De Giovanni non mi avrebbe forse mai fatto leggere le sue poesie

La presente “notarella”, <1 mentre esibisce le incoraggianti impressioni di lettura che due grandi poeti del secolo scorso, Carlo Betocchi e Vittorio Sereni, affidarono a lettere scambiate fra loro su un giovane esordiente del ponente ligure o a lui, Luciano De Giovanni, indirizzate, si propone, tramite il recupero di documenti poco noti (alcuni inediti) e la ricostruzione di un piccolo episodio della società letteraria anni Cinquanta, d’illuminare la figura in ombra e l’opera in versi dello schivo “stagnino” sanremese che preferì starsene in disparte, pubblicando di rado e per raffinati editori in genere di provincia, affannandosi ancor meno per primeggiare o comunque presentarsi senza che terzi insistessero. A svantaggio di una poesia valida, già di per sé «prudentissima, e dosatissima, “a frazioni di pollice”, timorosa d’una lacrima troppo compiaciuta (troppo gonfia e cantata) come d’un possibile seme di inondazione ed allagamento», a voler citare un altro grande, Giorgio Caproni, che recensì “Viaggio che non finisce”. <2
Con la prima raccolta del 1957 De Giovanni avviò un percorso che riprese ben un trentennio dopo con la seconda raccolta, dal sintomatico titolo “Cautamente presente”, <3 e che raggiunse la “cima” solo nel 1993 con l’antologia “Tentativo di cantare una nuvola”, <4 uscita quando il poeta idraulico aveva superato i settantuno anni dei settantanove che l’incontrovertibile conteggio della vita gli concesse.
Oltre a un profilo che nei nostri frettolosi, raffazzonati e sfacciati tempi acquisisce ulteriormente fascino, il prudente, dosato e timoroso De Giovanni, nato a Sanremo il 29 luglio 1922 e morto a Montichiari il 3 dicembre 2001, ha però lasciato in eredità il necessario per riscattare la sua riservatezza: un insieme di poesie edite e in larga parte inedite che merita d’uscire “alla riscoperta” – in un’edizione compiuta, per esempio, che circoli davvero -, e un ricco archivio personale da mettere in ordine, al sicuro – come si è deciso di fare, con i figli di Luciano, presso la Fondazione Mario Novaro di Genova – e infine in bella mostra, studiandolo e scrivendone (valorizzando – perché no? – anche il materiale più minuto e marginale).
Fra le cartelle della corrispondenza è conservata una singola lettera di Sereni a De Giovanni: un foglio bianco, oramai ingiallito, di formato A4 e senza intestazioni, riempito sul recto e per metà sul verso da una scrittura in penna stilografica che sigla il testo con la firma estesa del mittente e le coordinate «Milano, 10 marzo ’57 / via Mauro Macchi 35». In questa città e a quest’altezza cronologica Sereni è già «poeta e di poeti funzionario»: <5 l’autore di “Frontiera” (1941) e di “Diario d’Algeria” (1947) e il responsabile editoriale che nel novembre 1958 sarebbe divenuto ufficialmente un dirigente della Mondadori lasciando, dopo sei anni, l’Ufficio Stampa e Propaganda della Pirelli, azienda per cui diresse anche le sezioni «arte» e «letteratura» della rivista omonima.
Si proceda con ordine attraverso i documenti disponibili.
