L’estate veneziana del 1946, seppur senza la Biennale d’arte, si presentava ricca di iniziative

Finita la Guerra nel 1945, a pochi giorni dalla firma dell’armistizio, a Venezia nelle sale delle Procuratie Nuove e nell’Ala Napoleonica (Museo Correr) si inaugura la grande mostra “Cinque secoli di pittura veneta”, curata dal direttore delle Belle Arti di Venezia, Rodolfo Pallucchini <202. L’incredibile esposizione si è potuta realizzare per una fortunata coincidenza dovuta al periodo bellico: infatti si trovavano ancora in Laguna tutte le opere dei Musei civici veneti che avevano trovato riparo a Venezia dalle distruzioni della Guerra <203. “Già nel 1945 e nel 1946 le Mostre dei Cinque Secoli di Pittura Veneta e dei Capolavori dei Musei Veneti, organizzate dalla Direzione BB. AA. Del Comune, sotto la guida amorosa e illuminata del Prof. Rodolfo Pallucchini, avevano ripreso la tradizione delle mostre d’arte antica. Si trattò di mostre, le quali, se, da un lato, raccoglievano capolavori insigni, monumenti di tutta una civiltà, affidati durante la guerra alla custodia di Venezia, nella speranza, dimostratasi fortunatamente non infondata, che nella nostra città fossero al riparo dalle offese belliche; dall’altro per forza di cose, mancavano dell’organicità e della completezza che aveva contrassegnato quelle dell’anteguerra” <204. La mostra, che aveva riscosso molto successo di pubblico, ebbe anche una grande visibilità sui giornali e sulle riviste specialistiche <205, oltre a divenire un evento fondamentale per un’intera generazione di giovani storici dell’arte che ebbero la prima occasione di “incontrarsi coi testi originali delle opere d’arte” fino a questo momento solo studiati su riproduzioni in bianco e nero >206.
In contemporanea a questa grande mostra si tenevano, a cura di Giulio Lorenzetti, delle piccole rassegne “tematiche” quasi a continuare il percorso cronologico dell’esposizione di Pallucchini, occupandosi quindi di ‘800 e ‘900. Lorenzetti realizzò queste rassegne con opere provenienti dalla Galleria Internazionale d’Arte moderna di Ca’ Pesaro e chiedendo “anche ad alcune collezioni privare, coi pezzi delle quali li ha dato maggiore varietà e compiutezza alla mostra, soprattutto nella sezione bianco e nero” <207. Lorenzetti dedicò queste mostre alla “Pittura inglese e americano”, alla “Mostra d’Arte Moderna francese” e alle “Pitture e sculture del Belgio, Olanda e Russia” <208.
Queste piccole rassegne vengono registrate dagli articoli di Silvio Branzi pubblicati però su un nuovo quotidiano, il Corriere Veneto <209. Dalla seconda metà del 1944 Branzi scriveva soltanto per la Gazzetta di Venezia, quotidiano che come abbiamo già detto era legato alla stessa proprietà “fascista” del Gazzettino <210. I due quotidiani con la Liberazione d’Italia dell’aprile 1945 vengono chiusi; la Gazzetta di Venezia cesserà definitivamente la sua duecentenaria storia, invece il Gazzettino entrerà in un periodo di crisi connessa alla nuova proprietà <211. Il 28 aprile usciva “Fratelli d’Italia – Il Gazzettino” organo del Comitato di Liberazione Nazionale; il titolo durò poco a causa dell’insediamento nella tipografia di Palazzo Faccanon del P.W.B., (Psychological Warfare Branch), l’organo militare anglo-americano incaricato per il controllo dei mezzi di comunicazione di massa italiani (giornali, radio e cinema) <212. All’inizio si decise di chiamare il nuovo giornale Corriere di Venezia, quasi subito cambiato con Corriere Veneto, testata per la quale Branzi scriverà dal maggio al luglio 1945 <213. Il 18 luglio inaugura la nuova gestione del Gazzettino con la direzione del convinto antifascista Armando Gavagnin, amico di vecchia data di Branzi <214.
