Fra i due scritti intercorre però un foglio, della stessa carta, che presenta al recto la tavola “Subway”, in bianco e nero, composizione parolibera ispirata dal soggiorno a New York – che avrebbe dovuto far parte del libro-disco in preparazione, New York. Film vissuto, mai pubblicato da Depero – e al verso le poesie in forma tradizionale dei futuristi Angelo Maino e Alberto Vianello.
Sia la tavola di Depero, sia le poesie – queste ultime a causa della loro impaginazione particolare e del fatto di essere parzialmente delimitate da una riga sottile, sulla parte sinistra delle composizioni e immediatamente sotto il titolo – concorrono a interrompere la monotonia della disposizione tradizionale dei testi dei contributi piĂš lunghi. Il particolare, lâincorniciatura singola per le poesie colloquia bene, sia con le decise righe nere che costituiscono lâimpalcatura delle costruzioni architettonico-tipografiche di “Subway”, sia con gli elementi a piĂš linee che caratterizzano lâimpaginazione assegnata al testo di Russolo, “Lâenarmonismo” <23, che segue allo scritto di Marinetti, e al quale vengono affiancate delle composizioni liriche di Farfa (Vittorio Osvaldo Tommasini).
Nella pagina con gli scritti di Farfa <24 infatti si unisce il motivo a linee ripetute, con quello a riga singola, che si dispone creativamente nello spazio della pagina, seguito dal testo, in una soluzione insieme sobria e caratterizzata dallâesigenza di mantenere una piena leggibilitĂ , ma che rappresenta un chiaro riferimento al paroliberismo e alle componenti sinottiche delle poesie (la lunga riga con i trattini sembra quasi alludere alla rappresentazione stilizzata del percorso con le fermate del treno di cui si parla).
[…] Alle mostre è riservata nel numero unâaltra pagina che si concentra con gli articoli di Piero Anselmi e Bruno Sanzin sulle presenze futuriste alla Biennale veneziana del 1932 e alla Triveneta di Padova <42, ma lâapporto piĂš significativo dei poeti futuristi, aldilĂ del resoconto delle mostre, al periodico, è dato dalle âsincopatieâ parolibere di Farfa <43 e dalle composizioni sinottiche di Pino Masnata, pubblicate a corredo della recensione, scritta da Depero, del suo libro Tavole parolibere per le Edizioni Futuriste di âPoesiaâ <44.
[…] Per quanto riguarda gli elementi pubblicitari sulla seconda uscita di âDinamo futuristaâ, questi sono limitati alla sovracoperta, ad un motivo decorativo dello stesso Depero, realizzato per un cuscino, ma che chiude lâarticolo di Farfa, “SignoraâŚsluigiatevi prego!” <64, in maniera ornamentale, alle poesie “parolibere” […]
[NOTE]
23 Luigi Russolo, Lâenarmonismo, in in âFuturismo 1932 Anno X° S. E. Marinetti nel Trentinoâ, cit., p. s.n.
24 Farfa (Vittorio Osvaldo Tommasini), Poesie di Farfa, in âFuturismo 1932 Anno X° S. E. Marinetti nel Trentinoâ, cit., p. s.n.
42 Piero Anselmi, Bilancio futurista alla 18a Biennale veneziana e Bruno Giordano Sanzin, Futuristi alla triveneta di Padova in âDinamo futuristaâ, ivi, p. s.n.
43 Farfa, Sette sincopatie di Farfa, in âDinamo futuristaâ, ivi, p. s.n.
44 Fortunato Depero, Tavole parolibere di Pino Masnata, ivi, p. s.n.
64 Farfa, SignoraâŚsluigiatevi prego!, ivi, p. 3. Lo stesso motivo decorativo viene riutilizzato da Depero come immagine di copertina dellâinvito per l’Esposizione privata Depero. Quadri in stoffa, quadri ad olio, disegni e cuscini, Milano, Corso Plebisciti 12, 1-15 giugno 1934.
Silvia Vacca, Periodici futuristi degli anni Trenta: comunicazione e innovazione visiva, Tesi di dottorato, UniversitĂ degli Studi di Milano, Anno accademico 2012/2013
Vittorio Osvaldo Tommasini debutta nel 1910 alla Serata futurista tenuta a Trieste al Politeama Rossetti.
Nel 1919 incontra Filippo Tommaso Marinetti e nel 1924 è presente alla prima mostra di Avanguardia a Torino In quella città , nel 1925, partecipa alla Mostra futurista. Entra in contatto con Fillia e Pippo Oriani, con i quali fonda il Gruppo futurista torinese.