Nell’estate del 1956 De Giovanni e Betocchi scrissero a Sereni, amico del secondo, in quanto poeta ammirato e, dal 1955, responsabile di un’altra esperienza editoriale milanese, quei «Quaderni di Poesia» delle Edizioni della Meridiana in cui uscirono opere di Giovanni Arpino, Franco Fortini, Pier Paolo Pasolini, Andrea Zanzotto, Umberto Bellintani, Bartolo Cattafi, Lalla Romano e Luciano Erba. Sereni ricevette, infatti, una cartolina fotografica (ora conservata a Luino fra la sua corrispondenza) con il seguente stringato messaggio: «Al caro caro poeta di Frontiera e di Diario D’Algeria, in visita al poeta Luciano de Giovanni (vedi «Letteratura» n. 21-22), di cui ti ho parlato per la possibilità di un volumetto nella tua bella collana». Spedita all’«Illustre» Vittorio Sereni da Borello, la cartolina è datata «19 Ag. 1956» e presenta un panorama della stessa località dell’entroterra sanremese dove De Giovanni ebbe modo di accogliere, in quella «straordinaria domenica» <6 estiva, Betocchi e non solo: attorno alle firme del principale invitato e mittente (con «un abbraccio») e del proprietario di casa («con ossequi»), si riconoscono anche i nomi di Mima e Silvia, moglie e figlia di Betocchi, e di Maria Pia Pazielli, la proprietaria della Piccola Libreria di Bordighera che, amica di entrambi i poeti (fu proprio lei a farli incontrare all’inizio del 1956), <7 era fra i protagonisti della cultura del ponente ligure in una particolarmente vivace – e probabilmente irripetibile – stagione. <8
Il numero di «Letteratura» (maggio-agosto 1956), a cui si fa riferimento nella cartolina, ospita quattordici poesie di De Giovanni presentate da Betocchi, <9 assiduo frequentatore di Bordighera (dove morì). <10
L’autore di “Realtà vince il sogno” tornava spesso nella cittadella di mare per trascorrere lunghi soggiorni, per ritrovare l’intimità degli affetti (lì viveva il fratello Giuseppe) e concedersi, magari, nuove conoscenze e scoperte poetiche: letti, grazie a Pazielli, alcuni testi di De Giovanni decise d’impegnarsi per farlo emergere, forzandone la tenace introversione. <11
A partire dalla pubblicazione sulla rivista romana diretta da Alessandro Bonsanti (venuta dopo, per la verità, l’esordio vero e proprio su «Il Ponte» diretto da Pietro Calamandrei): <12 «Se non era per l’affettuosa violenza che altri gli ha fatto», scrisse Betocchi su «Letteratura», «De Giovanni non mi avrebbe forse mai fatto leggere le sue poesie; timido com’è, occorre strappargliele di mano. Ho qui, ora, il nitidissimo dattiloscritto, che spero troverà il suo editore. In provincia, certi incontri casuali, in occasioni che sono anch’essi casuali: siamo così sbadati, così poco accessibili a quanto, genuinamente, ci viene offerto».
Un editore avrebbe potuto essere, appunto, Sereni al quale, forse di persona o forse per lettera, Betocchi aveva già accennato di De Giovanni prima della cartolina dell’estate 1956 («di cui ti ho parlato per la possibilità di un volumetto nella tua bella collana»). Nella seconda metà del 1955, però, i «Quaderni di Poesia» s’erano interrotti, nel corso del 1956 chiusero le Edizioni della Meridiana, e Sereni aveva preso a collaborare con un’altra casa editrice milanese, presso la quale stava cercando di far ripartire la serie, come scrisse ad Alessandro Parronchi l’8 gennaio 1956: «E ora vorrei almeno accennarti alla possibilità, quasi certezza, che i “Quaderni della Meridiana”, or ora sospesi, riprendano da un’altra parte, in altra veste e con distribuzione molto più accurata. […] Comincerei ora con Solmi, seguirebbero alcuni giovani e traduzioni di particolare qualità». <13
A novembre fu pubblicato, infatti, “Levania e altre poesie” di Sergio Solmi, con la postfazione di Sereni, primo numero della «Collezione di Poesia» che uscì, in libretti quadrati e molto curati, sotto le insegne di Raimondo Mantovani – la cui attività editoriale è un’ulteriore vicenda che varrebbe la pena ricostruire e raccontare.
Il 22 ottobre 1956 Sereni dattiloscrisse a Betocchi una lettera dedicando un disponibile e al contempo cauto pensiero a De Giovanni: “A proposito di De Giovanni debbo dirti che non ho visto il numero di «Letteratura» di cui mi parli. È una rivista ormai quasi fantomatica che non ricevo e che non mi capita mai tra le mani. Si potrebbe avere una copia del numero? Forse però non ti ho spiegato che la mia collezione della Meridiana è finita. C’è in corso un’altra iniziativa in cui ho parte, senza però la responsabilità così precisamente personale che avevo prima. Bisogna almeno vedere come si avvia per prendere in considerazione il nome di De Giovanni. Per questo dovrà passare del tempo, ma se intanto riceverò il numero di «Letteratura» potrò farmene un’idea”. <14
Già il giorno successivo Betocchi, da Firenze, avvertì De Giovanni:
“Caro De Giovanni,
ho qui una lettera di Sereni, al quale mandammo una cartolina da Borello (che lui mi ricorda) e al quale avevo parlato del suo libro. Sereni non dirige più la Meridiana, che è finita, ma avrà a che fare presto con un’altra collana. E a ogni modo avrebbe piacere di vedere intanto i suoi versi stampati su «Letteratura» che, come si sa, non è spedita in omaggio, ma è diffusa in gran parte tra gli istituti di cultura attraverso la Pubblica Istruzione. Se lei ha una copia, fra quelle <20, ancora disponibile per Sereni, La prego di spedirgliela al suo indirizzo, con a parte una sua lettera di spiegazione richiamandosi a questa mia cartolina. […] Come stanno i suoi? Come lei? Come Maria Pia? Cordiali saluti dal suo Carlo Betocchi <15
De Giovanni seguì le istruzioni di Betocchi – la lettera di spiegazioni non si trova – e gli rispose due giorni dopo con riconoscenza: «La ringrazio di questo Suo continuo interessarsi di me, anche quando è tanto occupato. Ho subito scritto al Prof. Sereni al quale ho pure inviato una copia di “Letteratura”. Speriamo che le poesie gli piacciano, in ogni caso devo a Lei la possibilità di un nuovo importante contatto». <16
Intanto Betocchi aveva invitato De Giovanni a farsi avanti anche con altri poeti, soprattutto liguri, i più “vicini”, come Camillo Sbarbaro <17 e Angelo Barile.