“Ed oggi Il Gazzettino risorge tutto nuovo, ma con l’anima dei passati tempi in cui l’onestà era costume anche se poco se ne parlava. Torno così al mio vecchio giornale dal quale fui espulso nel 1928 in seguito ad arresto per motivi politici (…) il Gazzettino è nuovamente il libero giornale delle genti venete”. <215
Così Gavagnin scrive nel suo primo articolo da direttore. Questa fase di libertà non durerà a lungo, tanto è vero che la direzione di Gavagnin termina dopo meno di un anno; la Democrazia Cristiana aveva già da tempo messo gli occhi sul quotidiano. Nel 1944 il dirigente di partito Pietro Mentasti si reca in Svizzera dove si erano rifugiati gli ex ministri fascisti Volpi e Cini, proprietari assieme ad Agnelli del quotidiano: gli accordi verranno resi noti, con discreto scandalo, solo dopo la Liberazione. Comincia così la lunga era democristiana del giornale veneziano <216.
Branzi è quindi parte di questo nuovo corso del Gazzettino, sarà il critico d’arte principale, responsabile della terza pagina del giornale fino al pensionamento che arriverà nel 1960 <217. Il riconoscimento di questo ruolo viene anche sancito dall’ammissione di Branzi in alcune giurie di premi artistici e commissioni istituzionale, negli anni sempre più di grande interesse.
Il primo evento, a pochi giorni dalla Liberazione d’Italia, dal 12 al 18 maggio 1945, su iniziativa di Giovanni Comisso, scrittore trevigiano, che negli ultimi mesi di guerra uscì miracolosamente illeso da un bombardamento che aveva colpito la sua casa di campagna, decidendo per questo di realizzare un ex voto, per grazia ricevuta, da donare alla chiesa di Zero Branco. Il concorso venne bandito già nel marzo 1945 a pochi giorni dall’accaduto: le opere dovevano essere consegnate alla Galleria del Cavallino entro la fine dell’aprile 1945 <218. La giuria era formata da Silvio Branzi, Carlo Cardazzo, Vittorio Moschini e Rodolfo Pallucchini; diciotto furono le opere accettate a fronte di cinquantadue pervenute in galleria. Il primo premo di 10 mila lire venne assegnato a Bruno Saetti, ma Cardazzo decise di offrire un secondo riconoscimento, di egual valore a Baldo Guberti, un ulteriore premio denominato “Venezia” sponsorizzato dal Ministero dell’Educazione Nazionale venne alla fine assegnato a Filippo De Pisis <219. Curiosamente nessuno dei tre pittori era di origine veneta ma tutti nati in Emila Romagna, ma residenti in questi anni a Venezia.
Il pittore Armando Pizzinato, in un contesto felice per l’avvenuta liberazione dalla dittatura nazi-fascista, cominciò una polemica sui giornali in particolare indirizzata al gallerista Cardazzo per il rapporto con il “potere politico, ormai sconfitto” rappresentato dal Ministero dell’Educazione Nazionale <220.
Le attività artistiche della città davano in questo periodo quotidiano lavoro al critico; nel 1946 la mostra di Pallucchini nelle sale delle Procuratie Nuove si riduce ma si impreziosisce esponendo solo i “Capolavori dei Musei Veneti”, come conseguenza alla restituzione delle opere alle loro città di origine <221. Il Comune bandisce un premio per i migliori articoli giornalistici sulla mostra: la commissione giudicatrice è formata dall’assessore Carlo Izzo, Giuseppe Fiocco, Vittorio Moschini, Giuseppe Marchiori (vincitore dell’edizione precedente del premio), Rodolfo Pallucchini, e da Guglielmo Manzini in qualità di segretario. “Il premio di 10.000 lire viene assegnato al dott. Silvio Branzi per la serie degli otto articoli pubblicati sul «Gazzettino» di Venezia” <222. Gli altri quattro premi sono stati assegnati a Remigio Marini della Voce Libera, Michelangelo Masciotta di Letteratura, Attilio Podestà di Emporium e Marco Valsecchi di Lettere ed Arti <223.