Dal 1928 al 1958 vive a Savona.
Insieme a Tullio dâAlbisola costituisce Il Gruppo futurista ligure.
La sua produzione ceramistica è di primissimo piano e assai importante nello sviluppo del futurismo crepuscolare.
Scrive Germano Beringheli: âEccentrico personaggio dal molti interessi Farfa si dedicò soprattutto alla poesia, ma anche la sua pittura di moduli futuristi si inserisce assai belle in quel movimento che tanto clamore suscitò ad Albisola e a Savona negli anni Trentaâ
Le sue opere, negli ultimi anni, sono entrate nel grande circuito dellâarte nazionale e internazionale.
Farfa Vittorio Osvaldo Tommasini figura ancora tutta da studiare, autore di opere letterarie di grande interesse, poeta e raffinato âcartopittoreâ, Farfa è stato il piĂš significativo esponente artistico del suo tempo a Savona.
Uomo dal tratti imperscrutabili, fu Intellettuale a tutto tondo e creativo fino agli ultimi anni di vita.
Le sue ceramiche degli anni Cinquanta, pur non piĂš assimilabili alla temperie futurista, restano tra le cose piĂš innovative e interessanti del periodo.
Farfa Vittorio Osvaldo Tommasini elaborò un linguaggio visivo essenziale nelle ceramiche, nella grafica pubblicitaria e, soprattutto, nelle sue âcartopittureâ, originale applicazione della tecnica del collage.
Tra le raccolte di versi: Noi miliardario della fantasia (1933); Poema del candore negro (1935).
Redazione, Farfa Vittorio Osvaldo Tommasini, Istituto Documentazione Arte Ligure
Postumi apparvero i versi della raccolta Farfa poeta record nazionale futurista (1970).
Ă stato un protagonista del futurismo (attivo a Trieste, Torino, Savona â abitava in Via Istria â e Sanremo, in un misero bilocale), come cartellonista, ceramista, fotografo e poeta. Autore di coloratissime cartopitture e di libri dal carattere bizzarro e dadaista. Dalla fine degli anni cinquanta fu riscoperto dai surrealisti (Arturo Schwarz, Enrico Baj) e da altri protagonisti dellâavanguardia (Asger Jorn). Ă stato inserito da Edoardo Sanguineti nella sua Poesia italiana del Novecento e da Glauco Viazzi ne I poeti del futurismo 1909-1944.
La peculiaritĂ della poesia di Farfa risiede nella compiuta antropomorfizzazione del suo universo di oggetti: un esilarante prestito di identitĂ umane agli oggetti (il ÂŤtrenoÂť, le ÂŤrondiniÂť, i ÂŤvagoni merciÂť, il ÂŤtrolleyÂť, i ÂŤtendersÂť, le ÂŤlocomotiveÂť, ÂŤil pettine del ventoÂť, la ÂŤtettoia arcuata come bocca di gitanaÂť, ÂŤla bocca del tunnelÂť, ÂŤi tubiÂť narrati nellâomonima poesia in un lunghissimo elenco antropizzato e de-funzionalizzato). Un universo antropico dunque, che ha esiti di esilarante e spassosa leggerezza. PoichĂŠ tutto somiglia a tutto, ergo nulla è come si vuole che sia, nulla è come lo sguardo addomesticato della normalitĂ vuole dirci che gli oggetti siano.
Una poesia anti-normale che si ciba della normalitĂ delle cose per ribaltarle in unâaltra ÂŤnormalitĂ Âť della visione antropizzata. Gli oggetti non sono deformati quanto reimpiegati secondo una modalitĂ dâuso non stereotipata, non conforme al modello logico della ragione del profitto e della funzionalizzazione allâuso; sono semmai gli aggettivi a subire una curvatura, una deformazione ma appena percettibile (ÂŤcrepabronzoÂť, ÂŤincalliginitaÂť), tanto da renderli funzionali al progetto della visione de-essenzializzante e de-realizzante di Farfa.
Câè come una miopia generalizzata e sistematizzata nellâuniverso degli oggetti di Farfa, come se gli oggetti non fossero al loro posto, al posto che ci si aspetta che essi siano; si verifica cosĂŹ uno scambio, uno shifter tra essi e lâidentitĂ umana del soggetto il quale presta loro un animismo umanizzato, antropizzato.
