La Resistenza di Gina Lagorio

Quando si parla di Resistenza si intende quel movimento di lotta politica e militare contro l’occupazione delle forze tedesche e filonaziste sorto nella seconda guerra mondiale. L’autrice più volte sottolinea l’importanza di ricordare il passato e dunque stila una breve sintesi perché i suoi lettori abbiano ben chiari gli avvenimenti storici.
“Sarà utile un richiamo cronologico: ricordate il 1943? Con lo sbarco degli alleati in Sicilia, il primo bombardamento di Roma, la cessazione italiana delle ostilità l’8 settembre, il re che fugge con il maresciallo Badoglio. Nasce dal basso la rivolta contro fascisti e tedeschi: i primi nuclei partigiani si organizzano sulle montagne del mio cuneese: nasce la Resistenza”. <59
La scrittrice ricorda il periodo della Resistenza con ardore; incontrando le persone per strada capiva dagli occhi, dall’intonazione della voce e dai modi di fare che appartenevano alla stessa fazione politica. Inoltre partecipava attivamente al meccanismo, rischiando in prima persona, per permettere lo scambio di informazioni. Con Emilio, fingendosi una coppia che amoreggiva nei viali della città, riusciva a scambiare documenti con persone assai diverse dalle solite amicizie utilizzando luoghi frequentati come negozi, stazioni e circoli di ritrovo.
Dalla Resistenza aveva imparato la disobbedienza che nasceva dall’insofferenza e dallo sdegno. Lagorio delineò la Resistenza come lotta alla sopraffazione, alla prevaricazione del potere e alla violenza psicologica sull’uomo.
La Resistenza per l’Italia fu un periodo di dura lotta indispensabile alla nascita di una nuova patria libera e indipendente. In un saggio dal titolo evocativo “Per favore ridateci la speranza”, pubblicato nell’«Unità» nel 2005, vuole puntualizzare il suo passato nelle Resistenza:
“Io appartengo alla generazione di quegli scrittori che la guerra l’hanno vissuta e che con l’8 settembre 1945 capirono che mai più ne avrebbero subita un’altra e che per questo […] bisognava impugnare ancora una volta le armi, ma questa volta volontariamente, farsi ribelli, partigiani della montagna e della città, per guadagnarsi la dignità di un futuro da vivere come uomini liberi”. <60
La scrittrice in questo passo ritorna su concetti per lei fondamentali: la necessità di agire, di reagire alla situazione politica e la tensione verso un futuro migliore, libero e giusto. Il futuro che si immagina racchiude sentimenti positivi dalla libertà alla serenità, alla volontà di migliorarsi e diventare persone da cui altri possano prendere esempio. In realtà in “Parlavamo del futuro” la connotazione del futuro è totalmente cambiata rispetto agli anni della Resistenza. Le sue parole esprimono paure, tensioni e dubbi sul tempo avvenire dell’Italia e in particolare sulla situazione politica. Ciò che vede negli ultimi anni della sua vita è molto diverso da quello che probababilmente si sarebbe aspettata. In un articolo del ’96 dello stesso testo si lamenta infatti dell’andamento della politica che a suo avviso si perde in tante direzioni tralasciando i punti focali: la libertà politica e la giustizia sociale.
Negli ultimi anni la scrittura diventa l’unico strumento di partecipazione attiva alla vita del Paese. Lagorio attraverso la testimonianza e la protesta non ha mai voluto tacere. Anche se ferita nel corpo il suo fervore politico, la natura combattiva e le sue coinvinzioni non l’hanno mai abbandonata. In “Càpita” sviluppa una resistenza assai diversa da quella vissuta in gioventù. Dopo la diagnosi di ictus si esprime in questo passo:
“Bisognava resistere, le dicevano tutti. A che? Resistere alla sventura, alla bava, alla dipendenza da chiunque l’avesse allora in potere, medici, portantini, infermieri, familiari. Nei luoghi mai visti prima, addetti alla resistenza”. <61
Lagorio cerca di resistere al dolore, alla perdità di umanità e dignità; la scrittrice è chiamata a resistere a una situazione di dipendenza totale che le crea sofferenza e depressione. Il luogo della resistenza diventa l’ospedale nel quale gli incontri con i suoi cari e le visite mediche si susseguono in un lungo e intenso periodo di resistenza e allo stesso tempo di speranza perché il male possa allontatarsi il prima possibile. Il tempo della convalescenza e anche della sua personale resistenza sarà tuttavia lungo e doloroso. Lagorio vive una fase caratterizzata dalla perdita di dignità umana e di distaccamento dell’io che la porteranno sull’orlo della depressione. Vive una situazione di difficile comprensione: imprigionata in un corpo che non riconosce vorrebbe esprimere i suoi pensieri ma non ha la forza di reagire. Sembra scivolare lentamente in un vicolo cieco in cui fatica a capire il senso della sua esistenza. Con il passare del tempo, il miglioramento della situazione clinica e con l’aiuto dalla scrittura riesce lentamente ad allontanare questo periodo di distacco da sé e dalla realtà.
[NOTE]
59 G. LAGORIO, Parlavamo del futuro, cit., p. 163.
60 Ivi, p. 249.
61 Ivi, p. 66.
Elisa Girotto, Gina Lagorio. La scrittura civile, Tesi di Laurea, Università Ca’ Foscari – Venezia, Anno Accademico 2013-2014

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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