La Biennale riprende assai lentamente le proprie attività: viene nominato un commissario straordinario, Giovanni Ponti, ex partigiano e primo sindaco di Venezia, incaricato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) fino alle elezioni amministrative del marzo 1946 <224. All’inizio si decide di dare il via ai festival del Cinema e della Musica, visto che i padiglioni dei Giardini erano ancora inutilizzabili per le trasformazioni cinematografiche dell’ultimo periodo bellico. Gli ambienti più vasti del grande palazzo dell’Esposizione vennero infatti trasformati in teatri di posa e numerosi padiglioni furono adattati a laboratorio di sviluppo e stampa, all’applicazione del sonoro, al doppiaggio ed altri ancora a depositi dei macchinari, della celluloide e di attrezzi diversi destinati all’attività cinematografica <225. L’estate veneziana del 1946, seppur senza “La Biennale d’arte”, si presentava ricca di iniziative: alcuni eventi artistici particolarmente significativi erano rappresentati da premi di pittura e grafica che attirano molti partecipanti da tutta Italia, anche per il cospicuo ammontare delle cifre in palio, elemento da non sottovalutare visto la grande povertà di molti artisti in questo primo dopoguerra. I giornali si occuparono notevolmente di queste manifestazioni, sia nelle fasi preparatorie sia e soprattutto nelle fasi finali, con i verdetti delle giurie che creavano spesso vivaci polemiche cittadine. Cominciando dall’evento, meno ambizioso, e che temporalmente chiude l’estate veneziana, la galleria del Cavallino per conto della Transadriatica, Società di Navigazione Aerea, di Venezia bandiva un premio per realizzare un manifesto che sarebbe diventata la nuova insegna della ditta di trasporti. Arrivarono per essere esaminati 172 opere: la giuria presieduta da Nino Barbantini, non trovando un’opera che rispettasse i criteri del bando decise di segnalare cinque artisti che qui riportiamo in ordine di merito: Sergio Marzari e Baldo Guberti, Deluigi, Morandis e Bacci <226.
Tornando indietro di qualche mese, dall’ultimo al primo evento che animò l’estate veneziana del 1946, alla fine di giugno si riuniva la giuria di un premio nazionale di pittura, bandito anche questa volta ad opera di un privato, il noto ristoratore e collezionista di origine friulana Arturo Deana, con la collaborazione del solito Cardazzo. Il premio istituito all’insegna della “Colomba”, nome deciso dagli amici del “trattore e mecenate” non solo perché era l’effige del suo locale, ma anche perché sembrava un simbolo ben augurale dopo la terribile guerra appena conclusa <227. La giuria del premio era formata da Francesco Flora, Diego Valeri, Carlo Cardazzo, Pietro Feroldi, i pittori Tosi, Cesetti, Casorati, De Pisis, e Milena Milani come segretaria. Al premio di centomila lire offerto dal Deana se ne aggiunsero altri otto di minor entità. Il Deana si impegnò a mettere a disposizione la stessa cifra anche per una seconda edizione, magari nell’anno in cui non cadeva la Biennale <228. L’evento infatti veniva ospitato ai Giardini di Castello nel padiglione francese e tedesco <229. Le iscrizioni al premio furono più di ottocento, un numero veramente insperato, ma che costrinse subito ad una prima selezione per dimezzare le presenze.
“La giuria ha lavorato tre giorni consecutivi, giovedì, venerdì e sabato, senza tirare il fiato. C’era Valeri tranquillo nei frequenti e sottili giudizi, e c’era Tosi che a volte diceva «l’è on quader» e a volte «l’è un croston», e De Pisis con le dita piene di anelli e un gran fiore all’occhiello, e Casorati preciso nella fredda casistica delle due distinzioni, e Cesetti con un bastoncino agilissimo per battere il tempo ai suoi a-solo baritonali, e Cardazzo in gabbanello e sandali estivi, e poi Pietro Feroldi, e poi Milena Milani in funzione di segretaria sempre bella e gentile (…)”. <230
Branzi, evidentemente spettatore di alcune delle varie selezioni, le racconta in questi gustosi e simpatici dettagli nell’incipit del suo articolo sul Gazzettino <231. La giuria alla fine arrivò ad ammettere 187 quadri che vennero sistemati nei due padiglioni dei giardini; per la verità all’inizio si pensava ad un palazzo veneziano, ma non si trovò nulla di adatto per la quantità delle opere e la difficoltà negli allestimenti <232. Grande era l’attesa il premio comincia a “dare la febbre a molti artisti” <233. Alla vernice di domenica primo luglio ingente è la folla, i saluti delle autorità, il discorso del critico letterario Francesco Flora e del poeta Diego Valeri, silenzio invece sui nomi dei vincitori. Il verdetto è stato svelato soltanto alla sera nella trattoria della Colomba. “Ed eccoli qui: Carlo Carrà, premio della «Colomba», di lire centomila, per il suo quadro intitolato Venere; Massimo Campigli, premio «Cavallino-Naviglio», di lire venticinque mila, per la composizione Gioco a palla; Pio Semeghini, premio «Astolfo De Maria», di lire ventimila, per la pittura, Bambina con zucca; Henri Steiner, premio «Ca’ Sagredo», di lire ventimila, per una Natura morta; Domenico Cantatore, premio «Concordia», di lire diciottomila, per una Figura d’uomo; Aldo Bergamini, premio «Ca’ Rosetta», destinato ad un pittore veneziano, di lire quindicimila, per una Natura morta con gallo; Albino Galvano, premio «Giudecca», di lire quindicimila, per il dipinto Seppie; Emilio Vedova, premio «Margot-Vanelli», destinato ad un pittore veneziano, di lire diecimila, per Cantiere; e Bruno Darzino, premio «Marangona», di lire cinquemila, per un Paesaggio <234.