«Conobbi Angelo Barile nel 1956, quando egli aveva già sessantotto anni ed io esattamente la metà», ricordò De Giovanni: «Betocchi, che stava per pubblicare alcune mie poesie sulla rivista “Letteratura” di Roma, mi aveva convinto a scrivergli e a “mandargli qualcosa”. […] Con affettuosa insistenza, mi spronava a uscire dal mio isolamento. Io, a quei tempi, facevo l’artigiano e il mio mestiere mi pareva così lontano dal mondo letterario da sentire quasi un senso di colpa ogni volta che prendevo la penna in mano». <18
Anche Barile, che divenne poi amico di De Giovanni, si convinse prontamente del valore della sua poesia e dell’opportunità di entrare in contatto con Sereni e chiedergli consiglio: «Lei ha fatto molto bene a mandare a Vittorio Sereni le Sue poesie», scrisse Barile a De Giovanni il 20 dicembre 1956, «Sereni è un poeta sensibile e attento (ho letto proprio in questi giorni un interessante suo saggio su Solmi); e vorrà sicuramente risponderLe. Mi dirà poi il giudizio e il consiglio che Le avrà dato». <19
Sereni era anche un direttore editoriale affaccendatissimo, come si è detto e come andava confidando ad alcuni corrispondenti; se aveva definito, in una lettera del 19 gennaio 1957 ad Attilio Bertolucci, quello che stava attraversando
«il peggior periodo pirelliano (peggio, molto peggio di qualunque anno militare)», <20 nella già citata lettera a Parronchi, anticipandogli i progetti con Mantovani, chiosò: «parlane il meno possibile in giro. Altrimenti chi mi salva più dalle richieste, segnalazioni eccetera? Perdo già troppo tempo in corrispondenza, figurati se poi ci si mettono quelli che vogliono giudizi e poi li sollecitano». <21
Betocchi, non ignaro della situazione né incurante, volle ancora ma delicatamente ricordare a Sereni di prendere in considerazione De Giovanni in apertura di una lettera (conservata, anche questa, a Luino) del 22 dicembre 1956:
“Mio caro Vittorio,
abbi gli auguri di Natale e di capo d’Anno: riprendo una tua lettera d’un mese fa, <22 che non aveva avuto risposta. Ti ringrazio se, col tempo, potrai dare uno sguardo ai versi di quel De Giovanni: se poi non incontreranno il gusto tuo e della tua nuova collezione (il bel “Levania” di Sergio Solmi, da lui ricevuto, ma che – con la tua nota – devo ancora leggere, è forse il primo numero della tua nuova raccolta?) fammelo sapere: proverò altrove, il poeta De Giovanni, autentico stagnino, è così ingenuo e fiducioso nell’aiuto di noi che pensa contiamo qualcosa!”