Potremmo definirlo un cartellonista della poesia tra futurismo, surrealismo, dadaismo e patafisica, se non fosse una formula alquanto riduttiva per la tradizione italiana cosĂŹ seriosa e assennata che non ha mai accettato di essere messa alla berlina e di essere spodestata dalla linea della presunta centralitĂ della poesia funzionale al binario lirica anti-lirica.
Sappiamo infatti che Farfa soffriva di una gravissima forma di miopia ma si rifiutò per tutta la vita di indossare gli occhiali, per cui la sua visione delle cose era soffusa e rarefatta, vedeva solo i contorni degli oggetti e delle persone.
Investito da unâautomobile, non vista sopraggiungere probabilmente a causa della miopia, Farfa morĂŹ a Sanremo il 20 luglio 1964. Lasciò migliaia di poesie inedite, da lui medesimo infagottate alla rinfusa in sacchi di juta per il carbone. Nessuno è in grado di dire dove siano andati a finire quei sacchi.
Redazione, Farfa – Tommasini Vittorio Osvaldo, FuturistiNow
Nel 1961 Farfa aveva abbandonato Savona per Sanremo, cittĂ natale della moglie Giulia e ultima S della sua vita; il poeta futurista aveva lasciato Savona senza addii e rimpianti ma portando con sĂŠ un immenso bagaglio di ricordi.
Orgoglioso della sua nuova casa sanremese Farfa scriveva entusiasta a Enrico Baj una bizzarra elencazione di oggetti unita ad unâoriginalissima descrizione paesaggistica:
“Il Re indiscusso di questa dimora è il sole sfolgorante da mane a sera da tutti i lati. In camera da letto 2 letti separati dal comodino. Nellâentrata piccola, tale lampadario-fanale futurista che non lâhai nemmeno tu! Il telefono â che stanno per applicarlo â sarĂ in camera da letto. Eppoi â ripeto â citofono â ascensore â bagno â acqua calda e fredda â bidet â W.C. Allâangolo della villa latteria. Un poâ piĂš in lĂ commestibili e vino. In centro mercato ortofrutticolo vastissimo e fornitissimo a prezzi uguali di Savona, mentre vi sono mandarini in negozio… 350 il Kg! Câè la Standa potente calmiere anche per i viveri. E pur essendovi soltanto il grandioso mercato-commercio dei fiori, altri commerci e industrie vi sono sconosciuti. Ebbene ciò malgrado il via vai in città è vivace e veloce che sembra dâessere in una piccola Milano. Mille linguaggi, orribili favelle, voci alte e fioche e suon di man â non so â con elle? Certo qui niente smog e attacchi alle tonsille. La Villa allâorlo dellâAurelia con allâorlo della ferrovia, con allâorlo il mare â a sinistra â a destra la collina illuminata la sera e la notte, sembra il Vomero a Napoli. TranquillitĂ ? Assoluta. [âŚ] Una tavola rotonda con 4 sedie e mobile bar di Gio Ponti 125 mila. Troppe per me. Dovrò mettere la camicia a poltrona e sofĂ per non venire incriminato di fondatore di colonie di nudisti!”
Nella nuova residenza rivierasca Farfa aveva continuato, con la sua inesausta e inesauribile carica vitale, a dedicarsi a tutti i campi dellâarte e questo lo aveva portato a stingere amicizia, come abbiamo visto, con pittori del calibro di Enrico Baj e Asger Jorn, ottenendo finalmente un certo riconoscimento. Riconoscimento forse tardivo per un artista che era stato definito âuna delle figure piĂš enigmatiche dellâavanguardia europea degli anni eroiciâ dal momento che solo qualche anno piĂš tardi, nel 1964, sarĂ travolto e ucciso da unâautomobile. E questa âossimorica morteâ, quella di un futurista ucciso dalla velocitĂ , ci permette di affrontare la particolare tematica che riguarda il âFarfaismoâ, ovvero la personalissima e originale reinterpretazione dei dettami marinettiani attuata dal poeta triestino.
Farfa era solito ripetere: âHo assorbito alla lettera il Futurismo, è la religione dellâoriginalitĂ â affermando la sua totale adesione al movimento futurista ma sottolineandone al contempo la propria eccentrica interpretazione. PerchĂŠ Farfa, con il suo personale âFarfaismoâ aveva di fatto trasformato il Futurismo nella sua personale âreligione dellâoriginalitĂ â e in uno strumento di estrema libertĂ espressiva:
“Permettimi di buttare la modestia alle ortiche nel senso che hai ragione di dire che âsono qualcosa di eccezionaleâ perchĂŠ lâopera mia originale, personale, unica, non ha â e lo scrissi giĂ â niente a che spartire con quella di nessun altro avendo io inteso il Futurismo, non come una scuola, una maniera, un dogma ma bensĂŹ: il Futurismo è la religione dellâoriginalitĂ , come ebbe a dirmi un giorno Marinetti e quindi soprattutto a questo mi attenni anche in mezzo ai futuristi.”
