Negli anni che precedono “Un’attesa” Parronchi mostra un’attività intensa in varie direzioni e una partecipazione attiva alla vita culturale italiana

Sullo scorcio degli anni Quaranta Parronchi portò a compimento “Un’attesa”, il suo terzo libro, approdato alla stampa a ridosso del Natale del 1949, dopo una faticosa gestazione durata oltre un anno – nei carteggi, infatti, i primi riferimenti risalgono addirittura alla fine dell’estate del ’48 – un libro che proponeva le liriche composte tra il 1943 e il 1948, e che si segnala, fin dal titolo, come un momento di rottura nell’iter poetico dell’autore.
Prima di procedere con un’analisi più minuziosa, è prioritario, per tracciare un’accurata storia del testo, soffermarsi su alcune questioni generali, cercando di trovare risposte a un paio di quesiti, che balzano subito in primo piano.
Senza dubbio in questo senso colpisce l’anno di pubblicazione e la sua distanza dall’uscita di “Vs” soprattutto se si riflette sull’estrema prolificità degli esordi di Parronchi, anche se la sensazione immediata è che ci troviamo di fronte a una nuova fase, un momento di transizione, che solo una raccolta dal respiro più ampio, avrebbe potuto testimoniare. Qualche indizio lo ricaviamo dai carteggi di Parronchi: in particolare da una lettera del febbraio 1949 <38 in cui egli scrive a Sereni: “Io veramente non sono in ansia, ho rimesso ogni idea; e siccome la data 1950 – anno santo – è incompatibile col mio libretto, che dovrebbe vedere la luce nel ’49, temo che rimarrà in un cassetto“. L’insistenza sul 1949 come limite estremo avvalora l’idea che dietro questa scelta debba esserci una progettualità più sostenuta, per cui lo sconfinare nei Cinquanta avrebbe significato intaccare un disegno strutturale. Parronchi intendeva porre un termine ad quem nel proprio percorso, chiudere una stagione, restando all’interno di quei Quaranta, in cui si era avviata – non a caso i “Giorni” erano usciti nel 1941. E a sostegno di quest’ipotesi rimane l’andamento “decennale”, che Parronchi andrà imprimendo ai propri appuntamenti editoriali negli anni successivi. Accanto a tale questione, risulta parimenti significativa la scelta del luogo. L’abbandono di Firenze, seppur temporaneo, può essere giustificato con la volontà di “cambiar aria” e di cercare un bacino alternativo a quello fiorentino. Resta tuttavia da spiegare il motivo per cui Parronchi si rivolga a Guanda, privilegiando un editore che negli anni Quaranta aveva mostrato un interesse limitato per la poesia italiana e che si era dedicato di più alla saggistica e alle traduzioni – e penso soprattutto, tra le altre, a quella fortunata della “Terra desolata” <39 di T. S. Eliot. Anche in questo caso è possibile trarre qualche informazione dai carteggi del poeta, connettendo varie tracce sparse nelle lettere della primavera del ’49. E infatti nella già citata a Sereni del febbraio, scrive: “Io avevo sollecitato da Meschini la composizione del mio libro, e per tutta risposta ho avuto indietro il dattiloscritto“. Questo elemento induce a pensare che, prima di giungere alla definitiva per Guanda, la raccolta abbia seguito un iter complesso, e sarà proprio Sereni a interessarsi poi di questa vicenda. Così pochi giorni dopo <40 risponde all’amico proponendogli soluzioni alternative: La situazione editoriale è da questo punto di vista assai difficile. Anche colla “Meridiana” dovresti fare una lunga anticamera, col rischio di vederti passare davanti chissà che roba. E non per colpa di Solmi … Rimane una strada: Scheiwiller, l’amico, in verità un po’ troppo generoso, dei poeti. Ma non c’è bisogno di fare uno dei soliti microscopici e svalutatissimi “Pesci d’oro”. Se ne può fare uno più grande, “fuori serie”.
Tuttavia questa possibilità si rivela quasi subito deludente ed è lo stesso Parronchi a darne lapidariamente notizia a Sereni, dopo avere appreso da Macrì l’esito della trattativa:
Oreste mi ha scritto che Scheiwiller non pensa più a lavori del genere del mio libro. Ne dubitavo“. <41
Ora, per venire a capo della storia, occorre spostarsi su un altro versante e consultare il carteggio con Pratolini. Qui, per la prima volta, in una lettera del maggio dello stesso anno c’è un’indicazione a Guanda, anche se non va trascurata la possibilità che nei mesi trascorsi vi fossero state altre trattative, di cui non viene fatta menzione. Così Parronchi riferisce a Pratolini:
A Parma vidi Guanda, al quale parlai del mio libro, tramite Macrì, Restammo d’accordo, ma ti so dire che ancora non mi ha scritto: è passata più d’una settimana, e io comincio a dubitare che non debba mai uscire…” <42
Sarebbe stato quindi Macrì a promuovere questa collaborazione, in virtù probabilmente dei buoni rapporti che aveva con l’editore emiliano, anche se la pubblicazione del volume, rivelatasi faticosa, si trascinò per vari mesi. Dobbiamo attendere la fine di luglio perché Parronchi ottenga una risposta definitiva – e ancora dalle lettere emergono diversi segni di stanchezza da parte sua – <43 e l’autunno per le prime bozze, finché finalmente negli ultimi giorni di quell’anno il libro vide la luce. <44
Purtroppo non abbiamo informazioni in merito alle ragioni per cui scelse un editore lontano da Firenze e, se è improbabile l’ipotesi di un rifiuto da parte di Vallecchi, è più fondata quella di un “esilio” volontario. Parronchi è consapevole di avere variato il proprio modus scribendi e di avere compiuto scelte nuove, a cominciare dalla diversa partizione interna della raccolta, e così decide di sottoporla a un ambiente diverso, sottraendola a quel vincolo culturale.