Il giorno di Santo Stefano Betocchi, paziente intermediario, spedì all’idraulico di provincia e poeta in cui credeva una lettera che concluse con una rassicurazione:«E Lei, mio caro De Giovanni, mi scriva tutte le volte che ne ha voglia: qualche volta, se non risponderò, lei mi perdonerà: ma penserà che le sue parole saranno lo stesso nel mio cuore, e vi lavoreranno. E stia di buon animo (Sereni mi ha chiesto un po’ di tempo ancora per leggere i suoi versi) e mi voglia bene». <23
Sereni sul serio aveva bisogno di tempo, si pensi che era proprio la collaborazione con Raimondo Mantovani a poter costituire «una molto chimerica via d’uscita dalla sempre più ingarbugliata situazione pratica» in cui si era infilato:
«Possibile», chiese a se stesso il 12 gennaio 1957 e a Parronchi, «che non si possa trovare un lavoro che mi dia da vivere e sia al tempo stesso più adatto a me? pare che non sia possibile». <24
A quasi sei mesi di distanza dalla cartolina di Borello spedita con Betocchi, De Giovanni ricevette la risposta tanto attesa, contenuta nella lettera di Sereni del 10 marzo 1957 conservata a Genova nell’archivio d’autore in costituzione e qui di seguito trascritta integralmente:
“Caro amico,
mi sono fatto vergognosamente aspettare e me ne scuso. Betocchi forse potrà spiegarle bene – o almeno rendere credibili – le ragioni del mio ritardo.
Ho letto più volte le sue poesie su «Letteratura» e la ringrazio di avermele fatte conoscere.
Non ho alcun dubbio circa la sua “necessità” di scrivere versi e sono convinto che non è tempo sprecato. È poesia che non si apprezza al primo colpo, e con la quale bisogna vivere un po’ perché ne sia intesa la forza di fondo, la bella coerenza – sottile e salda insieme.
La collezione di cui saltuariamente mi occupo va alquanto a rilento e alterna titoli tradotti ad altri originali. Questo è un anno sperimentale e oggi non sono in grado di offrirle un qualunque affidamento per il futuro. È così dubbia la fortuna… commerciale di un libro di versi che ho il dovere di andare coi piedi di piombo con l’Amico editore, persona carissima ma non animata (giustamente, del resto) da spiriti mecenatizi.
Stiamo a vedere e, la prego, non si ritenga in alcun modo impegnato con me. Sta di fatto che vedrò in seguito altre cose sue volentieri.
Ancora mi scusi e creda alla simpatia e all’augurio di
Vittorio Sereni”
Nella «Collezione di Poesia» edita da Mantovani e curata da Sereni, <25 dopo “Levania” di Solmi e “La villa e altre poesie” di Giancarlo Artoni (n. 2) del 1956, nel 1957 apparvero “Poesie scelte di Goethe” tradotte da Giorgio Orelli ed “Epigrammi greci” tradotti da Rina Sara Virgillito (nn. 3 e 4). “Libera scelta” di Fabio Carpi uscì nello stesso anno ma per i tipi congiunti di Mantovani e Scheiwiller, mentre rimasero nei limiti dei desiderata di Sereni volumi di Parronchi, Bertolucci e Giudici, <26 poiché la Sedit, società proprietaria della casa editrice, fallì nel 1958 («Il Verri», fra l’altro, fondato all’inizio del 1956, diretto da Luciano Anceschi ed edito da Mantovani, così passò alla Rusconi & Paolazzi).
A Genova sono conservati anche dei fascicoli battuti a macchina dallo stesso De Giovanni, contrassegnati dalla dicitura «Incontri», in cui sono trascritti scambi epistolari e altri testi (sue memorie pubblicate su rivista, articoli critici a lui dedicati, notizie cronologiche e bibliografiche) come a ricomporre i rapporti significativi o a certificare alcuni contatti; qui la lettera di Sereni del 10 marzo 1957 si ritrova completa e fedele all’originale, a parte la sostituzione (per un fraintendimento calligrafico o per una consapevole attenuazione) di «apprezza»: «È poesia che non si afferra al primo colpo». Il dimesso e appartato De Giovanni poté ritenersi soddisfatto e avvisò Betocchi in un passaggio della missiva del 16 marzo 1957: «Ho ricevuto una lettera di Vittorio Sereni. Le poesie gli piacciono, ma mi avverte che la sua collana va a rilento e che non può darmi nessun affidamento per una futura pubblicazione. In ogni modo sono contento d’aver avuto almeno il suo giudizio». <27
La responsiva giunse una decina di giorni dopo, il 27:
“Caro De Giovanni,
la sua precedente lettera è del 16 marzo […]. Il mio tavolo è ingombro di posta arretrata, fra cui tengono il campo una ventina di fascicoli di poeti che vogliono saper qualcosa dei fatti loro. Non ce la faccio più, e pretendo di rispondere a tutti. Lei vede la calligrafia, angariata dalla fretta, ma la fretta è nemica del bene. E lei sa se io, invece, ho stima, e quale stima! della vita contemplativa.