Farfa era stato espressione di un Futurismo ludico e giocoso, ironico e autoironico, che aveva insito al suo interno la derisione e il rovesciamento delle tematiche cardine del movimento stesso. Il âmarciare non marcireâ si era trasformato per Farfa in âmarcire, non marciare, per non subire le delusioni amareâ, il dinamismo motorio era diventato immobilitĂ e Marinetti nominato Accademico dâItalia era stato salutato con un âMarinetti Wiwa lâAccademia noâ. Farfa aveva anticipato, inconsciamente, il âManifesto per un Futurismo Staticoâ lanciato da Baj negli anni Ottanta e lo stesso Baj aveva scritto a proposito: âegli peraltro promuoveva un Futurismo che avrebbe senza dubbio sottoscritto il mio Manifesto per un Futurismo Staticoâ:
1. Noi disprezziamo il pericolo, lo spreco, la forza.
2. Coraggio, audacia, esaltazione portano lotta e morte.
3. Disprezziamo il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno. Esaltiamo la quiete pensosa, l’estasi del sonno, il dolce far niente. (Baj, Ăpater le robot s. n. p.)
Se da una parte Futurismo aveva significato svecchiamento della cultura e spinta innovatrice, dallâaltra era stato espressione di quei valori âdi violenza, di mitra, di schiaffo, di pugno, di passo di corsa, di entrata in guerraâ ai quali Farfa era sempre stato piuttosto estraneo. Farfa il Futurista, firma che racchiudeva in sĂŠ quasi unâantitesi, simboleggia lâessenza del poeta, futurista-antifuturista. Con orgoglio Farfa, in piĂš di unâoccasione, aveva dichiarato la sua totale originalitĂ , slegata da vincoli culturali e imposizioni intellettualistiche ma dipendente soltanto dalla sua fantasia, quella fantasia di cui era miliardario e che mal tollerava redini, imbrigliature e politica; questâultima cosĂŹ lontana dalla mentalitĂ del poeta che giĂ nel 1933 dichiarava di âsentire crescere il peso della politicaccia / fino a mezzo chilo / tra le mani pure / che non lâĂ nno rimestata maiâ (Farfa, Miliardario della fantasia 12). In tutte le opere poetiche di Farfa, a partire da âNoi, Miliardario della fantasiaâ (1933), passando per âPoema del candore negroâ (1935) e âOvabereâ (1959) fino ad arrivare ad âAnsiaismoâ (1964) si può ravvisare questa sua spiccata originalitĂ che lo aveva reso unicamente inimitabile. Quando nel 1963 Enrico Baj, Arturo Schwarz e altri avevano deciso di fondare il Collegio Patafisico Mediolanense non avevano avuto dubbi: Farfa â futurista-antifuturista â doveva essere eletto primo e Magnifico Rettore dellâIstituto. La Patafisica â scienza delle soluzioni immaginarie teorizzata da Alfred Jarry â ben si adattava al personaggio Farfa, capace di racchiudere in sĂŠ il tutto e il suo contrario. Non a caso lâIstituto Patafisico era un rovesciamento ironico dellâAccademia, ritenuta ormai una rigida e obsoleta istituzione culturale.
Nelle opere pittoriche di Farfa gli oggetti della tradizione futurista e le loro finalitĂ erano stati ribaltati in modo dissacratorio, svuotati della loro funzione dinamica e colti in unâatmosfera onirica e inusuale.
[…] Ma è nelle opere poetiche che Farfa era diventato il poeta degli oggetti per eccellenza, il loro cantore. Gli oggetti stessi erano investiti, anche in questo caso, di un nuovo significato e venivano colti sotto un aspetto inatteso (e antifuturista).
La macchina, novella dea marinettiana, in âTenerezze fresatorieâ si trasformava eroticamente in una donna La macchina, novella dea marinettiana, in âTenerezze fresatorieâ si trasformava eroticamente in una donna egoista e possessiva e lâoperaio, al contrario, si spersonalizzava in una macchina:
Io non son piĂš io
la mia personalitĂ si sperde nellâignoto numero
836
che mi trasforma dâun tratto in macchina [âŚ]
Ma una sera la fresa amatissima mi volle tutto suo esclusivo
e un momento chinandomi per raccattarle un monile mi ghermĂŹ pei capelli.