Ora, per una valida contestualizzazione, è imprescindibile uno studio dei fatti letterari di questi anni, che tenga conto degli autori e dei titoli più rilevanti, arretrando fino alla metà degli anni Quaranta, e muovendo proprio dall’area fiorentina e in ispecie dalle personalità più vicine a Parronchi.
Luzi, dopo aver pubblicato nel 1942 la prosa lirica “Biografia a Ebe”, nel 1946 con “Un brindisi” e l’anno successivo con “Quaderno gotico”, ci consegna una poesia nuova, sempre più svincolata dal simbolismo degli esordi, e preludio a una svolta più netta che si avvierà negli anni Cinquanta, a partire da “Primizie del deserto” (1952). <45 Mentre Alfonso Gatto, dopo l’esperienza devastante della guerra, si muove verso un realismo inedito – per quanto anomalo – inaugurando con le poesie resistenziali de “Il capo sulla neve” (1947) quel filone civile che sarà accolto in toto negli anni Sessanta nella “La storia delle vittime”. <46 La riflessione sugli eventi bellici spingerà Salvatore Quasimodo a un analogo mutamento di fronte, testimoniato dalle raccolte “Giorno dopo giorno” (1947) e “La vita non è sogno” (1949), dove l’adesione letteraria al tema si mescola a una rinnovata volontà etica. <47 E sempre per riferirci al medesimo côté culturale, segnalo almeno l’uscita, nel 1947, del suggestivo “Notizie di prose e di poesia” di Betocchi <48 e dei “Nuovi campi Elisi” di Sinisgalli <49, con un recupero del fortunato titolo del ’39.
Tuttavia, allargando il campo ad un orizzonte più ampio, spiccano ancora numerosi fatti degni di menzione. Saba nel 1945 <50 proponeva la prima sistemazione completa del “Canzoniere” del 1921, per approdare nel 1948 – ampliato con gli intensi versi di “Mediterranee” – ai tre “volumi” della prima edizione definitiva, capitali per la storia letteraria del decennio Quaranta e non solo. Del 1947 è il fondamentale “Diario d’Algeria” di Sereni <51 ed anche “Il dolore” di Ungaretti, che nel 1950, quasi a ridosso dell’”Attesa” di Parronchi, pubblicava la “Terra promessa”. <52
Un bilancio consuntivo di questa stagione esige inevitabilmente anche un’attenzione agli interventi critici e in primis uno sguardo all’”Antologia della poesia italiana contemporanea” curata da Spagnoletti (1946) per Vallecchi, <53 dove tra gli altri figurava anche Parronchi, un libro che certo rappresenta la testimonianza militante di un’epoca, che già la preziosa introduzione contribuisce a sviscerare. Peraltro Spagnoletti, negli anni Cinquanta, riprese il progetto per Guanda e decise di far precedere ai testi, una presentazione di poche righe, scritta dagli stessi autori.
È possibile porre come ulteriore termine di confronto l’operazione realizzata con un’altra antologia “Lirica del novecento” di Anceschi ed Antonielli, <54 dove però è più marcata la direzione storicistica e l’intento antologico, volto a sistematizzare il percorso della poesia italiana dall’inizio del Novecento. Anche qui i successivi aggiornamenti a questo repertorio allargano significativamente il campo d’indagine.