Iddio non ce l’ha voluta concedere. Siamo stati dietro alle passioni, e ne paghiamo lo scotto.
Cerchiamo almeno di pagarlo onoratamente. Mi scusi lo sproloquio, ed entriamo in argomento.
[…] Sono contento che anche le altre sue cose vadano meglio ; e contento della risposta di Sereni, ma non tanto di queste difficoltà a stampare. Ho due tre poeti come Lei che restano così, e ne provo un dolore!” <28
«Dopo diverse esplorazioni non riuscite», <29 Betocchi riuscì a trovare la persona giusta per l’esordio poetico di De Giovanni: Bino Rebellato. Un «editore coraggioso sino all’assurdo, al quale piaceva rischiare sui nomi nuovi più che speculare sui già affermati», annotò Caproni, il 7 febbraio 1960, nel proprio Taccuino dello svagato; un editore di provincia che riuscì, «con squisita arte militare, a far di Cittadella (la città più murata d’Italia) la città più aperta alle aspirazioni, e diciamo pure agli assalti e alle invasioni, di centinaia di giovani, cui egli era sempre pronto a offrire un consiglio schietto, se non addirittura il suo aiuto, e il suo nome». <30
Già in una lettera del 16 aprile 1957 <31 Betocchi pianificò con De Giovanni come procedere con Rebellato che, alla fine di quell’anno, pubblicò Viaggio che non finisce (di cui la Piccola Libreria di Maria Pia Pazielli divenne la principale distributrice, come si legge nella fitta corrispondenza con l’editore veneto conservata nell’archivio personale del poeta ligure).
Mentre il libro era in corso di stampa, Betocchi s’occupò anche della sua capillare e mirata diffusione, elencando, in una lettera-schedario del 28 novembre 1957, più di sessanta personalità a cui De Giovanni avrebbe dovuto spedire la raccolta («Indico accanto se sono / poeti, con una P / critici, con una C / scrittori, con una S / Se è opportuno scrivere “illustre” sulla busta aggiungo una I»). <32
Non risultano altri documenti relativi a Sereni, fra i destinatari segnalati da Betocchi, e dunque bisognerà farsi bastare, come probabilmente fece De Giovanni, «almeno un suo giudizio».
In attesa che – magari all’Archivio Sereni di Luino dove si sta procedendo alla catalogazione e all’organizzazione delle nuove acquisizioni – spunti altro; in attesa, anche, di contestualizzare ulteriori pareri epistolari contenuti nella corrispondenza di De Giovanni o da lui trascritti nei fascicoli «Incontri» – fra cui saltano all’occhio una cartolina di Diego Valeri e due lettere di Giovanni Raboni e di Mario Luzi, da affiancare, per esempio, all’attestato concesso all’autore sanremese da Pablo Neruda di cui già si è scritto altrove <33 -; e in attesa, infine, di portare a compimento uno studio completo o comunque congruo al valore di De Giovanni e della sua poesia – che è l’obiettivo principale -, si offre una selezione di otto estratti da ‘Viaggio che non finisce’ (di cui i primi quattro già inclusi nel fascicolo di «Letteratura») perché ognuno possa esercitare il proprio giudizio:

Adesso che anche tu
lentamente
stai diventando passato
viaggio che non finisce
e cammino perduto
almeno vieni
con il tuo sorriso
favola lieta
del nostro spento avvenire
guardami ancora
col tuo volto assorto,
terra appena concimata
sasso di dura pietra
cespo d’ortiche
con rossi garofani !

Vivo da poco
e tra poco morrò
e le mie speranze
ben poco dureranno
e forse il tuo volto
e l’amore che sempre ti porto
sono rondini
in sosta per un instante
sui fili del telefono.

Un’ape morta
nell’acqua della grondaia.
Ehi, sorellina !
Sole di gennaio
e cielo azzurro
per l’ape morta
nell’acqua della grondaia.

Presto non sarà più anonimo
questo pezzo di terra,
ci farò una casa
e un pergolato di vigna.
Questo luogo così insignificante
su cui stiamo parlando
si chiamerà – dietro la casa –
e quell’angolo – dalle gabbie dei conigli -.
In un momento di dolcezza
diventerà del tutto diverso
e la sedia a sdraio
vicino alla finestra
si gonfierà di vento.