(Farfa, Miliardario della fantasia 38)
In âAffaraffariâ, sottile presa in giro del capitalismo e dellâaffare ad ogni costo, Farfa aveva enumerato e descritto una lunga lista di oggetti. Questa poesia può inserirsi di diritto nella tendenza dellâarte del â900 di inglobare lâoggetto allâinterno delle diverse tipologie artistiche decontestualizzandolo, serializzandolo e privandolo di ogni valenza simbolica. Basti pensare ai âready-madeâ di Duchamp e Man Ray, alla Pop Art, ma anche ad alcune poesie della Beat Generation. Scriveva Farfa, nel 1933:
“quattrocentoquarantotto milioni quattrocentoquarantotto mila quattrocentoquarantaquattro chilometri quadrati di quadri e di ladri
trecentotrentatrĂŠ milioni
di lame di strame di rame di lane caterve di catrame bitumi salumi volumi profumi fumi
e balle balle di cotone di diversa opinione carbone dâogni quantitĂ .”
(Farfa, Miliardario della fantasia 252)
La lirica oggettuale piĂš famosa di Farfa rimane però Tuberie, poesia merceologica composta da una compulsiva giustapposizione di tutti i tipi di tubi. Farfa si era autoeletto a loro esclusivo cantore e la sua ode ai tubi rimane una delle sue prove poetiche migliori. I tubi di Farfa sono reali e immaginari, simbolici e industriali, trasfigurati e onirici; tubi che si aggrovigliano tra loro in un continuo salto da una sfera sensoriale allâaltra, da un contesto allâaltro. Tubi metaforici, erotici e idraulici, tubi âper tutti gli usiâ:
tubi dâacqua dâaria di gas
di scolo di scarico di scappamento di gres di terracotta di cemento
di vetro di gomma di ebanite tutti di tutta la merceologia tubi della stufa e della noia tubi di tutti i metalli
tubi di budella
tubi genitali e virginali tubi di camini dâofficine tubi ritti e a gomito acuto tubi scroscianti e silenti io sono il vostro cantore
sono un incantatore di serpenti.
(Farfa, Miliardario della fantasia 240)
Tuberie, tradotta in francese e pubblicata sulla rivista âPhasesâ nel 1960, aveva suscitato anche le lodi di AndrĂŠ Breton e aveva consacrato di fatto Farfa nellâolimpo degli artisti dâavanguardia del â900, insieme allo stesso inventore del Surrealismo e al giĂ citato Marcel Duchamp. Secondo Enrico Baj, mentore e amico di Farfa, il poeta futurista con la sua Tuberie si era ricondotto alla âscienza idraulicaâ che pervadeva lâideologia duchampiana; non a caso âIl grande vetroâ â lâopera piĂš famosa ed enigmatica del grande maestro francese â nascondeva tutta una rete alchemica di tubi, canne, vasi, sifoni e alambicchi. Lo stesso Baj, nella parte conclusiva della sua carriera, aveva ripensato a Farfa e ai suoi tubi e aveva realizzato una serie di oggetti composti utilizzando esclusivamente condotti, galleggianti e rubinetti.
[…]
Francesca Bergadano, Farfa, il futurista cantore dei tubi, Quaderni di Palazzo Serra 30, UniversitĂ degli Studi di Genova, 2018
Nel gruppo savonese operava Farfa, eccolo. Farfa (Vittorio Osvaldo Tommasini) fu una corpulenta âfarfallaâ che volò estrosa fra la natĂŹa Trieste asburgica (quante serate futuriste!), Torino (con FillĂŹaâŚ), infine Savona (dal 1929, via Istria) e Sanremo, dove perĂŹ nel 1964 â 85enne indigente â travolto, ironia della sorte?, da un âveicolo a motoreâ. Abitò a proprio agio trentâanni la Savona operaia (ma il lavoro in FIAT, quello duro, lâaveva occupato solo pochi mesiâŚ).
