituiscono il tipo di relazione che tiene insieme elementi apparentemente dicotomici dell’esperienza quali sono il fare e il subire o le uscite ed entrate di energia. Tale tipo di relazione è la stessa che tiene insieme produzione e fruizione nell’arte. “…la concezione dell’esperienza cosciente in quanto relazione percepita tra fare e subire consenta di comprendere la connessione reciproca che vige tra l’arte in quanto produzione e la percezione e la valutazione in quanto fruizione.” <36
Per esplicare al meglio il tipo di rapporto tra produzione e fruizione nell’arte, Dewey parte da una constatazione linguistica. Sottolinea come non ci sia alcun termine che copra sia l’atto della produzione che l’atto dell’apprezzamento come se fossero una cosa sola. “Dal momento che artistico si riferisce anzitutto all’atto della produzione ed estetico a quella della percezione e della fruizione, è un peccato che manchi un termine per designare i due processi presi insieme.” <37
Passa poi alla definizione di artistico ed estetico per recuperarne la dialettica dicotomia. Artistico è l’atto della produzione, è il processo fattivo e creativo; l’estetico è l’atto della percezione e della fruizione è il processo della valutazione, della percezione e della fruizione. Ma non si tratta di una separazione, né di una contrapposizione perché l’una necessita dell’altra. Sono anzi in continuità, bisogna evitare l’errore grossolano per cui il pittore è artista e il fruitore esteta, non è questo quello che intende Dewey.
“…nella sua forma l’arte realizza l’unità proprio di quella relazione tra fare e subire, tra uscite ed entrate di energia, che fa sì che un’esperienza sia un’esperienza. Nella misura in cui viene eliminato tutto quello che non contribuisce all’organizzazione d’insieme dei fattori sia dell’azione che della ricezione in rapporto l’uno all’altro, e nella misura in cui vengono scelti solamente gli aspetti e i tratti che contribuiscono alla loro compenetrazione reciproca, il prodotto è un’opera dell’arte estetica.” <38
La percezione e il godimento dell’arte sono spesso viste come il non avere nulla in comune con la produzione dell’arte. Così come Dewey ha scardinato la dialettica oppositiva imposta dal pensiero comune all’arte e alla vita quotidiana e ai sensi e all’intelletto, allo stesso modo scardina la dialettica oppositiva con la quale l’aspetto produttivo e quello apprezzativo dell’arte vengono confinati in ambiti cognitivi, sensibili, e socio-culturali differenti.
Arte per Dewey è il processo creativo, fattivo. Arte denota il processo di estrarre qualcosa dalla materia fisica, qualcosa che può essere percepito da uno dei sensi.
Estetico si riferisce all’esperienza in quanto valutativa, percettiva e fruitiva. È l’aspetto del consumatore. Ma queste distinzioni non devono spingere verso una separazione. Al contrario Dewey sottolinea che per essere veramente artistica un’opera deve essere anche estetica – cioè concepita per una percezione ricettiva nella fruizione.
Così come mentre lavora l’artista incarna in se stesso l’atteggiamento del fruitore, così l’esperienza estetica è intrinsecamente connessa all’esperienza del fare poiché la soddisfazione sensoriale percettiva non a sé stante ma è legata all’attività di cui è conseguenza. Dewey mette in relazione artistico ed estetico, produzione e fruizione negli stessi termini in cui connette arte e vita quotidiana, sensi e intelletto, azione e passione all’interno di un’esperienza.
“Quando maneggiamo, noi tocchiamo e sentiamo; quando guardiamo, noi vediamo; quando ascoltiamo, noi udiamo. La mano si muove con il bulino o con il pennello. L’occhio accompagna e riporta le conseguenze di ciò che è fatto.. a causa di questa intima connessione, il fare successivo è una progressione e non si deve al capriccio o alla routine. In un’esperienza artistico-estetica di rilievo la relazione è così stretta da tenere sotto controllo simultaneamente sia il fare che il percepire. Una connessione talmente intima e vitale non si può avere se ci si limita a impegnare mano e occhio. Se ciascuno di essi non agisce come organo dell’intero essere non c’è che una sequenza meccanica di senso e movimento, come quando si cammina automaticamente. Quando l’esperienza è estetica mano e occhio sono invece strumenti mediante i quali opera l’intera creatura vivente, mossa e attiva da un capo all’altro. Allora l’espressione è emotiva e guidata da un fine.” <39
L’esperienza estetica è intrinsecamente connessa all’esperienza del fare, di un fare che è in relazione di continuità con il patire che esso stesso comporta. Le esperienze sensoriali diventano estetiche, possono definirsi tali, quando attraverso esse siamo in grado di qualificare la relazione con un’attività di tipo particolare. Allora è evidente che produzione è percezione sono in stretta connessione, e tale stretta connessione è portata alla luce dall’esperienza come arte.
Dunque Dewey ci sta insegnando attraverso l’arte che si manifesta nell’esperienza, che in tutti processi autentici non ci sono contrapposizioni o distacchi ma che al contrario siamo in presenza di una soluzione di continuità tra agire e patire, produrre e percepire, organismo ed ambiente.
[…] Ma cosa ci da l’arte che altre forme di esperienza non ci danno? Le facoltà naturali che servono a metterci in condizione di partecipare all’arte sono prima di tutto, come in precedenza già sottolineato, l’intero sistema dei sensi. L’esperienza estetica ha carattere sintetico, ed in quanto combinazione di elementi intellettuali, emotivi e sensuali essa è pratica sensibile.