Tra gli altri contributi critici di cui tenere conto c’è il volume “Caratteri e figure della poesia contemporanea” di Macrì, <55 (1956) in cui trovava posto la recensione del 1941 ai “Giorni sensibili” di Parronchi, intitolata suggestivamente “Neoromanticismo di Parronchi”, riproposta accanto ad un inedito studio su “Un’attesa”. Segnalo ancora i “Nuovi studi” (1946) di Carlo Bo, dove era presente un’altra scheda critica alla raccolta del 1941, affiancata dalle analisi riservate a “Frontiera” di Sereni e ai “Notturni” di Fallacara. <56
Negli anni che precedono “Un’attesa” Parronchi mostra un’attività intensa in varie direzioni e una partecipazione attiva alla vita culturale italiana. Sarebbe opportuna in questo senso una rassegna completa dei suoi interventi, al cui interno è comunque lecito isolare alcune linee privilegiate. Anzitutto il versante delle traduzioni, cui si dedica con precoce e particolare impegno da subito e che rivela una notevole capacità comparatistica. Al 1946 risale la traduzione delle “Chimere” di Nerval, <57 capolavoro della letteratura post-simbolista, e quella dell’”Après-midi d’un Faune” di Mallarmé. Subito dopo egli si concentra sulle prime due stesure del poema mallarméano, il “Monologue” e “Improvisation d’un Faune”, arrivando nel 1949 ad ultimare la “Nota al Fauno”, completa dei riferimenti ai due avantesti, che impiegherà nel 1951, per un volume che riunisce “Monologo”, “Improvviso”, “Pomeriggio d’un Fauno”. <58 L’attenzione riservata al poeta francese giova a inquadrare i modelli più condizionanti, e ciò appare ancor più interessante se si riflette sulla vasta monografia di Bo uscita nel 1945 – intitolata semplicemente “Mallarmé” – <59 e sullo Studio su Mallarmé di Luzi del ’52. <60
A questo si aggiunge la traduzione di “Una stagione all’inferno” di Rimbaud, <61 edita nell’estate del ’49, che testimonia quanto interesse nutra Parronchi per l’area simbolista francese.
[NOTE]
38 Lettera del 26 febbraio 1949, Un tacito mistero cit., pp. 231-232
39 T. S. Eliot, La terra desolata, Modena, Guanda, 1942 tradotto da L. Berti.
40 Lettera del 18 marzo 1949, Un tacito mistero cit., pp. 233-234
41 Lettera del 24 aprile 1949, Un tacito mistero cit., p. 235
42 Lettera del 18 maggio 1949, Lettere a Vasco cit., pp. 163-164.
43 In una lettera del 3 luglio 1949 Parronchi scrive al proposito «Quell’idiota di Guanda non si fa vivo!», Lettere a Vasco cit., p. 166.
44 Ancora in una lettera del 6 dicembre 1949: «Il mio libro è pronto per la stampa ma il tipografo dice che non può mettere mano all’impressione prima di gennaio. Staremo a vedere se Guanda starà agli impegni», Lettere a Vasco cit., pp. 177-178.
45 Si tratta delle raccolte: Biografia a Ebe, Firenze, Vallecchi, 1942; Un brindisi, Firenze, Sansoni, 1946; Quaderno gotico, Firenze, Vallecchi, 1947; Primizie del deserto, Milano, Schwarz, 1952. Per ulteriori informazioni bibliografiche si cfr. M. Luzi, Poesie, a cura di Stefano Verdino, Milano, Mondadori (collana “I meridiani”), 1998.
46 Il capo sulla neve, Milano, Milano-Sera, 1947; La storia delle vittime. Poesie della resistenza, Mondadori, Milano, 1966. Per le informazioni bibliografiche sull’opera di Gatto si veda: A. Gatto, Tutte le poesie, a cura di Silvio Ramat, Milano, Mondadori, 2005.
47 Giorno dopo giorno, Milano, Mondadori, 1947; La vita non è sogno, Milano, Mondadori, 1949.
48 Notizie di prosa e di poesia, Firenze, Vallecchi, 1947.
49 Nuovi campi Elisi, Milano, Mondadori, 1947.
50 Canzoniere (1900-1945), Roma, Einaudi, 1945; Canzoniere (1900-1947), Torino, Einaudi, 1948.
51 Diario d’Algeria, Milano, Mondadori, 1947.
52 Il dolore (1937-1946) in Vita d’un uomo 4, Milano, Mondadori, 1947; La terra promessa: frammenti in Poesie 5, Milano, Mondadori, 1950.
53 Antologia della poesia italiana contemporanea; Firenze, Vallecchi, 1946; successivamente riedita in versione rivista ed ampliata: Poesia italiana contemporanea, Parma, Guanda, 1959-1961-1964.
54 Lirica del novecento, Firenze, Vallecchi, 1953 poi, in edizione riveduta e ampliata, Firenze, Vallecchi, 1961 e 1969.
55 Caratteri e figure della poesia contemporanea, Firenze, Vallecchi, 1955.
56 Nuovi studi, Firenze, Vallecchi, 1946.
57 Le chimere di G. de Nerval, Firenze, Fussi, 1946.
58 Si tratta di: Il pomeriggio d’un fauno, Firenze, Fussi, 1946; Monologo, Improvviso, Pomeriggio d’un fauno, Firenze, Fussi, 1951.
59 C. Bo, Mallarmé, Milano, Rosa e ballo, 1945.
60 M. Luzi, Studio su Mallarmé, Firenze, Sansoni, 1952.
61 Una stagione all’inferno, Firenze, Sansoni, 1949; poi riproposto dalla medesima casa editrice nel 1991.
Emanuele Andrea Spano, Alessandro Parronchi. Un decennio difficile e incerto (1943-1954), Tesi di Dottorato, Università degli Studi di Padova, 2011

Pubblicato da Adriano Maini

Scrivo da Bordighera (IM), Liguria di Ponente.

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