L’affermazione dei tre vecchi e conosciuti pittori è una chiara volontà della giuria di porsi in una scia tradizionalista dell’arte italiana, senza inoltre rischiare nel segnalare qualche percorso artistico nuovo. Marchiori chiaramente nelle pagine di Emporium parla di “tremenda noia della pittura inutile, come ai tempi delle «grandi» mostre del regime” <235. Qualche elemento interessate però si poteva vedere nei premi minori in particolare nell’opera di Emilio Vedova Cantiere, che colpì molto anche Branzi tanto da fargli dire che di essa è: “l’esigenza prepotente verso una nuova visione del mondo e si palesa il dramma della generazione che sorge, decisa a parlare con una voce propria, con un proprio
linguaggio” <236.
[NOTE]
202 Per l’intera attività di Rodolfo Pallucchini si rimanda ai volumi: Una vita per l’arte veneta. Atti della Giornata di studio in onore e ricordo di Rodolfo Pallucchini, a cura di Giuseppe Maria Pilo, Edizioni della Laguna, Monfalcone 2001; e gli atti del convegno “Rodolfo Pallucchini e le arti del Novecento” pubblicati in Saggi e Memorie di storia dell’arte, 35 (2011), Venezia 2012.
203 Cinque secoli di pittura veneta, a cura di Rodolfo Pallucchini, Serenissima, Venezia 1945.
204 Così l’assessore alle Belle Arti di Venezia ricorda le mostre storiche curate tra 1945 e 1946 da Pallucchini nel catalogo della nuova esposizione che continua il ciclo delle monografiche (su Tiziano, Tintoretto e Veronese) che riprende dopo dieci anni con una grande rassegna su Giovanni Bellini. Carlo Izzo, Prefazione, in Giovanni Bellini, catalogo a cura di Rodolfo Pallucchini, Alfieri, Venezia 1949, p. 13.
205 Il Comune bandisce anche un concorso per i migliori articoli sulla mostra, il premio di 10.000 lire viene suddiviso ex equo tra Nino Bertocchi e Giuseppe Marchiori. Segnalati per il loro valore, pur non avendo partecipato al concorso, anche i testi di Anna Maria Brizio, Diego Valeri, Carlo Baroni, Silvio Branzi, Nicola Ivanoff. I migliori articoli sulla Mostra dei 5 secoli, in Giornale delle Venezie, 16 gennaio 1946.
206 “Ai miei allievi, che fra guerra e rovine, puntano ormai verso il traguardo dei trent’anni senza ancora aver potuto incontrarsi coi testi originali delle opere d’arte (e se ne dolgono amaramente)” così Roberto Longhi dedica il suo Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, all’inizio pubblicato a puntate sulla Rassegna d’Italia, poi raccolta in volume presso Sansoni nel 1946, Roberto Longhi, Da Cimabue a Morandi, Mondadori, Milano 1978, pp. 622-679.
207 Silvio Branzi, Pittura francese moderna, in Corriere Veneto, 8 giugno 1945.
208 Per una cronologia precisa degli eventi culturali non solo di questi anni si rimanda ai testi di: Dino Marangon, Cronaca veneziana 1848-1959. Eventi e protagonisti, in Venezia 1950-59. Il rinnovamento della pittura in Italia, catalogo a cura di Maria Grazia Messina, SATE, Ferrara 1999, pp. 161-175; Stefania Portinari, Venezia 1895-1964. Cronologia, in Venezia ‘900 da Boccioni a Vedova, a cura di Nico Stringa, Marsilio, Venezia 2006, pp. 389-405.