Poi un vecchio di Borello
verrà col suo bastone
a indicarci, dolente :
qui nascevano i rossi. <34

Io poi
quando sarete andati
e avrò sparecchiato
e lavato i piatti
e tolte le cicche
dai portaceneri
mi sdraierò per terra
e guarderò dal basso
questo mondo inutile
ancora sporco di chiasso.

Le case
sulla collina
abbandonate
gli uomini sono saliti
e se ne sono andati.
Noi ora siamo le cose.

Mi sento leggero leggero
così senza missioni!
Da oggi se sono arrabbiato
darò calci ai gatti in cucina,
io, lo stagnino,
con la mia cassetta,
un mattino di sogni.

Con le mie mani
callose
e incespicando
reggo la fragile
poesia.

[NOTE]
1 Ringrazio, per la generosa disponibilità, Silvia Sereni, Giorgio e Anna Maria De Giovanni, figli dei poeti di cui sono qui citati brani epistolari anche inediti; inoltre Maria Novaro e Maria Comerci della Fondazione Mario Novaro di Genova, per la continua fiducia e la complicità, e Simona Corbellini e Tiziana Zanetti dell’Archivio Vittorio Sereni di Luino, per l’aiuto appassionato (ancor di più in un periodo d’accesso sospeso per gli studiosi a causa delle operazioni d’inventariazione e di condizionatura dei documenti); e “infine” Franco Contorbia e Andrea Aveto. Sono venuto a conoscenza, in chiusura della presente “notarella”, che è in corso di stampa presso Mimesis il carteggio tra Sereni e Betocchi : ringrazio la curatrice Bianca Bianchi per aver accettato e animato un veloce ma proficuo scambio di informazioni, e rimando al volume (il sesto della collana « Testi italiani commentati » della casa editrice milanese) per le trascrizioni complete di due lettere di Sereni a Betocchi qui citate (22 ottobre e 18 novembre 1956).
2 Luciano De Giovanni, Viaggio che non finisce, Padova, Rebellato, 1957. La recensione di Giorgio Caproni a Viaggio che non finisce uscì su «La Fiera Letteraria» del 9 marzo 1958 (p. 3); altre sue righe su De Giovanni si rintracciano, invece, sulla terza pagina del «Corriere Mercantile» del 29 settembre 1959 (nell’articolo-rassegna De Micheli, De Bono, Ghiglione, Del Colle, De Orchi, Milani, Bonino).
3 Luciano De Giovanni, Cautamente presente, Bordighera, Managò, 1987. Nel 1991, per lo stesso editore, uscì Il bosco; queste due raccolte di versi e la precedente Viaggio che non finisce sono state ripubblicate in un cofanetto
quadruplo contente anche Caro Domenico… Conversazioni di Luciano De Giovanni con Domenico Astengo
(Ventimiglia, Philobiblon, 2001).
4 Luciano De Giovanni, Tentativo di cantare una nuvola. Poesie scelte 1948-1990, con uno scritto di Carlo Betocchi, una postfazione di Stefano Verdino e i disegni di Enzo Maiolino, Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1993.
5 Si prende in prestito il titolo del volume di Gian Carlo Ferretti (Milano, Il Saggiatore, 1999) che ha per sottotitolo Il lavoro editoriale di Vittorio Sereni e che tratta principalmente della collaborazione del poeta con Mondadori; per un ulteriore approfondimento si vedano Vittorio Sereni, Occasioni di lettura: le relazioni editoriali inedite (1948-1958), a cura di Francesca D’Alessandro (Torino, Aragno, 2011) e «Se io fossi editore». Vittorio Sereni direttore letterario di Mondadori, a cura di Edoardo Esposito, Antonio Loreto (Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 2013), dove sono presenti anche dei contributi sull’Archivio Vittorio Sereni di Luino e sul Fondo Sereni del Centro Manoscritti di Pavia.
6 «Non dimentico i bei giorni in cui ho potuto starle un po’ vicino, la straordinaria domenica a Borello»: così la lettera del 4 ottobre 1956 di Luciano De Giovanni a Carlo Betocchi edita in Il muro che ci separa. Carteggio di poeti liguri, a cura di Paola Mallone, Genova, De Ferrari, 2000, p. 56.