Ă del 1933 la sua ode energizzante âMarinetti caffeina/dâeuropa/proveniva da castellamonte/sopra unâantiquata caffettiera/e tutto il treno parve allora/una bandiera/incalliginita a lutto/sullâasta del camino/grottescamente piantata di traverso/sulla fronte corrugata/del sorpresissimo universoâ. Farfa sâespresse â oltre alla poesia â in pittura, ceramica, collage, persino figurinismo, fotografia, affissioni⌠sempre a stretto contatto con la realtĂ urbano-industriale cui il futurismo per natura tendeva. Soprattutto animò sino alla fine i gruppi creativi locali, talora pioniere surrealista di quella âpatafisicaâ in cui via via si riconobbero â chi piĂš chi meno â Queneau, Vian, Eco, Baj, financo Sanguineti. DellâIstituto Patafisico Milanese Farfa infatti fu âmagnifico rettoreâ nel 1963.
Farfa è di recente tornato â per dir cosĂŹ â alla ribalta, una nipote torinese che mai lo conobbe ha dentro alcuni bauli rinvenuto vari documenti (missive, versi, schizzi, cartoline âmail artâ, volumi e dedicheâŚ). Fra cui un biglietto âmarinettianoâ che il pittore zaratino Crali â sodale e poi âeredeâ di Marinetti â gli spediva a Savona: ÂŤHo letto su Cucina Futurista le tue ricette, ne sono talmente entusiasta che sento il bisogno di avere una tua foto con contorno di testina il tutto in un brodo di bromuro dâargento⌠Futurismo, infatti, significa anche cucina.
Quando, nel Manifesto della cucina futurista presentato anche a Genova nel 1931, Marinetti esecrò la pasta, che imbolsiva la nazione, una lettera â dâĂ mbito âSintesiâ â firmata da Farfa stesso, Gaudenzi, Tullio dâAlbisola e altri, pur cedendo allâiconoclastia contro maccheroni vermicelli spaghetti e tortellini, chiedeva solenne a Marinetti una âleale neutralitĂ verso i ravioli, propulsori dinamiciâŚâ.
Il leader assentĂŹ e il raviolo â per Farfa âcarnale lettera dâamore in busta color cremaâ â scampò lâoblio. I futuristi liguri peraltro difesero fieri anche il pesto, âsalsa di smeraldoâ che con le trenette avvantaggiate ottenne il benestare dei vertici. Ricorre anche negli âsformatini di riso ah ah ahâ del Manifesto, con macinato di tacchino, salsa di pomodoro, fontina, uova, burro, parmigiano, sale, pangrattato.
Al 1931 datano anche due cene roboanti, a Genova-Albaro e Chiavari, cui Farfa presenziò. A Chiavari (cosĂŹ si legge anche sul Corriere Mercantile) âdeclamò con impeto aviatorio un inno quasi pindarico (a sfondo meccano-erotico, ndA), intitolato Tuberieâ, âuna fantasmagoria indiavolataâ, che recitava ÂŤtubi ossibuchi dei polli / che furono pasciuti e satolliÂť.
Nel maggio 1932, dopo tanto bailamme creato non a caso, finalmente Sonzogno editò La cucina futurista, opera di Marinetti con FillĂŹa, 172 ricette e âpolibibiteâ ideate tra gli altri anche da Farfa, Prampolini, Diulgheroff, Tullio dâAlbisola. 267 pagine, 2 carte di tavole fotografiche fuori testo, tiratura 6.000 copie, impressa al frontespizio. A latere il critico letterario Panzini curò un lessico dei neologismi.
Non mancavano sorprese. Per Marinetti il pranzo economico avrebbe ad esempio dovuto esser âdegustato mentre un abile declamatore farĂ esplodere le liriche umoristiche del Poeta-Record Nazionale Farfa, imitandone la tipica voce di miope tubo di scappamentoâ.
Al ricettario, Farfa â vitalissimo 54enne â offrĂŹ 7 ricette, anzi 7 formule (poi ristampate a Milano nel 1964, nelle âtuberieâ, a cura del molto rimpianto Vanni Scheiwiller).
Due premesse: 1) dopo il titolo, la qualifica âFarfa Poeta-Record nazionaleâ allude ai raduni regionali dove si proclamavano tali poeti, e in quello nazionale il campione da incoronare liturgicamente con casco lirico dâalluminio dentro un aereo in volo, anzi un idrovolante a 1000 metri in idrocorsa (il vincitore si designava, curioso criterio, per durata dâapplausi). 2) Roob Coccola (ricetta 4) fu liquore della distilleria âVlahovâ, celebre per il maraschino. […]
Umberto Curti, La cucina futurista: assaggi di Farfa, Liguria Food, 19 marzo 2021