209 Silvio Branzi, Pittura inglese e americana nella sala dell’ala Napoleonica, in Corriere Veneto, 23 maggio 1945; Id, Pittura francese moderna, in Corriere Veneto, 8 giugno 1945; Id, Pitture e sculture del Belgio, Olanda e Russia, in Corriere Veneto, 24 giugno 1945.
210 Si veda il “Catalogo degli scritti di Silvio Branzi” nel già citato volume di Gabriella Belli, Silvio Branzi Un percorso critico, pp. 162-164.
211 Maurizio De Marco, Il Gazzettino storia di un quotidiano, Marsilio, Venezia 1976, pp. 99-115; Mario Isnenghi, L’Italia del fascio, Giunti, Firenze 1996, pp. 123-133; Sante Rossetto, Il Gazzettino e la società veneta, Cierre, Sommacampagna (VR) 2006, pp. 116-118.
212 Giuliana Muscio, Gli americani: breve storia del Pwb, in Neorealismo. Cinema italiano 1945-1949, a cura di Alberto Farassino), EDT, Torino 1989, pp. 89 – 95.
213 Per una scheda sul Corriere Veneto si rimanda a Mario Grandinetti, I quotidiani in Italia 1943-1991, Franco Angeli, Milano 1992, p. 142.
214 “Ero amico fraterno di Silvio Branzi, un giornalista trentino d’ingegno, che avrebbe potuto volare alto se non si fosse arenato al «Gazzettino»”, Armando Gavagnin, Vent’anni di resistenza al fascismo. Ricordi e testimonianze, Comune di Venezia, Venezia 1979, p. 274.
215 Articolo in parte riportato in Sante Rossetto, Il Gazzettino e la società veneta, Cierre, Sommacampagna (VR) 2006, p. 119.
216 Per maggiori dettagli si rimanda alla scheda completa sul Gazzettino nel sito www.unsecolodicartavenezia.it, un progetto promosso da Iveser, Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea, curato da Marco Borghi.
217 Di seguito le informazioni d’archivio pervenute da Leopoldo Pietragnoli, segretario dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto: Silvio Branzi, nato a Vermiglio (Tn) il 10 agosto 1899. Iscritto all’Albo dal 26 febbraio 1928. Residente a Venezia dal 14 agosto 1940, proveniente da Trento e abitante (nel 1965 e nel 1968) a Santa Croce 1958. Alla revisione dell’Albo nel 1965 dichiara una anzianità complessiva dal 1924 e di non esercitare più la professione dal 1960, da quando è pensionato INPGI; e dichiara che l’ultima testata per la quale ha lavorato è il Gazzettino. Alla data del 5 dicembre 1938 risulta avere regolare rapporto di lavoro con il Gazzettino, ma allora abitava a Trento, in via Oss Mazzorana 10. In altro documento del quale non è scritta la data (vi è scritto che la madre ha ottant’anni, da un documento che appare coevo dovrebbe essere del 1947) risulta residente a Venezia, Castello 5856, iscritto all’Albo Stampa veneta il 1 dicembre 1926, e ai professionisti dal 18 novembre 1928. In una lettera autografa del 10 gennaio 1927, inviata al Sindacato dei giornalisti veneti dichiara di essere redattore del Gazzettino e dal 1 marzo 1925 al dicembre 1926 socio di prima categoria della Associazione della stampa trentina e col dicembre 1926 passato sempre tra i soci di prima categoria al sindacato veneto; dichiara di esercitare da più di 18 mesi l’unica e retribuita professione del giornalista, e chiede quindi di essere inserito nell’Albo dei giornalisti professionisti. In un successivo documento del sindacato si scrivono le stesse cose e si aggiunge che è rimasto iscritto alla Associazione della stampa veneta fino alla istituzione dell’Albo dei giornalisti (18 novembre 1928) nel quale è stato ammesso nella categoria professionisti. È stato cancellato dall’Albo del Veneto per decesso nella seduta di Consiglio del 15 novembre 1976.
218 Silvio Branzi, Invito ai pittori. Concorso per un quadro da offrire alla chiesa di Zero Branco, in Gazzetta di Venezia, 15-16 marzo 1945.
219 Silvio Branzi, Il concorso del Cavallino per un quadro religioso. La mostra e i premi, in Corriere Veneto, 20 maggio 1945.