7 Per approfondire il primo incontro e il duraturo rapporto fra i due poeti si vedano un paio di scritti di De Giovanni: Carlo Betocchi: un amico di Bordighera, «Provincia d’Imperia», xi, 54, settembre-ottobre 1992, pp. 12-13 («Io, un clandestino delle lettere a tutti gli effetti, non fosse stato per l’affettuosa opera di convincimento della Pazielli, non mi sarei mai azzardato di avvicinare un “poeta ufficiale”»); e Carlo Betocchi: fede nella carità (con una lettera inedita di Carlo Betocchi), «Il Lettore di Provincia», xxiv, 85, dicembre 1992, pp. 19-22 ; ma si sfoglino anche testimonianze occasionali come quelle contenute nelle conversazioni di De Giovanni con Astengo (Caro Domenico…, cit., in particolare pp. 20-21). Per approfondire, invece, il rapporto dei due poeti con la “libraia” si vedano Il sorriso di Maria Pia. Ricordo di Maria Pia Pazielli di Luciano De Giovanni («Provincia d’Imperia », ix, 42, settembre-ottobre 1990, pp. 23-24) e l’epistolario Betocchi-Pazielli Io son come l’erba (a cura di Paola Mallone, con uno scritto di Luigi Betocchi, Genova, San Marco dei Giustiniani, 2004).
8 A proposito dell’ultimo trasloco della Piccola Libreria (e dell’irripetibile stagione) si legga la Lettera da dovunque pubblicata il 7 settembre 1958 da Carlo Betocchi su «La Fiera Letteraria » (xiii, 35-36, pp. 1-2).
9 Nel fascicolo di «Letteratura» in questione (iv, 21-22, maggio-agosto 1956) la nota di Betocchi e i versi di De Giovanni si trovano alle pagine 108-114, fra le poesie e le presentazioni di Stefano D’Arrigo a cura di Giorgio Caproni (pp. 100-107) e di Alessandro Peregalli a cura di Sergio Solmi (pp. 115-119). Il testo di Betocchi è stato inserito in apertura dell’antologia di De Giovanni Tentativo di cantare una nuvola, cit., pp. 7-10.
10 Per approfondire il rapporto del poeta con Bordighera e con la Liguria, oltre ai saggi a lui dedicati e ampiamente noti, si vedano la raccolta delle sue Prose liguri (a cura di Paola Mallone, Genova, San Marco dei Giustiniani, 2003) e Carlo Betocchi a Bordighera e dintorni (a cura di Luigi Betocchi, con una lettera di Mario Luzi, Milano, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1996), che raccoglie sostanzialmente note e commenti alla mostra documentaristica Carlo Betocchi: un amico di Bordighera, tenutasi nella cittadella ligure dal 25 maggio al 15 giugno 1996.
11 «[Betocchi] era, si può dire, il mio contrario», ebbe a ricordare De Giovanni, «effervescente, ottimista, aperto, disponibile. Il suo aspetto era quello di un uomo ancora giovanile, un po’ affaticato, forse, come chi ha dovuto affrontare molte battaglie e altre se ne aspetta, ma senza perdersi di coraggio. Capì subito ciò di cui avevo bisogno e mi prese, in maniera discreta, sotto la sua protezione, affascinandomi col suo fare deciso e la parlata fiorita del toscano» (Caro Domenico…, cit., p. 20).
12 De Giovanni aveva, infatti, già pubblicato alcuni versi su altre riviste: una dozzina di Liriche su «Il Ponte» di Firenze, prima sette (vii, 2, febbraio 1951, pp. 173-174) e poi cinque (vii, 7, luglio 1951, pp. 762-763), grazie
all’interessamento di Giovanni Ermiglia, professore di filosofia di Sanremo; una poesia (proprio quella che contiene il verso che diede il titolo a Viaggio che non finisce), con una foto del poeta e una nota a cura di Francesca Sanvitale, apparve sempre a Firenze ma sul «Giornale del Mattino» del 21 giugno 1956.
13 Un tacito mistero. Il carteggio Vittorio Sereni – Alessandro Parronchi (1941-1982), a cura di Barbara Colli, Giulia Raboni, prefazione di Giovanni Raboni, Milano, Feltrinelli, 2004, p. 279.
14 Si rimanda al carteggio Sereni-Betocchi in corso di stampa (cfr. nota 1).
15 Il muro che ci separa, cit., p. 57.
16 Ivi, p. 58.
17 Si veda Luciano De Giovanni, Il mio incontro con Camillo Sbarbaro « Il Lettore di Provincia », xxi, 74, gennaio-aprile 1989, pp. 3-7 e, per un ulteriore approfondimento, Alessandro Ferraro, «Aprii, cauto, la porta». L’incontro di Luciano De Giovanni con Camillo Sbarbaro, « La Riviera Ligure », xxviii, 84, settembre-dicembre 2017, pp. 59-71.