Nelle pratiche d’arte (siano esse di produzione o di fruizione) azione e passione, contenuto e forma, sensazione interna e rappresentazione esterna non costituiscono gli elementi di una dialettica, non sono in contrapposizione ma sono connesse trans-attivamente. Sono le tesi necessarie di una sintesi unitaria che è quella della compiutezza organica propria di un’esperienza.
Sin dal primo capitolo, l’autore radica l’estetica nei bisogni naturali dell’essere umano, nella sua costituzione e nelle sue attività.
La comprensione estetica deve partire dal fatto che le radici dell’arte affondano nelle funzioni vitali di base, in quei luoghi comuni biologici che l’uomo condivide con gli animali. Per Dewey tutta l’arte è il prodotto dell’interazione tra l’organismo e il suo ambiente, un fare e un subire che comporta una riorganizzazione di energie, azioni e materiali. Ma quello che caratterizza l’esperienza estetica e gli oggetti estetici (e che le altre esperienze non hanno) è la presenza della forma. La forma sia nei dipinti che nella scultura non si riduce ad una serie di relazioni statiche spaziali, al contrario si basa sull’interazione dinamica di elementi che mostrano il tipo di cumulazione, tensione, conservazione, anticipazione e perfezionamento che insieme all’intensa emotività vengono definite caratteristiche di un’esperienza estetica. Alcune condizioni formali sono profondamente radicate nel mondo, nei nostri ritmi biologici e in quelli più ampi della natura che gradualmente vengono riflessi ed elaborati nei ritmi del mito e dell’arte e nelle leggi ritmiche della scienza.
Le arti, dice Dewey, ci danno – svelandola – la ricompensa di portare un’esperienza alla fruizione. Esse rivelano ciò che accade ai lavori la cui forma e struttura sono olistiche e unificate, producendo una reazione sia dalla parte dell’artista che del fruitore, che è di soddisfazione e di realizzazione: di compiutezza. Per quanto tale compiutezza apre a un percorso di ulteriore realizzazione.
La distinzione tra esperienze connesse con le arti e quelle connesse con la vita in generale non è per niente assoluta. Anche questa è una parte cruciale del messaggio di Dewey. Le arti, egli insiste, non sono l’unica fonte del piacere estetico. Non sono le uniche depositare dell’olistico e dell’unificato. Non sono l’unico posto in cui andare quando si cerca un senso di soddisfazione e di realizzazione.
L’arte è intesa come un metodo conoscitivo ma potremmo azzardare che è di livello superiore poiché a differenza di altri processi e metodi che si attuano e realizzano inconsciamente esso è consapevole e critico. Ne deriva che secondo Dewey l’arte non è più una rivelazione del creato che si dà all’artista nella grazia dell’ispirazione, ma la perfezione di un fare che ha nel mondo il suo principio e il suo fine e si compie interamente nella sfera sociale.
Il problema della genesi della forma diventa il problema stesso della produttività ed acquista automaticamente un carattere sociale.
In una società ideale che abbia superato le contraddizioni di classe e conseguito una propria integrità organica o funzionale, non sarà neppure più possibile distinguere un lavoro puramente ideale – qual era per antonomasia, nella società borghese, il lavoro dell’artista – da un lavoro di mera esecuzione; né un attivo produrre (che poi non sarebbe mai tale) da un passivo godere l’arte: ogni atto che rientri nel circolo della funzione sociale, dunque anche l’usare il prodotto artistico, sarà per ciò stesso creativo e parteciperà del divenire o progredire della società.
Ogni fare è un fare nella realtà, l’arte è il processo col quale la coscienza costituisce il reale in forme sempre nuove, risultanti da una rete sempre più larga di interrelazione e da un sempre maggiore compendio di esperienze. La forma che si crea è la forma più attuale della realtà e la più conforme alla condizione della coscienza che la crea, essa è a priori risolutiva di ogni istanza pratica o utilitaria, in definitiva sempre riducibile al bisogno di stabilire un nuovo e concreto rapporto col mondo e di rinnovare la nostra esperienza.
Se l’arte non è una forma che si deduce, ma che si imprime alla realtà, o il simultaneo costruirsi ed evolvere della coscienza e del mondo, è chiaro che l’arte non è mai creazione finita ma continua creatività. L’opera d’arte come forma del nostro essere nella realtà tende perciò a irradiarsi nello spazio vitale della società, a moltiplicarsi in infiniti esemplari, a fornire a ogni individuo il mezzo formale per precisare tutto un insieme di rapporti vitali col mondo esterno. L’arte è un linguaggio al servizio della conoscenza, un mezzo di conoscenza. L’arte è allora il fattore vitale che assicura all’agire umano il contatto, la presa sulla realtà: è insieme incentivo al progresso e freno all’accelerazione artificiosa dei suoi processi, alla spinta centrifuga che sollecita l’umanità ad uscire dalla propria orbita vitale.
[NOTE]
34 J. Dewey, Arte come esperienza, Aesthetica Edizioni, Palermo, 2009, pp. 68-69
35 Ivi, p. 69
36 Ivi, p. 71
37 Ivi, p. 70
38 Ivi, p. 72
Rossella Domenica Fanelli, Educazione attraverso l’arte. Una prospettiva pedagogica, Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Foggia, 2014

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.