220 Per maggiori dettagli si rimanda al saggio seguente, con le specifiche bibliografiche sulla polemica Pizzinato-Cardazzo; Giovanni Bianchi, Il Cavallino, “vibrante centro veneziano di arte moderna”, in Carlo Cardazzo. Una nuova visione dell’arte, a cura di Luca Massimo Barbero, Electa, Milano 2008, pp. 119-163 (128-130, 160n).
221 I Capolavori dei musei veneti, a cura di Rodolfo Pallucchini, Arte Veneta, Venezia 1946.
222 A Silvio Branzi il premio per i migliori articoli sulla «Mostra dei Capolavori», in Gazzettino-Sera, 3 dicembre 1946. Della serie degli otto articoli si ha un riscontro solo dei due seguenti, forse altri non sono stati firmati: Silvio Branzi, Il fiore dei musei veneti nelle sale delle Procuratie Nuove, in Il Gazzettino, 9 giugno 1946; Id, Un catalogo dell’arte alla mostra dei capolavori, in Il Gazzettino, 18 agosto 1946.
223 Branzi in un suo quaderno personale, conservato dagli eredi e titolato “Scritti su Silvio Branzi”, incolla i ritagli stampa dei seguiti articoli che lo riguardano: A Silvio Branzi il premio per i migliori articoli sulla «Mostra dei Capolavori», in Gazzettino-Sera, 3 dicembre 1946; Dopo la Mostra dei Capolavori. Il premio di 10 mila lire agli articoli di Branzi, in Il Gazzettino, 4 dicembre 1946; C. P., Silvio Branzi vincitore di un premio giornalistico, in Gazzetta veneta, 4 dicembre 1946; Silvio Branzi premiato a Venezia, in Corriere tridentino, 8 dicembre 1946; Vetrina, in Il Popolo trentino, 1 gennaio 1947.
224 Chiara Rabitti, Gli eventi e gli uomini: breve storia di un’istituzione, in Venezia e La Biennale. I percorsi del gusto, Fabbri, Milano 1995, pp. 26-38
225 Su questa vicenda si rimanda alle memorie dello storico direttore amministrativo della Biennale, Romolo Bazzoni, 60 anni della Biennale, Lombroso, Venezia 1962, pp. 137-139.
226 Giovanni Bianchi, Venezia 1946: il Premio Burano. Un pittoresco fatto di cronaca, in Quaderni della Donazione Eugenio Da Venezia, vol. 13, Fondazione La Biennale di Venezia, Fondazione Querini Stampalia, Venezia 2004, pp. 61-73 (63-64). Id, Il Cavallino, “vibrante centro veneziano di arte moderna”, in Carlo Cardazzo. Una nuova visione dell’arte, a cura di Luca Massimo Barbero, Electa, Milano 2008, pp. 119-163 (132, 160n).
227 C. E., Profilo di Arturo Deana trattore e mecenate, in Il Gazzettino (ed. di Udine), 28 giugno 1946.
228 L’evento fu replicato nel 1949, l’esposizione delle opere avenne nell’Ala napoleonica dal 1 al 31 ottobre. Branzi fa parte del comitato organizzatore generale, ed è giurato per il Concorso dei Giovani assieme a Barbantini e Apollonio; Rassegna di pittura italiana contemporanea, Fantoni, Venezia 1949, pp. 22-29.
229 Ibidem.
230 Silvio Branzi, La Mostra per il concorso indetto da “La Colomba”, in Il Gazzettino, 2 luglio 1946.
231 Branzi tornerà sull’argomento con altri due articoli: Silvio Branzi, Il premio Colomba, in La Fiera Letteraria, 25 luglio 1946; Id, Il concorso de “La Colomba”, in L’araldo dell’arte, 15 agosto 1946.
232 Per l’elenco di tutti gli artisti si rimanda al catalogo della mostra: Premio di pittura de La Colomba, Ferrari, Venezia 1946.
233 Berto Morucchio, Il premio della Colomba dà la febbre a molti artisti, Gazzetta veneta sera, 29 giugno 1946.
234 Silvio Branzi, La Mostra per il concorso indetto da “La Colomba”, in Il Gazzettino, 2 luglio 1946.
235 Giuseppe Marchiori, Venezia: Vedova e Pizzinato – Il Premio della Colomba, in Emporium, vol. CIV, n. 622, ottobre 1946, pp. 178-180.
236 Ibidem.
Vittorio Pajusco, Archivi per la storia dell’arte contemporanea: il caso di Silvio Branzi, Tesi di Dottorato, Università Ca’ Foscari – Venezia, 2017

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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