18 Luciano De Giovanni, La poesia di Angelo Barile attraverso le sue lettere, «Bollettino della Comunità di Villaregia», i, 1, 1990, pp. 64-72 (65). 19 Il muro che ci separa, cit., p. 133.
20 Attilio Bertolucci, Vittorio Sereni, Una lunga amicizia. Lettere 1938-1982, a cura di Gabriella Palli Baroni, prefazione di Giovanni Raboni, Milano, Garzanti, 1994, p. 213. Il dubbio che si tratti di una lettera del 19 gennaio 1957 e non 1956, come indicato nel carteggio – è quasi prassi, nei primi giorni di gennaio, confondersi e indicare il nuovo anno con il vecchio -, sorge per la collocazione nel carteggio della lettera fra quella del settembre 1956 e quella del 21 febbraio 1958 e per il riferimento nel testo all’imminente uscita (avvenuta nel 1957) delle Poesie scelte di Goethe tradotte da Giorgio Orelli per la «Collezione di Poesia».
21 Un tacito mistero, cit., p. 279.
22 Betocchi fece riferimento a una lettera del 18 novembre di Sereni, in cui si legge: «Ho ricevuto i versi di De Giovanni. Spero che non avrà fretta e che potrò trovare il tempo di leggerli nel modo giusto e di scrivergli»; si rimanda al carteggio Sereni-Betocchi in corso di stampa (cfr. nota 1).
23 Il muro che ci separa, cit., p. 60.
24 Un tacito mistero, cit., p. 287.
25 Il foglietto promozionale allegato ad alcune copie di Levania contiene una sorta di dichiarazione editoriale – non si ha lo spazio necessario per trascriverla – probabilmente redatta dallo stesso Sereni e qualcosa suggerisce sulle reali chances ch’ebbe De Giovanni d’entrare nella serie edita da Mantovani (a causa di comprensibili questioni di rischio o legittime ragioni di gusto).
26 Cfr. per Parronchi, Un tacito mistero, cit., p. 279; per Bertolucci, Una lunga amicizia, cit., p. 210 ; e per Giudici, invece, Vittorio Sereni, Scritture private con Fortini e con Giudici, a cura di Zeno Birolli, Bocca di Magra, Capannina, 1995, pp. 81-84.
27 Il muro che ci separa, cit., p. 67. 28 Ivi, p. 72.
29 Sono parole di De Giovanni che, in una conversazione con Astengo, raccontò l’incontro con Betocchi e i suoi tentativi di trovare un editore per Viaggio che non finisce (cfr. Caro Domenico…, cit., p. 20).
30 Giorgio Caproni, Visita a Cittadella [rubrica Taccuino dello svagato], « La Fiera letteraria », xv, 6, 7 febbraio 1960, p. 3; ora in Id., Taccuino dello svagato, a cura di Alessandro Ferraro, Firenze, Passigli, 2018, pp. 186-189.
31 Il muro che ci separa, cit., p. 73. 32 Il muro che ci separa, cit., pp. 86-87.
33 Alessandro Ferraro, Le mille forme dell’amicizia. Un piccolo aneddoto di Enzo Maiolino, una lettera inedita di Pablo Neruda e qualche poesia di Luciano De Giovanni, «Cuadernos de Filología Italiana», 21, 2016, pp. 340-342. Si
trascrive di seguito – anche per rimediare ai refusi apparsi sulla rivista spagnola – la traduzione della lettera del 17 gennaio 1959 indirizzata da Neruda a De Giovanni per interposto Pino Marasini: «Dr. e amico, a proposito del libro di Luciano De Giovanni che Lei gentilmente mi ha prestato devo dirle molte cose per cui non basta il foglio né il tempo. Vorrei da lui che avesse il coraggio di penetrare dall’intimità ai grandi spazi, che realizzasse questa aspirazione alla natura che contiene la sua bella poesia. Si tratta di un poeta sincero, cosa rara, pietra rara, e appena si tocca la sua poesia si tocca la verità. Ogni sua riga è una goccia d’acqua pura, della profondità. Grazie molte e la prego di salutare il poeta a nome del suo amico Pablo Neruda».
34 I funghi ovuli [nota dell’autore Ferraro]
Alessandro Ferraro, «Almeno il suo giudizio». L’esordio poetico di Luciano De Giovanni nello scambio epistolare con Carlo Betocchi e Vittorio Sereni, «Quaderni del ‘900», XVIII, 2018

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.